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Siete mai stati a vedere un Match d'improvvisazione?
No? Cliccate sull'immagine che ve lo racconto io...

Stasera c'è la quarta serata eliminatoria di Facce da Palco e io devo ancora scrivere della terza. Oh cielo, non c'è tempo da perdere, inforcate gli occhiali, bagnate gli indici e sfogliate virtualmente questa mia arguta cronaca.

Innanzitutto, c'è da fare un passo indietro a pochi giorni prima dell'evento. Quando mi telefona Elena Mulè, eminenza grigia metalizzata della kermesse teatrale, e mi dice:
“Buongiorno Lady Pancrazia, divina tra le divine, la disturbo?”
“Beh, insomma, sono le undici di mattina, ho appena fatto colazione a ostriche e champagne; Gianluì, il visagista delle dive, mi sta facendo la pedicure; e dopo devo portare a spasso Poldino, il mio carlino che ha un pedigree che Betty d'Inghilterra se lo sogna. Ma, a parte questo, sono libera. Dimmi, plebea, perché mi cerchi?”
“Ehm divina volevo solo dirle che noi, cioè, non solo io ma tutta l'organizzazione, noi, dicevo, pensavamo che sarebbe stato carino se voi, i giurati, non foste sempre gli stessi ma faceste un poco a rotazione”
“...”
“Nello specifico, ehm, ella, ehm, sublime, la prossima volta dovrebbe lasciare il posto a un altro giurato e stare tra il pubblico”
“...”
“Mantenendo comunque l'ambito ruolo di blogger”
“...”
“L'unica e sola blogger ufficiale dell'evento, ovviamente”
“Ovviamente.”
 Io, com'è nel mio stile, la prendo da gran Signora, non urlo, non strepito, ma alzo solo il sopracciglio sinistro. Leggermente.
Prima do mandato alla mia stuola di avvocati di agire, chiedere danni, un adeguato rimborso, e la testa di questi screanzati. La lesa maestà è un reato grave. Poi suggerisco a Poldino, che ha la vescica canina un poco debole, di spiscettare abbondantemente sulle ruote delle auto e sulle scarpe scamosciate dell'organizzazione tutta. Infine, abbasso il sopracciglio, e mi reco comunque alla serata. Perché sono una blogger professionista, IO! Una che mantiene fede ai propri impegni, IO! Una che non c'ha mai una mazz… da fare, IO! Vabbè, dicevo, nella mia immensa bontà e professionalità decido di recarmi comunque ad assistere alla serata. Ed ecco qui la cronaca.

Anche questa volta si sfidano tre artisti, anche questa volta l'emozione è tangibile: fogli che si perdono, trucco che si scioglie, computer che s'imbizzarriscono.

I primi ad esibirsi sono Roberto Tavella e Nancy Citro, vecchie conoscenze di Facce da Palco che, due anni fa, si erano guadagnati la semifinale con i Sumadai, la compagnia d'improvvisazione di cui fanno ancora parte. Questa volta, però, decidono di lasciare a casa i colleghi e provano a mettersi in gioco con un nuovo format dall'evocativo nome “Terapia di coppia”. E, infatti, è questo quello a cui si assiste: una terapia di coppia tutta improvvisata. Dove, per dare vita ai propri personaggi, si chiedono suggerimenti al pubblico e, per avanzare nella storia, si fanno intervenire i giudici che rivestono, per loro stessa sorpresa, il ruolo che fu di Freud.
Il tutto è gradevole, divertente e immediato. I conflitti uomo-donna vengono descritti in maniera buffa e leggera. Ma i due improvvisatori, forse per paura di non raccontare abbastanza o di non fare abbastanza nei 20 minuti a disposizione, tendono a “correre” troppo, non sfruttando a pieno le scene più promettenti ed esilaranti.
Il risultato è comunque buono, il pubblico apprezza e la giuria, gasata dal ruolo da psicanalista che gli è stato affidato, finisce per prenderci fin troppo gusto. Ed è per questo che stabilisce la durata della seduta, compila ricette mediche, ed emette regolare fattura.

