Freddo e puntuto, se ne sta per i fatti propri, non parla con nessuno, non ha amici e neanche amanti all'interno dell'astuccio. Un cavaliere in attesa della propria missione. Un crociato in partenza
Tornai dalla Germania per passare le vacanze di Natale in terra natia.
Trascorsi il 24 ed il 25 nel caldo soffocante abbraccio parentale.
Azzardai un 26 davanti ad un piatto di tagliatelle al ragù insieme al mio ex. Per dimostrare che potevamo essere amici, che l'andare all'estero mi aveva fortificata, che non soffrivo più per lui e che, mentre l'infingardo guardava con rinnovato interesse la nuova cosmopolita versione di me, io sarei stata in grado di mantenere il controllo e non buttargli le braccia al collo nel tentativo di sedurlo oppure strangolarlo.
Infine venne San Silvestro. Una festa in montagna con una trentina di amici a cui piaceva sia la vecchia sia la nuova versione di me. E che non si offendevano quando dicevo loro di voler ripartire ma, anzi, programmavano gite per venirmi a trovare e fare un poco di sana bisboccia crucca assieme.
Tanti mesi di lontananza però avevo finito col farmi dimenticare o sottovalutare qualche insignificante particolare riguardo al simpatico gruppo con cui solitamente mi accompagnavo.
Avevo dimenticato, per esempio, che alcuni di loro fossero degli emeriti deficienti con cui uscivo solo in quanto amici di amici di amici di amici.
Avevo dimenticato che S e B, fino a poco tempo prima amiche morbosamente indivisibili, ora non si parlavano più e avevano trasformato la comitiva in una sabauda versione della Guerra Fredda, con tanto di muro di Berlino a forma di gianduiotto.
Avevo dimenticato che E non sarebbe venuta alla festa perché P si era innamorato di un'altra, e lei stava ancora a raccogliere i cocci. Che, per quanto volessi bene a P, l'avrei volentieri preso a mazzate per tutto il male che aveva fatto alla povera E.
Avevo dimenticato persino che il mio caro amico O, con cui mi trovai a fare tutto il viaggio in macchina dalla pianura fino alla vetta, avesse come indiscusso mito musicale Michele Zarrillo. E, infatti, mi toccarono due ore filate di "Una rosa blu" senza soluzione di continuità.
Ma tutto ciò non aveva importanza. A Capodanno le cose vecchie e brutte si buttano dalla finestra e si tengono solo quelle belle che ci accompagneranno per tutto l'anno nuovo.
Tutto si supera.
Tutto o quasi.
Ognuno di noi aveva generosamente contribuito a costituire un importante tesoretto da spendere in salatini, bevande varie e soprattutto alcolici. Tanti alcolici.
Arrivati tra i monti, mentre io ed altre giovani nonne Papere esibivamo orgogliose i dolci preparati per l'occasione, mi accorsi che tutto quello zuccheroso ben di Dio avremmo dovuto mandarlo giù con l'acqua del rubinetto. Sul tavolo, infatti, facevano bella mostra di sé solo una bottiglia striminzita di Limoncello ed una di Vodka scadente. Nient'altro.
"E la birra?"
"Non l'abbiamo presa"
"Davvero un colpo basso per una che è appena arrivata dalla Germania. Vabbè, vi perdono. Ma il resto della roba da bere dov'è?"
"Da nessuna parte: è tutto qua."
"State scherzando, vero? Ma che c'avete fatto con tutti quei soldi?"
E a quel punto gli occhi dei quattro mentecatti responsabili dell'approvvigionamento brillarono di lucida follia. "Guarda che meraviglia", mi dissero orgogliosi, esibendo una vera e propria santa barbara: petardi, tric e trac, bombe a mano e altre fesserie simili.
Partiamo dal presupposto che io odio i cosiddetti "botti" e che quindi magari non sarò proprio obiettiva, ma a voi sembrerebbe normale per una spesa di 30 persone comprare solo un pacchetto di patatine sbriciolate, appena un litro e mezzo di bevande, ma una quantità tale di petardi da far venir giù una valanga?
Superato lo shock della spesa e della mia conseguente crisi isterica, tutti noi, giovani e belli, procedemmo alla vestizione.
La festa vera e propria si sarebbe tenuta in un appartamento poco distante e molto più grosso, dove ci aspettava un altro gruppo di amici di amici di amici di amici di amici.
Continua...
Trascorsi il 24 ed il 25 nel caldo soffocante abbraccio parentale.
Azzardai un 26 davanti ad un piatto di tagliatelle al ragù insieme al mio ex. Per dimostrare che potevamo essere amici, che l'andare all'estero mi aveva fortificata, che non soffrivo più per lui e che, mentre l'infingardo guardava con rinnovato interesse la nuova cosmopolita versione di me, io sarei stata in grado di mantenere il controllo e non buttargli le braccia al collo nel tentativo di sedurlo oppure strangolarlo.
