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Generazione Z, Millenial, Generazione X, Boomer. 

È un dato di fatto: la generazione X è poco presente nella narrazione social attuale. 
Ci siamo, ma non ci si fila nessuno. 

Perché non ci riconoscono, ci mischiamo nella folla. Schiacciati tra i Boomer e i Millenial, veniamo considerati vecchi come i primi pur condividendo molti ricordi con i secondi, soprattutto quelli che, come me, appartengono alla coda finale della generazione. 

Onestamente, da fruitrice e creatrice del mondo social-virtuale io un po’ soffro di questa sotto rappresentazione, di questo sotto riconoscimento. Eppure gli anni ’90 visti dall’interno sembravano così cool, Brenda e Dylan regnavano! 

Basta! 
Oggi ho deciso di fare la mia parte, di raccontare la mia generazione X. 
Una sua micromolecola dal mio personalissimo punto di vita. 

Quali sono i ricordi che definiscono precisamente gli anni? Quelli musicali. Ovviamente. 
Tempo fa lessi da qualche parte che il gusto musicale delle persone si forma con il tempo ma il legame con le canzoni dell’adolescenza e della giovinezza, dai 15 ai 25 anni, – diciamo, a spanne –, rimane indelebile.

Quindi la mia musica, quella della mia generazione, io l’ho ascoltata tra gli anni 90 e l’inizio del 2000. 

All'epoca adoravo gli U2, lo sanno tutti, tutti coloro che mi frequentavano allora, ma la produzione degli irlandesi si è spalmata, diluita, trascinata fino a oggi. 
Se, invece, devo pensare a un gruppo incastonato indelebilmente in quegli anni (e solo in quelli!) in un'immagine dai colori saturi che riconoscerei ovunque, penso a loro: i Garbage.

Santo il cielo, i Garbage non se li ricorda più nessuno? 

Io volevo essere la cantante, cavoli, io la cantante me la sarei pure fatta! Tutti/e ce la saremmo fatta, in verità. 

Alternative rock. 
Elettronica, rabbia e sesso. 
Una frontwoman in un gruppo di uomini. Ci può essere qualcosa di più tipico dell’epoca? 

Cavoli, la nostalgia è quasi dolorosa. 

I Garbage sono la mia generazione X.

Immagine di Stig Nygaard.

Nuovo anno. Nuovi consigli.
Il 2021 è cominciato da pochissimo e io sono pronta a darvi i primi consigli sulle cose da fare, vedere e leggere.

Per il mese di gennaio inizio con Blob opera prodotto da Google Arts & Culture. Un angolo di web in grado di risvegliare tutte le Mariele Ventre che albergano in voi. Un coro formato da quattro morbidosi e canterini elementi. Potete cambiare il tono di ognuno di loro, potete farli esprimere in virtuosismi al limite del lecito, potete sbizzarrirvi. Un passatempo ideale per chi ama la musica e soprattutto il canto.

Per chi ama leggere, invece, vi consiglio il tradizionale post di fine anno de I Russi. Anche quest'anno ci abbiamo messo la faccia ed ognuno di noi ha consigliato uno dei libri letti nel 2020. Io, come al solito, sono stata stra nazional popolare e, inoltre, nel mio consiglio ho nascosto un'anticipazione circa la prossima rubrica che nascerà su questo blog. Siete curiosi? No??? Aridi!

Per i numerosi appassionati di scrittura che navigano questi lidi ho ben due segnalazioni. La prima, ovviamente, riguarda il mio Laboratorio Condiviso di Scrittura ormai agli sgoccioli. Avete tempo fino a domani, 6 gennaio, per partecipare all'ultimo esercizio e tutta la vita per riprendere i vecchi esercizi e svolgerli quando vi va.
La seconda segnalazione, invece, riguarda il profilo Instagram StorieArancio. Ogni post un incipit, uno spunto, un'idea per scrivere. Se sapete già che il mio Laboratorio vi mancherà, questa è decisamente un'ottima soluzione per non mollare penna o tastiera.

Infine, quest'ultimo consiglio è tutto pro domo mea. Amate il cinema? Amate ridere e sorridere? E allora, se non lo fate ancora, iniziate a seguire appassionatamente la pagina Facebook de Il Morandazzo. Questo critico cinematografico Sui Generis mi fa così ridere che me lo sono persino sposato. E lui è talmente bravo che, spesso, nel web c'è chi copia ed incolla il suo lavoro per spacciarlo per proprio. Lui la prende in maniera quasi zen, io un po' meno. E va bene che l'imitazione è la più grande forma di lusinga ma il furto intellettuale è solo una poracciata. 
Quindi seguite solo l'originale, diffidate dalle imitazioni.

