Racconto: "Boom!"

Mattina, pomeriggio e sera.
A pasto e fuori pasto.
Tramezzini, panini, pizzette, patatine, cioccolatini, caramelle, torte, brioche, una coscia di pollo della sera prima, il riso freddo avanzato dal pranzo, la pizza gommosa della suocera.

Mangiava.
Mangiava tutto.
E più faceva schifo e più mangiava.
Si riempiva la pancia ma le papille non cantavano e lo stomaco non gorgheggiava.

Prima o poi sarebbe stato talmente grosso da non potersi più alzare.
E da quel momento la sua vita sarebbe stata finalmente perfetta.  Perfetta.
"Poverino, sta tanto male", "Deve avere una qualche disfunzione", "Chissà quanto soffre", avrebbero detto tutti.

Lui non avrebbe sofferto ma goduto.
Goduto del risultato ottenuto con tanto lavoro di mascelle.
Un alibi per non vivere. Per non dover affrontare la mediocrità dell'esistenza, la grandezza delle sconfitte, la quantità degli infiniti fallimenti.

Nessuno gli avrebbe chiesto più niente. Né il capo stronzo al lavoro. Né la sua algida moglie. Né la focosa amante. Né i figli e neanche il cane. Quella fastidiosa bestia che, ogni mattina all'alba ed ogni sera prima di coricarsi, lo aspettava davanti alla porta con il guinzaglio stretto in bocca e gli occhi colmi di amore ed aspettative.

Aspettative.
Lui non avrebbe più risposto a nessuna aspettativa.
Ma perché fermarsi allora?
Avrebbe continuato. Morso dopo morso, boccone dopo boccone, avrebbe masticato ed inghiottito, masticato ed inghiottito, masticato ed inghiottito, fino a sentire quel leggero scricchiolio delle ossa, fino a riconoscere l'estrema tensione della pelle, fino allo scoppio liberatorio e definitivo.

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