Una donna bella e sottile, con un vezzoso cappellino sul capo, un carretto pieno di libri, e una bicicletta.
“Ha un’aria molto parigina” fa notare una signora che si avvicina a curiosare. Chiara Trevisan, la protagonista di questo quadretto, sorride e alza le spalle, “non è la prima a dirmelo”.
“Ho indovinato? È un’idea francese? Si è ispirata a qualcosa che ha visto?” insiste la signora.
“No, è un’idea mia, tutta mia.”
Questo è l'ultimo post della serie. Dedicato all'ultimo film, tra i premiati o nominati, che ho visto.
"Tre manifesti a Ebbing, Missouri" è un film splendido con una sceneggiatura inaspettata. In cui, partendo da una situazione e dei personaggi che paiono prevedibili, si costruisce una storia diversa dal solito, una storia dove i cattivi non esistono. Ma neanche i buoni. I protagonisti sono tutti reali e incasinati. Molto incasinati.
Questa è la storia di chi combatte ogni giorno contro la propria miseria umana e anche quella degli altri. Due protagonisti su tre sono oggettivamente insopportabili: violenti, irascibili e ignoranti. Il terzo, l'unico che in un mondo reale verrebbe definito "una brava persona", è costretto a cedere il passo a metà pellicola, ma lascia un segno profondo nello spettatore, e non solo.
"Tre manifesti a Ebbing, Missouri" è un film che si regge su tre perfette prove attoriali fornite da: Frances McDormand, Sam Rockwell, e Woody Harrelson (*).
I primi due si sono portati a casa l'oscar come migliore attrice protagonista e come miglior attore non protagonista. L'ultimo solo una nomination, anche se avrebbe meritato di più. Il suo è uno dei personaggi più interessanti e lui lo interpreta da Dio. Come fa sempre, del resto.
"Tre manifesti a Ebbing, Missouri" è un film che racconta la rabbia e la necessità di superarla per provare a vivere.
Il giudizio finale non può che essere: da vedere!
(*) Io Woody Harrelson lo amo artisticamente e pure un po' carnalmente dai tempi di Cin Cin, che sia messo agli atti.
Per torinesi e non, volete qualche anticipazione del prossimo Salone Internazionale del Libro?
Eccole qua, nell'articolo che ho scritto per TorinOggi...
Non sono un'appassionata di Guillermo del Toro. Ma ho grande rispetto per gli artisti dallo stile inconfondibile.
Ma non è questo il motivo per cui ho voluto vedere assolutamente "La forma dell'acqua".
Ho voluto vedere assolutamente "La forma dell'acqua" perché, se un regista ha il folle coraggio di andare da un produttore e proporgli una storia d'amore tra un uomo pesce e una donna muta, questo regista si è meritato che io il suo film lo vada a vedere. Se l'è proprio guadagnato, guadagnato sul campo.
Il film l'ho visto e mi è piaciuto.
Ma non l'ho adorato. Non lo so il perché.
Mi è più o meno piaciuto tutto. La fotografia, le scenografie, gli attori e questa storia d'amore favolistica ma anche carnale.
Mi è più o meno piaciuto tutto, ma il cuore no, non me l'ha rapito.
Lo so che è non è una grande critica, né oggettiva né chiara ma, del resto, mica faccio il critico cinematografico io!
Giudizio finale: ha preso una discreta carrettata di premi, forse li ha meritati, forse no... boh...
Se siete di Torino andateci di persona.
Se non siete di Torino ascoltateli via web.
Una grande stanza luminosa, tante sedie in circolo, facce vecchie e nuove con storie diverse da raccontare e talenti da esibire. Questa è Pro Loco, la trasmissione della webradio RadioOhm, che ogni martedì pomeriggio dalle 14 alle 15 va in diretta dal circolo Basaglia, in via Mantova 34 a Torino.
Poco tempo fa sono andata a vedere: "Donne (S)comode", una conferenza spettacolo sulle mestruazioni. Ebbene sì, avete letto bene, proprio quelle.
All’alba della primavera del 2018, in una società moderna e aperta, molti sono i tabù ormai caduti. Molti ma non tutti. Infatti, qualunque sia il modo in cui le si chiami: “il Marchese” , “il ciclo” o il più frequente “le mie cose”, le mestruazioni femminili restano ancora un argomento trattato con vergogna da molte donne e con fastidio da quasi tutti gli uomini.
Qualsiasi tabù resta saldo nell’ignoranza, mentre si arrende naturalmente di fronte alla conoscenza. Ed è da questo principio che nasce l’idea dell’attrice Patrizia Besantini che, con le informazioni dell’ostetrica Paola Maria Lussoglio prima e la penna felice di Annalisa Arione dopo, ha scritto e messo in scena uno spettacolo dedicato proprio alla fisiologica ciclicità della donna.
Stimo Christopher Nolan ma detesto i film di guerra.
Ho deciso di vedere Dunkirk solo per dovere. Perché il regista inglese è uno dei migliori della sua generazione e i suoi lavori bisogna vederli.
Mi sono approcciata a questo film, dunque, priva di una genuina curiosità e di un qualsivoglia entusiasmo.
E invece.
E invece Dunkirik mi ha conquistata. Ma conquistata sul serio. Testa, cuore e stomaco. Più la pellicola andava avanti più io mi protraevo verso lo schermo in un fascio di nervi, aspettative e angosce.
Nolan ha messo alla prova il pubblico. Cosa che, tra l'altro, a lui piace tantissimo. Ha scelto la via più difficile e meno ovvia. E anche questo a lui piace un bel po'. Ha raccontato una storia naturalmente drammatica con una fotografia fredda e, soprattutto, ha evitato di concentrarsi su un unico protagonista, rendendo così l'identificazione molto meno facile. Eppure a Nolan è riuscito comunque il miracolo di trascinare lo spettatore dentro la storia. In una maniera che non sarei neanche in grado di definire. Melodrammatica? No, ma forse un po'. Intensa? Sì. Cruenta? No, ma in un certo senso sì. Spietata? Sì, ma solo falsamente realistica.
In più il regista ha aggiunto al tutto il suo peculiare utilizzo del tempo nella narrazione. Passato e presente che si alternano, che si rincorrono fino a raggiungersi.
Ho adorato questo film, adorato sul serio.
Mi ha conquistata al 100%.
Giudizio finale: tre oscar su 8 nomination. Troppo pochi. La miglior regia era la sua.
In occasione dell’uscita del libro “La sfida della libertà”, la seconda parte dell’autobiografia di Nelson Mandela scritta con l’autore Mandla Langa, le librerie Feltrinelli hanno organizzato una mostra fotografica dedicata al grande leader sudafricano.
L’esposizione sarà presente, fino al 31 marzo, in nove punti vendita in nove città italiane, tra queste anche Torino con la Feltrinelli Express di Porta Nuova.
Numerose fotografie, tratte dal libro, sono esposte a raccontare...