"Sono proprio contenta dei miei capelli. Non trovi anche tu che oggi mi stiano benissimo?"
"Beh, insomma."
"Ciccio, vorrei ricordarti che ho in ostaggio il tuo maglione di cashemere. Potrei lavarlo a mano con amorevole cura o metterlo, per sbaglio, in lavatrice a 90°."
"Benissimo, Pancraziuccia del mio cuore, i capelli ti stanno benissimo!"
Ricordo ancora il giorno in cui la mia amica, nonché ex collega, Erika mi confidò: "Io non stiro niente. Io a casa non ho neanche il ferro."
Io la guardai e, con tutto l'affetto che provavo e provo tuttora per lei, riuscì solo a pensare: "Si vede, tesoro mio, si vede."
Ora, a distanza di qualche anno, con il lavoro che, per fortuna, si è raddoppiato. Con i nuovi progetti realizzati, da realizzare e ancora da pensare. Con la casa che ha una vita propria e una preoccupante tendenza al caos. Con il raffreddore e la sinusite che si abbattono su di me ogni tre settimane. Con le ore del giorno che, inspiegabilmente, continuano ad essere solo 24.
Ora, dicevo, le risponderei: "Tu hai capito tutto della vita!"
Ci vorrà del tempo, ma un giorno ce la farò.
Un giorno riuscirò a liberarmi da questa pesante eredità materna.
Un giorno smetterò di farmi ossessionare dalle cose da fare, e di non godere per quelle fatte.
Un giorno imparerò a gestire il mio tempo pensando a ciò che è bene per me, e non a ciò che è giusto secondo gli altri.
Mi siete tutti testimoni: un giorno non mi stirerò più le mutande!
Noto astrologo di colori pastello vestito:
"Avrai una settimana meravigliosa e una giornata fantastica. Ottime opportunità di lavoro. Grandi soddisfazioni. Gioia, giubilo e fuochi d'artificio!"
30 secondi dopo via email:
"Cara Pancrazia dei nostri cuori,
tu sei una delle nostre migliori collaboratrici: sei tanto caruccia, simpatica e ti vogliamo sinceramente bene.
Però quel lavoro per cui ti eri proposta l'abbiamo affidato ad un altro. Ma anche tu sei brava. E ti vogliamo bene. Non te la prendere. Sarà per la prossima volta.
Con smisurato affetto.
Ciao ciao"
C'è una certa confusione riguardo alla data di nascita di Mafalda.
Sembra che la piccola rivoluzionaria sia ispirata alla protagonista di un libro argentino pubblicato nel 1962.
Ma forse no.
Sembra che la capelluta pensatrice abbia fatto il proprio esordio come semplice testimonial pubblicitario nel 1963.
Ma forse no.
Sembra che la prima striscia a lei dedicata sia datata 1964.
E questa forse è l'unica cosa davvero sicura.
In molti, tra siti e giornali, oggi le hanno fatto gli auguri per i suoi 50 anni. Quale ne sia il motivo, lo ignoro.
Oggi non è il suo compleanno. Lo dice persino Quino, l'amorevole padre. E lui lo saprà, o no?
Ma in fondo chi se ne frega?
Alle signore non si chiede mai l'età e Mafalda è una Grande Signora.
Nel mio fumetto ideale Mafalda è la compagna di banco di Charlie Brown. La cugina di Linus. L'editrice del romanzo di Snoopy.
Nel mio mondo ideale Mafalda è il Presidente del Consiglio. Il segretario dell'Onu. O almeno un'illuminata amministratrice di condominio.
Oggi non è la sua festa. Ma ogni scusa è buona per festeggiare questa Signora: Tanti auguri Mafalda!
Oggi è il 227° anniversario della nascita di Alessandro Manzoni.
Non che io tenga uno schedario con tutte le date di nascita e morte dei maggiori rappresentanti della nostra cultura, ma stamattina la ricorrenza mi è stata ricordata da Google, che ormai per queste cose è diventato più preciso della prozia Ninuzza. "Pancrazia, ti sei ricordata del compleanno dello zio Filippo? Dell'onomastico della cugina Serafina? Dell'anniversario di nozze della portinaia? Dell'estinzione dei dinosauri? Dei 7000 anni dall'invenzione della ruota? O del primo uomo sulla Luna? No???"
Quindi, in onore del caro Sandrino, che tanta compagnia mi tenne durante i lunghi anni di scuola, ho deciso di raccontarvi un simpatico aneddoto risalente alla mia infanzia.
Ebbene sì, torniamo sul luogo del delitto. Torniamo ad affrontare i fatti e misfatti della mia, nonostante tutto, amata maestra Egle.
