Radio cole
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Far valere tutto e il contrario di tutto 

Stabilire delle regole e poi contraddirle. Pubblicare interi romanzi e lasciare a metà brevi racconti. Descrivere con dovizia di particolari episodi di vita familiare ma fare i criptici con quella sentimentale. Parlare di mille amori e di nessuno. Seguire l’attualità e poi tuffarsi in un modo fantasioso slegato dalla realtà. Passare da un blog personale, a uno dedicato alla letteratura, per finire col dedicarsi al teatro e allo spettacolo locale. Mollare tutto. Ricominciare da capo. 
Questa è la ricetta di Radio Cole. 

L’insuccesso è assicurato ma il divertimento anche.
Scrivere post a puntate e poi lasciarli a metà

Prima fu il romanzo d’appendice, poi i radiodrammi, infine soap opera e telefilm. 
Il pubblico adora le storie a puntate. Spasima per un finale sospeso che spinga ad attendere trepidante l’episodio successivo. Si affeziona ai personaggi e alle loro vicende. 

Un blog personale, di per sé, è già tutto questo. Se poi al blog si aggiungono vicende private o racconti inventati, narrati a spizzichi e mozzichi, l’effetto calamita del lettore è assicurato. A meno che...
A meno che non vi chiamate Jane Pancrazia Cole e siate affetti da un’inspiegabile fascinazione per l’autodistruzione e l’autosabotaggio. 

Fate come me, iniziate a scrivere storie a puntate, a raccontare vacanze a puntate, viaggi metaforico-esistenziali a puntate. E poi diluite sempre di più i post fino a mollare il tutto a metà. Per pigrizia. Per penuria d’ispirazione. Per semplice sadismo. Fate così e i lettori non solo vi abbandoneranno, ma vi schiferanno proprio, vi augureranno le peggio punizioni divine e toglieranno il saluto a voi e a tutti i vostri familiari fino all’ottava generazione. E voi potrete dichiararvi con soddisfazione e orgoglio: blogger sconosciuti e pure un poco stronzi. 

E nel caso non vi venisse in mente nessuna vicenda da utilizzare per torturare i vostri lettori, non temete, ci penso io a darvi utili suggerimenti! Buttatevi sui generi più gettonati: love and trip. Inventatevi un nuovo fidanzato e una fantomatica proposta di matrimonio. E poi interrompete senza dare spiegazioni. Millantate un viaggio coast to coast negli Stati Uniti. Scrivete 10 post solo su biglietto, passaporto, valigia e viaggio verso l’aeroporto. E poi sparite nell'oblio, per riprendere dopo poco tempo a scrivere di tutt'altro, con una nonchalance da navigate carogne. 

I lettori soffriranno e vi odieranno. Voi brinderete compiaciuti alla vostra inutile, e per questo motivo ancora più succosa, cattiveria.  Prosit!
Non stare mai sul pezzo

Il blogger serio tiene un occhio al blog e l’altro alle news. Il blogger professionista sa quali sono gli argomenti di tendenza e li asseconda. Il blogger destinato all’immortalità crea lui stesso le tendenze.


Il blogger snobbettino, di nicchia, e pigro ignora e sbertuccia gli argomenti più gettonati. Lo fa volutamente. In uno sfoggio di orrore da motore di ricerca, talmente contorto e profondo da necessitare a sua volta una lunga trattazione. Ho deciso, il mio prossimo libro s’intitolerà “Pancrazia e la sua fuga costante dagli algoritmi di Google”. 

Il film del momento? Il libro sulla bocca di tutti? Il personaggio più chiacchierato? Tranne rarissimi casi, non ne parlo mai. In realtà sono un’esperta di gossip e ho un’abilità particolare nel trattenere le informazioni inutili e frivole. Se solo dessi sfogo alla mia vera natura potrei farmi chiamare PancraziaCostume&Società o Pancrazia4000. Ma la mia missione da blogger sconosciuta ne risentirebbe troppo. Il mio blog potrebbe essere invaso da lettori curiosi. Che orrore!
Un cedimento di un paio di post e potrei trovarmi nell’Olimpo delle Divinità della Rete: Pancrazia la dea della blogpopolarità. Che scempio! Che tristezza! Che fallimento! Tranquilli, sarò forte: il successo non mi avrà! Né ora, né mai. 
Io le tendenze non le cavalco. Lascio che siano loro ad asfaltare me.
Scrivere post dispersivi senza mai arrivare al punto 

Che forma dovrebbe avere un articolo pubblicato sul web? Ad albero rovesciato.
(Vedasi graziosa immagine esplicativa)

Bisogna partire subito dalla base, dalla ciccia, dal tronco e, solo in un secondo tempo e non necessariamente, perdersi nelle diverse diramazioni dell’argomento. 

Il lettore della rete ha fretta, non ha tempo né voglia di seguirvi lungo le strade tortuose dei vostri mille ragionamenti, vuole capire dalla prima riga "di che state a parla'". Se non viene accontentato, c’è il rischio che già alla seconda si stufi e non finisca mai di leggere il post. Che senso ha perdere tempo a scrivere qualcosa di meraviglioso se tanto quel qualcosa meraviglioso non viene mai letto fino alla fine o, peggio, neanche fino a metà? 