Dopo l'improvvisazione è la volta di un monologo drammatico, portato in scena da Sabrina Divina Conquistadina.
Il testo nasce dall'unione di pensieri, poesie, e pezzi scritti da lei nel tempo. E, proprio per questo, richiederebbe un ulteriore lavoro di lima e legatura.
La recitazione è molto acerba. Troppo artefatta. Che sia un meccanismo di difesa attuato da chi si sta mettendo tanto in gioco o una semplice mancanza di mestiere non è dato sapere.
Ma a Sabrina bisogna, comunque, concedere l'onore delle armi per aver avuto il coraggio di raccontare se stessa, “Più donna che uomo, ma non una donna, non un uomo”. Per aver provato a spiegare il difficile percorso della transizione, l'aggressione del giudizio della società, e la complessità del conflitto interiore.
La forma è da rivedere, ma l'emozione è tangibile e onesta.

Alla fine tocca a Manuele Laghi, anch'egli vecchia conoscenza della competizione. Questa volta non si presenta all'interno dell'esilarante trio comico Tracataiz Tracataiz ma tutto solo. O quasi. Sul palco ci sono lui e un computer.
Il suo monologo è molto divertente, capace di analizzare la società attuale con le sue mille follie. Ma la follia più grande la fa lui, che rinuncia ad un tecnico audio per fare tutto da solo col suddetto computer. L'idea di base è comprensibile e condivisibile, quasi una protesta, “I locali, non investono, i tecnici costano e, se questo lavoro lo vuoi fare per vivere, devi essere indipendente e in grado di poter gestire ogni aspetto dello show in completa autonomia”. L'idea, come dicevo, ha tutta la mia solidarietà ma il pc se ne sbatte della libertà di Manuel e del mio appoggio morale e, con una tempistica che solo le infernali macchine sanno avere, si pianta, si blocca, fa le bizze. Lo stronzone. Costringendo l'artista ad improvvisare e menare il can per l'aia per 5 minuti buoni. Poi, finalmente, anche la tecnologia si mette una mano sulla coscienza, il monologo può partire come si deve, e il comico milanese ci fa ridere tutti come lui ha sempre dimostrato di saper fare. Applausi!

La sfida si è conclusa, è tempo di annunciare il vincitore: passa Manuel Laghi. L'uomo ha sconfitto la macchina.

Stasera al Blah Blah ci sarà la quarta imperdibile eliminatoria di Facce da Palco, io sarò nuovamente in giuria ma, per scrupolo, Poldo me lo porto comunque. A dopo!
Ormai siamo alle porte della terza serata eliminatoria di Facce da Palco ed io devo ancora scrivere la cronaca della seconda. Quindi? Quindi, rimedio subito.

Siamo al Cafè des Arts e si ride, si ride parecchio. Merito dei tre presentatori eccezionalmente ispirati.
La Diva Zamboni Bresci, in particolar modo, acida come non è stata mai, non risparmia battute al vetriolo contro tutti, artisti compresi. La cattiveria le dona. Divina!
Natalia, gnoccherrima as ever, cerca di impalmare incastrare un belloccio pescato a caso dal pubblico. Egli si finge turbato ma sta volentieri al gioco. La di lui fidanzata si finge tranquilla ma in realtà ribolle di rabbia omicida.
La terza testa di questo Cerbero presentante, tale Rato Glitte (che se ne colga l'arguto gioco di parole), cantante confidenziale di Bulgazia, canta. Canta assai. Coinvolgendo il pubblico fino alle lacrime, i crampi e, in taluni casi, l'esaurimento nervoso.

Io, in prima fila (avete notato come sottolinei sempre la mia posizione privilegiata? Sono Poveraccia dentro), mi godo lo spettacolo e i tre concorrenti che si sfidano.
La prima esibizione è di un gruppo musicale: La figlia del dottore. Tre allegri 30-35-40-45?enni che, come lascive civette sul comò, se la cantano e se la suonano con tanto di famiglie-groupie al seguito. Io sculetto sul posto, trascinata dalla musica, leggera, piacevole e molto frulla-ricci. La loro formazione è quella più classica dei gruppi musicali: batterista schivo, bassista sorridente, frontman egocentrico e logorroico. Per arginare l'incontinenza verbale di quest'ultimo vengono chiamati prima gli artificieri e poi le teste di cuoio ma, ovviamente, nessuno riesce nell'impresa. L'abbattimento si rende necessario.
Liberato il palco dai poveri resti, viene il turno di Sergio Sasso, che porta un nuovo format d'improvvisazione: "Data". Il pubblico gli dà degli spunti, Wikipedia anche, e poi lui interpreta tre personaggi e racconta la storia che li riguarda. Improvvisazione e story telling, tutto da solo su un palco. Non è facile, al limite tra il coraggio e l'incoscienza. L'artista pare molto emozionato e la rappresentazione ha un ritmo discontinuo. L'idea è buona ma migliorabile. Intanto, chapeau per essersi buttato senza paracadute.
Infine tocca alla clownerie, all'arte di strada di Davide Fontana. E qui veniamo tutti conquistati: pubblico, giuria e artisti precedentemente esibitisi. Tutti. Ironia, musica, tempi perfetti e tanto lavoro. Lo spettacolo è un mix di pezzi diversi. Un mix ottimamente costruito. Non solo riesce bene ma dà l'impressione di avere ancora ampi margini di miglioramento. Ottimo!

