Un'ora per decidere quale regalo prendere al nipote adorato.
Cinque minuti perché lui lanci il suddetto regalo dal balcone, facendolo schiantare a terra in mille pezzi.
Dico tutto.
Confesso tutto.
Il mio amico. Sua moglie. I gioiellieri. Le prostitute. Le guardie giurate. Le donne nei gabinetti del treno.
E poi ancora altri.
Venti. Sono venti. Devono essere venti.
Li ho uccisi io. Tutti io. Io.
Donato Bilancia.
(1998)
Mi truccano.
Sistemano le luci e poi accendono la telecamera.
Parlo per 27 minuti.
Ammetto ufficialmente davanti alla mia nazione e al mondo intero l'incidente di Chernobyl.
Sono Michail Gorbačëv.
(1986)
Il bello di scoprire interessanti iniziative online consiste anche nel seguirne gli sviluppi.
Il tutto con la curiosità e l'occhio benevolo della zia.
Zia giovane, gnocca e svitata. Ça va sans dire.
Ed è per questo che vi propongo il backstage della parte di
Erasmus 24_7 dedicata a Berlino.
Un filmato di pochi minuti che mette allegria, aumenta la curiosità circa il risultato finale e promette meraviglie.
Io li amo tutti i protagonisti di questo progetto, sia quelli davanti (
Rita ueber alles!) sia quelli dietro la cinepresa.
Anzi, ora parlo direttamente con questi ultimi: se avete bisogno di una collaboratrice femminile che se la cavi nella scrittura, conosca l'inglese e il tedesco, regga tranquillamente la birra germanica, e sia capace di mettere lo stucco ai muri scrivetemi, contattami, stagizzatemi. Il mio indirizzo è janecole(chiocciolina)live.it e sono proprio la psicopatica che stavate cercando!
Come? Non stavate cercando nessuna psicopatica? Ne siete proprio sicuri?
Non ho mai fallito.
Per questo hanno scelto me.
Attendo in mezzo alla
folla.
Lo vedo. Sparo. Una. Due volte.
Si accascia ma non muore.
Ho
fallito.
(1981)
Partecipo ad un sit-in in Piazza Navona.
Si raccolgono firme e si festeggia il terzo anniversario del referendum sul divorzio.
Tafferugli. Spari. Agenti in borghese.
Mi chiamo Giorgiana Masi e muoio a 19 anni.
(1977)
Eseguo il primo trapianto cuore-polmoni.
Sono il dottor Bruce Reitz.
(1987)
Maria viveva con la mamma e i suoi tre fratelli in un enorme palazzo.
I pavimenti erano di marmo e i soffitti riccamente affrescati.
La camera della mamma era grande e luminosa con un imponente letto a baldacchino al centro. I vestiti nel guardaroba erano meravigliosi, fatti di seta e pizzi, ornati da perle e pietre preziose. La piccola Maria amava trascorrere ore in mezzo a tutto quello splendore e, mentre la Tata la sgridava, la sua dolce mamma, invece, si divertiva a darle corda e a giocare con lei. L'avvolgeva in stole di morbido ermellino e le ornava i capelli con diademi e coroncine.
"La mia principessa", la chiamava con amore.
"Un giorno diventerò bella come te?", le chiedeva la piccola addobbata come una damina.
"No, amore mio, un giorno tu diventerai anche più bella"
"E sposerò un uomo bello come il babbo?"
"Sì", le rispondeva la madre con un velo di tristezza ad oscurarle lo sguardo.
I fratelli di Maria erano poco più piccoli di lei: Marco aveva 6 anni, Matteo 4, e Luca 2. Erano vivaci e pestiferi, ma anche divertenti e spiritosi. Portavano tanta allegria nelle stanze dell'appartamento occupato dalla famiglia. Correvano, giocavano a palla, si arrampicavano, cadevano, piangevano, si rialzavano, e ricominciavano a correre.
Quando il cielo era coperto ed i meravigliosi giardini del palazzo si svuotavano dai soliti visitatori, la Tata li portava tutti e quattro a fare una bella passeggiata e a prendere un poco d'aria. Il gioco che veniva proposto loro era sempre lo stesso: "Mi raccomando, angioletti, non si parla e non si urla, fate finta di essere trasparenti come il cristallo dei lampadari".
La più brava a rendersi invisibile era sempre Maria, donnina docile ed obbediente che veniva ripagata con latte caldo e biscotti al burro, una vera squisitezza.
Una volta a settimana Lui passava a trovarli. Era sempre vestito come un imperatore, aveva il viso buono e trattava i suoi bimbi e la sua compagna con tutto l'amore possibile.
Loro lo chiamavano "babbo". Il resto del mondo "Sua Santità".