Un post di successo non deve essere troppo lungo e deve essere chiaro fin da subito. Ok? Ok. 
E secondo voi come scrivo io, Pancrazia chi, custode di tutti i segreti per non sfondare? Io mi perdo in millemilioni di preamboli. Godo fisicamente nel portare a spasso il lettore per la landa del dubbio, nel vederlo barcollare per la strada sterrata della confusione, nel condurlo, dopo mille peripezie, ad abbeverarsi alla fonte del “aaaahhh ma allora era questo l’argomento”. 

Io, regina del “voglio farvi venire l’esaurimento ma con tanto affetto”, considero un punto d’onore, una medaglia al valore, un premio alla carriera, il confondere il lettore per interi paragrafi per poi arrivare solo alla fine alla soluzione del mistero, alla pietra angolare del “Ecco che stava a dì!” 
Io scrivo per l'altrui fastidio. E ne vado fiera.
Non parlare mai dei fatti propri

C’è poco da fare, potete essere anche i migliori blogger su piazza, scrittori da far impallidire Dostoevskij, penne sagaci da far cadere in deliquio quella carogna del mio professore d’italiano delle superiori, ma verrete sempre surclassati da chi parla dei fattacci propri. Che lo faccia a rutti, scorregge e grammatica incerta, poco importa: niente attira più lettori come un post in cui il blogger di turno apre cuore e impermeabile.

Amore, sesso e corteggiamenti funzionano sempre. Sempre e comunque.

Non è un caso che la blogosfera, soprattutto quella a tinte rosa, sia piena di menti brillanti che, per non sbattersi troppo, raccontano quasi esclusivamente gli interessanti sviluppi all’interno delle loro mutande. Minimo impegno e massima resa. Il telefilm Sex and the City ha chiuso i battenti da anni, ma l’effetto pruriginoso “donne che parlano di sesso” è ancora vivo e vegeto.

Non ci credete? Ha funzionato persino con me! Certo, ho cercato di dare un taglio più ironico e molto meno sessuale, ma la serie dei post Pancrazia and the city ha avuto un successone. Lettori e commenti inaspettati. Numero di visualizzazioni assolutamente sproporzionato.
Ogni tanto pubblico un post di questo tipo, mi rotolo come un maiale nel fango colpevole della notorietà, e poi riabbraccio l’oblio fino alla prossima secsi elaborazione.

Su, non fate i timidi, correte a farvi i fattacci miei, prima che Netflix mi chieda i diritti di Pancrazia and the city! 
Non avere una frequenza regolare nella pubblicazione dei post

I lettori di blog sono come bambini. Hanno bisogno di regole, orari definiti, rassicurante routine. 
Al lettore medio piace trovare spesso post appena sfornati. Il lettore medio fa le fusa come un micetto se può leggere qualcosa di nuovo ogni giorno, tutti i giorni. Tutti i giorni tranne il week end: perché anche il lettore medio, ringraziando il cielo, il week end c’ha di meglio da fare! 

Pubblicate lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e venerdì. Verrete ripagati da fedeltà e incondizionato amore. Magari pubblicate pure allo stesso orario. E poi bruciate all’inferno della notorietà! 

Oppure fate come me: pubblicate quando capita. Il sabato, la domenica e poi nulla per dieci giorni. Due post il lunedì, uno il venerdì e poi svanite nell’oblio per una settimana. Il martedì, il giovedì…insomma, avete capito, fate come vi pare! Fate tutto e il contrario di tutto basta che confondiate il lettore. Che lo trasformiate da dolce pargolo appagato a piccolo indemoniato isterico. 

Il contatore delle visite s’inchioderà per mesi e voi sarete i sovrani incontrastati di un Regno deserto. Lunga vita ai blogger incostanti!
Non avere una linea, un ordine, un progetto editoriale 
Non organizzare i post o gli argomenti. Non inventare rubriche a scadenza settimanale, mensile, o annuale. Non corteggiare i lettori con imperdibili appuntamenti fissi. No. No. E poi no! L’ho già scritto e lo ribadisco. Il lettore non deve essere viziato ma maltrattato, confuso, deluso. Egli deve collegarsi al blog senza avere la più pallida idea di cosa lo attenderà.
Non temete, se all’inizio l’effetto sorpresa potrà provocare una qualche ingiustificata fascinazione, nel giro di poco tempo tale effetto sparirà, per lasciare spazio al legittimo fastidio fino al delizioso disinteresse.

Volete essere un blogger sconosciuto?
Dimostrate il vostro menefreghismo nei confronti di chi vi segue facendo sempre a capoccia vostra nel modo meno prevedibile, organizzato e sensato possibile. Non seguite una linea editoriale e, ancora meglio, vantatevi spesso di questa condotta. All’inizio potrà sembrare difficile ma poi, con impegno e devozione, vedrete che finirete col prenderci gusto. Migliorerete. Capirete da soli i picchi raffinati di tali misantropici comportamenti, come l’abbandonare rapidamente e con orrore gli argomenti che richiamano sul vostro blog un numeroso pubblico, o non occuparsi mai della notizia del giorno.

