Giovedì 4 febbraio 2010, presso l’Aula Magna di Santa Cristina in via del piombo 5 a Bologna, si terrà la proiezione del documentario di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi: "Il corpo delle donne".
Segurà intervento della stessa Lorella Zanardo.
L’evento è organizzato da Libertà e Giustizia e Centro delle Donne.
In collaborazione con Donne Pensanti, Associazione Orlando e Casa delle donne.
Se vivete dalle parti di Bologna o avete la possibilità di spostarvi, consiglio a tutti, uomini e donne, di partecipare.
Già che ci sono vi ricordo gli indirizzi di Donne Pensanti:
Sito Ufficiale,
Blog e
Social Network.
Segurà intervento della stessa Lorella Zanardo.
L’evento è organizzato da Libertà e Giustizia e Centro delle Donne.
In collaborazione con Donne Pensanti, Associazione Orlando e Casa delle donne.
Se vivete dalle parti di Bologna o avete la possibilità di spostarvi, consiglio a tutti, uomini e donne, di partecipare.
Già che ci sono vi ricordo gli indirizzi di Donne Pensanti:
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Blog e
Social Network.
Marije era la coinquilina perfetta: pulita, affabile e sempre disponibile.
In verità, a voler essere proprio pignoli, un difettuccio ce l'aveva: ospitava continuamente gente a casa.
La sua vita randagia, divisa tra Olanda, Svizzera, Australia e Germania, l'aveva portata ad avere amici sparsi per tutto il mondo. Amici che periodicamente la venivano a trovare.
Tutto questo via vai era molto pittoresco e divertente, ma ogni tanto un po' di tranquillità non mi sarebbe dispiaciuta. Fare colazione con emeriti sconosciuti o sorprendere coppie nordiche che copulano sotto la doccia può anche essere divertente, ma dopo un po' viene a noia.
Ad onor del vero, devo ammettere che tutto questo traffico aveva un suo lato positivo. Ogni volta che doveva arrivare qualcuno, Marije si metteva a pulire casa da cima a fondo e, data la frequenza con cui arrivavano ospiti, l'appartamento era sempre lindo e splendente senza bisogno che io alzassi un dito.
Lei entrava in cucina con secchio e scopettone ed io capivo che di lì a poco avremmo avuto visite.
La prima sera nel nuovo appartamento la trascorsi a chiacchierare con un ragazzo olandese.
Preda della mia solita ansia da prestazione, desiderosa di risultare simpatica e smaniosa di fare "la donna di mondo", non trovai niente di meglio che raccontargli quella volta che, durante un viaggio in Belgio, mi ero spinta fino in Olanda.
In quell'occasione avevo visitato la cittadina di Maastricht, che non mi aveva colpito particolarmente e che quella sera definì senza mezzi termini: anonima ed insignificante.
"Io sono di Maastricht", disse lui asciutto.
Per un attimo sperai che quello fosse un esempio di ironia olandese. Una battuta. Uno scherzo.
Ed invece no.
Lui non era un olandese ironico in vena di spiritosaggini, ma io ero decisamente un'italiana cretina in vena di figuredimerda.
Un giorno aiutai Marije a preparare una luculliana cenetta per due suoi amici: una ragazza svedese ed il di lei fidanzato.
L'innamorato era nuovo di pacca, venuto fino a Berlino proprio per essere presentato alla mia coinquilina.
Lei era il prototipo perfetto della bellezza nordica: capelli color oro, occhi azzurri, zigomi alti ed un corpo aggraziato.
Lui aveva il fisico del Gobbo di Notre Dame, l'eleganza di Homer Simpson e la simpatia di Puffo Quattrocchi.
Marije, superato lo shock iniziale, esibì per tutta la sera un sorriso tirato, molto simile ad un ringhio, mentre io, zitella ma felice, capì finalmente il profondo significato del detto "meglio soli che male accompagnati".
La mia accondiscendenza nei confronti dei continui ospiti vacillò quando mi venne annunciato l'arrivo di alcune amiche.
Sette.
Sette amiche svizzere.
Nove donne ed un solo bagno. Credo che siano scoppiate guerre sanguinose per molto meno!
Il folto gruppo si fermò per una lunga, lunghissima settimana, dormendo spalmato su letti, brandine e materassini. Un accampamento in piena regola.