Si vota e il risultato è previsto, prevedibile e giusto. Passa Fontana tra la soddisfazione generale.

Per il resto nulla da segnalare tranne due giurati, una riccia e uno no, che si litigano il microfono. Vince “quello no”, screanzato, ma la riccia medita vendetta. Tremenda vendetta!


Prossima serata eliminatoria: domani alle 21 al Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33/F, Torino.
Questo scrissi in occasione di una semifinale dell'anno scorso...

Ormai questa avventura è giunta al termine, ed è tempo di bilanci. Bilanci finanziari e monetizzazione. Perché, insomma, bella la vita della blogger, piena di creatività e cultura, ma pure le blogger devono mangiare e pagare le bollette!  
Questa necessità si è chiaramente palesata a Jane Pancrazia l’altra sera, mentre cenava a pane e cipolle. Era là, nel suo umido monolocale, quando ha pensato: “Facce da Palco! Dovrò pur ricavar qualcosa da questa esperienza, no? Certo, soddisfazione personale, incontri memorabili, contatti lavorativi, bla bla bla. Ma i soldi? Come poter guadagnare meravigliosi, profumati, tintinnanti denari?”   
Varie alternative si sono palesate alla sua fertile mente: 
  • intrecciare e vendere deliziosi tappetini per il bagno ottenuti con le parrucche di Natalia. Ma, siamo sinceri, certi colori non convincerebbero neanche un daltonico incontinente.  
  • Far fruttare e sfruttare le doti di stallone balcanico di Dragosh. Ma c’è il rischio che il ragazzo pretenda una parte dei guadagni. I giovani d’oggi hanno completamente perso l’etica del lavoro e lo spirito di sacrificio.  
  • Oppure vendere gli organi degli artisti eliminati. Un rene per artista: Pancrazia non è mica avida! Ma pare che un tale commercio sia illegale nel nostro paese. Non c’è nulla da fare, in Italia lo spirito imprenditoriale non viene mai apprezzato!  
Comunque, la nostra blogger non è mai stata una che si arrende facilmente. E così, ieri sera, dopo essersi messa a dormire sul suo divano-letto IKEA di quarta mano, ha avuto finalmente una vera e propria folgorazione, l’idea che la farà svoltare: Facce da Palco, il gioco da tavolo!  
Numero giocatori: da 1 a 24 artisti ardimentosi, singoli a coppie o anche a squadre. Facce da Palco sarà un gioco di società che metterà alla prova le vostre capacità teatrali, musicali, canore e danzerecce. Lo scopo del gioco sarà, ovviamente, quello di eliminare tutti gli altri concorrenti, anche fisicamente se necessario, e diventare l’unica vera Faccia da Palco. E, oltre alla gioia della vittoria, il giocatore più bravo potrà usufruire della bambola gonfiabile di Natalia, Lothar o tutti e due. Noi della Jane Pancrazia Toys, non abbiamo pregiudizio alcuno, e desideriamo che tutti i nostri clienti siano pienamente soddisfatti! 
Nella scatola è fornito tutto il minimo indispensabile per divertirsi e realizzare la vostra artistica impresa. Un microfono che non funziona, una cassa gracchiante, un paio di minislippini aderenti, una bambola inquietante, un boa di struzzo, un coltellaccio da macellaio, un paio di mocassini marroni, una sedia da regista poco resistente, una panchina ricoperta di peluche, una vestaglia di seta, e ogni 10 scatole acquistate... una donna gravida. Una persona sana di mente non saprebbe che farsene di tutto ciò, ma un vero campione di Facce da Palco riuscirà a trovarne la giusta collocazione e l’utilizzo per montare un pezzo di successo.  
Scegliete il vostro segnalino tra: • Il fiasco di vino, compagno di Natalia nelle rare notti solitarie; • Il funghetto allucinogeno, che Lothar smercia dalla Bulgazia; • O la candela con cui Pancrazia illumina il suo monolocale ora che le hanno staccato la luce.  
Poi tirate i dadi, esibitevi e, infine, pescate le carte del giudizio e pregate che la sorte vi sia benevola. Tutto è superabile tranne la bocciatura spietata della presidentessa di giuria con la carta: “la tua dizione non è all’altezza, torna al via!”  
Potrete trovare Facce da Palco in tutti i migliori, peggiori, e così così negozi di giocattoli! Non fate gli avari, mettetevi una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio. Facce da Palco vi farà passare deliziose serate in famiglia, e forse farà riallacciare il gas a Jane.  
Grazie a tutti e buona serata!