La nicchia deve essere il vostro regno! Ma, mi raccomando, non arredatela. Qualche pazzo che voglia condividerla con voi rischiate di trovarlo comunque. Lasciatela così, spartana, buia e polverosa.
Un blogger d’insuccesso, è un blogger solo e malmostoso. Siatelo anche voi!


Evitare come la peste qualsiasi argomento di successo

Non c’è bisogno di essere degli esperti di web, comunicazione o blog per capirlo. Basta navigare la rete per due minuti per rendersi conto che gli argomenti più gettonati sono: maternità, cucina e moda. Non necessariamente in quest'ordine.

Le mamme hanno invaso internet qualche anno fa con la loro scorta di pannolini, cacche e aneddoti divertenti. Perché, bisogna dire la verità, sti nanetti profumati di borotalco sono buffi e fanno ridere. Tali blogger sanguisughe non devono fare altro che osservarli e riportarne le gesta. Sì, insomma, queste ottengono il massimo del risultato con il minimo sforzo. Maledette!
Oggettivamente fanno molta più fatica quelli/e che cucinano. Devo inventarsi/copiare/variare un piatto. Realizzarlo. Impiattarlo. E fotografarlo nel modo più cool possibile. Non è dato sapere se poi lo mangino o ci avvelenino i vicini, ma almeno lo sbattimento è innegabile. 
Ma le più preferite tra le preferite sono loro: le fashion blogger. Queste si alzano la mattina, accocchiano abiti a caso, cercano improbabili location, schiavizzano fidanzati-fotografi con la personalità di un geco, e si fanno immortalare. Ogni santissimo giorno.

Che sia l’esperienza comune della maternità, che sia la passione condivisa per lo spignattamento, che sia il desiderio, neanche tanto recondito, di vivere agiatamente non facendo una mazza. Questi tipi di blog hanno sempre molto seguito. Quindi, se volete essere una blogger di nicchia (leggasi fallita sconosciuta) evitate accuratamente questi tre settori. Che è vero che ormai sono saturi, ma non sia mai che la sfiga si accanisca su di voi e vi tocchi l’onta del successo. Che vergogna!
Scegliete qualche altro argomento o, meglio ancora, come faccio io non scegliete proprio. Più gli argomenti del blog sono vari e imprevedibili, più il sito è di tipo “generalista”, e più il processo di affezione del lettore è difficoltoso. Nessuna monopassione, nessuna emulazione, nessun processo identificativo. Confondete il lettore, deludetelo, parlate di cinema una volta e poi mai più per mesi, anche anni se necessario. Scrivete un racconto ogni eclissi solare. Raccontate dei fatti vostri, ingolosite la platea e poi tiratevi indietro ritrose.

Insomma, dovete avere un solo obiettivo: l’esaurimento nervoso dello sventurato che s’imbatte sulla vostra pagina. Egli non si deve affezionare, non vi deve voler bene. Egli, più vi legge, più deve desiderare di dar fuoco alla vostra auto. Tanto a voi che ve ne frega? I blogger poveracci la macchina neanche ce l’hanno!

Dare al proprio blog un nome di cui nessuno capisca il senso 

Evitare come la peste quei nomi evocativi che chiariscano immediatamente quale sia l’argomento del sito. Il lettore non deve fare neanche un poco di fatica? Non deve sperimentare l’amara sensazione delle aspettative disilluse? Non deve abbeverarsi al calice della delusione? 
Che banalità quei blog che parlano di maternità è hanno il termine “mamma” nel titolo. Che noia quei blog “Cucina di…” che dispensano ricette e suggerimenti culinari. Che sfoggio di mancanza di fantasia quelle pagine che hanno nella propria intestazione evidenti richiami cinematografici e, infatti, orrore(!), parlano proprio di cinema. 

Ma volete mettere quanto sia meglio un nome tipo, che so io, Radio Cole? Che eleganza, che mistero, che insensatezza. Uno legge Radio Cole e pensa “Toh il sito di una radio” e invece no! Uno legge Radio Cole e pensa “Toh una web radio”, col cavolo! Uno legge Radio Cole e pensa “E vabbè sarà un blog in cui si parla di musica”, ma quando mai! Sul mio blog, non per vantarmi, di musica ho sempre parlato poco, anzi pochissimo. Il mio è un blog generalista dove si trattano gli argomenti più vari a mio giudizio e discrezione. Il buon senso avrebbe voluto un nome del tipo “Il diario di Pancrazia”, “Le avventure di Jane”, “Le chiacchiere di JPC”. Ma io del buon senso non ho mai saputo che farmene!

