Noi siamo i ricordi degli altri.
Fra sessant'anni per mio nipote sarò ancora la zia dei racconti, della grande scrivania e dell'insalata di riso.
Sembra poco e invece è tantissimo.
Si ferma sulla soglia. E respira.
Guarda quella stanza vuota. E ricorda.
Le tornano in mente solo le cose brutte ma sa che, da qualche parte, nascoste, timide, ci sono anche quelle belle.
Fa un passo avanti sul tappeto morbido.
Eccole. Ecco dove si erano nascoste le cose belle. Nascoste nella trama del tessuto a solleticare i piedi nudi.
Ancora un passo e si sdraia sul letto. Guarda il soffitto. Un singhiozzo, due, tre. E poi basta.
Un tempo lei era capace di farsi pianti infiniti, ma ora non più. Forse ha finito le lacrime o i condotti che le potrebbero far vomitare tutto fuori si sono talmente ingarbugliati, stretti, attorcigliati che le rimane tutto dentro. Tutto dentro ad asciugarsi piano per lasciarla vuota e arida.
Ormai non c'è più nulla. Non c'è più la rabbia. Non ci sono le urla. La sua voce cattiva che la faceva sobbalzare. La sua voce gentile che la faceva sorridere.
Si alza.
Torna alla porta. La riattraversa e se la chiude alle spalle.
NdA: solo parole ritrovate oggi facendo ordine tra vecchi fogli.
Da Aprile a Luglio ho condotto laboratori di scrittura dal vivo e via Skype. Ho incontrato gente che non conoscevo e rivisto visi amici. Ho goduto del talento degli altri, della loro voglia d'imparare e del piacere di mettersi in gioco. Mi sono tuffata in un mondo che mi ha dato tantissimo e a cui ho ancora tanto da dare.
Da Aprile a Luglio ci sono stati fantasiosi aperitivi prescrittura, e frugali cene precollegamento. Ci sono stati personaggi e intrecci, aggettivi e verbi, incipit e finali, dialoghi e descrizioni. E ci sono stati, soprattutto, monologhisti in odor di paternità, produttrici sane di racconti, ragazze alle prese con semafori e dinosauri, amanti della letteratura ottocentesca, talenti semplici e inaspettati, penne create per raccontare l'infanzia, narratrici di mondi fantastici, inventori di biografie articolate, menti insoddisfatte sempre in grado di mettersi in discussione, elaboratrici di trame semplici e complesse, giovani ironici al servizio dell'arte del racconto.
Da Aprile a Luglio c'è stato tutto questo e anche di più.
Grazie a tutti dall'onorata testimone di tanta vivacità e bellezza.
Ci si vede a settembre, dal vivo e via Skype.
Il perfetto punto di rosso.
Rosso estate, femmina, anni cinquanta, Hollywood, Cinecittà, La dolce Vita.
La vita è dolce e, anche se non lo è, ad asciugarsi le unghie al sole, con le mani appoggiate sopra le ginocchia pallide, sembra dolce comunque. Ed è un piacevole inganno.
Ed un piacevole inganno è la vita.
Alta. Elegante. Più vicina ai sessanta che ai cinquanta.
Porta con sé una di quelle borse per la spesa in tela spessa. Quelle con le ruote.
Solo quando mi è abbastanza vicina, metto a fuoco il tubicino trasparente che, partendo dalle narici, le ondeggia davanti fino a scomparire nella sporta. Ossigeno.
Lei è cosi bella. Altera. Regale.
Talmente tanto che quasi vorrei fermarmi a dirglielo. Ma ho paura di offenderla, d'invadere il suo spazio di legittima normalità sottolineandone la straordinarietà.
E così taccio. Ma scrivo.
Da quanto tempo non vi consiglio un artista o un'iniziativa presenti in rete?
Ve lo dico io: da tanto tantissimo tempo!
Troppo.
Quindi, per questo grande ritorno della mia longeva rubrica "Nella Rete", scelgo un disegnatore coi controfiocchi. Tratto fantastico, mente curiosa, capacità di vedere le cose con occhio diverso. Vi sto parlando di
Troqman, i cui disegni abitano lo spazio, stupiscono e fanno sorridere. Il cui blocchetto passeggia per le strade interagendo col mondo e rendendolo migliore.
Troqman, al secolo David Troquier, è un illustratore francese che abita ad Amsterdam, ma gira spesso per l'Europa, facendo vivere personaggi ed idee a stretto contatto con la realtà quotidiana.
Lo potete trovare su
Facebook,
Twitter,
Tumblr,
Instagram e pure
Steller.
Negli ultimi tempi, per un motivo o per un altro, mi è capitato di consigliarlo spesso.
Io lo lessi in prima superiore, complice la passione smodata che la mia professoressa d'italiano nutriva per l'autore. A distanza di tanti anni rimane uno dei miei gialli preferiti.
La torrida estate è la stagione delle letture a base di crimini e intrighi. Quindi, se non l'avete ancora fatto, leggete "Una storia semplice" di Leonardo Sciascia.
Breve e pregno. Grande letteratura.
Fa molto caldo.
Potrei già chiuderla qui con questo argomento. Ma insisto. Fa caldo. Fa molto caldo. Un fottuto, disperato, appiccicato caldo. Di quelli che ti entrano nella testa, asciugano i pensieri, rinsecchiscono il cuore e gonfiano le gambe. Di quelli che ti tolgono le forze, avvelenano la giornata, imbruttiscono il corpo e abbrutiscono lo spirito. Di quelli che "vorrei morire". Di quelli che "forse sono già morto". Di quelli che io non ho l'aria condizionata. E lavoro da casa. E passo l'intera giornata a dormire, mangiare, cucinare, scrivere, editare, illustrare, telefonare, respirare in un dannatissimo forno. In un bilocale caldo. In un isolato caldo. In un quartiere caldo. In una città calda. Perché fa caldo. Fa molto caldo. E scrivere un post senza pause è un ottimo modo per trascinarvi all'inferno con me.