Infine venne San Silvestro. Una festa in montagna con una trentina di amici a cui piaceva sia la vecchia sia la nuova versione di me. E che non si offendevano quando dicevo loro di voler ripartire ma, anzi, programmavano gite per venirmi a trovare e fare un poco di sana bisboccia crucca assieme.
Tanti mesi di lontananza però avevo finito col farmi dimenticare o sottovalutare qualche insignificante particolare riguardo al simpatico gruppo con cui solitamente mi accompagnavo.
Avevo dimenticato, per esempio, che alcuni di loro fossero degli emeriti deficienti con cui uscivo solo in quanto amici di amici di amici di amici.
Avevo dimenticato che S e B, fino a poco tempo prima amiche morbosamente indivisibili, ora non si parlavano più e avevano trasformato la comitiva in una sabauda versione della Guerra Fredda, con tanto di muro di Berlino a forma di gianduiotto.
Avevo dimenticato che E non sarebbe venuta alla festa perché P si era innamorato di un'altra, e lei stava ancora a raccogliere i cocci. Che, per quanto volessi bene a P, l'avrei volentieri preso a mazzate per tutto il male che aveva fatto alla povera E.
Avevo dimenticato persino che il mio caro amico O, con cui mi trovai a fare tutto il viaggio in macchina dalla pianura fino alla vetta, avesse come indiscusso mito musicale Michele Zarrillo. E, infatti, mi toccarono due ore filate di "Una rosa blu" senza soluzione di continuità.
Ma tutto ciò non aveva importanza. A Capodanno le cose vecchie e brutte si buttano dalla finestra e si tengono solo quelle belle che ci accompagneranno per tutto l'anno nuovo.
Tutto si supera.
Tutto o quasi.
Ognuno di noi aveva generosamente contribuito a costituire un importante tesoretto da spendere in salatini, bevande varie e soprattutto alcolici. Tanti alcolici.
Arrivati tra i monti, mentre io ed altre giovani nonne Papere esibivamo orgogliose i dolci preparati per l'occasione, mi accorsi che tutto quello zuccheroso ben di Dio avremmo dovuto mandarlo giù con l'acqua del rubinetto. Sul tavolo, infatti, facevano bella mostra di sé solo una bottiglia striminzita di Limoncello ed una di Vodka scadente. Nient'altro.
"E la birra?"
"Non l'abbiamo presa"
"Davvero un colpo basso per una che è appena arrivata dalla Germania. Vabbè, vi perdono. Ma il resto della roba da bere dov'è?"
"Da nessuna parte: è tutto qua."
"State scherzando, vero? Ma che c'avete fatto con tutti quei soldi?"
E a quel punto gli occhi dei quattro mentecatti responsabili dell'approvvigionamento brillarono di lucida follia. "Guarda che meraviglia", mi dissero orgogliosi, esibendo una vera e propria santa barbara: petardi, tric e trac, bombe a mano e altre fesserie simili.
Partiamo dal presupposto che io odio i cosiddetti "botti" e che quindi magari non sarò proprio obiettiva, ma a voi sembrerebbe normale per una spesa di 30 persone comprare solo un pacchetto di patatine sbriciolate, appena un litro e mezzo di bevande, ma una quantità tale di petardi da far venir giù una valanga?
Superato lo shock della spesa e della mia conseguente crisi isterica, tutti noi, giovani e belli, procedemmo alla vestizione.
La festa vera e propria si sarebbe tenuta in un appartamento poco distante e molto più grosso, dove ci aspettava un altro gruppo di amici di amici di amici di amici di amici.
Continua...
Autopromozione
venerdì, gennaio 20, 2012
Oggi è il terzo venerdì di gennaio e su SettePerUno è stata pubblicata la terza parte del mio racconto: 151°. Una storia che parla di bambini, amore ed eroi. O, come disse colei
Il breve ritorno in Italia in occasione delle feste natalizie rappresenta un importante spartiacque per lo studente Erasmus tipo. Seppur per pochi giorni, si torna a casa. Si torna da mamma e papà. Si torna a godere di tutti gli inutili e intossicanti comfort a cui si è dovuto e potuto facilmente rinunciare pochi mesi prima.
Io lasciai Berlino una fredda e grigia mattina, salutata dai miei internazionali amici con la passione e lo struggimento che si dovrebbe a un giovane soldato diretto al fronte. Partii con il cuore pieno di malinconia e lo zaino vuoto per poter fare incetta di generi di prima necessità: la mozzarella di bufala, il parmigiano reggiano, cd, libri e qualche top sexy. Il minimo indispensabile per rendere più confortevole la seconda parte della mia permanenza in terra germanica. Del resto era solo quello che importava.