Ma allora perché proprio Radio Cole? Semplice, quand'ero piccina, mia sorella maggiore ricevette in dono uno stereo. Lei lo ignorò, io me ne innamorai. A stregarmi fu soprattutto la radio e, in particolare, gli speaker. Quelli dalla voce calma e saggia, calda e avvincente, così diversa dalla mia, a suo modo affascinante, "gallina strozzata con la zeppola". Cosa avrei dato per poter essere anch'io una di loro. M'immaginavo all'interno della MIA stazione radiofonica privata, come un'imperatrice egocentrica e delirante. M'immaginavo mentre, senza dover rendere conto a nessuno, mettevo solo la musica che piaceva a me, parlavo solo delle cose che interessavano a me, e filosofeggiavo profondamente senza contraddittorio alcuno. Awww la dittatura ideologica, che dolce nettare! Quindi, molti anni dopo, di fronte alla schermata di Blogger che pretendeva di essere compilata, questo mio vecchio sogno riaffiorò e diede vita a Radio Cole. La mia stazione radiofonica personale, dove scrivere di tutto ciò che mi passava per la testa, in maniera del tutto anarchica, disorganizzata, e allegramente disordinata. 

Ma giungiamo ordunque ai preziosi consigli. Volete aprire un blog di cucina? Perché non provate con “La biblioteca di Patty”? Volete dedicarvi alla moda? Niente di meglio di “Le mani in pasta!” Volete scrivere di libri? E allora non posso che consigliarvi un fuorviante “Un tuffo nell’armadio”. Il lettore deve faticare, deve vagare confuso tra aspettative e scoperte, a un passo dall’esaurimento nervoso. Perché? E che ne so! Ma così è più divertente!

Continua...
Ad aprirsi un blog, diventare un fenomeno di costume e fare millemilioni di fatturato son capaci tutti. Ma ad aprirsi un blog, scriverci con devozione per anni, e rimanere comunque un’emerita squattrinata sconosciuta ci vuole un talento speciale. Io, non per vantarmi, questo talento ce l’ho e, nella mia immensa generosità, ho scelto di condividerlo con voi.

Magari siete quel tipo di persona che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Magari siete quel tipo di persona che raccoglie simpatia e consensi anche solo alzandosi dal letto. Magari siete dei vincenti naturali. Ecco, voi sventurati, avete sicuramente bisogno del mio aiuto. Voi rischiate di aprire un blog e svoltare. Una cosa tanto banale quanto volgare. Il successo è per i pigri! A scartavetrarsi le gonadi con lo struggimento dell’insoddisfazione ci vuole impegno. Non è roba per tutti! Ma per molti sì!
Quindi non spaventatevi. Ce l’ho fatta io, ce la potete fare anche voi! Vi basterà seguire questo dettagliato vademecum.

Regola numero 1 
Scegliere un Nickname complicato e di cui nessuno capisca il senso 
Avete presente? Qualcosa tipo Jane Pancrazia Cole.
Orribile, nevvero? Sì. Non per vantarmi. Ma, sì.
Lo elaborai, ormai molti anni or sono, con tanta tantissima attenzione.
Partì tutto da Cole. Cognome tratto da una saga letteraria opera di Noah Gordon. Uno scrittore americano molto conosciuto. Conosciutissimo. Dappertutto. Dappertutto tranne che in Italia, dove non è particolarmente popolare. La mia fu una scelta consapevole. Volevo un cognome che fosse legato alla letteratura ma non fosse troppo ovvio. Missione compiuta.
Cole non è ovvio. Per niente. Molti sono convinti che si scriva Col, altri che si pronunci Cole (con la “e” finale bella aperta), alcuni pensano che sia un sofisticato omaggio a Nat King Cole, altri uno più pop a Cheryl Cole. Tutti brancolano nel buio dell’ignoranza e io rido soddisfatta dal mio tetro angolo imbottito dell’incomprensione autoinflitta.

Ma senza l’inspiegabile accoppiata di nome e secondo nome, il mio destino avrebbe potuto comunque essere diverso. Sarei potuta diventare la sexy Cole, l’opinion leader Cole, la social Cole. Orrore! Destino ingrato prontamente evitato grazie all’incongruo abbinamento di Jane e Pancrazia. Potrebbe mai venirvi in mente qualcosa di più sgraziato? No, a voi no. E, infatti io che ci sto a fare? Che ci sta a fare questa guida? A guidarvi, appunto. Ecco alcuni esempi che vi possano essere d’ispirazione per il vostro futuro da blogger anonimo. Lucy Eustacchia Martìn, Sophie Genoveffa Trotter, e per gli uomini James Abbondio Trueba, Nick Gerundio Zosimov.
Le combinazioni possono essere infinite. Il risultato unico e inevitabile: la sgradevolezza!

Domani la seconda regola...


N.d.A: i più fedeli di voi potrebbero riconoscere il pezzo. Infatti lo pubblicai molto tempo fa, ma senza un seguito. Ora i seguiti sono pronti e quindi riposto tutto da capo.
Sono tornata, perché questa è casa mia e proprio non riesco a rinunciarci.
Sono tornata, perché tutte le volte che qualcuno mi chiede "Ma sul blog non ci scrivi più?" mi piange il cuore.
Sono tornata, perché è tra queste pagine che ho cominciato a raccontare le mie storie e, ora che c'è una nuova, è qui che le devo dare spazio.

