"Sono arrabbiata con la maestra", disse la bambina con gli occhiali grandi e tondi e le gambette da ragnetto.
"Oggi ci ha fatto fare i biglietti di Natale per mamma e papà. Abbiamo dovuto scrivere tutti le stesse cose. Quelle che ci diceva lei. Ma come faccio io a spiegare quello che sento davvero nel cuore se me lo dice lei? Lei che ne sa?"
La bambina sulla Metro mi ha regalato un sorriso e tanta fiducia nel futuro. Molta meno nella sua maestra.
Avete già deciso i regali per questo Natale? Che bravi.
Io invece, com'è nel mio stile di procrastinatrice olimpionica, sono ancora in alto mare.
Solo per Ciccio ho un'idea che mi frulla nella capoccia da un po'. E che idea!
Vorrei regalargli una capra. Una bella capra di quelle che ti guardano fisso negli occhi e sembra che stiano per farti qualche grande filosofica rivelazione sulla vita.
No, non sono impazzita. E no, non ho messo su una fattoria. Ma sì, come avrete già capito, vi sto solo prendendo un poco in giro. Ma solo un poco. Sono una blogger burlona ma non troppo.
In realtà ciò di cui vorrei parlarvi è un'iniziativa dal nome folle e simpatico ma l'obiettivo nobile e il metodo, a parer mio, molto efficace: "Con Oxfam la capra canta!"
Avete mai sentito parlare di Oxfam? E' un'associazione umanitaria costituita da 15 organizzazioni attive in 98 paesi. Lo scopo che si prefigge è quello di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni più in difficoltà, ed il principio base che la muove è ottenere questo risultato dando alle popolazioni stesse il potere e soprattutto le risorse per esercitare i propri diritti.
Dovete fare un regalo a chi ha già tutto? Siete alla ricerca di qualcosa di veramente divertente ed originale e non l'avete ancora trovato? Oppure, data l'infelice congiuntura economica, avete un po' di pudore a spendere anche quest'anno soldi in fesserie che finiranno dimenticate nel fondo di un cassetto? Qualunque sia lo scrupolo o la difficoltà che ancora non vi ha portato a scegliere tutti i pacchetti da mettere sotto l'albero, io ho la soluzione giusta per voi. O meglio, Oxfam ce l'ha!
Andate sul sito de Gli Spacchettati, oppure telefonate al numero verde 800 99 13 99. Scegliete un dono tra i tanti disponibili e dedicatelo a chi volete.
Il regalo attraverserà montagne ed oceani per giungere da chi ne ha davvero bisogno mentre al vostro destinatario, oltre che la piacevole consapevolezza di essere stato "involontario complice" di un gesto bello ed utile, giungeranno i vostri buffi auguri personalizzati tramite e-card o cartolina postale, E così sarete tutti felici. Anche la capra, che canterà, eccome se canterà!
Si può scegliere tra tanti doni: quaderni, condom, semi, tende ed anche animali. Sì, persino una capra, non me lo sono inventato. Ma attenzione, ovviamente i regali sono solo simbolici e rappresentano le attività dell'organizzazione che, con il vostro contributo, aiuterete a finanziare.
E se volete "tenere d'occhio" Gli Spacchettati e i benefici di questi doni nelle diverse parti del mondo basta che li seguiate sulla loro pagina facebook.
Che ne dite allora? La mia idea regalo per Ciccio non è fantastica?
Che poi una passa giorni a ballare felice con la leggiadria di un'otaria spiaggiata.
Che poi una vorrebbe pure cantare a squarcia gola e non lo fa solo perché ha un minimo di pudore e conosce i propri limiti e soprattutto quelli delle proprie corde vocali.
Che poi una è consapevole di avere dei gusti musicali dozzinali ma chissenefrega.
Che poi una decide: "ora scrivo un post su questa canzone che mi piace tanto e mi riempie d'energia!"
Che poi una cerca il video in rete, lo trova, lo guarda e le cadono le braccia.
Che poi Beyoncé sarà pure bella come il sole e con la voce di un usignolo ma quell'orrido cappello tutto stellette e mostrine, che sembra trafugato dal guardaroba di un libico colonnello passato a miglior vita, è una roba così brutta che grida vendetta.
Non ci posso credere.
Risale a solo una settimana fa il post in cui ricordavo Francesco Azzarà e la sua condizione di sequestrato. Post in cui mi ripromettevo di riprendere questa vicenda almeno una volta a settimana: in modo da poter, nel mio piccolo, mantenere viva l'attenzione.