In quinta, per festeggiare la fine del ciclo scolastico, la maestra decise di organizzare un vero e proprio Colossal: "I promessi sposi" della 5b. Inizialmente, mossa dal fuoco sacro del teatro, pensò di fare un'ambiziosa rappresentazione su palcoscenico. Poi, resasi conto di non avere a disposizione Carmelo Bene e Paola Borboni ma piuttosto Luca Pistacchio e Angela Mirtilla, optò per uno spettacolo post futurista con diapositive e dialoghi registrati in sottofondo.
Il giorno precedente l'assegnazione dei ruoli, mentre i maschi erano impegnati in attività pregne di contenuto come "chi sputa più lontano", "chi rutta più forte" o "chi piscia più lungo", noi femmine sognavamo un futuro nello spettacolo, e litigavamo per decidere chi avrebbe interpretato chi.
La notte poi nessuna riuscì a prendere sonno per l'eccitazione e la preoccupazione dell'indomani.
Ed il giorno stesso la tensione si tagliava col coltello. Stefi ed io, in lizza per il ruolo di Agnese, ci sorridevamo infingarde ma in realtà avremmo voluto eliminarci vicendevolmente a cartellate. Annamaria e Jessica, vogliose di rivestire il ruolo della protagonista, ebbero uno stravaso di bile quando videro entrare in classe Cristina, con le trecce arrotolate e gli spilloni. Evocativa acconciatura opera della sua astuta ed ambiziosa madre.
La Maestra entrò e ci guardò tutti con un dolce sorriso ed un'aria più materna del solito. E noi, poveri innocenti, non comprendemmo subito cosa significava quello sguardo pieno di colpa.
Ella, pavida, decise di prenderla un poco alla lontana: "Bambini adorati, voi siete in 16, giusto?"
"Giusto"
"E le femminucce sono 10, giusto?"
"Giusto"
"Ma non ci sono abbastanza ruoli femminili per tutte"
"..."
"Quindi..."
"Quindi?"
"Quindi, le bambine con i capelli corti..."
"NOOOOOOOOO", urlammo terrorizzate Stefi, Francesca ed io, immediatamente consapevoli del futuro che ci attendeva.
Accidenti ai capelli ricci! Accidenti alle mamme pigre! Accidenti ai pregiudizi tricotici!
Ricordo ancora le calde lacrime versate da quella mollacciona di Stefania, mentre si aggirava per la classe con il suo mini saietto e la barba finta da Fra Cristoforo.
Ma ricordo anche che Franci ed io, con i cappelli piumati ed i baffoni da Innominato e Don Rodrigo, la prendemmo in maniera molto più dignitosa e professionale.
"E no, maestra, io Don Rodrigo lo faccio pure, però lei non la può tagliare la scena della morte. Io sono il cattivo! Io ESIGO il mio gran finale!", chiesi come una vera diva, sbatacchiando a destra e a manca il mio fioretto da moschettiere.
C'è poco da fare, io ho tanti difetti, ma fin da piccola mi si riconosce un grande spirito di adattamento e una spiccata vena artistica.
E il mio Don Rodrigo rimarrà nella storia dello spettacolo. Che intensità, che profondità, che baffoni!
Brava! Bis!
Il salice alla finestra parla.
Luca ascolta le sue parole ma non capisce.
“scatola, buio, muro, notte, morte”
Cosa gli sta raccontando?
“buio, muro, notte, strada”
L’infermiere entra nella stanza. Il salice tace.
“Ciao”
Luca ondeggia sullo sgabello.
“Come stai oggi?”
Avanti e indietro.
“Non ti andrebbe di uscire un poco?”
Avanti e indietro. Avanti e indietro.
“Neanche una passeggiata in corridoio?”
Avanti e indietro. Avanti e indietro. Avanti e indietro.
“Ho capito, non ti agitare, manda giù queste e poi ti lascio in pace”
Luca raccoglie un poco di saliva in bocca, gonfia le guance e poi deglutisce il tutto. Il segreto sta nel buttare la testa all’indietro con un colpo secco. Velocemente. Ad occhi chiusi.
L’infermiere esce. Il salice riprende.
“muro, strada, orizzonte”
Luca non esce. Non guarda fuori. Non può.
Ha i piedi attaccati al pavimento e gli occhi bassi puntati verso terra.
Sempre verso terra. Alza il viso solo per le pillole. Un colpo secco all’indietro ad occhi chiusi e poi di nuovo verso terra.
Non ha mai visto neanche il salice ma ne intuisce la forma dalla grande ombra sul pavimento. E ne avverte la presenza dai rami che strisciano contro i vetri della finestra.
Sono ormai tre anni che in clinica provano a farlo uscire. Non capiscono. Lui ha cercato di spiegare. Ma loro non capiscono.
Lui non può. Come una montagna non può girare su se stessa, come un lago non può scivolare in un’altra valle, come un albero non può cambiare giardino.