Mi raccomando, non dimenticate: venerdì 6 marzo, alle 21 parte l'edizione 2015 di Facce da Palco.
Appuntamento al Lab in piazza Vittorio 13, a Torino.
Ingresso gratuito.
La fine dell'anno si avvicina e il calendario dell'avvento pagano prosegue.

Oggi voglio riproporvi un post davvero speciale. Lo scrissi un sabato notte, dopo aver assistito per la prima volta ad un catch d'improvvisazione teatrale. Lo scrissi di getto e con divertimento. Lo scrissi non immaginando il successo che ne sarebbe derivato.

Quel due febbraio nacquero le cronache di Radio Cole. E scusate se è poco!

Metti una blogger tra il pubblico

Secondo i miei progetti più ambiziosi dovevamo essere in cinque.
Di fronte alla dura realtà ho prenotato due biglietti.
Nella realizzazione del mio peggior incubo, quando sono già in macchina, rimango sola. Abbandonata da un sms in corso Francia.

Ferma al semaforo, preda dello sconforto, penso per un attimo di fare inversione. Ma è solo un attimo poi, al grido di "echecazzo", continuo la mia strada diretta al Cecchi Point, tempio torinese dell'improvvisazione teatrale.

Una volta giunta lì, smadonno un quarto d'ora prima di trovare parcheggio, per poi lasciare l'auto in una via buia e mal frequentata. Perfetto! Ho sempre sognato di essere uccisa, fatta a pezzi con un taglierino, e convertita in mangime per galli da combattimento coreani.

Continua...

Siete di Torino, la ridente cittadina con i piedi nel fiume e la testa nelle montagne?
Conoscete il Blah Blah, il locale al numero 21 di via Po?


Se avete risposto positivamente ad entrambe le domande, o solo a una, o a nessuna delle due ma siete molto attivi e curiosi, sappiate che:


  • ogni 14 giorni, 
  •  la domenica sera, 
  • a Torino, 
  • al Blah Blah
  • si svolge Improv To. Una serata dedicata all'improvvisazione e al sano cazzeggio.

    Uno spettacolo diviso in due parti.

    La prima (ore 20) è la jam session, in cui sul palco c'è spazio per tutti (improvvisatori e no) a patto che abbiano voglia di provare, non prendersi troppo sul serio e, ovviamente, improvvisare. Piccoli sketch, intramuscolo, pochi minuti costruiti sul momento. Poco più di giochi, sciocchezze, delle volte emerite cagate. Robe che, se non siete dell'ambiente, vi faranno probabilmente lo straniante ma euforizzante effetto di esservi appena imbucati in un'esclusivissima festa di scappati dal manicomio. Pazzi ma non pericolosi o, almeno, non troppo pericolosi.

    La seconda, alle 21, propone ogni volta uno show diverso, un format diverso, una compagnia d'improvvisatori diversi. Un ottimo modo per iniziare a conoscere questo tipo di teatro, sempre in bilico tra il serio e il faceto, la tecnica e il gioco.

    Per quanto riguarda gli spettacoli delle 21 il cartellone prevede:

    16 nov   Imprevisti su Misura con Impro Quiz (da Milano)
    30 nov  Sumadai con Il club dei segreti (già visti qua, qua e pure qua)
    14 dicembre Quinta Tinta con Rooms e B-Teatro con Boxeattori

    Non vi ho incuriosito abbastanza? Devo aggiungere qualcos'altro?
    "Sì", mi suggeriscono dalla regia, "il tutto è organizzato dal B-Teatro!"
    Ecco, lo sapevo che avevo dimenticato qualcosa!
    E poi?
    E poi l'entrata è gratuita e gli spettacoli a cappello!
    Cosa volete più di questo?