Con i miei consigli per questo mese ho finito, buon divertimento e buon 2021!
“Più bulli, meno ciccioni” è questo il ritornello provocatorio di Selezione Naturale, ultimo estratto dall’album Tutti su per terra degli Eugenio in Via di Gioia. 
Un singolo che racconta il bullismo, accompagnato da un video dove si cerca di intuirne e spiegarne le origini. Una storia ambientata su un campo da calcio, durante una partita giovanile, dove a prevalere sono le aspettative degli adulti, le loro pressioni e la loro rabbia. Tutti elementi che finiscono col condizionare il comportamento dei più giovani, influenzati da questi “cattivi maestri”.

“Com’è nata la canzone?” chiedo a Eugenio Cesaro, cantante e compositore della band torinese. “Come nascono tutte le nostre canzoni: per strada... continua su TorinOggi...

Io ho un rapporto sano con i musical. Non li amo né li odio a prescindere. Ce ne sono alcuni che adoro, come "Moulin Rouge!", altri che ho trovato tanto noiosi da non essere riuscita ad andare oltre i primi dieci minuti di visione, come "Evita".

Bene, fatta questa inutile premessa, posso procedere.

Cosa non mi è piaciuto di "The Greatest Showman"?
Hugh Jackman che interpreta il suo personaggio anche nella fase della storia in cui ha 20 anni. Parliamoci chiaro, Jackman è gnocco, gnocco assai, ma ventenne no, neanche lontanamente. La scelta non è sensata, anzi risulta proprio ridicola.
Bocciata anche la coppia formata da Michelle Williams e Hugh Jackman. Non funzionano, non fanno scintille, per nulla. Tra di loro non c'è chimica e, mentre i personaggi dovrebbero essere coetanei, i loro 12 anni di differenza si vedono tutti. Inoltre, la Williams anche da sola convince poco. E pensare che è una delle mie attrici preferite, ma mi pare evidente che non sia particolarmente portata per il genere. Nelle pellicole indy-drammatiche emerge, nel musical sparisce.

Hugh Jackman, invece, e qui comincio con le cose che mi sono piaciute, è nato per fare musical, è un talento cristallino che è un vero piacere guardare. Presenza scenica, energia, voce, gambe, ha tutto.
Ottime anche: la bellissima Zendaya e Keala Settle, la donna barbuta interprete della canzone candidata all'Oscar "This is me". Efficace brano che, però, si è dovuto arrendere di fronte a una concorrenza che quest'anno era davvero notevole, ma che ha lasciato il segno sul palcoscenico del Dolby Theatre con uno dei migliori momenti di tutta la cerimonia di premiazione.

In sintesi: il film ha più di qualche pecca, ma il suo sporco lavoro di sollevarti dalle miserie umane e farti sperare nell'insperato lo fa tutto. Ed è questa la magia del musical.

Giudizio finale: astenersi cinici e musicalfobici.

Ormai siamo alle porte della terza serata eliminatoria di Facce da Palco ed io devo ancora scrivere la cronaca della seconda. Quindi? Quindi, rimedio subito.

Siamo al Cafè des Arts e si ride, si ride parecchio. Merito dei tre presentatori eccezionalmente ispirati.
La Diva Zamboni Bresci, in particolar modo, acida come non è stata mai, non risparmia battute al vetriolo contro tutti, artisti compresi. La cattiveria le dona. Divina!
Natalia, gnoccherrima as ever, cerca di impalmare incastrare un belloccio pescato a caso dal pubblico. Egli si finge turbato ma sta volentieri al gioco. La di lui fidanzata si finge tranquilla ma in realtà ribolle di rabbia omicida.
La terza testa di questo Cerbero presentante, tale Rato Glitte (che se ne colga l'arguto gioco di parole), cantante confidenziale di Bulgazia, canta. Canta assai. Coinvolgendo il pubblico fino alle lacrime, i crampi e, in taluni casi, l'esaurimento nervoso.

Io, in prima fila (avete notato come sottolinei sempre la mia posizione privilegiata? Sono Poveraccia dentro), mi godo lo spettacolo e i tre concorrenti che si sfidano.
La prima esibizione è di un gruppo musicale: La figlia del dottore. Tre allegri 30-35-40-45?enni che, come lascive civette sul comò, se la cantano e se la suonano con tanto di famiglie-groupie al seguito. Io sculetto sul posto, trascinata dalla musica, leggera, piacevole e molto frulla-ricci. La loro formazione è quella più classica dei gruppi musicali: batterista schivo, bassista sorridente, frontman egocentrico e logorroico. Per arginare l'incontinenza verbale di quest'ultimo vengono chiamati prima gli artificieri e poi le teste di cuoio ma, ovviamente, nessuno riesce nell'impresa. L'abbattimento si rende necessario.
Liberato il palco dai poveri resti, viene il turno di Sergio Sasso, che porta un nuovo format d'improvvisazione: "Data". Il pubblico gli dà degli spunti, Wikipedia anche, e poi lui interpreta tre personaggi e racconta la storia che li riguarda. Improvvisazione e story telling, tutto da solo su un palco. Non è facile, al limite tra il coraggio e l'incoscienza. L'artista pare molto emozionato e la rappresentazione ha un ritmo discontinuo. L'idea è buona ma migliorabile. Intanto, chapeau per essersi buttato senza paracadute.
Infine tocca alla clownerie, all'arte di strada di Davide Fontana. E qui veniamo tutti conquistati: pubblico, giuria e artisti precedentemente esibitisi. Tutti. Ironia, musica, tempi perfetti e tanto lavoro. Lo spettacolo è un mix di pezzi diversi. Un mix ottimamente costruito. Non solo riesce bene ma dà l'impressione di avere ancora ampi margini di miglioramento. Ottimo!