Da pochi mesi esiste una rivista online, si chiama Vingt-Deux Pensées, e da ieri è disponibile il suo quinto numero. Dentro troverete molto da leggere e da vedere. Tra tante parole e idee, c'è anche un mio piccolo racconto, dannatamente autobiografico.

Era parecchio che non scrivevo solo per il piacere di farlo, mi è stato chiesto di mettermi in gioco, l'ho fatto e ciò ha liberato un'energia e una voglia di scrivere scrivere scrivere, come non mi capitava da anni. Che bello! Comunque vada, qualsiasi cosa venga da questo nuovo sentimento, che bello! Racconti belli, racconti brutti, storie inutili o no, chi se ne frega? Che bello!

Pre scaricare la rivista, cliccate qui.

Con il teatro si può fare politica? Certo. Con l'arte si può esprimere il proprio impegno sociale? Ovviamente. Da sopra un palco si può veicolare un pensiero? Sì, sì e ancora sì. 
Ma trattare il pubblico come uno scolaretto da indottrinare, come il popolino da imboccare a forza di didascaliche scenette e frasi ad effetto, no, no e ancora no. 
Ed è questo quello che io ho visto domenica sera quando ho assistito ad Animal Machine. E a poco sono valse le ottime prove attoriali di Davide Capostagno e Serena Bavo. 

Per raggiungere il cuore e il cervello di una platea pensante lo sforzo da fare è ben altro. Ridurre la questione animalista e, soprattutto, il problema etico della sperimentazione a un testo tanto moraleggiante fa un pessimo servizio alla causa stessa. 
La proiezione di frasi e statistiche ad effetto alla maniera di facebook, e il riciclo di video vecchi o "acchiappatenerezza" è un espediente da occupazione scolastica.

Non m'importa quale sia il messaggio, non lo devo necessariamente condividere ma lo devo rispettare, e perché ciò avvenga è necessario che io assista a un lavoro onesto che scavi faticosamente in profondità e non razzoli tra la polvere dell'ovvio.

Se sei su questa pagina è probabile che ti piaccia leggere. E, spesso, a chi piace leggere piace anche scrivere. Non è necessario che tu creda di avere il romanzo del secolo chiuso in un cassetto, anzi sarebbe preferibile di no, ma magari pratichi la parola scritta come sfogo, prova o semplice gioco. Evvivaiddio!

Esiste quindi la remota possibilità che a te, proprio a te, che stai leggendo queste righe in questo momento (sì, dico a te, quello con le dita nel naso), non faccia affatto schifo l'idea di partecipare a un laboratorio di scrittura via Skype.



Che tu sia in Islanda o a Roncobilaccio, che tu abbia velleità da romanziere o solo voglia di ritagliarti un poco di tempo per sfogare la tua creatività, questo laboratorio potrebbe fare al caso tuo. Nevvero?
Quindi cosa aspetti?
Commenta, scrivi, informati, fai domande, chiedi spiegazioni. Insomma batti un colpo ed entra anche tu in questa classe.

Per ora c'è ancora posto ma il tempo stringe.
Son capaci tutti a fare la classifica dei 10 post più letti nel 2015 e chiudere con questa le pubblicazioni dell'anno. Ma ci vuole un guizzo di originalità nel decidere di utilizzare la suddetta classifica come pubblicazione d'apertura del 2016.
Un lampo di genio, una zampata di anticonformismo, una frullata di scintillante avanguardia!
Non trovate?
No?
Beh, comunque, io il 30 avevo da finire un lavoro e il 31 dovevo preparare lenticchie e cotechino. Insomma c'avevo da fare! Quindi beccatevi questa classifica-celebrazione fuori tempo massimo e non fate tanto i difficili!

10°
Io avrei deciso, eh
Un progetto piccolo piccolo a cui non dedico ancora la necessaria attenzione. Forse dovrei trasformarlo in una sorta di foto-rubrica periodica della serie "indovinate dove ho lasciato le mie tracce questa settimana".
Voi che dite? Io credo che dovrei.

9°
Il pudore degli affetti
Il tempo passa ma la mia opinione non cambia, anzi.
"Perché le cose davvero care si conservano, si curano, non si esibiscono.
I bambini si stringono al petto. Gli amici si comprendono muti. Gli amori sono misteri insondabili agli occhi dei più, e tali dovrebbero rimanere.

Il pudore è delicato. La pornografia è volgare.
Ci caschiamo tutti. Ma qualcuno di più."

8°
La partenza
Cronaca di una vacanza tra divertimento, buon cibo e terrore montano.

7°
Pancrazia and the city/5
L'ultimo (per ora) post della fortunata serie dedicata alla mia vita da "stagionata single di ritorno".