Questa affollata visita cadde proprio nel bel mezzo della sessione dei miei esami e più di una volta, esasperata dalla confusione ed il chiacchiericcio, ebbi la tentazione di soffocare nel sonno tutte e sette le galline starnazzanti.
Per fortuna non lo feci e la mattina di una prova scritta trovai, attaccato alla porta della mia camera, un post-it d'incoraggiamento firmato da tutto l'elvetico gruppo vacanze.
Erano molto fastidiose, ma sapevano farsi voler bene.
Ma l'ospite numero uno, l'ospite di tutti gli ospiti, fu lui: l'Australiano.
Tornando a casa un pomeriggio, entrai in cucina e mi trovai di fronte ad un bellissimo ragazzo coperto solo da un asciugamano striminzito avvolto intorno ai fianchi.
"Ciao! Io sono Tom, e tu?"
"Io sono Jane e vivo qua."
"Sei l'Italiana? Io sono stato in vacanza in Italia, mi hanno insegnato tantissime parole", e mi vomitò addosso una serie di parolacce e volgarità che avrebbero fatto arrossire la più navigata delle peripatetiche.
Alla fine mi guardò tutto sorridente e fiero di sé, come un bimbo che ha appena recitato la poesia di Natale ed aspetta l'applauso dei nonni.
Io abbozzai un sorriso e lo perdonai immediatamente. Era evidente che non fosse completamente consapevole di tutto ciò che aveva detto.
Era carino e mezzo nudo, non potevo pretendere che fosse anche sveglio.
Continua...
Prologo, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15
In verità, a voler essere proprio pignoli, un difettuccio ce l'aveva: ospitava continuamente gente a casa.
La sua vita randagia, divisa tra Olanda, Svizzera, Australia e Germania, l'aveva portata ad avere amici sparsi per tutto il mondo. Amici che periodicamente la venivano a trovare.
Tutto questo via vai era molto pittoresco e divertente, ma ogni tanto un po' di tranquillità non mi sarebbe dispiaciuta. Fare colazione con emeriti sconosciuti o sorprendere coppie nordiche che copulano sotto la doccia può anche essere divertente, ma dopo un po' viene a noia.
Ad onor del vero, devo ammettere che tutto questo traffico aveva un suo lato positivo. Ogni volta che doveva arrivare qualcuno, Marije si metteva a pulire casa da cima a fondo e, data la frequenza con cui arrivavano ospiti, l'appartamento era sempre lindo e splendente senza bisogno che io alzassi un dito.
Lei entrava in cucina con secchio e scopettone ed io capivo che di lì a poco avremmo avuto visite.
La prima sera nel nuovo appartamento la trascorsi a chiacchierare con un ragazzo olandese.
Preda della mia solita ansia da prestazione, desiderosa di risultare simpatica e smaniosa di fare "la donna di mondo", non trovai niente di meglio che raccontargli quella volta che, durante un viaggio in Belgio, mi ero spinta fino in Olanda.
In quell'occasione avevo visitato la cittadina di Maastricht, che non mi aveva colpito particolarmente e che quella sera definì senza mezzi termini: anonima ed insignificante.
"Io sono di Maastricht", disse lui asciutto.
Per un attimo sperai che quello fosse un esempio di ironia olandese. Una battuta. Uno scherzo.
Ed invece no.
Lui non era un olandese ironico in vena di spiritosaggini, ma io ero decisamente un'italiana cretina in vena di figuredimerda.
Un giorno aiutai Marije a preparare una luculliana cenetta per due suoi amici: una ragazza svedese ed il di lei fidanzato.
L'innamorato era nuovo di pacca, venuto fino a Berlino proprio per essere presentato alla mia coinquilina.
Lei era il prototipo perfetto della bellezza nordica: capelli color oro, occhi azzurri, zigomi alti ed un corpo aggraziato.
Lui aveva il fisico del Gobbo di Notre Dame, l'eleganza di Homer Simpson e la simpatia di Puffo Quattrocchi.
Marije, superato lo shock iniziale, esibì per tutta la sera un sorriso tirato, molto simile ad un ringhio, mentre io, zitella ma felice, capì finalmente il profondo significato del detto "meglio soli che male accompagnati".
La mia accondiscendenza nei confronti dei continui ospiti vacillò quando mi venne annunciato l'arrivo di alcune amiche.