Si vota e il risultato è previsto, prevedibile e giusto. Passa Fontana tra la soddisfazione generale.

Per il resto nulla da segnalare tranne due giurati, una riccia e uno no, che si litigano il microfono. Vince “quello no”, screanzato, ma la riccia medita vendetta. Tremenda vendetta!


Prossima serata eliminatoria: domani alle 21 al Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33/F, Torino.
Scrivere di chi sa scrivere mi mette sempre un poco d'ansia.
E' forte la tentazione di glissare causa inadeguatezza, ma su questo blog ho sempre condiviso il bello che ho incontrato, e non intendo smettere.

Domenica scorsa ho assistito alla prima estiva de "Il Grande Fresco".
Uno spettacolo, un gruppo, un trio, fatto di poesia e musica. Un contenitore di parole e note. Un concerto reading. Un piccolo capolavoro di Guido Catalano, Federico Sirianni e Matteo Negrin. Un poeta, un cantautore e un musicista.

Bravi.
Tutti e tre. In maniera diversa ma complementare.
Era da tanto che non godevo di uno spettacolo così bello. Uno spettacolo dove c'è tutto: talento, lavoro, originalità, ironia.

Una di quelle sere in cui torno a casa felice, con la voglia di parlarne sul blog, ma anche la consapevolezza di non esserne all'altezza. Forse.

E allora meno parole ma più utili informazioni.
Questi sono i link: curiosate tra le pagine, scorrete le date, scegliete se andare a vederli come singoli o come gruppo, a Torino e non. Ne varrà, comunque, sempre, la pena.
Guido Catalano, Federico Sirianni, Matteo Negrin, Il Grande Fresco.



Delle volte capita. Capita di leggere un libro, vedere un film, ascoltare una canzone e sentire lo struggente desiderio di esserne l'autrice. Capita. Ed è un sentimento sospeso tra lo stupore per il bello e l'invidia per un parto che si vorrebbe proprio. Capita.

A me è capitato con la geniale "Luigi il pugilista".
Ebbene sì, io sono in grado di provare un senso di appartenenza mancata per alcuni testi di Elio e le Storie Tese. Voi no? Me ne dispiaccio ma, tranquilli, non vi giudico per la vostra evidente mancanza di sensibilità artistica e profondità umana.

Luigi il pugilista è una storia irresistibile. Un racconto che funziona anche senza musica, ma con la musica è meglio. E' un mondo illustrato perfettamente da Sio. E' un capolavoro.

Vi canto la parabola agonistica
del pugile che fui, poi non fui più
E di una mia, direi, caratteristica
che mi evitò le botte nel campo della boxe. 
Col fatto che da piccolo ero piccolo,
le zuffe le schivavo o perlopiù
finivano col capo dei rivali che
diceva: "non ti picchio
solo perché hai gli occhiali" 
E cominciai di colpo ad anni 7
la vita da 4 occhi e 2 stanghette. 
Così iniziò la mia carriera atipica
picchiavo io ma non picchiavan me
e non per la mia condizione atletica
ma perché se hai l'occhiale
nessuno ti fa male. 
E questo sono io
Luigi il Pugilista
che ha il dono della svista
e che nessuno pesta
e faccio a modo mio.
E pugilo da Dio
senza venir percosso
perché io invece posso
e le manone addosso
gliele metto io
Parola di Luigi. 
Lo so che l'altro a me mi sottovaluta
ma tiro i pugni a vanvera finché
colpisco col bicipite l'occipite
e lui assapora il botto
di un tipo di cazzotto.
Di quelli che uno sembran ventisette
parola di 4 occhi e 2 stanghe... 
...tt'e questo sono io
Luigi il Pugilista
dai fondi di bottiglia
boxo a meraviglia
c'ho uno stile mio.
Non è un problema a sè
è tutto un po' sfocato ma quello che ho menato,
sì che l'ha capito,
l'ho menato io.
Parola di Luigi.  
Ma un giorno al suono della campanella
fece il suo ingresso quella donna bella
che regge il numero del round in corso
io all'improvviso mi sentii disperso
tolsi gli occhiali per sembrare aitante
e l'avversario me ne diede
tante. 
Ma quefto fono io
Luigi il tumefappo
che dall'84 deteneva il titolo dei pefi paglia
e quando mi sfegliai
vedevo molto meglio
e quella donna bella
che fembrava bella
era foltanto un tipo,  
era foltanto un tipo. 
ma io me ne infifchio. 

