Caro PrincipeV,
ieri hai compiuto quattro anni.
Una gran bella età per un gran bel bambino.
Ogni giorno ti fai più grande e impari qualcosa di nuovo. E oggi voglio essere proprio io a darti una lezione che potrà esserti utile nel futuro. Voglio raccontarti l'amore. L'amore ai tempi delle medie.
Tu ancora non lo sai, ma le medie sono quel limbo tra elementari e superiori in cui i corpi cambiano, le voci si fanno più profonde, le scarpe più puzzolenti e gli amori diventano passione bruciante e infelice.
Alle medie le femmine perdono la testa per i ripetenti, perché sono più grandi, perché sono irraggiungibili, perché sono veri uomini. Veri uomini che usano poco la doccia e mai il congiuntivo.
Sì, le femmine possono essere stupide quanto e più dei maschi. Ma non soffermiamoci su questo e andiamo oltre.
In seconda io, tua zia, m'innamorai struggevolmente di Domenico.
Domenico era in terza C quando io ero in seconda A.
Domenico avrebbe dovuto essere già alle superiori da un paio d'anni quando io ero in seconda A.
Devi sapere che alle medie esistono ripetenti e ripetenti. Ci sono quelli che "non ci arrivano", quelli che "se ne fregano", quelli con "famiglie difficili".
Il ripetente del mio cuore apparteneva un poco alla terza e un poco alla seconda categoria. O almeno così mi piaceva, e mi piace tuttora, credere. Egli, oltre ad essere bello, era intelligente e sensibile. Erano gli altri a non capirlo, poverino!
Così doveva essere. E così era. Nella mia testa.
E, data l'assoluta unilateralità e platonicità del nostro rapporto, la mia testa era l'unico posto importante. L'unico posto in cui noi due ci amavamo come nessuno si era amato mai.
Domenico aveva morbidi capelli castani, o almeno così sembravano dato che non mi ci sono mai avvicinata abbastanza da constatarlo di persona, profondi occhi scuri e lineamenti perfetti.
Assomigliava in maniera impressionante a John Taylor, il bassista dei Duran Duran.
Per te, PrincipeV, e i lettori più giovani o smemorati allego una foto esplicativa.
Domenico era così, ma senza cotonatura, colpi di sole ed espressione languida.
Noi innamorate dei ripetenti eravamo come delle fan. C'erano quelle a cui piaceva Daniele, frontman sfacciato. Quelle a cui piaceva Andrea, rockettaro maledetto. E quelle a cui piaceva Domenico. Bello ma poco appariscente. Silenzioso. Riservato. Non incline agli atteggiamenti da divo.
Una mattina in terza C si ritrovarono con un'ora buca e, nell'impossibilità di procurare un supplente al volo, la classe venne divisa in piccoli gruppi e spedita a far tappezzeria nelle altre aule.
Domenico finì, insieme ad un suo compagno, in seconda A. La MIA seconda A.
Egli passò un'ora a guardare fuori dalla finestra,
Io passai un'ora a osservarlo di sottecchi, con la tachicardia, la salivazione azzerata e la sudorazione moltiplicata.
Poi suonò la campanella. Il mio taciturno amore si alzò e io lo guardai allontanarsi verso il tramonto.
Questo sognante quadro venne interrotto da una voce gracchiante: "Domenico guarda cosa c'è scritto là!", urlò quel viscido del mio ex fidanzatino.
Urlò il patetico e geloso omino indicando il mio banco.
Banco ornato da me medesima con deliziosi deliri d'amore ed un elaborato graffito "Dome&PancriXever".
Mi alzai di scatto, coprii la scritta col diario, mentre l'oggetto dei miei desideri si avvicinava inesorabile al mio posto. Si avvicinava, arrivava, si fermava.
Quelli che seguirono furono i 30 secondi più mervigliosamente orribili della mia vita. O almeno delle medie.
Da una parte c'era il ripetente curioso, dall'altra la ragazzina che cercava di proteggere gli ultimi brandelli di dignità. In mezzo un diario a celare l'imbarazzo.
"Mi fai leggere?", chiese lui.
"No", sussurrai io.
"Dai..."
"No"
"Ma..."
"No, Domenico, per piacere no"
Lui allungò la mano verso il diario. La mia presa era di pastafrolla. Sarebbe bastato un secondo. Un secondo, uno strattone e una risata per spezzare il mio fragile cuore e ferire il mio orgoglio.
Lui allungò la mano. Poi, però, mi guardò negli occhi.
Non so cosa vide nei miei piccoli occhi all'ingiù. Probabilmente terrore, panico e disperazione.
Domenico non era solo bello ma anche gentile. Gentile in un momento della propria vita in cui raramente lo si è.
Non mise alla prova la mia presa di pastafrolla.
"Non ti preoccupare", disse rivolto a me.
"Tu impara a farti i fatti tuoi, che fai più bella figura!", disse a quel vigliaccone del mio ex.
Poi mi sorrise e se ne andò.
PrincipeV, mio adorato nipote, ti ho raccontato questa storia perché vedo la tua bellezza e conosco il tuo cuore buono.
Ricordati sempre di essere gentile con tutti.
Ma ricordati soprattutto di essere gentile con le femmine. Con quelle che ti piacciono e, a maggior ragione, con quelle che non ti piacciono.
Perché un sorriso sincero ed un gesto educato valgono molto più di un'espressione da piacione. E lasciano tracce indelebili con cui nessuno sguardo da conquistatore sarà mai in grado di competere.
E ricordati pure di studiare: così non sarai mai ripetente.
Non ne hai bisogno: sei così bello che le ragazze s'innamoreranno lo stesso di te.