Sette.
Sette amiche svizzere.
Nove donne ed un solo bagno. Credo che siano scoppiate guerre sanguinose per molto meno!
Il folto gruppo si fermò per una lunga, lunghissima settimana, dormendo spalmato su letti, brandine e materassini. Un accampamento in piena regola.
Questa affollata visita cadde proprio nel bel mezzo della sessione dei miei esami e più di una volta, esasperata dalla confusione ed il chiacchiericcio, ebbi la tentazione di soffocare nel sonno tutte e sette le galline starnazzanti.
Per fortuna non lo feci e la mattina di una prova scritta trovai, attaccato alla porta della mia camera, un post-it d'incoraggiamento firmato da tutto l'elvetico gruppo vacanze.
Erano molto fastidiose, ma sapevano farsi voler bene.
Ma l'ospite numero uno, l'ospite di tutti gli ospiti, fu lui: l'Australiano.
Tornando a casa un pomeriggio, entrai in cucina e mi trovai di fronte ad un bellissimo ragazzo coperto solo da un asciugamano striminzito avvolto intorno ai fianchi.
"Ciao! Io sono Tom, e tu?"
"Io sono Jane e vivo qua."
"Sei l'Italiana? Io sono stato in vacanza in Italia, mi hanno insegnato tantissime parole", e mi vomitò addosso una serie di parolacce e volgarità che avrebbero fatto arrossire la più navigata delle peripatetiche.
Alla fine mi guardò tutto sorridente e fiero di sé, come un bimbo che ha appena recitato la poesia di Natale ed aspetta l'applauso dei nonni.
Io abbozzai un sorriso e lo perdonai immediatamente. Era evidente che non fosse completamente consapevole di tutto ciò che aveva detto.
Era carino e mezzo nudo, non potevo pretendere che fosse anche sveglio.
Continua...
Prologo, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15
Chi è Lupina?
E' il mio "cane a distanza".
L'Associazione Canili Lazio offre questa possibilità: si può versare un contributo mensile (un minimo di 10 euro) in favore di uno dei cagnoni ospitati nell'Oasi Locatelli. I soldi verranno utilizzati per il cane scelto, nel caso necessiti di cure sanitarie urgenti o altro, oppure per il mantenimento di tutti i cani ospitati.
Non è un'idea favolosa?
Si, lo è.
Io ho scelto Lupina perché ha il musetto tenero, il portamento fiero e soprattutto perché è una meticcia di pastore con orecchie a parabola. E chi mi legge da tempo conosce i miei trascorsi con i pastori tedeschi e le loro orecchie.
Fatevi dare un'annusatina, non siate timidi!
Per maggiori informazioni leggete qui, oppure qui, o cliccate direttamente sul cagnetto che vi fa gli occhi dolci dalla colonna di destra.
Aggiornamento:
Lupinaaa!!!!
Abbiamo vinto il TEFPOW!
E' il mio "cane a distanza".
L'Associazione Canili Lazio offre questa possibilità: si può versare un contributo mensile (un minimo di 10 euro) in favore di uno dei cagnoni ospitati nell'Oasi Locatelli. I soldi verranno utilizzati per il cane scelto, nel caso necessiti di cure sanitarie urgenti o altro, oppure per il mantenimento di tutti i cani ospitati.
Non è un'idea favolosa?
Si, lo è.
Io ho scelto Lupina perché ha il musetto tenero, il portamento fiero e soprattutto perché è una meticcia di pastore con orecchie a parabola. E chi mi legge da tempo conosce i miei trascorsi con i pastori tedeschi e le loro orecchie.
Fatevi dare un'annusatina, non siate timidi!
Per maggiori informazioni leggete qui, oppure qui, o cliccate direttamente sul cagnetto che vi fa gli occhi dolci dalla colonna di destra.
Aggiornamento:
Lupinaaa!!!!
Abbiamo vinto il TEFPOW!
Tutto ebbe inizio con quel brutto incidente e la lunga convalescenza.
Furono giorni di forzata immobilità e frustrazione, che le lasciarono malcelate insicurezze ed una leggera zoppia. Difetto che l'avrebbe accompagnata per sempre senza intaccarne la bellezza.
Quando fu il momento s'innamorò e venne riamata.
