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Ho "incontrato" Daniel Cuello su twitter più di un anno fa.
Appena ho visto il suo sito mi sono ripromessa che, prima o poi, ne avrei parlato su Radio Cole.
E quale occasione migliore se non la mia fresca fresca rubrica "Nella Rete"?

Daniel disegna racconti e illustrazioni.
Narra storie attraverso le immagini.
Crea poesie e suggestioni con il suo tratto deciso e mai banale.

Autodidatta dal grande talento, mischia al piacere del racconto quello delle immagini in un equilibrio delicato e originale.

Trai tanti lavori e progetti che potete trovare sul suo blog vi segnalo in particolare People. Una carrellata di facce, persone, espressioni, personaggi.



Bravo, eh? Ve l'avevo detto!
Quasi un anno fa veniva organizzato il #Twitscript n°1.
In quell'occasione, a partire da una poesia dell'indimenticata e indimenticabile Wislawa Szymborska, era stato prodotto un video in cui si dava letteralmente voce agli utenti di Twitter e ai loro pensieri.

Ora è finalmente giunto il momento del #Twitscript n°2.
Per questo secondo progetto cambia l'argomento e la poesia d'ispirazione, ma il meccanismo è sempre lo stesso: bisogna scrivere un tweet, leggerlo ad alta voce, registrarsi e inviare il file ai responsabili.
Silvia Storelli, con la collaborazione dell’equipe di lebagatelle.net, ne farà un video con diversi nomi, identità, respiri e riflessioni.

La poesia scelta quest'anno è un piccolo capolavoro d'umorismo, frutto di quella mente geniale nonché penna felice, di Stefano Benni.

Io ti amo

Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l’universo
Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l’incanto
di un solo tuo sguardo
Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni
Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d’estate
per il caldo non dormi
E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo.
(da: “Ballate” Feltrinelli, 1991)
Il tweet con cui partecipare deve nascere dal completamento di questa frase:
“Io ti amo e se non ti basta . . . . . . . . . . . .  se non ti basta vaffanculo ”

Vi sentite ispirati? Allora vi consiglio di fare un salto sulla pagina ufficiale dell'iniziativa, Le Bagatelle, per leggere per bene il regolamento (che io credo di averlo spiegato una schifezza!) e darvi subito da fare.

Non c'è tempo da perdere: l'invio del file audio deve avvenire entro il 1° febbraio. Presto che è tardi!

N.d.A: nel caso vi stiate chiedendo se parteciperò anch'io, onestamente non lo so. A parte il fatto che la mia vocetta da gallina strozzata mi è fonte d'indicibile imbarazzo, per ora non mi è venuto in mente proprio nulla per completare il tweet.
A me sembra già perfetto così: "Io ti amo e se non ti basta, e se non ti basta vaffanculo"
Ehi organizzatori, dico a voi, va bene? E' valido?

La città chiuse loro le porte in faccia, e i 33 figuri rimasero in un sol colpo senza dimora e senza ragion d'essere.
Il gatto saltò dal tavolo e trascinò con sé la penna.
I libri d'inglese tacquero dell'incidente.
Già lo sapete. L'ho detto più di una volta. Quando in rete trovo qualche progetto, forma di creatività, tentativo di originalità, io mi emoziono e sento l'incontenibile desiderio di comunicarlo al mondo. O, quantomeno, a quel piccolo spicchio di mondo che mi legge.

Oggi voglio segnalarvi Silvia Storelli, filmmaker, vlogger e storyteller, che ha ideato e prodotto #twitscript n°1. Mix di poesia, socialmedia e video.

Il percorso seguito è stato il seguente: Silvia si è ispirata a "Contributo alla statistica", poesia dell'indimenticabile e indimenticata Wislawa Szymborska.

Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
- cinquantadue;

insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;

pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
- ben quarantanove;

buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
- quattro, be’, forse cinque;

propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;

viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
- settantasette;

dotati per la felicità,
- al massimo poco più di venti;

innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
- di sicuro più della metà;

crudeli,
se costretti dalle circostanze
- è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;

quelli col senno di poi
- non molti di più
di quelli col senno di prima;

che dalla vita prendono solo cose
- quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;

ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
- ottantatré
prima o poi;

degni di compassione
- novantanove;

mortali
- cento su cento.
Numero al momento invariato.

Poi sono entrati in gioco gli "abitanti" di twitter a cui è stato affidato il compito di prendere il testimone e continuare l'elenco. Partendo dalla frase "Su cento persone...", sono stati scritti molti tweet che gli stessi autori hanno letto e registrato.
Silvia ha raccolto tutte queste voci, tutti questi pensieri, e li ha uniti ad immagini da lei stessa riprese.