E la fata Smemorina mi prepara per il Gran Ballo.
Prende zucchine e carote dal frigo, e le trasforma in una carrozza ad impatto zero.
Rapisce le vicine ottuagenarie e ne fa degli artrosici cavalli bianchi, con quella leggera sfumatura carta da zucchero che fa tanto sciura piemunteisa.
Acchiappa al volo il barista cinese sotto casa mia per dare al cocchio un'aria più internazionale.
Infine mi dota di abito, zatteroni e boa di struzzo.  Sto uno splendore: dovrei aprirmi un fashion blog!

Penso di piroettare leggiadra su me stessa, ma l'unico risultato che ottengo è quello di rotolare giù dal letto. Ouch!
Un sogno. Solo un dannatissimo sogno!
La pennica pomeridiana mi è stata fatale: ho i segni del cuscino sulla faccia, i capelli antigravitazionali, la fiatella da mangiatrice di sorci e, soprattutto, sono in ritardo!

In questo fiabesco stato afferro al volo un borsone e ci metto dentro tutto: abito, scarpe e trucchi. Poi corro a prendere la metro, attraverso il centro e arrivo finalmente in piazza Vittorio al Lab.
Ho il fiatone, saranno tutti agitati, non possono cominciare senza di me!
"Eccomiiiii!!!" esordisco, varcando l'ingresso del locale.
Tutti si girano, mi fanno un cenno, e poi riprendono a fare ciò che stavano facendo prima.
C'è chi fotografa, chi prepara balletti e chi chiacchiera.
Ho il fondato sospetto che non si siano neanche accorti della mia assenza e che avrebbero cominciato tranquillamente anche senza di me. Maledetti!

Dentro schiumo di rabbia peggio di Grimilde ma, proprio come la crudele Regina di Biancaneve, all'esterno mantengo un regalissimo aplomb.  E, senza rivendicare l'altrui cuore battente, vado a prepararmi.
Nel cesso.
Rischio la disarticolazione di una spalla nel tentativo di infilarmi di corsa l'abito VivaLeTetteAbbassoLaPancia. Sfioro la rottura di entrambi i femori nel saltare dentro le mie scarpine da CenerentolaPanterona. Alla fine però esco dal bagno sana, salva, truccata e parruccata. Anvedi che gnocca! Fiuuuuuuuuuu fiuuuuuuuuuuuuuu

Finalmente pronta mi aggiro per la sala in attesa dell'inizio. Saluto la mitica dj Valentina che, vittima dell'odierna postazione audio situata dietro al bancone del bar, ringhia contro tutti gli sprovveduti che osano chiederle da bere. A me però offre uno spritz. E che cavolo! Ora mi sento a casa!

I posti a poco a poco vengono tutti occupati, gli artisti si agitano, le luci si accendono e comincia lo spettacolo. Ricomincia Facce da Palco!
La raffinata Natalia esordisce con boys e balletto. Bella, brava e ormonalmente iperattiva!
Quest'anno, però, la presentatrice che viene dall'est subisce l'onta di essere affiancata da una tutor. Ma che tutor! Nientepopodimeno che Donna Antea Zamboni Bresci, dai palcoscenici degli anni '30 fino ai giorni nostri. Pallottoliere alla mano, dovrebbe avere più di cento anni. Portati bene, eh! Ma ecco spiegato il colorito un poco "passato".
Le due donne sono un'accoppiata di raro squilibrato equilibrio. Sono sicura che ci daranno grandi soddisfazioni.

Ma è già ora del primo concorrente: il prestigiatore Davide Allena.
Molto bravo a tenere il palco, diverte il pubblico, e intrattiene con maestria.
A dirla tutta però il ruolo dell'"attore" finisce col superare quello del mago. L'idea di aggiungere una cornice accattivante ai numeri di magia è ottima, ma io vorrei più stupore. Una ricerca dell'originalità non solo nella confezione ma anche nel contenuto.

Il secondo concorrente è il bassista Ale De Rosa, accompagnato dal percussionista Giorgio Brusamonti. Questi sono musicisti veri, non strimpellano, dietro c'è lavoro e talento. I pezzi sono inediti. Ma, in questa nuova versione, "Pancrazia un po' più stronza dell'anno scorso" mi tocca dire che lo stile molto anni '90 risulta forse un po' datato. Probabilmente è ancora presto perché la musica di quel decennio appaia vintage e ricercata.

Per terzo sale sul palco Massimo Pica.
L'anno scorso partecipò a Facce da Palco con la compagnia d'improvvisatori Detto Fatto, quest'anno presenta un pezzo da monologhista.
Ci fa ridere prendendo in giro le trasmissioni folli da cui ormai siamo tutti dipendenti: da SOS Tata a Il mio Gatto è Indemoniato. Ci ricorda le assurdità del cinema e ci dà una lezione sui film iraniani. Tutto molto divertente anche se farcito da qualche indecisione di troppo. Evidentemente, il palco di Natalia innervosisce anche chi già lo conosce.