    Ci si vede là.
    A domenica!
    Voi che avete fatto sabato scorso?
    Io sono andata a vedere uno spettacolo.
    "E capirai che novità", direte voi.
    In effetti, ultimamente sono diventata un po' monotematica e leggermente maniacale. Ma, tutto sommato, meglio vagamente ossessiva che passiva, no? No???
    Evvabbbè! Io vado avanti...

    ...sabato scorso sono andata a vedere "Singing in te dark" all'interno della rassegna Istantaneo.
    Istantaneo è stato un festival d'improvvisazione teatrale che ha visto riunirsi a Torino e Valenza improvvisatori provenienti dall'Italia e dall'Europa. Professionisti di tutto rispetto in grado di trasformare l'intrattenimento in arte. Il talento in meraviglia. La tecnica in prodigio. Insomma, improvvisatori bravi un bel po'. Ma proprio un bel po'!

    In cinque giorni, dal 29 ottobre al 2 novembre, si sono succeduti numerosi spettacoli, io ne ho visto solo uno (e mezzo) e sono rimasta incantata.
    Singing in the dark è un musical ispirato alle atmosfere fiabesche e gotiche di Tim Burton. Un musical tutto improvvisato. Tutto nuovo. Tutto unico. Dall'inizio alla fine. "Dica lo giuro" "Lo giuro".
    Uno show costruito sulle indicazioni del pubblico e la fantasia degli attori. Questi ultimi preparati da una vera e propria icona del settore: Sean McCann.
    Sul palcoscenico sono saliti: Renato Preziuso e Mariadele Attanasio da Chianciano; Deborah Fedrigucci, Tiziano Storti e Susanna Cantelmo da Roma; Roberto Garelli e Lara Mottola da Torino.

    E' difficile spiegarvi la magia di una storia così complessa che nasce e s'intreccia davanti ai propri occhi. Lo stupore di canzoni che durano il tempo di una sera. La forza di personaggi destinati a vivere per una sola ora. Avreste dovuto esserci. Come ve la faccio a descrivere una cosa così?
    "E allora che lo scrivi a fare questo post?" potrebbe farmi notare qualcuno.
    E forse avrebbe ragione.
    Lo scrivo per celebrare la bellezza e la bravura. Perché, per riuscire nell'impresa di creare uno spettacolo di questo livello, ci vogliono talento, esperienza e tecnica. Tutte caratteristiche che non sono mancate ai protagonisti della serata, che ci hanno regalato così un viaggio unico e irripetibile.
    Ecco. Forse è soprattutto per loro che lo scrivo. Per ringraziarli.

    Grazie!
    Questo sabato sera è un sabato sera straordinario.
    Prima di tutto, contrariamente ad ogni sabato sera che si rispetti, ha l'ardire di cominciare di pomeriggio. Sfacciato!

    Alle 17 mi dipingo le unghie di rosso assassino, domo o almeno ci provo i ricci, infilo tutto il necessario in una borsa di tela, e mi precipito in centro. A fare che? In realtà non ve lo posso dire per ora, lo saprete a tempo debito, sappiate solo che esco di casa conciata come una poveraccia ma che, un'ora dopo, sono mimetizzata da gnocca. Strataccata, intubinata (inserita in un tubino nero), e truccata da figa (scusate il francesismo), che un miracolo così manco dopo una gita a Lourdes.

    Alle 19 faccio orgogliosamente parte di uno stuolo di donne, la cui età varia dai 4 mesi ai nonvelodiconeanchesottotortura (ma portati benissimo) anni, che si dirige con passo sicuro verso il Café des Arts, locale dove avrà luogo la seconda data di Palco Oscenico. La rassegna teatrale che va dal cabaret alla musica, dalla sperimentazione all'improvvisazione. Questa sera è il turno dei DettoFatto, compagnia d'improvvisatori teatrali dotati di talento e Gorilla. (Eccoli su Humans Torino)

    Le due ore che vanno dalle 19 alle 21 le trascorro bevendo vino rosso, razziando il buffet, chiacchierando e importunando gli artisti che costringo ad immortalarsi in un selfie.  Loro mi accontentano. E, del resto, perché non dovrebbero? Sono belli, quasi tutti, e possono contare tra le proprie fila nientepopodimeno che Delia Dimasi. Ella, oltre ad essere una delle migliori improvvisatrici di Torino, vanta anche il titolo di Regina dei Selfie. Non ho mai, ripeto mai, visto una sua foto in cui sia venuta male. Se tenesse dei corsi al riguardo io li frequenterei. Probabilmente verrei bocciata o sbattuta fuori dalla classe per manifesta incapacità e patologica antifotogenia, ma comunque m'iscriverei colma di fiducia e speranza.