Ne è nato un piccolo video, dove le parole mute della rete hanno finalmente acquistato respiro, inflessione, pronuncia e corpo.
Un lavoro decisamente interessante che spero verrà riproposto anche in futuro.

Non sarebbe tutto più facile se ognuno di noi arrivasse con un libretto delle istruzioni? Come un frigorifero o una macchina fotografica.
Certo, forse sarebbe meno divertente, ma di sicuro più semplice.
Così sai com’è che funziono. Mica perché sei tonto, è che siamo tutti ingranaggi.

Questo è ciò che si legge sulle pagine di Tumblr dedicate a "Istruzioni per l'uso", un progetto fotografico di Marina Abatista.

Un progetto che aveva già attirato la mia attenzione mesi fa ma che, per mancanza di tempo e organizzazione, non ero ancora riuscita a segnalarvi. Ora però siamo agli sgoccioli: domani e dopodomani saranno gli ultimi giorni disponibili per farsi fotografare con il proprio libretto d'istruzioni annesso.

Quindi, nel caso siate di Milano e d'intorni e l'idea v'incuriosisca, vi suggerisco di affrettarvi. Contattate la responsabile e svelate al mondo il segreto del vostro funzionamento.

Pagina ufficiale: Istruzioni per l'uso.
marinella83@gmail.com
In questi giorni dal blog "Ma Che Davvero?" è nata un'iniziativa particolarmente sfiziosa. Wonderland, giovane mamma biondo crinita, che una ne fa e cento ne pensa, per domani, 14 dicembre, si è inventata il giorno di #leaveamessage.
E che è? Direte voi.
Mo ve lo spiego. Dico io.

Leave a message: lasciate un messaggio!
Lasciate in giro per la città una traccia positiva. Uno o più biglietti recanti frasi ispiranti ed ispirate. Scrivete ciò che a voi stessi piacerebbe leggere: un invito a vedere il bicchiere mezzo pieno, a non abbandonare i propri sogni, a farsi una bella risata perché tanto nella cacca già ci siamo e almeno stiamo al calduccio.
Si possono citare autori famosi o, meglio ancora, spargere a piene mani la farina del proprio sacco.

E perché tutto ciò?
Ma che ne so!
Perché è una cosa carina. Perché è divertente. Perché da ragazzini abbiamo scritto tutti qualcosa su un biglietto da mille lire, attaccato un messaggio a un palloncino, o addirittura provato le brezza di buttare tra i flutti una bottiglia con dentro una lettera.

E poi il periodo è quello che è, e donare un sorriso a qualcuno non può essere certo un male.

Nel caso siate dei patiti di twitter, dopo aver piazzato da qualche parte i messaggi, potreste anche scriverlo sulla timeline ed invitare i vostri sfaccendati follower ad una vera e propria caccia al tesoro.

Io, nonostante adori il cinguettante social network, mi limiterò solo a lasciare dei biglietti in giro, sperando che capitino tra le mani di qualcuno che sappia apprezzarli.

Per leggere a fondo dell'iniziativa vi invito a dare un'occhiata al post da cui tutto ha avuto inizio: #leaveamessage.
Una bugia. Una scusa. La rabbia. Il fuoco.

Non ci sono vittime, per fortuna.
Ma ad uscirne ferita è una città che brucia e si divide tra chi comprende e giustifica, e chi non ha più parole per esprimere la propria incredulità.

Io non trovo le parole nel presente e così le ricerco nel passato. Le ricerco in un vecchio racconto che scrissi una vita fa in occasione di un concorso di beneficenza. Una storia nata dall'elaborazione e le suggestioni di una vicenda raccontatami da altri, e di un'esperienza vissuta in prima persona.
Il primo vero racconto che io abbia mai scritto. Un racconto ingenuo, il cui stile ora sento appartenermi poco. Ma i cui sentimenti ancora riconosco. Quelli sono i miei. Sono ancora vivi dentro di me e bruciano. Bruciano nel cuore e negli occhi.

                      L’ultimo giorno di scuola.

Oggi è l’ultimo giorno di scuola e si è appena conclusa la recita di fine anno.
Bambini e genitori si riversano rumorosi e allegri nel giardino. C’è Lucia con la maglia piena di brillantini e i codini trattenuti da fiocchetti rosa. C’è Marco con le mani sporche di colori ed i capelli a scodella. C’è Justine con la pelle di cioccolata e il sorriso di vaniglia. C’è Peter che corre in tondo e non si fa acchiappare mai.
E poi ci sono loro: Gabriele ed Eric, due bimbi stretti stretti in un abbraccio. Da domani non si vedranno più, la scuola materna è finita.