Oggi avevo intenzione di scriverne ancora. Volevo dare il giusto risalto al commento lasciatomi da Ross e segnalarvi anche ciò che aveva scritto Lumaca a 1000 sul proprio blog.
E invece, a quanto pare, non ce ne sarà bisogno.
Africa che tutti ha fatto nascere, anche noi, sbiaditi dal tempo e dalla nebbia.
(letteredalucca.wordpress.com)
In una rete dove a dominare sono i social network, con la comunicazione stereotipata di facebook o quella creativa ed essenziale di twitter, sembra esserci sempre meno spazio ed attenzione per i blog. Troppo dispersivi. Troppo impegnativi. Troppo faticosi da leggere e da scrivere.
Poi però trovi un post di una penna felice e un'anima grande. Di una donna che mi onoro di conoscere, anche se solo attraverso la sua scrittura, e che spero un giorno di poter incontare per guardarci occhi negli occhi e raccontarci anche a voce.
Il giorno dopo la follia che è accaduta a Firenze Lucia ha scritto un post che è un gioiello e che vi farà comprendere perché lei "mi garba " così tanto. A Firenze, il giorno dopo.
In questi giorni dal blog "Ma Che Davvero?" è nata un'iniziativa particolarmente sfiziosa. Wonderland, giovane mamma biondo crinita, che una ne fa e cento ne pensa, per domani, 14 dicembre, si è inventata il giorno di #leaveamessage.
E che è? Direte voi.
Mo ve lo spiego. Dico io.
Leave a message: lasciate un messaggio!
Lasciate in giro per la città una traccia positiva. Uno o più biglietti recanti frasi ispiranti ed ispirate. Scrivete ciò che a voi stessi piacerebbe leggere: un invito a vedere il bicchiere mezzo pieno, a non abbandonare i propri sogni, a farsi una bella risata perché tanto nella cacca già ci siamo e almeno stiamo al calduccio.
Si possono citare autori famosi o, meglio ancora, spargere a piene mani la farina del proprio sacco.
E perché tutto ciò?
Ma che ne so!
Perché è una cosa carina. Perché è divertente. Perché da ragazzini abbiamo scritto tutti qualcosa su un biglietto da mille lire, attaccato un messaggio a un palloncino, o addirittura provato le brezza di buttare tra i flutti una bottiglia con dentro una lettera.
E poi il periodo è quello che è, e donare un sorriso a qualcuno non può essere certo un male.
Nel caso siate dei patiti di twitter, dopo aver piazzato da qualche parte i messaggi, potreste anche scriverlo sulla timeline ed invitare i vostri sfaccendati follower ad una vera e propria caccia al tesoro.
Io, nonostante adori il cinguettante social network, mi limiterò solo a lasciare dei biglietti in giro, sperando che capitino tra le mani di qualcuno che sappia apprezzarli.
Per leggere a fondo dell'iniziativa vi invito a dare un'occhiata al post da cui tutto ha avuto inizio: #leaveamessage.
Una bugia. Una scusa. La rabbia. Il fuoco.
Non ci sono vittime, per fortuna.
Ma ad uscirne ferita è una città che brucia e si divide tra chi comprende e giustifica, e chi non ha più parole per esprimere la propria incredulità.
Io non trovo le parole nel presente e così le ricerco nel passato. Le ricerco in un vecchio racconto che scrissi una vita fa in occasione di un concorso di beneficenza. Una storia nata dall'elaborazione e le suggestioni di una vicenda raccontatami da altri, e di un'esperienza vissuta in prima persona.
Il primo vero racconto che io abbia mai scritto. Un racconto ingenuo, il cui stile ora sento appartenermi poco. Ma i cui sentimenti ancora riconosco. Quelli sono i miei. Sono ancora vivi dentro di me e bruciano. Bruciano nel cuore e negli occhi.
L’ultimo giorno di scuola.
Oggi è l’ultimo giorno di scuola e si è appena conclusa la recita di fine anno.
Bambini e genitori si riversano rumorosi e allegri nel giardino. C’è Lucia con la maglia piena di brillantini e i codini trattenuti da fiocchetti rosa. C’è Marco con le mani sporche di colori ed i capelli a scodella. C’è Justine con la pelle di cioccolata e il sorriso di vaniglia. C’è Peter che corre in tondo e non si fa acchiappare mai.
E poi ci sono loro: Gabriele ed Eric, due bimbi stretti stretti in un abbraccio. Da domani non si vedranno più, la scuola materna è finita.
Gabriele è nato una calda mattina di giugno.