6°
Cin cin Pancrazia
L'immancabile autocelebrazione che riscuote ogni anno un immeritato successo.

5°
Il trono di spade: tutto ciò che c'è da sapere sulla prima stagione
"Che siate neofiti come me o vecchi metalupi esperti, queste sono le cose più importanti da ricordare..."

4°
Pancrazia chi?
Il primo capitolo della guida definitiva per blogger che non vogliono diventare famosi.
Che ci crediate o meno, prima o poi questo micro ebook lo pubblicherò, eccome se lo pubblicherò!

3°
BeRevolution
Una bellissima iniziativa. Un viaggio in favore dei sogni e dei sorrisi. Da leggere qui e seguire su Facebook.

2°
Lettera aperta
L'ultimo post del 2015 rischia di fare il colpaccio e accaparrarsi la prima posizione.
Ma a raffreddare i suoi entusiasmi ci pensa... 

1° 
Il Trono di Spade: tutto ciò che c'è da sapere sulla terza stagione, che sbanca il botteghino con millemila visite, a dimostrazione che a parlare di fenomeni di costume si fa sempre il botto. Perché l'originalità non se la fila nessuno, tanto meno Google.

E ora che mi sono tolta l'ansia da primo post dell'anno tutto il resto sarà in discesa: a prestissimo!
Caro amico lettore,
avevo grandi progetti per questo blog.

Volevo svecchiare la grafica e rendere l'homepage più professionale. Ma poi l'entusiasmo per la novità è rimasto incastrato tra l'informatica inadeguatezza e la cronica mancanza di tempo. Vistoso e sgradevole, quanto un pezzo di rucola tra denti freschi di detartrasi.

Attualmente, quindi, Radio Cole appare diversa da prima, ma ancora distante anni luce da ciò che avevo in mente. Ma non intristiamoci e cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Concentriamoci su ciò che c'è adesso e non su ciò che ancora manca, e che probabilmente mancherà per sempre. 

Ad esempio, c'è un logo tutto nuovo, fatto con le mie manine sante e, per questo, motivo d'infinito orgoglio. Semplice e colorato. Mi hanno chiesto di farlo. Io ho accettato e poi ho atteso l'ispirazione. Invano. Me l'hanno chiesto un'altra volta, ma con una data di scadenza che suonava più o meno "o adesso o mai più". Quindi, con la testa priva di qualsiasi spunto creativo, mi sono finalmente messa al lavoro e, in tempi tanto ristretti quanto irripetibili, ho avuto un'idea e l'ho realizzata in maniera tecnicamente adeguata. Una sorta di "miracolo di Natale" anticipato. 
Io ve lo dico con sincerità, se non vi piace il nuovo logo non lo voglio sapere, tenetevi per voi quest'informazione, nascondetemi il severo giudizio. A me piace e sono una strenua sostenitrice del lussurioso lussureggiante lusso dell'ignoranza. L'opinione altrui in alcuni casi, e questo è uno, deve rimanere nell'oscurità. Un po' come quando si cambia drasticamente taglio di capelli o fidanzato.

Tra le altre cose che ora ci sono su questa pagina è impossibile non notare il mio faccione. Del resto,ormai, se vuoi fare la blogger ci devi mettere la faccia. E quindi quella mia è quella là. Guance candide, labbra vermiglie. Cioè, appena sveglia no, non ho mica quell'aspetto lì, e neanche di pomeriggio, forse la sera sì, ma solo sotto la giusta luce.  Però, insomma, io sono più o meno così. Più meno che più. Ma perdonatemi, che avrei dovuto fare? Mettere la foto della carta d'identità? Va bene metterci la faccia, ma con un certo legittimo uso di filtri!

Questo bicchiere mezzo pieno lo voglio anche arricchire con una promessa, anzi due. Quella di rimettermi a scrivere con una costanza decente, che di post in arretrato ne ho almeno 5 o 6, e quella di cominciare a dare un poco d'importanza alle immagini. Tranquilli non mi darò alla fotografia, non ne ho il desiderio, il tempo o le attrezzature, ma prometto di fare foto meno orrende del solito e di cercarne di belle online.

Insomma, qua si vorrebbe cominciare a fare sul serio, ma sempre a modo mio. Con pazienza, procrastinazione, e un'infinità di buoni propositi.

A presto,
JPC
Piccoli biglietti in giro per la città.
Parole. Racconti.
Scritti lo scorso week end. Tenuti in borsa per giorni.
Ieri, complice una giornata un po' storta, mi sono finalmente decisa.
L'ho fatto.

E, niente, io avrei deciso di fare una cosa.
Sono mesi che ci penso, forse quasi un anno.
Niente di che, una cosa piccolina.

Uno di quei gesti d'artista col gonnellone e i fiori tra i capelli. Anche se io non sono così. Niente gonnellone e niente fiori.

Però questa cosa mi piacerebbe proprio farla. Mi piacerebbe scrivere i miei racconti, quelli più piccini, su dei foglietti di carta e poi lasciarli in giro per la città. Senza nessuno scopo. Così, solo per il gusto di farlo.