I parenti mi aspettavano in Italia e non vedevano l'ora di riabbracciarmi ma io, in quanto studente Erasmus tipo, me ne fregavo altamente. Desideravo solo che i giorni italici volassero via in fretta per poter tornare alla mia estera esistenza.
Atterrata a Torino provai fastidio per tutto: colori, odori e rumori. L'accento torinese? Orribile! Gli abiti italiani? Tristi! Ed il profumo del Curry Wurst? Dov'era finito il profumo del Curry Wurst?
Appena le porte automatiche del gate si aprirono venni travolta dall'amorevole e stritolante abbraccio dei miei familiari. Io all'inizio reagii riottosa e infastidita da tanto latino e chiassoso amore ma, appena tornata a casa, mi abituai rapidamente al trattamento di riguardo che mi era riservato. Divano, televisione, patatine, il tutto condito dal lusso di non aver nulla di urgente di cui occuparmi. Un rientro nell'accogliente bozzolo dell'infanzia prolungata. Il benvenuto all'emigrante che torna a casa, alla figliola prodiga, alla ragazzotta che in Germania non mangia abbastanza, "guarda come ti sei fatta magra, ci pensa mamma tua adesso a te".
E' strano però, come pochi mesi lontani dalla mia patria, mi facessero sentire un'aliena. Ero partita a settembre e a dicembre amici e parenti mi sembravano estranei e vagamente fuori di testa. MammaCole su tutti.
"Cristina ha fatto questo", diceva, "Cristina ha fatto quest'altro. Cristina è tanto brava."
Tutto ciò mentre io allibita mi chiedevo chi cacchio fosse questa Cristina. Pur avendo una famiglia numerosa, anche indagando fino alla terza generazione di cugini, a me di "Cristina" non ne risultava neanche una.
"Scusa, madre cara, non per essere indiscreta, ma sta Cristina chi cazz è?"
"Come non lo sai? Dove hai vissuto finora? E' una delle concorrenti del Grande Fratello!"
Avevo lasciato una nazione più o meno sana e, al mio ritorno, mi trovai in mezzo ad un branco di teledipendenti completamente folli.
Persino l'alternativa AmicaMeri sentì il bisogno di avvertirmi: "Guarda che qua sono diventati tutti pazzi. L'unico modo per sopravvivere è lasciarsi assimilare. Ormai esiste un solo argomento di conversazione: il Grande Fratello. Pure se non lo guardi ne devi conoscere le dinamiche, altrimenti sei destinato alla solitudine e all'isolamento sociale."
"Come quando in prima superiore eri un Paria se non guardavi Beverly Hills 90210?"
"Peggio. Molto peggio."
Ma io mi sentivo troppo internazionale e cool per occuparmi di tali facezie. L'inizio della fine del mio paese come l'avevo conosciuto fino ad allora non era più importante della mia nuova pettinatura da tedesca, del mio nuovo appartamento a Prenzlauerberg, e dei messaggi dei miei nuovi amici Erasmi che, ritornati in patria anch'essi, ululavano alla luna in attesa del ritorno all'amata Berlino.
Passai il Natale a scofanarmi panettoni e cannoli siciliani, e ad imboscarmi in valigia pandori da esportare oltre confine. Poi mi preparai per il capodanno: una notte di divertimento tra i monti piemontesi insieme a una ventina di cari vecchi amici. O almeno così credevo.
Continua...
N.d.A: questo post era nato per raccontarvi del mio Capodanno durante l'Erasmus ma l'introduzione mi ha un po' preso la mano e così, per il tanto atteso San Silvestro del 2001, dovrete ancora avere pazienza.
No, non l'ho mica fatto perché sono sadica. O forse sì?
N.d.A(2): nel frattempo sappiate che su SettePerUno è stata pubblicata la seconda parte del mio racconto "151°". L'avete letta? Che state aspettando?
Io lasciai Berlino una fredda e grigia mattina, salutata dai miei internazionali amici con la passione e lo struggimento che si dovrebbe a un giovane soldato diretto al fronte. Partii con il cuore pieno di malinconia e lo zaino vuoto per poter fare incetta di generi di prima necessità: la mozzarella di bufala, il parmigiano reggiano, cd, libri e qualche top sexy. Il minimo indispensabile per rendere più confortevole la seconda parte della mia permanenza in terra germanica. Del resto era solo quello che importava.
I parenti mi aspettavano in Italia e non vedevano l'ora di riabbracciarmi ma io, in quanto studente Erasmus tipo, me ne fregavo altamente. Desideravo solo che i giorni italici volassero via in fretta per poter tornare alla mia estera esistenza.
