Scese dalla corriera, l'autobus, il pullman, o come diavolo lo chiamate voi,
Sissi ed
io attendemmo fiduciose l'arrivo della nostra guida.
Il nostro faro, la nostra baby-sitter, la poveraccia a cui sarebbe spettato l'onere e l'onore di accogliere le cosiddette "amiche di Berlino".
Nientepopodimeno che:
la testimone della sposa.
E scusate se è poco!
Gra', impossibilitata a muoversi da mille bigodini e dalla pettinatrice che la teneva in ostaggio, scelse di affidarci alle amorevoli cure della solerte
Enza.
Poverina.
No, non
Gra' con la sua chilata di bigodini sulla capoccia.
Povera
Enza, la testimone. Ella non poteva certo immaginare in che guaio stesse andando a cacciarsi.
Dopo averci fatte salire in auto, l'innocente ci chiese:
"Avete mica qualche idea per giochi o scherzi da fare durante il ricevimento?"
Ecco. Il danno era fatto. Il tappo dello spumante saltato. La valanga partita.
Io, mi accucciai sul fondo del sedile cercando riparo.
Sissi, di fronte alla possibilità di organizzare qualcosa, come sempre perse la testa.
La sua gemella delirante e logorroica prese il controllo della situazione.
La figlia delle notti brave in Romagna, colse la palla al balzo, e cominciò a sparare una proposta al secondo:
"Potremmo fare questo, o questo, o questo, oppure questo. Potremmo fare un quiz, una caccia al tesoro, uno spettacolo di mimo. Potremmo scrivere una poesia, una canzone, un romanzo in tre volumi. Potremmo girare un cortometraggio, un musical, un colossal alla Ben Hur"
Sissi, ipereccitata, parlava a manetta.
Enza, terrorizzata, teneva lo sguardo fisso sulla strada progettando di mollarci sulla statale. Rallentando o meno, era tutto da vedere.
Io, brandendo la frusta da domatore, cercavo di rendere inoffensiva la mia amica cesenate:
"Sta buona, rilassati, respira, tira indietro gli artigli"
"Potremmo fare questo",
insisteva lei.
"Non abbiamo abbastanza tempo", cercavo di farla ragionare io.
"E se facessimo quest'altro?"
"Ci sbatterebbero fuori"
"E quest'altra cosa ancora?"
"Ci farebbero arrestare!"
"
Enza tu che ne pensi?", cercavamo di coinvolgerla.
"Non lo so, fate voi", ci rispondeva la poverina con un filo di voce, sognando il momento in cui avrebbe potuto mollarci in albergo per poi cavalcare serena e libera verso l'orizzonte.
Alla fine, cercando una soluzione che rendesse felice
Sissi, avesse la mia approvazione, e liberasse dal pesante fardello
Enza, svaligiammo una cartoleria e poi ci ritrovammo a scrivere, ritagliare, incollare. Incollare, ritagliare e scrivere.
"E sai cosa sarebbe anche bello, Jane?", chiese
Sissi, con il suo miglior sguardo da pazza, agitando le forbici a punta arrotondata.
"Cosa?"
"Potresti fare un bel discorso"
"Ma che fai, scherzi?"
"Eddai, tu scrivi così bene"
"Io queste cose da film americano non le faccio, scordatelo!"
"Eddaiii"
"No!"
"Eddaiiiiiiiiiiiiiiiiii"
"No"
"Eddaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii"
"No, e poi mi vergogno a leggere in pubblico!"
"E qual è il problema? Tu scrivi. Io leggo. Eddaiiiiiiiiiiiiiiiii"
"Basta! Va bene. Io scrivo un capolavoro LacrimeeRisate e tu lo leggi. Ma guai a te se sbagli i tempi comici!", decisi io con un piglio da genio esaltato.
Il rapporto tra
me e
Sissi è sempre stato così. Anche ai tempi gloriosi di Berlino.
Lei aveva le idee pazze.
Io le limavo, aggiustavo, bocciavo ma alla fine le restavo accanto.
Perché?
Perché nessuna delle due si è mai lasciata scalfire dagli sguardi sbigottiti degli altri.
E perché era tanto divertente un tempo, così come lo è oggi.
Continua...