Il tredicesimo esercizio del Laboratorio Condiviso di Scrittura è una celebrazione del potere della sintesi e della capacità di scegliere con cura le parole.
Tante piccole storie. C'è chi ne ha scritta solo una, chi qualcuna in più, chi tutta una serie per raccontare punti di vista diversi del medesimo evento.
Io ero lì.
6:28: movimento di gancio – lancio la merenda nel cestino del piccolo Andrea.
Una lotta fratricida era in atto: chi sarebbe arrivato a terra prima?
Ho messo la maionese nel ragù della nonna
Siete curiosi?
Buona lettura!
Alla fine andarono tutti via.
Vincenzo Scalfari
Lei parlava inglese.
Lui bolognese.
Al telefono lui parlò di lei.
Bella, bionda, dalle tette statuarie e le lunghe gambe.
"What did you tell them?"
"Oh, mess at work, nothing special".
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Il gabbiano ruppe un'ala.
E fu subito piccione.
Lucia Del Chiaro
Al rientro in ufficio, Zineb mi si era avvicinata, sconsolata, mostrandomi prima il palmo di una mano, poi tre dita dell’altra. Otto.
Io, allora, tristemente, le avevo mostrato, alzandolo, il palmo di una mia mano ed in più un dito dell’altra: sei.
I chili presi durante il lockdown.
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Aspettavo oramai da un tempo lunghissimo, che a me sembrava un millennio, il cibo.
Ululavo al cielo per tutta la mia fame ed il dolore, dando colpi alle sbarre tutta la notte, invocando la pietà dei vicini, ma anche per svegliare quegli stessi infami che il cibo lo avevano.
Avevo pregato, disperato, perché qualcuno apparisse dal nulla con un vassoio di pane, oppure di patate al forno o addirittura di prosciutto cotto e uova!
E, invece, all’improvviso, quella mattina, piovvero polpette.
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6:30:29: lancio nel paniere del panino di mio marito!
Uno scricchiolio.
6:45: Andrea – apro finestra.
6:50: Francesco – bacio del buongiorno.
Altro scricchiolio. “Le termiti?”
8:07 Andrea accompagnato a scuola.
Non muovo più il braccio sinistro?
8:31 a lavoro.
No, sono ad un passo dalla porta del lavoro.
8:32 – sono in ritardo!
Provo a spostarmi, ma sono diventata un burattino di legno! Cado.
Mi sono rotta.
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Scommesse, digrigni, lanci di resina tra famiglie vicine.
Spiegateglielo voi che dipende dalla gravità.
Si sta come
D’autunno
Sugli alberi
Le Foglie.
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Marianna Palmerini
Una sola tela.
E qualche avanzo di colore già preparato: un po’ di marrone, poco giallo, un poco più di verde, pochissimo giallo.
Speriamo che venga a trovarmi, e mi porti qualcosa.
Théo arrivò.
Con sé aveva del blu.
Lo salutò e andò via.
Vincent iniziò a dipingere.
E la terra si coprì di iris.
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Vincent.
L’Olanda, la Francia.
La luce, il colore, il buio.
Zac.
Maria Paola Pennetta
I passi alle spalle la raggiunsero.
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L'Adozione
"Voglio lui" disse la bimba.
"wof" rispose Garibaldi.
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Il treno partì.
Lucia no.
Marco attese.
Invano.
Jane Pancrazia Cole
Mentre camminava lentamente dietro l’auto lussuosa predisposta per contenere il suo triste carico, la vedova si scoprì ad accennare un lieve sorriso. Si ricompose, sperando di non essere stata notata. Se solo avessero saputo in quali circostanze suo marito si era trovato esanime sul letto, forse avrebbero sorriso anche loro. O forse no. Con lo sguardo basso accompagnò suo marito fino al cimitero, adagiato dentro una bara in una lussuosa auto scintillante.
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La cognata lo chiamò con la voce rotta dal pianto. Il fratello era morto sul letto, ma la vedova suscitò in lui contrastanti emozioni. L’aiutò a ricomporre il corpo del fratello poi la strinse in un abbraccio consolatorio. Le erezioni in quella stanza divennero due. Forse quel leggero sorriso che aveva visto sulla vedova camminando di fianco a lei era dovuto a quello che lui stesso stava pensando? Una piccola speranza si insinuò nel suo animo, misto alla vergogna ed al senso di colpa.
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La vecchia signora sulla sedia a rotelle seguiva il corteo, spinta dalla badante sudamericana che era sempre così servizievole e gentile. Sua figlia le aveva detto che il marito era morto di un infarto improvviso, ma lei non le aveva creduto: un uomo così sportivo sempre attento alla cultura del suo corpo non poteva morire così. E provò un po’ di invidia per la fortuna che era toccata alla figlia, al contrario di lei e del suo povero Ugo, che era sempre stato freddo e distaccato.
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Giovanni inserì la prima marcia ridotta del carro funebre. Una splendida autofunebre su base Maserati Ghibli, 3 litri V6 gran lusso, velocità massima 349 chilometri l’ora ed una mostruosa coppia di 700 Nm. Ed a lui toccava inserire la prima ridotta, con una velocità massima di 5 chilometri l’ora. Tutto questo era decisamente frustrante, era sicuro che sarebbe piaciuto anche al morto farsi un bel giro in pista, anche se dentro una bara. Il suo sogno di sempre.
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Con la pala ancora sporca in mano, Filippo pensava che questo fosse uno degli aspetti peggiori del suo lavoro: vedere delle persone piangenti seguire una bara nel suo ultimo viaggio. Ma è ancora peggio quando il morto era un tuo amico, compagno di carte e di belle serate. Ricordò quella sera in cui avevano bevuto entrambi, cosa strana per il suo amico che era sempre così attento al suo corpo, ed erano finiti a baciarsi furiosamente nel retro del locale. Una lacrima scorse sul suo volto.
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Don Mario procedeva dietro al carro funebre recitando preghiere e pensando che un uomo così onesto e retto fosse merce rara. Lo aveva visto tutte le domeniche a messa, diventando prima il suo confessore poi suo amico. La sua morte lo aveva colpito nel profondo, e quando vide un leggero sorriso sul volto della vedova si accigliò, facendogli perdere il filo delle preghiere. Pensò con stizza che a questo mondo le persone ciniche fanno uno sgarbo a Nostro Signore.
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La vista dall’alto regalava un bel colpo d’occhio: il carro funebre seguito dal prete, i parenti e tutti gli amici. “Peccato”, pensò quando l’auto imboccava il vialetto del cimitero, “mi sarebbe piaciuto vivere ancora qualche anno per godere ancora quello che la vita mi aveva regalato”. Vide il sorriso della moglie, e non potè fare a meno di pensare che fosse stato davvero un bel modo di andarsene, mentre facevano sesso. Era sicuro che lo stesse pensando anche lei.
Beppe Carta