Scrivere post a puntate e poi lasciarli a metà
Prima fu il romanzo d’appendice, poi i radiodrammi, infine soap opera e telefilm.
Il pubblico adora le storie a puntate. Spasima per un finale sospeso che spinga ad attendere trepidante l’episodio successivo. Si affeziona ai personaggi e alle loro vicende.
Un blog personale, di per sé, è già tutto questo. Se poi al blog si aggiungono vicende private o racconti inventati, narrati a spizzichi e mozzichi, l’effetto calamita del lettore è assicurato. A meno che...
A meno che non vi chiamate Jane Pancrazia Cole e siate affetti da un’inspiegabile fascinazione per l’autodistruzione e l’autosabotaggio.
Fate come me, iniziate a scrivere storie a puntate, a raccontare vacanze a puntate, viaggi metaforico-esistenziali a puntate. E poi diluite sempre di più i post fino a mollare il tutto a metà. Per pigrizia. Per penuria d’ispirazione. Per semplice sadismo.
Fate così e i lettori non solo vi abbandoneranno, ma vi schiferanno proprio, vi augureranno le peggio punizioni divine e toglieranno il saluto a voi e a tutti i vostri familiari fino all’ottava generazione. E voi potrete dichiararvi con soddisfazione e orgoglio: blogger sconosciuti e pure un poco stronzi.
E nel caso non vi venisse in mente nessuna vicenda da utilizzare per torturare i vostri lettori, non temete, ci penso io a darvi utili suggerimenti! Buttatevi sui generi più gettonati: love and trip.
Inventatevi un nuovo fidanzato e una fantomatica proposta di matrimonio. E poi interrompete senza dare spiegazioni. Millantate un viaggio coast to coast negli Stati Uniti. Scrivete 10 post solo su biglietto, passaporto, valigia e viaggio verso l’aeroporto. E poi sparite nell'oblio, per riprendere dopo poco tempo a scrivere di tutt'altro, con una nonchalance da navigate carogne.
I lettori soffriranno e vi odieranno. Voi brinderete compiaciuti alla vostra inutile, e per questo motivo ancora più succosa, cattiveria. Prosit!