    Il gorilla c'è ma non si vede
    La platea rimane desolatamente vuota fino a 5 minuti dall'inizio dello show. Poi, com'è nella tradizione dei sabato sera straordinari, i posti vengono occupati e la sala si riempie. Tra chi è seduto e chi resta in piedi non c'è più spazio per nessuno. Lo spettacolo può iniziare.

    I DettoFatto presentano Gorilla Theatre TM, un format che si dipana grazie alle indicazioni del pubblico e a quelle degli attori che, uno alla volta, vestono i panni dei registi. 

    Lo spettacolo standard prevede un regista, una storia, una votazione popolare, risate, un regista, una storia, una votazione popolare, grasse risate, un regista, una storia, una votazione popolare, grassissime risate, fino all'elezione del vincitore della competizione. Vincitore che avrà l'onore di portarsi a casa un gorilla. Un gorilla vero! O quasi.

    La serata nello specifico vanta un primate "opponibile" ed accaldato che sverna in cortile, un DucaConte, due servi anglo-pugliesi, un UomodeiSogni e uno DegliIncubi, una mucca valdostana sedotta e abbandonata, una ragazza iberica appassionata dalle mani irresistibili (ben due, tra l'altro!), una Rossella O'Hara che, se non la si vede, non la si può spiegare. E pure una microdonna di 4 mesi che assiste al tutto composta e pacifica come un monaco buddista. La piccola non fa parte del format ma aggiunge dello stupefacente al sabato sera già straordinario.


    I DettoFatto sono degli incredibili intrattenitori. L'ora di spettacolo vola via nel divertimento generale. Il pubblico è entusiasta, gli artisti sono contenti, l'organizzazione è soddisfatta. La blogger, e che ve lo dico a fa'?

    Ma ormai si è fatta una certa. La gnocchitudine ha una sua scadenza. I tacchi slanceranno la figura ma dopo un po' anche basta. Lo straordinario deve tornare ordinario.

    Buona notte a tutti!
    Ci si legge al prossimo imperdibile appuntamento di Palco Oscenico.
    A presto!
    A seguire la cronaca di un sabato appena trascorso.

    Ore 19.00
    Punto verso il centro con l'auto. Ho lo stomaco vuoto e sono di corsa.

    Ore 19:20
    Mi telefona IlSocio. Stasera, oltre che con Radio Cole, siamo in ballo con Humans-Torino.
    "Tra dieci minuti arrivo" mi dice.
    "Perfetto"
    "Sono zoppo"
    "Cosa?"
    "Agility"
    "Ah"

    IlSocio ha da poco ripreso a fare agility col proprio cane.
    La bestiola va come una scheggia.
    L'umano arranca.
    Pare che il quadrupede stia meditando di abbandonare il bipede ad un autogrill. Difficile dargli torto.

    Ore 19:30
    Comincia la ricerca del parcheggio.

    Ore 19:35
    Si conclude la ricerca del parcheggio.
    Lascio la macchina lontano dal locale, ma non tanto lontano come altre volte, ad una distanza quasi dignitosa.
    Mi commuovo.

    Ore 19:45
    Arrivo al Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33/f.
    IlSocio è già davanti all'ingresso. La sua auto pure. Lo odio!
    Accarezzo l'idea di acciaccargli pure l'altra gamba. Ma mi serve vivo e anche deambulante. Quindi desisto.

    Ore 20:00
    Incontriamo, abbracciamo, sbaciucchiamo, e intervistiamo Cecilia D'Amico, l'attrice romana vincitrice della scorsa edizione di Facce da Palco, tornata sotto la Mole per aprire in bellezza la stagione di Palco Oscenico.

    Io domando, IlSocio fotografa, la comica si dimostra disponibile e con la chiacchiera caricata a pallettoni. Perfetto. Il risultato finale mi piace assai.
    Le foto e le parole dell'incontro potete trovarle qui.
    (Avete messo il like a Humans Torino? Non avete ancora messo il like a Humans Torino? Cosa aspettate a mettere il like a Humans Torino?!?! Mettete il like a Humans Torino!)