Solo per il gusto d'immaginare l'incontro casuale e involontario tra uno sconosciuto e le mie parole. Qualcuno che le trovi, le legga, e poi magari sorrida. O magari no.

Io, a fare questa cosa qua, mi vergogno come una ladra. Ma non importa, la voglio fare comunque che, se fosse per la vergogna, nella vita non avrei mai fatto nulla.
Ho attivato i miei contatti su facebook, ho pubblicato il volantino in bacheca, ho mandato un poco di email. Bene, ho utilizzato tutti i miei canali di comunicazione. Perfetto.

Ma bene de che? Ma perfetto cosa? E il blog? Mi sono dimenticata del blog!

L'ho detto a cani e porci, tranne che ai miei lettori adorati che, legittimamente, ora avrebbero il sacrosanto diritto di sputacchiarmi in pieno viso.

La prossima settimana comincia il mio laboratorio di scrittura via Skype. Ebbene sì! Mi sono inventata anche questa.

Siete interessati?
Commentate, scrivete, fatemi sapere.
C'è ancora posto ma il tempo stringe!

E non fatemi quella faccia lì. Non prendete la dimenticanza come un affronto personale. Lo sapete, sono una donna sbadata, confusa e confusionaria. Ma voi mi amate nonostante tutto, no?
No?
Ah, ecco.

ENNE semplici regole per NON diventare MAI una blogger famosa.

Ad aprirsi un blog, diventare un fenomeno di costume e fare millemilioni di fatturato son capaci tutti.
Ma ad aprirsi un blog, scriverci con devozione per anni, e rimanere comunque un’emerita squattrinata sconosciuta ci vuole un talento speciale.
Io, non per vantarmi, questo talento ce l’ho e, nella mia immensa generosità, ho scelto di condividerlo. Con voi.

Magari siete quel tipo di persona che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Magari siete quel tipo di persona che raccoglie simpatia e consensi anche solo alzandosi dal letto. Magari siete dei vincenti naturali.
Ecco, voi sventurati, avete sicuramente bisogno del mio aiuto.
Voi rischiate di aprire un blog e svoltare. Una cosa tanto banale quanto volgare. Il successo è per i pigri. A scartavetrarsi le gonadi con lo struggimento dell’insoddisfazione ci vuole impegno. Non è roba per tutti!

Ma per molti sì! Quindi non spaventatevi. Ce l’ho fatta io, ce la potete fare anche voi! Vi basterà seguire questo dettagliato vademecum.

Regola numero 1.
Scegliere un Nickname complicato e di cui nessuno capisca il senso.
Avete presente?
Qualcosa tipo Jane Pancrazia Cole.
Orribile, nevvero?
Sì. Non per vantarmi. Ma, sì.

Lo elaborai, ormai molti anni or sono, con tanta tantissima attenzione.
Partì tutto da Cole. Cognome tratto da una saga letteraria opera di Noah Gordon. Uno scrittore americano molto conosciuto. Conosciutissimo. Dappertutto. Dappertutto tranne che in Italia.  
La mia fu una scelta consapevole. Volevo un cognome che fosse legato alla letteratura ma non fosse troppo ovvio. Missione compiuta. Cole non è ovvio. Per niente. Molti sono convinti che si scriva Col, altri che si pronunci Cole (con la “e” finale bella aperta), alcuni pensano che sia un sofisticato omaggio a Nat King Cole altri uno più pop a Cheryl Cole.

Tutti brancolano nel buio dell’ignoranza e io rido soddisfatta dal mio tetro angolo imbottito dell’incomprensione autoinflitta.

Ma senza l’inspiegabile accoppiata di nome e secondo nome, il mio destino avrebbe potuto comunque essere diverso. Sarei potuta diventare la sexy Cole, l’opinion leader Cole, la social Cole. Orrore! Destino ingrato prontamente evitato grazie all’incongruo abbinamento di Jane e Pancrazia. Potrebbe mai venirvi in mente qualcosa di più sgraziato? No, a voi no. E, infatti che ci sto a fare io? Che ci sta a fare questa guida? A guidarvi, appunto.
Ecco alcuni esempi che vi possano essere d’ispirazione per il vostro futuro da blogger anonimo. Lucy Eustacchia Martìn, Sophie Genoveffa Trotter, e per gli uomini James Abbondio Trueba, Nick Gerundio Zosimov.

Le combinazioni possono essere infinite. Il risultato unico e inevitabile: la sgradevolezza!
(...)

E le enne regole mancanti?
Ops, non ve l'avevo detto?
Le pubblicherò in un piccolo ebook autoprodotto.
Perché?
Per raccogliere ciò che di buono ho scritto in questo blog durante tutti questi anni. Per buttarmi in questa nuova avventura senza prendermi troppo sul serio. Per fare un regalo a me e spero anche a chi, tra di voi, avrà voglia di leggerlo. 

I tempi sono ancora da stabilire voi, intanto, tenetevi pronti.