Infine si va di Burlesque! Un tipo di spettacolo che, piaccia o meno il genere, mette sempre allegria. I  protagonisti dell'esibizione sono le Sweet Dolls con Poison De Luxe. Tre donne e un uomo che raccontano una storia in quattro atti, uno spettacolo in quattro quadri. Il tutto è carino ed originale ma io, ormai ufficialmente "Pancrazia stracciamaroni", suggerirei dei tempi più rapidi, un ritmo più serrato. Meno spazio all'unico uomo e più alle donne.

Le esibizioni sono terminate. Il pubblico vota e la giuria anche.
Ogni sera verranno promossi due artisti. Io, una vaga idea di chi possano essere già me la sono fatta e, infatti, ci prendo!
Vanno in semifinale lo stand up comedian Pica e il prestigiatore Allena. Complimenti!

Io, novella Aurora, sfranta dalla fatica corro a dormire per 100 anni o giù di lì.


Il prossimo appuntamento con Facce da Palco sarà il 22 marzo al Blah Blah in via Po.
Siateci anche voi. Vi prometto una sorpresa!
Domani torno sul luogo del delitto. Torno davanti alla webcam che mi fa sembrare un gioioso cucciolo d'ippopotamo. Torno in radio. Radio Nuclear.

Domani parteciperò alla trasmissione di due amici: Villata e Tavella. Che è un po' come dire Batman e Robin, Ian Solo e Chewbecca, Birba e Gargamella. Ma non chiedetemi chi sia chi.
Posso solo dirvi che io, per un pomeriggio, sarò Batgirl, la principessa Leila, Puffetta. O, più realisticamente, sarò solo sobria come Joker, slanciata come un Ewok, e gradevole come Quattrocchi.

Non so cosa faremo, non so cosa farò, non so cosa faranno. L'unica certezza è che verrà messa in onda la mia playlist: dodici canzoni dance che spaziano dagli anni '70 ai giorni nostri.
Com'è nel mio stile di "Regina dell'Ansia da Prestazione", appena mi è stato chiesto di fare questa scaletta musicale, mi sono messa al lavoro manco ne dipendesse la pace nel mondo, la scomparsa della disoccupazione in Italia, o la scoperta del balsamo perfetto per i miei capelli. Ho ascoltato, ballato e selezionato come se non ci fosse un domani.

Ma un domani ci sarà. E, quindi, domani alle 14 collegatevi, guardate ed ascoltate!
Potrete godere della bellezza sfolgorante degli amichetti miei, sbertucciare i miei infruttuosi tentativi di non sembrare grassa e, soprattutto, sentire tanta buona musica.

Non mi credete? Si comincerà così:



E voi cosa avreste scelto al posto mio?
Potete spaziare. Uno o più titoli della musica dance, da quando è nata all'altro ieri. Ditemi, commentate, sculettate! Oggi si fa festa e domani di più!
Ognuno di noi ne ha una.
Quella che ferma tutto, che fa nascondere la testa nel cappuccio, che attutisce i rumori e amplifica i ricordi.

Non è necessariamente la più bella. Ma è lei.
Quella che trascina in un posto e un tempo diversi. Che fa ricordare quando insieme cercavamo di comprenderne il testo.
Green light, Seven Eleven
You stop in for a pack of cigarettes
You don't smoke, don't even want to
Hey now, check your change
Quella che prende alla gola dalle prime note. Che fa sentire giovani o anziani. Ma, comunque, ancora vivi.
Red lights, gray morning
You stumble out of a hole in the ground
A vampire or a victim
It depend's on who's around
Quella che ritorna sempre. Che non bussa alla porta. Ne ha le chiavi.
Three o'clock in the morning
It's quiet and there's no one around
Just the bang and the clatter
As an angel runs to ground
Ognuno ha la propria.
Io ho la mia.

Io non ho l'auto.
Quando ho bisogno dell'auto uso quella di mio padre.

L'autoradio dell'auto di mio padre non funziona. O meglio, non funziona la radio. Funziona solo il mangiacassette. Avete letto bene: sull'auto di mio padre c'è ancora il mangiacassette.

Quando, un annetto fa, la radio dell'autoradio dell'auto di mio padre smise di funzionare, sostituendo alla musica un adorabile fruscio, FRZFRTFRBZFRTTRTTTTTRFRZFRTFRBZFRTTRTTTTTRFRZFRTFRBZFRTTRTTTTTR, raccolsi le musicassette che avevo lasciato a casa dei miei e me le cacciai in tasca.
Non tutte. Solo quelle degli U2: Achtung Baby, Zooropa, Pop.

Le scorrazzai in giro per settimane. Poi, però, decisi di lasciarne una sola in auto e stop.
Una sola.
DioSoloSaIlPerché scelsi Pop.
Pop, il nono album registrato in studio.
DioSoloSaIlPerché scelsi Pop.
Pop, uno di quelli di minor successo.
DioSoloSaIlPerché scelsi Pop.
Pop, uno di quelli considerati più brutti.