Gabriele è nato una calda mattina di giugno.
La clinica aveva muri imbiancati da poco, lenzuola fresche di bucato ed un parco verde e rigoglioso tutt’attorno. Lui aveva la pelle chiara e i capelli color oro.
Gabriele era un bambino piccolo e gracile che si ammalava spesso. E quando iniziò a camminare, e poi anche a correre la situazione peggiorò. Correva per gioco dietro agli altri bimbi o al gatto della vicina. Correva e rideva ma poi di colpo era costretto a fermarsi. La gola gli si faceva stretta ed il posto delle risate era preso da una tosse forte, terribile che sembrava non finire mai.
Lui era fragile, troppo fragile per poter avere una vita uguale agli altri. Niente asilo nido, “Attento! Non correre!”, niente giochi nei parchi, “Attento! Non correre!”, nessun luogo affollato, “Attento! Non correre!”.
Ma in quel corpo di carta velina erano imprigionate una mente brillante ed una personalità vivace. Troppo vivace per poter essere trattenuta.
Non bastavano più le favole ed i racconti a saziare quegli occhi curiosi e quelle orecchie attente. I genitori dovettero arrendersi alla fame di vita del loro piccolo eroe.
Gabriele cominciò finalmente l’asilo.
Le maestre lo definirono subito "sopra la media".

Eric è venuto al mondo una fredda notte d’inverno.
La sua giovane madre non fece in tempo a correre all’ospedale ed il piccolo nacque nella roulotte di famiglia, mentre la pioggia scrosciante spazzava il Campo.
Lui era un neonato grande e robusto, con la pelle scura, folti capelli color del carbone ed occhi grandi e neri da perdercisi.
Visse gran parte del primo anno in braccio alla madre, avvolto in una fascia colorata. Mentre andavano in giro per le strade della città, lui veniva cullato dolcemente dall’ondeggiare dei fianchi di lei, ancora troppo piccolo per capire cosa significassero la mano tesa della donna e gli sguardi di disapprovazione dei passanti.
Una mattina degli uomini in divisa vennero a prendere sua madre al Campo. Lui stava giocando in mezzo alla polvere con i cuginetti, ma quando la vide allontanarsi le corse dietro. Lei si fermò, lo prese in braccio e lo portò con sé.
Nel nuovo mondo che li attendeva non c’erano più il cielo azzurro e la libertà, ma muri, sbarre e regole da seguire. Non c’erano più i giochi del papà e le nenie della nonna ma visi sconosciuti e sguardi ostili.
Il bambino smise di ridere e di parlare.
Ogni giorno che passava il suo mutismo si faceva più ostinato e lo sguardo più rabbioso. Le sue manine si chiusero a pugno, sempre pronte a colpire chi si avvicinava troppo. La sua mente ed il suo cuore si negarono a chiunque cercasse di avvicinarsi.
In gabbia lui divenne selvaggio e cattivo. Secondo alcuni divenne perfino stupido.
Eric, come vuole la legge, rimase in carcere con la madre fino al compimento del terzo anno di età.
Il primo giorno di scuola materna venne catalogato come "un po' indietro".

Un pomeriggio nel cortile i due si trovarono per caso l’uno accanto all’altro.
"Vuoi giocare con me?”
"Si.”

Due bambini così diversi s'incastrarono perfettamente.
Eric comprese la fragilità di Gabriele.
Lo aiutò a rialzarsi dopo ogni caduta, inventò giochi più tranquilli per quando l’altro era troppo affaticato, lo protesse dai dispetti dei compagni, lo affiancò nelle mille folli avventure che inventarono.
Gabriele si accorse delle difficoltà di Eric.
Prese a spiegargli le cose con una pazienza che nessun adulto riuscirebbe mai ad avere, lo aiutò con discrezione e rispetto, lo accompagnò passo per passo nelle scoperte delle cose straordinarie che gli stavano attorno e delle potenzialità infinite racchiuse dentro di sé.

Oggi è l’ultimo giorno di scuola.
Due bimbi si abbracciano stretti stretti.
Uno adesso è più forte e sicuro, conosce la bellezza di un gioco all’aria aperta e di uno sguardo d’intesa con un amico. L’altro ora ha riaperto la mente ed il cuore, ha ripreso a ridere ed è ogni giorno più sveglio e curioso.