Affrontò la gravidanza ed il parto da sola, in casa, sul letto. Strinse i denti e lasciò che si compisse con naturalezza il miracolo della vita.
Il figlio divenne il centro del suo mondo, il suo unico compagno, la sua ragione d'essere.
Sempre assieme, sempre uniti.
L'uno cresceva, l'altra s'indeboliva.
Lui si nutriva di lei, succhiandole energia e linfa vitale.
Lei sopravviveva, dimentica di sè stessa e delle proprie esigenze.
Questo amore assoluto, folle e disperato giunse ad un passo dal distruggerla, fino a quando il figlio se ne andò per non fare più ritorno.
Lei fu sul punto d'impazzire dal dolore.
Ci vollero giorni, settimane, mesi per farla uscire dal buco nero in cui era precipitata, per risvegliare il suo istinto di sopravvivenza, per riaccendere il fuoco che le ardeva dentro, per far rifiorire l'antica bellezza.
Ora lei è così: viva, fiera ed elegante.
Una gatta bellissima.
Furono giorni di forzata immobilità e frustrazione, che le lasciarono malcelate insicurezze ed una leggera zoppia. Difetto che l'avrebbe accompagnata per sempre senza intaccarne la bellezza.
Quando fu il momento s'innamorò e venne riamata.
Affrontò la gravidanza ed il parto da sola, in casa, sul letto. Strinse i denti e lasciò che si compisse con naturalezza il miracolo della vita.
Il figlio divenne il centro del suo mondo, il suo unico compagno, la sua ragione d'essere.
Sempre assieme, sempre uniti.
L'uno cresceva, l'altra s'indeboliva.
Lui si nutriva di lei, succhiandole energia e linfa vitale.
Lei sopravviveva, dimentica di sè stessa e delle proprie esigenze.
Questo amore assoluto, folle e disperato giunse ad un passo dal distruggerla, fino a quando il figlio se ne andò per non fare più ritorno.
Lei fu sul punto d'impazzire dal dolore.
Ci vollero giorni, settimane, mesi per farla uscire dal buco nero in cui era precipitata, per risvegliare il suo istinto di sopravvivenza, per riaccendere il fuoco che le ardeva dentro, per far rifiorire l'antica bellezza.
Ora lei è così: viva, fiera ed elegante.
Una gatta bellissima.
Ciccio e Jane, in occasione del di lei genetliaco, hanno deciso di compiere la transumanza da est ad ovest, dalle montagne alla pianura, dal paesello alla città, dal Trentino al Piemonte per festeggiare con tutta l'allegra famigliola Cole.
I due innamorati hanno stabilito un rigido rullino di marcia a cui attenersi. I tre punti fondamentali che lo costituivano erano i seguenti:
1)preparare i bagagli la sera precedente;
2)partire entro e non oltre le 11:30 a.m.;
3)effettuare una sola rapida sosta presso un autogrill dove consumare uno spartano panino.
I due sciagurati, ovviamente, non hanno tenuto fede a nessuno dei tre punti sopracitati.
La metà di valigia riguardante Jane è stata diligentemente completata secondo i tempi stabiliti ma, vuoi per la stanchezza di lei, vuoi per l'inoperosità congenita di lui, la metà di Ciccio è stata rimandata al mattino successivo. Grave errore!
Alle 11 a.m. del 9 gennaio, una riccia isterica si aggirava per casa in pigiama, maledicendo il disordine e la svogliatezza del compagno, raccogliendo a casaccio mutande e calzini e cercando disperatamente una camicia persa per sempre nei meandri del faraonico armadio. Tutto ciò mentre un uomo flemmatico, pacioso ed indifferente al mondo circostante, se ne stava spaparanzato sul divano, guardando la tv, grattandosi il sedere e chiedendosi perplesso tra sé e sé: "Ma che avrà da agitarsi tanto questa pazza?"
Tra le valigie da completare, le ultime pratiche da sbrigare in ufficio e la Ciccio's family da salutare, la partenza è avvenuta alle 12:50 e la prima sosta solo mezz'ora dopo presso un ristorante.