Ecco, come un albero, proprio come un albero.
È per questo che Luca si trova così bene con il salice. Sono due alberi: uno fuori e l’altro dentro.
Certo lui ancora non capisce bene il suo linguaggio. Ci vorrà del tempo ma prima o poi accadrà. Prima o poi loro si comprenderanno e potranno comunicare liberamente, come due amici, come due fratelli, come due amanti.
Perché no? A quel punto si apriranno mille possibilità e Luca non sarà più solo.
“strada, orizzonte”.
E vedrà.
Luca vedrà la vita che scorre fuori attraverso gli occhi del salice.
“Orizzonte”.
La maggior parte di voi legge con piacere le cronache del mio preistorico Erasmus.
Alcuni di voi leggono
solo le cronache del mio preistorico Erasmus.
Uno sparuto gruppo si lamenta addirittura che io scriva troppo poco circa il mio preistorico Erasmus.
Ma mentre voi stavate a sbuffare e lamentarvi come vecchie comari io, Pancraziuccia vostra, riflettevo, progettavo, deliravo.
Ed alla fine ho preso una decisione: da lunedì apre ufficialmente "Pancrazia in Berlin". Non un vero e proprio blog ma un esperimento, una sorta di libro online.
Ricomincerò tutto da capo, tutto verrà rieditato ed arricchito. Fin dai primi capitoli verrano svelati aneddoti, particolari e situazioni che finora, per decenza e pudore, vi erano stati tenuti nascosti. Ma, del resto, che me ne faccio della decenza e del pudore dopo 5 anni e fischia da blogger? E' da mò che li ho buttati nel cesso!
Ogni giorno ci sarà un nuovo capitolo da leggere.
Vabbè, magari ogni due giorni. Delle volte anche tre.
Io ce la metterò tutta, ma non vorrete mica che mi si riapra l'ulcera?
Comunque, una cosa è certa, non ci saranno più attese bibliche. Alleluia Alleluia!
Spero che l'iniziativa vi piaccia, che vi divertiate insieme a me o che almeno apprezziate lo sforzo.
Perché lo faccio? Perché ho voglia di mettermi in gioco, provare nuove strade, dare vita a diversi progetti. E poi perché, ovviamente, sono una grafomane senza speranza di essere guarita o redenta.
Si comincia lunedì su un "nuovo canale":
Pancrazia in Berlin.
Ps: che non vi venga neanche il sospetto, Radio Cole non chiude! Questa è casa mia! Pancrazia in Berlin è come un monolocale per le vacanze.
Rossella Urru è stata rapita dal campo profughi Saharawi di Rabuni la notte tra il 22 e il 23 ottobre scorsi. Insieme a lei sono stati presi anche due cooperanti spagnoli: Ainhoa Fernandez de Rincon e Enric Gonyalons.
Rossella lavora da due anni in Algeria, coordinando un progetto che si occupa di rifornimenti alimentari nel campo, con particolare attenzione ai bisogni specifici di donne e bambini.
Lei è laureata in Cooperazione Internazionale con una tesi proprio sul popolo Saharawi.
Non è una sprovveduta. Ha trasformato la sua grande passione, la sua grande voglia di fare, in un lavoro difficile, pericoloso ma estremamente utile, che sicuramente la riempie d'orgoglio e soddisfazione.
Io di Rossella so questo e poco altro, come tutti voi del resto.
Ma, guardando le sue foto, ho cercato di intuirne il carattere e i sentimenti. Guardando quelli occhi neri come pozzi e quel sorriso sereno, ne ho percepito l'amore per la sua missione, l'entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco, darsi da fare, fare ciò che si deve, senza tanti fronzoli. Semplicemente.
Rossella sembra una ragazzina ma è una donna. Una donna in gamba rimasta vittima, come tanti altri, dei giochi di potere, delle battaglie intestine di una terra mai pacificata.
Per mesi in Italia non si è più parlato di lei. I media l'hanno ignorata. La sua era una notizia noiosa, senza pruriginosi particolari o risvolti macabri. Ma negli ultimi giorni, per fortuna, il silenzio si è fatto meno assordante e le voci hanno cominciato a levarsi.
Le nostre sono voci flebili e nulla possono sul piano internazionale. Ma sono voci sincere e decise che vogliono alzare l'attenzione, vogliono mandare un messaggio di affetto fino al deserto e, semplicemente, vogliono far sentire la famiglia di Rossella meno sola.
Noi ci siamo, siamo con voi, siamo orgogliosi di questa donna che ci rappresenta con il sorriso e la concretezza.
Liberate Rossella. Sono in molti ad avere bisogno di una donna come lei. Noi, la sua famiglia, e i profughi Saharawi.
Questo post rientra nell'iniziativa
Blogging Day per Rossella Urru.