La clinica aveva muri imbiancati da poco, lenzuola fresche di bucato ed un parco verde e rigoglioso tutt’attorno. Lui aveva la pelle chiara e i capelli color oro.
Gabriele era un bambino piccolo e gracile che si ammalava spesso. E quando iniziò a camminare, e poi anche a correre la situazione peggiorò. Correva per gioco dietro agli altri bimbi o al gatto della vicina. Correva e rideva ma poi di colpo era costretto a fermarsi. La gola gli si faceva stretta ed il posto delle risate era preso da una tosse forte, terribile che sembrava non finire mai.
Lui era fragile, troppo fragile per poter avere una vita uguale agli altri. Niente asilo nido, “Attento! Non correre!”, niente giochi nei parchi, “Attento! Non correre!”, nessun luogo affollato, “Attento! Non correre!”.
Ma in quel corpo di carta velina erano imprigionate una mente brillante ed una personalità vivace. Troppo vivace per poter essere trattenuta.
Non bastavano più le favole ed i racconti a saziare quegli occhi curiosi e quelle orecchie attente. I genitori dovettero arrendersi alla fame di vita del loro piccolo eroe.
Gabriele cominciò finalmente l’asilo.
Le maestre lo definirono subito "sopra la media".
Eric è venuto al mondo una fredda notte d’inverno.
La sua giovane madre non fece in tempo a correre all’ospedale ed il piccolo nacque nella roulotte di famiglia, mentre la pioggia scrosciante spazzava il Campo.
Lui era un neonato grande e robusto, con la pelle scura, folti capelli color del carbone ed occhi grandi e neri da perdercisi.
Visse gran parte del primo anno in braccio alla madre, avvolto in una fascia colorata. Mentre andavano in giro per le strade della città, lui veniva cullato dolcemente dall’ondeggiare dei fianchi di lei, ancora troppo piccolo per capire cosa significassero la mano tesa della donna e gli sguardi di disapprovazione dei passanti.
Una mattina degli uomini in divisa vennero a prendere sua madre al Campo. Lui stava giocando in mezzo alla polvere con i cuginetti, ma quando la vide allontanarsi le corse dietro. Lei si fermò, lo prese in braccio e lo portò con sé.
Nel nuovo mondo che li attendeva non c’erano più il cielo azzurro e la libertà, ma muri, sbarre e regole da seguire. Non c’erano più i giochi del papà e le nenie della nonna ma visi sconosciuti e sguardi ostili.
Il bambino smise di ridere e di parlare.
Ogni giorno che passava il suo mutismo si faceva più ostinato e lo sguardo più rabbioso. Le sue manine si chiusero a pugno, sempre pronte a colpire chi si avvicinava troppo. La sua mente ed il suo cuore si negarono a chiunque cercasse di avvicinarsi.
In gabbia lui divenne selvaggio e cattivo. Secondo alcuni divenne perfino stupido.
Eric, come vuole la legge, rimase in carcere con la madre fino al compimento del terzo anno di età.
Il primo giorno di scuola materna venne catalogato come "un po' indietro".
Un pomeriggio nel cortile i due si trovarono per caso l’uno accanto all’altro.
"Vuoi giocare con me?”
"Si.”
Due bambini così diversi s'incastrarono perfettamente.
Eric comprese la fragilità di Gabriele.
Lo aiutò a rialzarsi dopo ogni caduta, inventò giochi più tranquilli per quando l’altro era troppo affaticato, lo protesse dai dispetti dei compagni, lo affiancò nelle mille folli avventure che inventarono.
Gabriele si accorse delle difficoltà di Eric.
Prese a spiegargli le cose con una pazienza che nessun adulto riuscirebbe mai ad avere, lo aiutò con discrezione e rispetto, lo accompagnò passo per passo nelle scoperte delle cose straordinarie che gli stavano attorno e delle potenzialità infinite racchiuse dentro di sé.
Oggi è l’ultimo giorno di scuola.
Due bimbi si abbracciano stretti stretti.
Uno adesso è più forte e sicuro, conosce la bellezza di un gioco all’aria aperta e di uno sguardo d’intesa con un amico. L’altro ora ha riaperto la mente ed il cuore, ha ripreso a ridere ed è ogni giorno più sveglio e curioso.
Oggi è l’ultimo giorno di scuola.
Due bimbi si abbracciano stretti stretti.
Da domani non si vedranno più, la scuola materna è finita.
Uno a settembre comincerà le elementari vicino a casa dei nonni, l’altro tornerà al Campo e poi chissà.