Confessione Numero Cinque: Jane, la bimba inconsapevole
Mi piace il mais.
Mi piace tanto il mais.
In ogni sua versione. Pop corn, semi tostati, gallette dietetiche.
E le pannocchie intere.
Amo le pannocchie.
Semplicemente bollite e salate.
Da mangiare con la tecnica del castoro o godendomele un chicco alla volta.
Questa mia passione ha un'origine antica. Che fonda le proprie basi nell'innocenza dell'infanzia, nel calore della famiglia ma, forse, anche nel perverso fascino del mistero e del proibito.
Quand'ero ancora una bimba assistevo affascinata ad un curioso rito. Un rito che amavo ma non capivo.
Ogni estate, nella casa in campagna che condividevamo con zii e cugini, si celebrava la giornata delle pannocchie.
Mio padre accostava la macchina accanto ad un enorme campo di granoturco.
Mia madre e mia zia si precipitavano fuori.
"Posso venire anch'io?", chiedevo ogni volta.
"No, resta in macchina. Ci mettiamo un attimo", mi veniva risposto.
E tornavano poco dopo con le braccia cariche di pannocchie.
Per anni sono stata convinta che quest'abitudine familiare fosse normale e lecita. Mai mi sfiorò il dubbio che mia madre e mia zia facessero qualcosa d'illegale.
Le pannocchie erano là ed erano per tutti.
C'è stato un tempo in cui anch'io possedevo un'anima innocente ed inconsapevole.
Mi piace tanto il mais.
In ogni sua versione. Pop corn, semi tostati, gallette dietetiche.
E le pannocchie intere.
Amo le pannocchie.
Semplicemente bollite e salate.
Da mangiare con la tecnica del castoro o godendomele un chicco alla volta.
Questa mia passione ha un'origine antica. Che fonda le proprie basi nell'innocenza dell'infanzia, nel calore della famiglia ma, forse, anche nel perverso fascino del mistero e del proibito.
Quand'ero ancora una bimba assistevo affascinata ad un curioso rito. Un rito che amavo ma non capivo.
Ogni estate, nella casa in campagna che condividevamo con zii e cugini, si celebrava la giornata delle pannocchie.
Mio padre accostava la macchina accanto ad un enorme campo di granoturco.
Mia madre e mia zia si precipitavano fuori.
"Posso venire anch'io?", chiedevo ogni volta.
"No, resta in macchina. Ci mettiamo un attimo", mi veniva risposto.
E tornavano poco dopo con le braccia cariche di pannocchie.
Per anni sono stata convinta che quest'abitudine familiare fosse normale e lecita. Mai mi sfiorò il dubbio che mia madre e mia zia facessero qualcosa d'illegale.
Le pannocchie erano là ed erano per tutti.
C'è stato un tempo in cui anch'io possedevo un'anima innocente ed inconsapevole.
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