Erasmus (1. Pronta a partire)

L'annuncio alla mia famiglia lo feci a cena.
Mio padre, mia madre e mia sorella.
Quest'ultima era l'unica a sapere della mia richiesta di borsa di studio e reagì con sincero entusiasmo; mio padre, come sempre distratto dalla TV e unico abitante di un pianeta personale in cui le vite degli altri non hanno mai una qualche rilevanza, ci mise un po' a capire cosa avevo appena detto; ma il meglio, come sempre, lo diede mia madre che se ne uscì con: "No...mi lasci da sola anche tu?"...alla faccia del cordone ombelicale...di fronte ad una reazione così, la mia certezza di aver fatto la scelta giusta si elevò all'ennesima potenza!

Eravamo alla fine dell'inverno e la mia partenza era prevista per fine settembre, trascorsi quei mesi ad organizzarmi e a guarire lentamente tutte le mie ferite, perché, più passava il tempo e più realizzavo che questa mia avventura a Berlino doveva essere un fantastico inizio e non una disperata fuga.

L'ultimo week end prima di partire a casa mia si presentarono amici e parenti, neanche stessi andando alla guerra! Portarono saluti e regali, un risvolto dell'Erasmus, che fino a quel momento ignoravo...sembrava quasi il mio compleanno: mica male, la faccenda si faceva sempre più interessante!
Quella sera mia madre mi seguì in camera e diede, nuovamente, il meglio di sé!
Negli ultimi tempi si era quasi abituata all'idea che me ne andassi e aveva iniziato a fare la coda come un pavone, raccontando a chiunque avesse voglia di ascoltarla (commesse comprese!), che la sua figlioletta adorata aveva vinto una borsa di studio all'università...una roba da desiderare di essere inceneriti da un fulmine lì sul momento!
Quella sera però, l'imminenza della mia partenza la fece nuovamente vacillare e mi disse le seguenti indimenticabili parole:" Guarda che se non vuoi andare, non sei obbligata, puoi rinunciare alla borsa di studio quando vuoi, anche se manca poco, non ti devi far problemi!"
Credo di averla guardata con la stessa espressione con cui avrei guardato un maiale volante...e mentre la mia mente urlava "Ma sei fuori? Io a Berlino ci andrei anche a piedi!Non sono ancora partita e già non ho voglia di tornare!" ....dalla mia bocca riuscì a fare uscire una risposta più politicamente corretta del tipo: "Io voglio partire, sta tranquilla...mammina"

Partì un sabato mattina, tutto nella norma, lacrime di rito all'aeroporto, e quella "leggera" agitazione, che mi prende allo stomaco tutte le volte che devo volare.

Ero bel bella sull'aereo, che mi dilettavo con i miei soliti pensieri da amante del volo,
"Ti prego non cadere, ti prego non cadere!Guarda che faccia da cretino ha questo qui, non voglio morire accanto ad uno così! E poi, se proprio devo morire in un incidente aereo, non potrei schiattare al ritorno?!?!... così almeno l'Erasmus lo faccio!", quando il comandante annunciò che finalmente stavamo arrivando a Berlino, scendemmo di quota, attraversammo le nuvole e la verde Germania apparve sotto di me!
Ero felice come una bambina a natale, come una studentessa fuori corso che finalmente si laurea, come il mio fidanzato (quello attuale, non la carogna che mi spezzò il cuore) davanti al coniglio con la polenta!


Arrivai al ritiro bagagli con un sorriso che mi andava da orecchio ad orecchio, un'espressione beata, incredibilmente imbarazzante: la vita era meravigliosa, io ero a Berlino e anche per questa volta l'aereo non era caduto, tutto era perfetto!
La gente iniziò a disperdersi, e alla fine rimanemmo da soli io e il tapis roulant (=tapirulan, il nastro trasportatore, insomma!) dei bagagli vuoto...oh cavolo!(in realtà l'espressione che usai allora fu un pochetto più colorita!)

Avevo stipato tutta la mia vita in una valigia e in uno zaino enorme da alpinismo e ora mi rimanevano solo una borsetta con i documenti e il beauty case!

Non facciamoci prendere dal panico!

Continua...

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