NdA: sì, per l'occasione, ci metto persino la faccia!
Io ho mangiato un hamburger buonissimo. Di corsa, con le mani gelate e la Gran Madre che occhieggiava invidiosa. Sono scesa ai Murazzi ed entrata al Magazzino sul Po. Ho assistito a una serata di CaleidoScoppio. Ne ho scritto fitto fitto su un'agenda.
E poi, alla fine, sono salita sul palco e ho letto la mia Cronaca davanti a tutti. Un microfono e due djembe a farmi compagnia.

Vi siete persi quest'esperimento di instant blogging? Non c'è problema. Ecco a voi il testo originale, rigorosamente NON riveduto e NON corretto.

Buonasera, vi spiego com'è andata, perché mi trovo qui.
Ho ricevuto l'invito su Facebook, l'idea della serata mi è piaciuta, e quindi ho condiviso, ho "piacciato", ho cliccato "parteciperò". Ho fatto tutte quelle cose che si fanno in questi momenti. Sono stata leggera e inconsapevole.
Poi, una settimana fa, Esther mi ha contattata.
"Allora che fai? Sali sul palco?"
"Eh? No, sul palco no! Io detesto parlare in pubblico"
Voi non potete capire, mi viene l'ansia, le palpitazioni, la voce da gallina isterica. Faccio cose patetiche, tipo mettermi una minigonna inguinale per distrarre il pubblico con lo stacco di coscia. Perdo l'etica e la morale.
"Sul palco no, non esiste!" dico.
"Dai! Ti esibisci alla fine. Fai la cronaca della serata: instant blogging"
"Instant che? No, guarda, ci penso, eh..."
Ci ho pensato. Ed eccomi qui. Voce isterica e patetico stacco di coscia compresi.
Eccomi qui a fare la cronaca della serata. La mia cronaca. Della mia serata. Dal mio esclusivo punto di vista. 
Arrivo alle 20-20:30 e mi ritrovo subito meravigliosamente a disagio. La gente prova, suona, qua è pieno di artisti. Io sono una blogger. Una che scrive su internet. Una poveraccia. Farò una figura pessima.
Quindi, per sopravvivere, decido di entrare nel mood "vabbè tanto non mi conosce nessuno". Esattamente cinque secondi dopo entra Noemi Cuffia. Lei è blogger ma anche una scrittrice coi controcazzi. Ah, dimenticavo, lei mi conosce. Ecco. Ciao Noemi! 
La serata comincia: si festeggia il primo compleanno del CaleidoScoppio, un "mix di arti diverse", come dicono i presentatori. Pittura, video, musica, fotografia, cabaret. Tutto assieme.
Parte  l'appello. Chiamano Sciencol. Nessuno alza la mano. Chi è? Dov'è? Assente? Ah no, sono io: J-a-n-e C-o-l-e. Le soddisfazioni cominciano a mazzi!
 
Finalmente si parte. Con Na Na, la zia di CaleidoScoppio. Una gran testa di capelli che già, solo per questo, si guadagna tutta la mia sfacciata simpatia. Lei fa gli auguri, gli auguri "al contrario".
Poi si canta e si suona. L'atmosfera è rilassata. Mi tranquillizzo. Un po', non troppo. 
Intanto, in giro per il locale, si disegna, vignetta e graffita. 
Sul palco si sonetta e filosofeggia. Ci si rilassa: "non bisogna essere i migliori".
Il poeta-filosofo poeteggia ed è bravo, bravo assai.
Finisce lui, si passa a uova e galline, e poi si torna alla musica. Giovanissima e con una gran voce.
Il tempo passa, arriva l'"amico palazzo" e capelli di bacca. Arrivano fantastici microracconti. La follia delle parole e dell'immaginazione. Il potere del 'tutto è possibile'. Ecco, questo è proprio l'ambiente mio: la scrittura e la follia. Quasi quasi mi commuovo e, invece no, rido, rido tanto.
Smetto di ridere e arrivano due ragazze che lo stacco di coscia ce l'hanno sul serio. Musica d'altri tempi e danza d'altri luoghi. 
Intanto, in giro per il locale, c'è chi chiacchiera, chi si conosce, chi prova a dipingere e chi lo fa sul serio, ma con le spezie. 
Sul palco si litiga con l'amplificatore, si combatte e poi si vince. Ed è musica ed è poesia. Con o senza titolo. Non importa.
Poi è poesia ed è musica.
Si passa da Frank Sinatra in gonnella a Massimo Pica e il cinema. Secondo lui. Secondo lui e il suo amico esperto di film iraniani, pecore e pastorelli.
Dopo è il turno della padrona di casa, Esther Nevola, e delle sue parole e delle sue emozioni. Che sono sue e di tutti.
Ed ancora musica e immagini.
Papere, cacciatori e momenti di commovente comicità.
Musica, Fabio Bosco, Baudelaire e djembe: l'accostamento che non ti aspetti. 
Intanto, in giro per il locale, c'è chi mangia una pizza e chi scrive una cronaca. Io.

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