Il salice alla finestra parla.
Luca ascolta le sue parole ma non capisce.
“scatola, buio, muro, notte, morte”
Cosa gli sta raccontando?
“buio, muro, notte, strada”
L’infermiere entra nella stanza. Il salice tace.
“Ciao”
Luca ondeggia sullo sgabello.
“Come stai oggi?”
Avanti e indietro.
“Non ti andrebbe di uscire un poco?”
Avanti e indietro. Avanti e indietro.
“Neanche una passeggiata in corridoio?”
Avanti e indietro. Avanti e indietro. Avanti e indietro.
“Ho capito, non ti agitare, manda giù queste e poi ti lascio in pace”
Luca raccoglie un poco di saliva in bocca, gonfia le guance e poi deglutisce il tutto. Il segreto sta nel buttare la testa all’indietro con un colpo secco. Velocemente. Ad occhi chiusi.
L’infermiere esce. Il salice riprende.
“muro, strada, orizzonte”
Luca non esce. Non guarda fuori. Non può.
Ha i piedi attaccati al pavimento e gli occhi bassi puntati verso terra.
Sempre verso terra. Alza il viso solo per le pillole. Un colpo secco all’indietro ad occhi chiusi e poi di nuovo verso terra.
Non ha mai visto neanche il salice ma ne intuisce la forma dalla grande ombra sul pavimento. E ne avverte la presenza dai rami che strisciano contro i vetri della finestra.
Sono ormai tre anni che in clinica provano a farlo uscire. Non capiscono. Lui ha cercato di spiegare. Ma loro non capiscono.
Lui non può. Come una montagna non può girare su se stessa, come un lago non può scivolare in un’altra valle, come un albero non può cambiare giardino.
Ecco, come un albero, proprio come un albero.
È per questo che Luca si trova così bene con il salice. Sono due alberi: uno fuori e l’altro dentro.
Certo lui ancora non capisce bene il suo linguaggio. Ci vorrà del tempo ma prima o poi accadrà. Prima o poi loro si comprenderanno e potranno comunicare liberamente, come due amici, come due fratelli, come due amanti.
Perché no? A quel punto si apriranno mille possibilità e Luca non sarà più solo.
“strada, orizzonte”.
E vedrà.
Luca vedrà la vita che scorre fuori attraverso gli occhi del salice.
“Orizzonte”.
Luca ascolta le sue parole ma non capisce.
“scatola, buio, muro, notte, morte”
Cosa gli sta raccontando?
“buio, muro, notte, strada”
L’infermiere entra nella stanza. Il salice tace.
“Ciao”
Luca ondeggia sullo sgabello.
“Come stai oggi?”
Avanti e indietro.
“Non ti andrebbe di uscire un poco?”
Avanti e indietro. Avanti e indietro.
“Neanche una passeggiata in corridoio?”
Avanti e indietro. Avanti e indietro. Avanti e indietro.
“Ho capito, non ti agitare, manda giù queste e poi ti lascio in pace”
Luca raccoglie un poco di saliva in bocca, gonfia le guance e poi deglutisce il tutto. Il segreto sta nel buttare la testa all’indietro con un colpo secco. Velocemente. Ad occhi chiusi.
L’infermiere esce. Il salice riprende.
“muro, strada, orizzonte”
Luca non esce. Non guarda fuori. Non può.
Ha i piedi attaccati al pavimento e gli occhi bassi puntati verso terra.
Sempre verso terra. Alza il viso solo per le pillole. Un colpo secco all’indietro ad occhi chiusi e poi di nuovo verso terra.
Non ha mai visto neanche il salice ma ne intuisce la forma dalla grande ombra sul pavimento. E ne avverte la presenza dai rami che strisciano contro i vetri della finestra.
Sono ormai tre anni che in clinica provano a farlo uscire. Non capiscono. Lui ha cercato di spiegare. Ma loro non capiscono.
Lui non può. Come una montagna non può girare su se stessa, come un lago non può scivolare in un’altra valle, come un albero non può cambiare giardino.
Ecco, come un albero, proprio come un albero.
È per questo che Luca si trova così bene con il salice. Sono due alberi: uno fuori e l’altro dentro.
Certo lui ancora non capisce bene il suo linguaggio. Ci vorrà del tempo ma prima o poi accadrà. Prima o poi loro si comprenderanno e potranno comunicare liberamente, come due amici, come due fratelli, come due amanti.
Perché no? A quel punto si apriranno mille possibilità e Luca non sarà più solo.
“strada, orizzonte”.
E vedrà.
Luca vedrà la vita che scorre fuori attraverso gli occhi del salice.
“Orizzonte”.