Da quel momento, ogni volta che prendevo la macchina dei miei, lo ascoltavo.

Le prime volte, sarà stato l'effetto nostalgia, l'ho apprezzato. Mi sono ritrovata addirittura a pensare che non fosse tanto male e che, pubblico e critica, l'avessero giudicato frettolosamente. Ingiustamente. Ingenerosamente.

Ora, però, dopo mesi e mesi di ascolto, sento il bisogno di scriverne una recensione. Una recensione con giusto quei 17 anni di ritardo.
Premettendo che io di musica non capisco nulla, che qualsiasi album dopo tante ore stufa e che, comunque, gli U2 rimangono uno dei miei gruppi preferiti.
Premettendo tutto ciò, dico che Pop è una mezza schifezza. A parte un paio di tracce salvabili, tra cui Staring at the Sun, per il resto l'ascolto di tutto l'album mi provoca tristezza, noia, e desiderio di prendere a randellate gli adorati ometti di Dublino. Ometti che io ho amato e amo tuttora. Ma che nel 1997 pubblicarono una mezza porcheria. La critica non fu ingenerosa. Il pubblico non fu severo. E' Pop ad essere un disco francamente brutto.

Ecco. Ora mi sento meglio. Soprattutto da quando nel mangiacassette ho messo Zooropa.

ps: Pop ai tempi ricevette il Grammy come migliore album rock. Ma fatemi il piacere!

Entro in questo locale pieno di mobilio perfettamente accocchiato a caso.
Mi rigiro tra le dita di rosso pittate la mia tessera nuova nuova.
Prendo posto su una seggiola d'oro e velluto.

E mi godo lo spettacolo.
Lo spettacolo che inizia dall'ingresso in questo teatro.
Teatro dove tutti si conoscono e io, ovviamente, non conosco quasi nessuno.
Quasi nessuno tra i cento spettatori che contano cabarettisti, attori, artisti di strada, maghi, domatori di leoni, leoni, foche, e una blogger.
Una blogger. Io.

Tempo d'iniziare a sentirmi a mio agio che si spengono le luci e arriva lei. La protagonista. Giorgia Goldini. Con il suo Maifemili.

Di Maifemili mi sono piaciute le musiche, la microscenografia, l'abilità di Giorgia nel tenere il palcoscenico, la prima mezz'ora di risate e gli ultimi cinque minuti di poesia.

Di Maifemili non mi sono piaciute alcune lungaggini nella parte centrale.

Di Maifemili è importante sottolineare come la Goldini scelga di far ridere con uno degli argomenti più tristi che ci sia: la perdita, vera, autobiografica. Quella che non è finzione, ma racconto di sé al pubblico. Questa è una scelta che può premiare o meno, ma che vanta comunque il marchio del coraggio.
L'attrice percorre e fa percorrere una via non facile. Via che, forse, è ancora da sistemare, da rendere più praticabile per lei e per il pubblico. Ramazzando via gli ostacoli e sfoltendo le chiome degli alberi, in modo che rimanga inevitabile, riconoscibile, ma anche un poco più illuminata e luminosa.

Giorgia Goldini è brava. Parecchio.
Lo spettacolo è buono, ma ancora con margini di miglioramento. Ampi.
Il Teatro della Caduta è una meraviglia. Sul serio

Pancrazia ha una bella cantina. Grande e pulita.

Appena trasferitasi nella nuova casa, ella adorava la sua capiente cantina. A tal punto che la di lei espressione preferita era: "Questa cosa non so dove metterla, la porto giù. Che tanto, quando mi serve, ci metto un minuto ad andare a prenderla."

Questo slancio verso la cantina lasciava perplessa MammaCole che si premuniva di ricordare al frutto del proprio ventre "Le cose che usi più spesso ti conviene tenerle a casa. E pure quelle che usi meno spesso. Che se poi non hai voglia di andare giù come fai?"

A più di un anno dal trasloco, a Pancrazia scoccia incredibilmente dover dare in parte ragione alla propria genitrice.
In realtà il problema non è "non aver voglia di andare giù". Il dramma è che, col passare del tempo e lo scemare dell'entusiasmo, si sono palesate mille paranoie.

La cantina è diventata un luogo infestato dalle peggio creature: animali e vegetali. Ma soprattutto animali.
Non che Pancrazia abbia mai fatto qualche spiacevole incontro, ma la sua fertile fantasia le ha fornito abbondanti quadri di party tra roditori, aperitivi tra bagarozzi, e orge tra varani. Sì, varani.

Ella, dunque, ora cerca di andare in cantina il meno possibile. Anche se ciò significa tenere esposta una valigia per un mese, esibire tre barattoli di vernice in soggiorno per 2 settimane, o importunare-supplicare-ricattare moralmente parenti e amici per farsi accompagnare nell'orrido antro.