    Ore 20:30
    Mi avvento sul buffet dell'aperitivo con la voracità di un lupo della steppa siberiana.
    Bevo vino rosso, mastico pizzette, ingoio bruschette, spalmo salsine e sgranocchio grissini.
    Il barista mi osserva basito e leggermente spaventato.
    Io lo ignoro. Ho fame.

    Ore 21:20
    Occupo, orgogliosa sbruffona e satolla, il posto che mi è stato tenuto da parte dall'organizzazione.


    Ore 21:30
    Musica introduttiva.
    Cecilia sale sul palco.
    Comincia lo spettacolo.


    Cecilia D'Amico veste i panni di quattro diversi personaggi.
    Tre donne e un ragazzo, tutti alle prese con le difficoltà di relazione, amorose o umane che siano. Il tutto fatto con un'ironia travolgente e una notevole presenza scenica.

    Impossibile non riconoscersi in una o più delle maschere rappresentate.
    Io, personalmente, adoro Mara. Esasperata, disperata, indomabile, travolgente, sarcastica, insicura, pazza, spazientita, speranzosa. UnaDiNoi! Noi a cui gli uomini piacciono ancora. Nonostante le delusioni e l'innegabile convinzione che meriterebbe di essere sterminati. Ma poi, sai che noia!

    Un'ora di risate, trasformazioni e video.
    Un'ora in cui è riassunto il lavoro di anni.
    Un'ora in cui Cecilia ci presenta la sua prima creatura. E, per questo,  la più preziosa.

    Questo sabato si è aperta ufficialmente la rassegna di Palco Oscenico.
    Era ora!
    E adesso?
    Adesso la si segue fedelmente e appassionatamente.

    Il prossimo appuntamento?
    Sabato, 4 ottobre, al Cafè des Arts sarà la volta dei DettoFatto.
    Numerosi e rumorosi, i migliori improvvisatori torinesi dotati di Gorilla ci faranno sicuramente ridere.
    E noi, probabilmente, faremo ridere loro. In che senso? Venite e lo scoprirete!
    Sabato, 13 settembre, 2014

    La mattina vado a tagliarmi i capelli.
    Il pomeriggio mi preparo secondo il dress code indicato: nero, bianco e rosso. Pantaloni neri, top bianco, smalto e rossetto rossi.
    Mi sono scocciata di fare l'intellettuale e ora gioco la carta panterona. Roar.

    Arrivo all'appuntamento con l'entusiasmo e l'emozione del primo giorno di scuola. Le mie compagne di avventura mi abbracciano e festeggiano:
    "Ammazza che gnocca!"
    "Stai benissimo con la tua nuova pettinatura"
    "Sì, ma hai il rossetto sui denti"...ecco. A vestire i panni di selvagge feline bisogna esserci portate. Io non lo sono. Miao.

    Oggi si tiene la festa d'inaugurazione di OffStage, la stagione teatrale che include al suo interno Facce da Palco.
    Gli artisti presentano brevi stralci dei propri spettacoli in una cornice meravigliosa: piazza Vittorio!
    Per i non indigeni e pratici agevolo una foto.

    http://www.turinphototours.it/
    Dalla quale non si capisce una mazza, ma l'immagine è spaziale e quindi ve l'agevolo lo stesso. Perché, anche in questa nuova stagione blogghistica, l'andazzo di "faccio le cose a ca..." mi accompagnerà fedelmente. E ci mancherebbe!

    Piazza Vittorio è uno sfondo da favola, ma non è certo l'ideale per un'esibizione all'aperto: c'è confusione, rumore e l'amplificazione alcune volte deficita. Ma gli artisti di OffStage, dotati di notevoli attributi, non mollano, vanno avanti per la loro strada, strappano risate, applausi ed emozioni a mazzi.

    Nell'ordine ci sono:

    il duo Popoff, che presenta musica e parole, e mi fa sognare un cappellino rosso in precario equilibrio tra i miei ricci.

    Seguono gli improvvisatori DettoFatto che, come sempre, scelgono di coinvolgere il pubblico a proprio rischio e pericolo:
    "Ci dici il titolo di una favola che ti piace molto?"
    "..."
    "Una storia per bambini"
    "Ah, lo so: Walt Disney!"
    "Ma Walt Disney è una persona non una favola"
    "..."
    "Vabbé lo chiediamo alla tua amica, tu intanto pensaci, eh!"