I due abbuffini hanno ordinato: primo e secondo, lei; primo, secondo, contorno, caffè e ammazzacaffè, lui. Il già importante pranzo è stato ulteriormente rallentato dai messaggi e le telefonate giunte ad intervalli regolari di 20 secondi. Gli auguri sono stati molto apprezzati, ma la digestione ne ha fortemente risentito, il tempo perso è stato parecchio, Ciccio si è oltremodo irritato ed amici e parenti sono stati salutati rapidamente e in maniera fin troppo sbrigativa.
In pratica, in una sola ora, Jane ha compromesso la propria vita sentimentale, quella sociale ed anche quella famigliare. Una catastrofe!
Ripresa la strada i due satolli eroi hanno ritrovato l'armonia e si sono finalmente rilassati.
Fino a quando l'uomo, il cui nome pellerossa è VescicaDebole, ha espresso l'impellente necessità di una nuova sosta. Dopo aver escluso un autogrill perché troppo grande ed un altro perché troppo piccolo, egli ha optato, con la mira degna di un cecchino, per la peggior stazione di servizio di tutto il Nord Italia. Un luogo piccolo, freddo, sporco, con i bagni usciti direttamente da un film splatter.
Non contento della scelta infelice, Ciccio non ha resistito al diavolo tentatore del gioco ed ha ingaggiato la sua personale battaglia contro la sorte avversa ed i Gratta & Vinci. Con il risultato che venti minuti ed enne biglietti dopo, Jane si era ormai rassegnata a festeggiare il compleanno con Dimitri, camionista bulgaro campione di rutto libero, uno stantio Camogli ed una birretta per affogare i propri dispiaceri.
Solo quando la sua riccia fidanzata ha iniziato a piagnucolare senza dignità ed a sbattere la testa sul bancone senza ritegno, Ciccio si è riavuto dal trip del gioco e, riacquistata un po' di lucidità mentale, ha permesso che si riprendesse il viaggio.
I due, stanchi e stropicciati, sono finalmente giunti a destinazione alle 18. Evviva!
I due innamorati hanno stabilito un rigido rullino di marcia a cui attenersi. I tre punti fondamentali che lo costituivano erano i seguenti:
1)preparare i bagagli la sera precedente;
2)partire entro e non oltre le 11:30 a.m.;
3)effettuare una sola rapida sosta presso un autogrill dove consumare uno spartano panino.
I due sciagurati, ovviamente, non hanno tenuto fede a nessuno dei tre punti sopracitati.
La metà di valigia riguardante Jane è stata diligentemente completata secondo i tempi stabiliti ma, vuoi per la stanchezza di lei, vuoi per l'inoperosità congenita di lui, la metà di Ciccio è stata rimandata al mattino successivo. Grave errore!
Alle 11 a.m. del 9 gennaio, una riccia isterica si aggirava per casa in pigiama, maledicendo il disordine e la svogliatezza del compagno, raccogliendo a casaccio mutande e calzini e cercando disperatamente una camicia persa per sempre nei meandri del faraonico armadio. Tutto ciò mentre un uomo flemmatico, pacioso ed indifferente al mondo circostante, se ne stava spaparanzato sul divano, guardando la tv, grattandosi il sedere e chiedendosi perplesso tra sé e sé: "Ma che avrà da agitarsi tanto questa pazza?"
Tra le valigie da completare, le ultime pratiche da sbrigare in ufficio e la Ciccio's family da salutare, la partenza è avvenuta alle 12:50 e la prima sosta solo mezz'ora dopo presso un ristorante.
I due abbuffini hanno ordinato: primo e secondo, lei; primo, secondo, contorno, caffè e ammazzacaffè, lui. Il già importante pranzo è stato ulteriormente rallentato dai messaggi e le telefonate giunte ad intervalli regolari di 20 secondi. Gli auguri sono stati molto apprezzati, ma la digestione ne ha fortemente risentito, il tempo perso è stato parecchio, Ciccio si è oltremodo irritato ed amici e parenti sono stati salutati rapidamente e in maniera fin troppo sbrigativa.
In pratica, in una sola ora, Jane ha compromesso la propria vita sentimentale, quella sociale ed anche quella famigliare. Una catastrofe!
Ripresa la strada i due satolli eroi hanno ritrovato l'armonia e si sono finalmente rilassati.
Fino a quando l'uomo, il cui nome pellerossa è VescicaDebole, ha espresso l'impellente necessità di una nuova sosta. Dopo aver escluso un autogrill perché troppo grande ed un altro perché troppo piccolo, egli ha optato, con la mira degna di un cecchino, per la peggior stazione di servizio di tutto il Nord Italia. Un luogo piccolo, freddo, sporco, con i bagni usciti direttamente da un film splatter.