Periodicamente, però, arriva un momento in cui Pancrazia si stufa di veder roba per casa e ha un sussulto d'orgoglio che le impedisce di chiedere l'altrui aiuto. In queste rare occasioni, ella indossa un paio di scarpe chiuse e scende verso l'abisso, schiamazzando come una pazza e pregando che ciò sia sufficiente a far fuggire bestie e simili.

Pancrazia domina le scale ballando e cantando, neanche stesse sostenendo un provino per un musical di Broadway.
Uno spettacolo indecoroso che prima o poi, non vi è dubbio alcuno, verrà scoperto da qualche fortunato vicino che provvederà a ricattarla.

One singular sensation, every little step she takes
One thrilling combination, every move that she makes
One smile and suddenly nobody else will do
You know you'll never be lonely with you-know-who
One moment in her presence and you can forget the rest
For the girl is second best to none, son
Oooh! Sigh! Give her your attention
Do I really have to mention she's the one

Ecco un altro mondiale di cui non ho memoria.
E, considerando che si svolse solo quattro anni fa, il fatto è curioso oltre che preoccupante.

Ancora una volta chiedo aiuto a Wikipedia. La prima risposta è Sudafrica 2010.
Sudafrica? Ok, una tenue luce si accende tra i miei assopiti neuroni della domenica. Una tenue luce e un ritornello scemo: Waka Waka!

Un assillo che proveniva da radio, tv e suonerie di cellulari. Incessante, ripetitivo, insostenibile. Come ogni vero tormentone estivo che si rispetti! Ancora adesso, dopo 4 anni, quando lo sento inizio ad agitarmi come una tarantolata. Ancheggio, cercando di essere etnica, sensuale e latina come solo Shakira può essere. E come io, la più sabauda delle sicule, non riuscirò ad essere mai. Sob!

Un tormentone che non tormenta solo perché la cantante colombiana è impossibile da non amare. L'adorano le donne. La bramano gli uomini. Perché lei è bionda ma con la ricrescita. Perché lei è bella ma ruspante. Perché è giustamente femmina ma non felinodefunta. Perché ha quel bel sorriso perfetto all'americana incastonato in un viso che la mattina, senza trucco e luci giuste, è probabile che sia carino ma non eccezionale. Io me la immagino con le occhiaie, i capelli arruffati, e un poco di fiatella. Non troppa, il giusto. Me la immagino così e le voglio bene.

Quindi la memoria mi si è parzialmente sbloccata. L'inno me lo ricordo. Ma il resto?
Mi tocca rivolgermi nuovamente a Wikipedia. Secondo la virtuale enciclopedia quel mondiale fu vinto dalla Spagna e l'Italia uscì al primo turno. Ecco perché non ricordavo nulla. Rimozione. Rimozione del trauma.
Ecco perché, probabilmente, le mie sinapsi faranno terra bruciata anche del mondiale di quest'anno.

E la mia vita privata?
Wikipedia non può essermi di alcun aiuto, ma forse il blog sì.
Sbircio tra le pagine dell'indice e mi rendo conto che quella fu l'estate della scrittura.
L'estate che seguì la primavera della scrittura, periodo durante il quale la mia più grande passione aveva preso finalmente il giusto posto nella mia vita. Periodo in cui avevo scritto il racconto a puntate "Adelina", da cui è poi derivato il romanzo "Un marito per caso e per disgrazia". Periodo in cui avevo cominciato a frequentare l'adorato laboratorio di scrittura, luogo di scoperte, incontri, lezioni e sostegno.
Insomma la primavera era stata grandiosa.
L'estate fu un'inevitabile e piacevole conseguenza. La conferma di una direzione presa.

E ora? Tutti assieme!

Ogni anno vado al Salone Internazionale del Libro di Torino. Ogni anno mi diverto un poco di meno. Ogni anno sento puzza di minestra riscaldata.
E i libri? Ogni anno prendo fregature epiche!

Quest'anno no!
O meglio, il divertimento è stato in calo e la minestra tristemente tiepida ma...
Ma? Ma!
Ma essermi fermata a fare un saluto a Ilaria Urbinati ha svoltato il mio Salone.
Prima di tutto: chi è Ilaria Urbinati?
Ignoranti! E' una blogger.
Ma soprattutto è una bravissima illustratrice. Ma brava assai, eh!
E, anche, un'ottima maestra. Colei che ha tenuto i laboratori di disegno che ho seguito lo scorso autunno.
Lei è un'ottima maestra. Io una pessima allieva. Ma questa è un'altra storia!

Dicevo, sono passata a fare un saluto a Ilaria, che era ospite presso lo stand di Compagine.
Cos'è Compagine?
Una piccola, giovane, e fiorente casa editrice. Figlia di Emma Cavigliasso e Andrea Gualano.
E chi è Emma Cavigliasso? Una blogger pure lei!
E chi è Andrea...

Ok, mi fermo, inizia a girarmi la testa!