Oggi è l’ultimo giorno di scuola.
Due bimbi si abbracciano stretti stretti.
Da domani non si vedranno più, la scuola materna è finita.
Uno a settembre comincerà le elementari vicino a casa dei nonni, l’altro tornerà al Campo e poi chissà.

#torinoburning su twitter
Vi ricordate il post che scrissi sulle storie brevi ed il sito dell'Einaudi?
No?
Come no?
Fatevi una cura di fosforo ragazzi miei: l'ho scritto solo dieci giorni fa!
Vabbè, nella mia infinita bontà ve lo linko: eccolo. Andate a leggerlo, io vi aspetto.
...
...
...
Fatto?
...
...
...
Fatto???
...
...
...
Sentite, vi amo, ma mica posso passare la giornata qua!
Io vado avanti e poi voi mi raggiungete. Con calma.

Stavo dicendo: ve lo ricordate il post sulle storie brevi ed il sito dell'Einaudi?
Si? Molto bene.
Claudia Molinari, una bravissima illustratrice, si è ispirata a quelle microstorie per creare delle finte copertine di libri.
Volete vedere la mia? Ma sì che volete.
Eccola.


Per vederla al meglio cliccateci sopra.

Ma quanto è bellina?
A me piace da morire.
Semplice ma struggente.
Un lavoro impeccabile.
Le altre cover le trovate qua. Vi consiglio di dare un'occhiata: sono una più bella dell'altra.

Che dire? Tutta questa creatività, questi scambi, questi intrecci mi mettono una goduriosa allegria, una frizzante voglia di fare, un lussurioso entusiasmo che manco un ippopotamo nella sua pozza è più contento di me.
Quando avevo 20 anni sognavo di diventare ricchissima.
No, non volevo riempirmi la casa di borse col monogramma o di scarpe dalla suola rossa.
No, onestamente non pensavo neanche di eliminare la fame nel mondo o rattoppare il buco dell'ozono.
A me in realtà ha sempre stuzzicato l'idea di fare la mecenate, la scopritrice di talenti, la finanziatrice di artisti giovani (ma anche no), meritevoli e sconosciuti.

Ormai non ho più vent'anni ma solo un paio (...ehm...ehm...) in più, nel frattempo non sono diventata ricchissima e onestamente, ora come ora, se lo diventassi prima di ogni altra cosa finanzierei me stessa ed il mio sogno latticino-letterario in Corsica. Però in questi anni di frequentazione della rete ho scoperto che il passaparola può fare miracoli, e che avere una vetrina in più dove esibire il proprio talento e le proprie idee non può far altro che bene.

E' con questo spirito che vi propongo l'episodio zero di una serie comico-surreale: Radio Vertigo. Episodio che "a bunch of guys without money" si è autoprodotto.
Secondo me è un progetto con buone potenzialità.
Guardatelo e, se vi piace, passate parola.

Buona visione a voi e in bocca al lupo a loro!

L'altro giorno su twitter Einaudieditore ha fatto partire il trend #storiebrevi e tutto l'italo mondo tuittero l'ha seguito. Bisognava scrivere un racconto avendo a disposizione solo 127 caratteri. Spazi inclusi. Una storia breve, anzi brevissima.

Un gioco, una sfida, un'esibizione d'intellettuale vanità che ci ha coinvolto in molti.
Ho letto vicende drammatiche o lievi, divertenti o introspettive e, a mio insindacabile giudizio, ho deciso di porgere il virtuale scettro di Miglior Storia Breve a writer_arbeiter, il cui racconto spicca per sintesi, ironia ed originalità:

"Scusate il ritardo", disse Dio.

Oggi la stessa Einaudi ha dedicato uno speciale sul proprio sito a questi microracconti. A questo esempio di creatività divertita e divertente che per ventiquattro ore ha cinguettato sul web.

A questo punto vi starete chiedendo: e il titolo che c'entra?
Tra le storie citate nello speciale ce n'è anche una mia. Quindi, di fatto, oggi mi ritrovo sul sito dell'Einaudi Editore.
E quando mi ricapita?

Allego testimonianza fotografica a futura memoria.


Burro e marmellata si unirono senza imbarazzi in un voluttuoso letto di pane caldo.

Twitter con i suoi 140 caratteri può avere un effetto nocivo ma stimolante su chi, come me, per diletto e passione scrive racconti.
Che sia ben chiaro, non m'illudo di aver inventato un bel niente, la microletteratura, nelle sue varie declinazioni, è già molto diffusa in rete.
Questo è solo un piccolo contributo, calorico ma lieve, com'è nel mio stile.
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