Non contento della scelta infelice, Ciccio non ha resistito al diavolo tentatore del gioco ed ha ingaggiato la sua personale battaglia contro la sorte avversa ed i Gratta & Vinci. Con il risultato che venti minuti ed enne biglietti dopo, Jane si era ormai rassegnata a festeggiare il compleanno con Dimitri, camionista bulgaro campione di rutto libero, uno stantio Camogli ed una birretta per affogare i propri dispiaceri.
Solo quando la sua riccia fidanzata ha iniziato a piagnucolare senza dignità ed a sbattere la testa sul bancone senza ritegno, Ciccio si è riavuto dal trip del gioco e, riacquistata un po' di lucidità mentale, ha permesso che si riprendesse il viaggio.
I due, stanchi e stropicciati, sono finalmente giunti a destinazione alle 18. Evviva!
ecco la sorella maggiore .... che guardava con gli occhi tristi la piccola dentro l'acquario .. e poi con occhi felici la piccola che dormiva serena con la sua testolina tonda tonda dentro la culla finalmente a casa ...Ebbene sì, l'unica, la sola, l'inimitabile SorellaCole ha lasciato un commento su queste verdi pagine.
Quella santa donna si è fatta un giro nel delirante mondo della sciroccata sottoscritta, ed invece di scappare a gambe levate o procedere all'avvio delle pratiche per il disconoscimento fraterno, si è fermata a leggere con gusto e perfino a commentare.
Ripetete tutti con me: "Benvenuta SorellaCole!"
Tutti i bambini mitizzano la loro nascita. E' un tratto universale. Volete conoscere qualcuno? Mente, anima e cuore? Chiedetegli di raccontarvi quando è nato. Ciò che ne ricaverete non sarà la verità; sarà una storia. E niente è più rivelatore di una storia."La tredicesima storia", Diane Setterfield, Mondadori.
Era un freddo inverno torinese, freddo come solo un inverno sotto le Alpi può essere. Con l'aria che ti taglia la faccia, gli occhi che lacrimano, i cumuli di neve ai bordi delle strade e l'asfalto ghiacciato.
Una 500 arrancava con le ruote che slittavano ed il motore che rombava disperato ed eccessivo. Dentro due figure piccoline: una lunga e nervosa ed una tonda, dolorante, ma stoica.
In ospedale lei si unì alle giovani donne panciute che ancheggiavano per i corridoi, una mano su un fianco e l'altra sull'ombelico.
Alcune erano belle come madonne, altre solo molto stanche. Lei era lei.
Lui prese posto in sala d'attesa tra gli altri uomini, del resto il parto era una cosa da femmine.
Tra i futuri padri c'erano quelli euforici, quelli preoccupati, quelli emozionati e poi c'era lui. Lui era lui.
La sala travaglio era così affollata, tante facce e tante voci concitate che si accavallavano: "La signora ce la fa da sola? Non ce la fa?".
Ad un passo dal cesareo si decise per il parto naturale.
La bambina si presentò al mondo come altre decine, centinaia o forse migliaia di bambini allo stesso momento: con un pianto dirotto, acuto ed arrabbiato.
Furiosa e frustrata. Era stata cullata per 8 mesi in una placenta a foglia d'edera. Chissà come doveva essere stata scomoda.
Forse era stato quello il motivo ad indurla all'evasione, forse era per quello che, nonostante fosse ancora troppo piccola, si era tuffata a testa in giù verso la luce, senza pensare alle conseguenze.
La bambina lottò per giorni con le mani strette a pugno e gli occhietti cisposi. Giorni trascorsi dentro una scatola trasparente, mentre la sua famiglia l'osservava dall'esterno, come in un acquario.
Lei da una parte, gli altri da un'altra. Metafora e preludio di una sensazione che l'avrebbe accompagnata per sempre.
La bambina lottò grazie al cuore forte, il sangue della propria madre ed un carattere cocciuto.
La bambina lottò e vinse.
A febbraio la portarono a casa.
Finalmente c'erano tutti: la madre, il padre, la sorella maggiore, la piccolina e, sotto la culla, il cane a fare la guardia.
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