Vi siete persi?
Pure io!
Per farla breve: sono andata a salutare Ilaria ed Emma.
Ho dato una sbirciata ai titoli proposti dal catalogo di Compagine.
Sono stata subito attratta da "Piglia un uovo che ti sbatto" di Dario Benedetto. Un libro di cui avevo già sentito parlare spesso.

Benedetto è un attore, che porta in giro il proprio spettacolo in ogni dove. Ma proprio ogni dove, eh! Tipo caffè, pub, cinema, salotti, soggiorni, cucinini, stadi, palestre, caselli autostradali e, persino, teatri!
Emma ha assistito a una sua esibizione, è rimasta folgorata, e gli ha proposto di trasformare lo show in un libro. E così è stato!

Un libro di divertimento e poesia.
Che coinvolge e si fa leggere di corsa, pagina dopo pagina, immagine dopo immagine.
Una seduta di psicanalisi pubblica, dove l'autore racconta tic, ossessioni, sogni e deliri.
L'infanzia, le donne, e pure i gatti.
Il tutto accompagnato da una virtuale colonna sonora.

Una volta finito il libro è impossibile non desiderare di andare a vedere anche l'artista dal vivo.
Intanto, vi consiglio caldamente di fare come me: leggete "Piglia un uovo che ti sbatto" di Dario Benedetto, edito da Compagine. Poi andremo a vederlo assieme, ok?

Non vi ho ancora convinto? Ci penserà questo piccolo estratto:

Travis, Flowers in the Windows

Questa canzone la metto nelle giornate in cui posso permettermi il lusso della pigrizia.

Rimango nel letto anche dopo aver spento la sveglia per dodici volte, ogni volta con il sorriso.
Perché già la sensazione di sentirla e poterla annientare con un semplice tasto dà felicità.
Una manciata di dolcissimi secondi prima di alzarmi arrivo a questa conclusione:
«L'immaginazione non è una via di fuga, ma il luogo che vorrei raggiungere».

Ci sono delle donne hawaiane che danzano vicino al letto. Cori anni Sessanta che cantano a ritmo su terzine allegre. Aerei che passano così radenti alla casa che le hostess mi dicono di non alzarmi dal letto, per evitare incidenti. I miei vicini di casa sono i Beatles, che stanno decidendo come concludere Strawberry Fields.
Busso dal muro, sussurrando: «Forever».

In giardino c'è Dio, che invece di camminare sulle acque fa surf nella mia piscina d'appartamento. Mi sorride e mi dice che la caffettiera aspetta solo di essere accesa.
Le tende sono musicali e, a seconda di come le apri, suonano una melodia diversa.
Dall'altra parte del muro, i Beatles protestano:
«Silenzio! Qui c'è gente che lavora!»

Sento che il mio appartamento appartato appartenuto a Partenope comincia a vibrare.
Nel frattempo Dio fa emergere dalle acque della piscina i Beach Boys. Avvicina a loro le donne hawaiane e le terzine allegre a confermare che le vibrations sono davvero good.

Citofona Yoko Ono e tutti fanno finta di non sentirla, tranne John. Ma gli altri lo hanno imbavagliato.
La hostess dell'aereo che passa vicino a casa la prende per gli spessi capelli giapponesi.
La fa precipitare da ottomila metri in casa dei Rolling Stones. Keith Richards aggiunge una stropicciatura al suo viso per la sorpresa.
«Sciogli loro, adesso!», urla la hostess, mentre Yoko compone, con le sue grida di aiuto, una strampalata canzone disarmonica.

Immagino che il lusso della pigrizia sia questo: arriva il tempo che bussa alla tua fronte.
Tic tac.
E tu rispondi:
«Ancora un minutino».
Tolga la canzone, Dottore, o mi assopisco.

Ora vi ho convinto, vero?
Muoio oggi.
Mi ritroveranno fra tre giorni.

I nedeed some help to help myself.

(1994)
"Soy infeliz porque se que no me quieres para que mas insistir
Vive feliz mi bien, si el amor que tu me diste para siempre he de sentir
Soy infeliz si porque tu no me quieres, piensas que yo he de morir
Que me sirvan otro trago cantinero yo los pago
Pa' calmar este sufrir"

(1988)
"I can't believe the news today,
I can't close my eyes and make it go away.
How long, how long must we sing this song?
How long? Tonight we can be as one.
Broken bottles under children's feet,
Bodies strewn across a dead end street,
But I won't heed the battle call,
It puts my back up, puts my back up against the wall."

(1983)
"Living on borrowed time
Without a thought for tomorrow
Living on borrowed time
Without a thought for tomorrow

Now I am older
The more that I see the less that I know for sure
Now I am older ah hah
The future is brighter and now is the hour

Living on borrowed time
Without a thought for tomorrow
Living on borrowed time
Without a thought for tomorrow

Good to be older
Would not exchange a single day or a year
Good to be older ah hah
Less complications everything clear"

(1984)
And the Grammy goes to buoni propositi e sdolcinato perbenismo.
"There comes a time when we hear a certain call"
 (1986)
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