Atterrata a Torino provai fastidio per tutto: colori, odori e rumori. L'accento torinese? Orribile! Gli abiti italiani? Tristi! Ed il profumo del Curry Wurst? Dov'era finito il profumo del Curry Wurst?
Appena le porte automatiche del gate si aprirono venni travolta dall'amorevole e stritolante abbraccio dei miei familiari. Io all'inizio reagii riottosa e infastidita da tanto latino e chiassoso amore ma, appena tornata a casa, mi abituai rapidamente al trattamento di riguardo che mi era riservato. Divano, televisione, patatine, il tutto condito dal lusso di non aver nulla di urgente di cui occuparmi. Un rientro nell'accogliente bozzolo dell'infanzia prolungata. Il benvenuto all'emigrante che torna a casa, alla figliola prodiga, alla ragazzotta che in Germania non mangia abbastanza, "guarda come ti sei fatta magra, ci pensa mamma tua adesso a te".
E' strano però, come pochi mesi lontani dalla mia patria, mi facessero sentire un'aliena. Ero partita a settembre e a dicembre amici e parenti mi sembravano estranei e vagamente fuori di testa. MammaCole su tutti.
"Cristina ha fatto questo", diceva, "Cristina ha fatto quest'altro. Cristina è tanto brava."
Tutto ciò mentre io allibita mi chiedevo chi cacchio fosse questa Cristina. Pur avendo una famiglia numerosa, anche indagando fino alla terza generazione di cugini, a me di "Cristina" non ne risultava neanche una.
"Scusa, madre cara, non per essere indiscreta, ma sta Cristina chi cazz è?"
"Come non lo sai? Dove hai vissuto finora? E' una delle concorrenti del Grande Fratello!"
Avevo lasciato una nazione più o meno sana e, al mio ritorno, mi trovai in mezzo ad un branco di teledipendenti completamente folli.
Persino l'alternativa AmicaMeri sentì il bisogno di avvertirmi: "Guarda che qua sono diventati tutti pazzi. L'unico modo per sopravvivere è lasciarsi assimilare. Ormai esiste un solo argomento di conversazione: il Grande Fratello. Pure se non lo guardi ne devi conoscere le dinamiche, altrimenti sei destinato alla solitudine e all'isolamento sociale."
"Come quando in prima superiore eri un Paria se non guardavi Beverly Hills 90210?"
"Peggio. Molto peggio."
Ma io mi sentivo troppo internazionale e cool per occuparmi di tali facezie. L'inizio della fine del mio paese come l'avevo conosciuto fino ad allora non era più importante della mia nuova pettinatura da tedesca, del mio nuovo appartamento a Prenzlauerberg, e dei messaggi dei miei nuovi amici Erasmi che, ritornati in patria anch'essi, ululavano alla luna in attesa del ritorno all'amata Berlino.
Passai il Natale a scofanarmi panettoni e cannoli siciliani, e ad imboscarmi in valigia pandori da esportare oltre confine. Poi mi preparai per il capodanno: una notte di divertimento tra i monti piemontesi insieme a una ventina di cari vecchi amici. O almeno così credevo.
Continua...
N.d.A: questo post era nato per raccontarvi del mio Capodanno durante l'Erasmus ma l'introduzione mi ha un po' preso la mano e così, per il tanto atteso San Silvestro del 2001, dovrete ancora avere pazienza.
No, non l'ho mica fatto perché sono sadica. O forse sì?
N.d.A(2): nel frattempo sappiate che su SettePerUno è stata pubblicata la seconda parte del mio racconto "151°". L'avete letta? Che state aspettando?
Gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi
martedì, gennaio 17, 2012
Gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà.Sciascia, ne "Il giorno della civetta", divideva impietosamente l'umanità in cinque categorie. Che vergogna.
Speak now! For work
giovedì, gennaio 12, 2012
Articolo sponsorizzato Cari miei amati lettori, voi parlate inglese? E se sì, come l'avete imparato? Io a scuola. Anni e anni di studio, prima alle medie e poi alle superiori. Otto lunghissimi anni:
Sano e salvo
lunedì, gennaio 09, 2012
Non avrei potuto desiderare un compleanno migliore. Oggi, appena sveglia, ho ricevuto la notizia della felice conclusione della vicenda di Hambtamu. Ritrovato sano e salvo alla stazione di Napoli. Un bellissimo tredicenne imbarcatosi
Fate posto all'Ego di Jane
venerdì, gennaio 06, 2012
Conoscete SettePerUno? Un blog, un sito, "uno spazio in cui far convergere la creatività pescata dentro e fuori il web". Ogni mese viene data voce a sette autori diversi. Uno per ogni giorno
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