Io detesto lasciare i libri a metà.
Delle volte mollare il colpo sarebbe la scelta migliore: un atteggiamento sano, maturo ed equilibrato.
Non c'è da stupirsi, quindi, che io faccia così tanta fatica a fare una scelta di questo tipo.
Ci sono tre libri che ormai da anni mi guardano severi dall'alto della libreria. Io non li nascondo, non li regalo, ma li tengo in bella mostra a costante rimando del grave torto che sto facendo loro.
"Der Wanderchirurg" di Wolf Serno lo posseggo dal tempo in cui condividevo la mia vita con il celeberrimo Ex Pazzo.
Il di lui padre ebbe il delicato pensiero di farmi dono di questo romanzo, in cui si narrano le vicende di un chirurgo ramingo nel 1500.
816 pagine. In tedesco.
Nel caso vi fosse sfuggito lo ripeto: 816 pagine.
Io parlo tedesco. Io leggo in tedesco. Io scrivo in tedesco. C'è stato un periodo della mia vita in cui io SOGNAVO in tedesco.
Ma un tomo di tali dimensioni mi ha stroncata sul nascere. Ho provato ad iniziarlo, sperando di appassionarmi immediatamente, superando in scioltezza il blocco iniziale. Ma così non è stato.
Se avessi letto una paginetta al giorno, 5 giorni alla settimana, riposandomi per Natale, Pasqua ed anche 2 settimane ad agosto, a quest'ora l'avrei già finito da tempo. Ma io non sono una persona così lungimirante, o semplicemente neanch'io sono così disturbata da impormi una tale tortura.
E così Der Wanderchirurg sta li, con una cartolina incastrata tra pagina 15 e pagina 16.
Mi osserva dalla copertina. E più mi guarda e meno mi vien voglia di sapere le gesta di questo cacchio di chirurgo. Che avrà mai fatto di tanto speciale? Applicava sanguisughe ed incideva bubboni?
Ma chissenefrega! L'ho detto. Mi sono sfogata. Ora mi sento meglio.
La seconda opera letteraria "abbandonata" rappresenta l'incontrovertibile dimostrazione del fatto che io sia una pazza scriteriata, particolarmente portata a complicarsi l'esistenza.
Non si spiegherebbe altrimenti il mio insano "progetto" di coprire le lacune liceali riprendendo nientepopodimeno che "La Divina Commedia". Rileggendola tutta con tanto di analisi del testo e note a margine.
Non dico quanto presto mi sia arenata, perché mi vergogno.
Ma prima o poi la finirò, dovessi metterci anche 10 anni. Vabbè facciamo 20.
Il terzo libro?
Sta li da quando, poco più che bambina(*), mi rigirai tra le mani questa bellissima copertina verde con intarsi dorati.
Quando accarezzai quei fogli sottili, che parevano sciogliersi fra le dita.
Quando decisi che sarebbe stato molto edificante, molto educativo, molto interessante leggere la Bibbia.
Tutta.
Qualcuno è mai andato oltre la genesi?
Io no. Ovviamente.
(*)Si, lo so: ero una bimba ben strana.
Delle volte mollare il colpo sarebbe la scelta migliore: un atteggiamento sano, maturo ed equilibrato.
Non c'è da stupirsi, quindi, che io faccia così tanta fatica a fare una scelta di questo tipo.
Ci sono tre libri che ormai da anni mi guardano severi dall'alto della libreria. Io non li nascondo, non li regalo, ma li tengo in bella mostra a costante rimando del grave torto che sto facendo loro.
"Der Wanderchirurg" di Wolf Serno lo posseggo dal tempo in cui condividevo la mia vita con il celeberrimo Ex Pazzo.
Il di lui padre ebbe il delicato pensiero di farmi dono di questo romanzo, in cui si narrano le vicende di un chirurgo ramingo nel 1500.
816 pagine. In tedesco.
Nel caso vi fosse sfuggito lo ripeto: 816 pagine.
Io parlo tedesco. Io leggo in tedesco. Io scrivo in tedesco. C'è stato un periodo della mia vita in cui io SOGNAVO in tedesco.
Ma un tomo di tali dimensioni mi ha stroncata sul nascere. Ho provato ad iniziarlo, sperando di appassionarmi immediatamente, superando in scioltezza il blocco iniziale. Ma così non è stato.
Se avessi letto una paginetta al giorno, 5 giorni alla settimana, riposandomi per Natale, Pasqua ed anche 2 settimane ad agosto, a quest'ora l'avrei già finito da tempo. Ma io non sono una persona così lungimirante, o semplicemente neanch'io sono così disturbata da impormi una tale tortura.
E così Der Wanderchirurg sta li, con una cartolina incastrata tra pagina 15 e pagina 16.
Mi osserva dalla copertina. E più mi guarda e meno mi vien voglia di sapere le gesta di questo cacchio di chirurgo. Che avrà mai fatto di tanto speciale? Applicava sanguisughe ed incideva bubboni?
Ma chissenefrega! L'ho detto. Mi sono sfogata. Ora mi sento meglio.
La seconda opera letteraria "abbandonata" rappresenta l'incontrovertibile dimostrazione del fatto che io sia una pazza scriteriata, particolarmente portata a complicarsi l'esistenza.
Non si spiegherebbe altrimenti il mio insano "progetto" di coprire le lacune liceali riprendendo nientepopodimeno che "La Divina Commedia". Rileggendola tutta con tanto di analisi del testo e note a margine.
Non dico quanto presto mi sia arenata, perché mi vergogno.
Ma prima o poi la finirò, dovessi metterci anche 10 anni. Vabbè facciamo 20.
Il terzo libro?
Sta li da quando, poco più che bambina(*), mi rigirai tra le mani questa bellissima copertina verde con intarsi dorati.
Quando accarezzai quei fogli sottili, che parevano sciogliersi fra le dita.
Quando decisi che sarebbe stato molto edificante, molto educativo, molto interessante leggere la Bibbia.
Tutta.
Qualcuno è mai andato oltre la genesi?
Io no. Ovviamente.
(*)Si, lo so: ero una bimba ben strana.