Al cinema è appena uscito il remake di National Lampoon's Vacation.
Avete presente? Quella commedia in cui una famiglia americana si sciroppa millemilioni di chilometri per raggiungere un mega parco di divertimenti. Pellicola che ebbe molti sequel e rallegrò spesso i pomeriggi estivi della nostra infanzia. Perché, anche se molti di voi giovini scellerati non ne avranno memoria alcuna, durante gli anni '80 non era davvero estate se Italia Uno non riempiva i propri caldi pomeriggi di programmazione con le mitiche commedie americane adolescenziali-familiari. Noi giovani-vecchi, che ci siamo a lungo abbeverati a quella fonte di leggero divertimento, ancora ci ricordiamo tali ore rilassate e le rimpiangiamo assai.
Io, per festeggiarne il ritorno sugli schermi e dimostrare tutta la mia devozione a quel vecchio film, quest'estate sono partita per una vacanza simile. Ho detto simile, mica uguale. Niente famiglia al seguito, niente parco di divertimenti come meta finale, niente America. Ma nove giorni tra Italia, Francia e Spagna, spostandosi in auto, macinando chilometri e inanellando una notevole serie di situazioni che "tra tanti anni ripensandoci ci faremo grasse risate".
E cosa fa una blogger che si rispetti quando gliene capitano di ogni? Scrive.
Ed è per questo che da domani parte la serie: Nove giorni Nove Post.
Un post ogni giorno.
Un post per ogni giorno di vacanza.
Siete pronti?
No? Peggio per voi.
Chi c'è c'è. Domani si parte!
In metropolitana. Per strada. Sull'autobus.
Immersa nei tuoi pensieri. Stanca. Sfatta.
Succede.
L'incontro casuale con un amico. Anche per pochi secondi. Anche di corsa.
Ricarica di volti familiari, parole complici, e sorrisi sinceri.
E si torna a casa un po' più contenti. Un po' più vivi.
Proseguite nella lettura a vostro rischio e pericolo, quello che segue è un post ad alto contenuto di nulla.
L'avete mai visto "Ribelle-The Brave"?
Il cartone animato.
Quello del 2012.
Agevolo locandina.
L'avete mai visto?
Io sì, l'altro giorno. Ne vogliamo parlare? Parliamone!
I capelli della protagonista sono FAVOLOSI!
Rossi, ricci e selvaggi, più stanno alla straca##o e più belli sono.
Li adoro!
Anzi no, li adorerei nella realtà ma li IDOLATRO in versione digitale. I capelli di Merida, così si chiama la fanciulla fulvocrinita, hanno un effetto calmante e ipnotico. Loro se ne stanno là, sullo schermo, fluttuanti e vivi. Sembra addirittura che respirino. Tu li osservi e ti rilassi, nulla ha più importanza, nulla può farti del male. La vista si annebbia e i muscoli si decontraggono.
Nel frattempo potrebbero svaligiarti casa, fregarti la poltrona da sotto il sedere, o cambiarti addirittura lo status su facebook, e tu neanche te ne accorgeresti!
Quei capelli sono una droga. Danno dipendenza e assuefazione.
Non c'è altra spiegazione: questo film deve essere stato confezionato dai servizi segreti, da una dittatura internazionale trasversale o dagli alieni. Questa pellicola è progettata per rimbambirci, fiaccare la nostra volontà, e renderci tutti schiavi.
Ogni resistenza è inutile.
Brindo ai conquistatori ed agito i miei ricci collaborazionisti.
Noi siamo i ricordi degli altri.
Fra sessant'anni per mio nipote sarò ancora la zia dei racconti, della grande scrivania e dell'insalata di riso.
Sembra poco e invece è tantissimo.
Si ferma sulla soglia. E respira.
Guarda quella stanza vuota. E ricorda.
Le tornano in mente solo le cose brutte ma sa che, da qualche parte, nascoste, timide, ci sono anche quelle belle.
Fa un passo avanti sul tappeto morbido.
Eccole. Ecco dove si erano nascoste le cose belle. Nascoste nella trama del tessuto a solleticare i piedi nudi.
Ancora un passo e si sdraia sul letto. Guarda il soffitto. Un singhiozzo, due, tre. E poi basta.
Un tempo lei era capace di farsi pianti infiniti, ma ora non più. Forse ha finito le lacrime o i condotti che le potrebbero far vomitare tutto fuori si sono talmente ingarbugliati, stretti, attorcigliati che le rimane tutto dentro. Tutto dentro ad asciugarsi piano per lasciarla vuota e arida.
Ormai non c'è più nulla. Non c'è più la rabbia. Non ci sono le urla. La sua voce cattiva che la faceva sobbalzare. La sua voce gentile che la faceva sorridere.
Si alza.
Torna alla porta. La riattraversa e se la chiude alle spalle.
NdA: solo parole ritrovate oggi facendo ordine tra vecchi fogli.
Da Aprile a Luglio ho condotto laboratori di scrittura dal vivo e via Skype. Ho incontrato gente che non conoscevo e rivisto visi amici. Ho goduto del talento degli altri, della loro voglia d'imparare e del piacere di mettersi in gioco. Mi sono tuffata in un mondo che mi ha dato tantissimo e a cui ho ancora tanto da dare.
Da Aprile a Luglio ci sono stati fantasiosi aperitivi prescrittura, e frugali cene precollegamento. Ci sono stati personaggi e intrecci, aggettivi e verbi, incipit e finali, dialoghi e descrizioni. E ci sono stati, soprattutto, monologhisti in odor di paternità, produttrici sane di racconti, ragazze alle prese con semafori e dinosauri, amanti della letteratura ottocentesca, talenti semplici e inaspettati, penne create per raccontare l'infanzia, narratrici di mondi fantastici, inventori di biografie articolate, menti insoddisfatte sempre in grado di mettersi in discussione, elaboratrici di trame semplici e complesse, giovani ironici al servizio dell'arte del racconto.
Da Aprile a Luglio c'è stato tutto questo e anche di più.
Grazie a tutti dall'onorata testimone di tanta vivacità e bellezza.
Ci si vede a settembre, dal vivo e via Skype.
Il perfetto punto di rosso.
Rosso estate, femmina, anni cinquanta, Hollywood, Cinecittà, La dolce Vita.
La vita è dolce e, anche se non lo è, ad asciugarsi le unghie al sole, con le mani appoggiate sopra le ginocchia pallide, sembra dolce comunque. Ed è un piacevole inganno.
Ed un piacevole inganno è la vita.
Alta. Elegante. Più vicina ai sessanta che ai cinquanta.
Porta con sé una di quelle borse per la spesa in tela spessa. Quelle con le ruote.
Solo quando mi è abbastanza vicina, metto a fuoco il tubicino trasparente che, partendo dalle narici, le ondeggia davanti fino a scomparire nella sporta. Ossigeno.
Lei è cosi bella. Altera. Regale.
Talmente tanto che quasi vorrei fermarmi a dirglielo. Ma ho paura di offenderla, d'invadere il suo spazio di legittima normalità sottolineandone la straordinarietà.
E così taccio. Ma scrivo.