    Poi è la volta del musicista Emanuele Francesconi che, con il suo piano, ci regala una perfetta colonna sonora, e ci promette esibizioni future di note e voce.

    Tocca alle Paperelle Scampate che propongono pochi minuti di "Non di sola parola", lo splendido spettacolo fatto di danza, poesia, e immagini di cui già vi parlai mesi fa.

    Si buttano nella mischia anche i giovani allievi della scuola Mal dei Fiori Neoarcheoteatro, dimostrando la giusta dose di coraggio e incoscienza.

    A chiudere Nathalie, Francesca ed Elena, le tre madri, levatrici e maestre della rassegna che ci raccontano una storia surreale di amore, inganno, legami e mistero tutto femminile.

    La serata scivola via mentre io, liberatami di gran parte del rossetto, ciuccio avidamente un mojto. Seduta accanto ad amici e colleghi con cui è sempre un piacere ubriacarsi di chiacchiere.

    La rassegna di OffStage prenderà il via il 27 settembre con Cecilia d'Amico, vincitrice della scorsa edizione di Facce da Palco. Voi segnatevi la data ma, non temete, ne riparleremo su questa pagina e su quella di Humans Torino. La parola d'ordine di questo autunno sarà media partnership. Che non mi è chiarissmo cosa significhi, ma fa tanto fine e non impegna.
    Agosto è cominciato da qualche giorno.
    Voi dove siete?
    Al mare? In montagna? In giro per l'Europa?
    Maledetti!

    Dai vostri fantastici luoghi di vacanza, come se non bastasse il sole e l'ozio, godetevi anche la recensione dell'ultimo spettacolo a cui ho assistito prima della morte sociale estiva.

    "Rooms".
    Una long form d'improvvisazione teatrale. Un tipo di rappresentazione in cui gli attori si trovano a recitare scene legate tra loro dalla trama, i personaggi o, come in questo caso, l'ambientazione. Le Rooms, appunto. Ogni storia (completamente improvvisata, ovviamente!) porta allo sfondo successivo.
    Nello specifico, l'altra sera, si è partiti da un ospedale, si è passati in un bar, e si è finiti in un soggiorno.
    Luoghi che hanno visto un intrigo familiare, un giallo e una commedia napoletana.

    Mi è piaciuto Rooms?
    Moltissimo!

    Cos'aveva di speciale?
    Era una prima assoluta. Torinese, italiana, mondiale. Un format completamente originale, nato e codificato dalle menti di coloro che l'hanno messo in scena. In particolare, l'idea, la scintilla, il lampo da cui è partito il tutto è di Ennio Passaro.

    Chi erano i protagonisti?
    Delle vecchie conoscenze mie, di Facce da Palco e di questo Blog!
    Hanno dato grande prova di sé Matteo Barbero, Roberto Tavella e Carmen Maimone (la Dea del Pensiero Laterale. Lei!). Ma pure i meno esperti Julia Campa e Gianfranco Macello. E, ovviamente, Ennio, il padre di tutto l'ambaradan.

    Il momento più esilarante?
    La commedia napoletana, dove la Dea ha giganteggiato, la Ballerina ha ballato, l'UomoPashmina ha tradito, e un diadema magicamente è diventato una collana. Ma è possibile che nessuno sappia cos'è un diadema?
    Kate, saresti così gentile da spiegarglielo?


    Grazie caVa.

    L'ennesima recensione positiva su Radio Cole?
    Smettetela di accusarmi di essere una blogger troppo buona. 
    La selezione viene fatta ancora prima di sedermi a scrivere.
    Chi mi entusiasma merita il mio tempo.
    Gli altri no.

    Quelli di Rooms l'hanno meritato pienamente.
    Voi che avete fatto venerdì sera?
    Io sono andata ad uno spettacolo.
    Uno spettacolo con un nome improbabile ma un fine nobile.

    Improvvisadente!
    Una serata di cabaret e improvvisazione per raccogliere fondi in favore dell'Onlus Life for Madagascar.

    Chiara, improvvisatrice e dentista, passerà con altri suoi colleghi tre settimane in Madagascar a fornire cure gratuite alla popolazione di Nosy Be. E per questo motivo ha chiamato a raccolta la Torino che improvvisa e monologa, Torino che ha risposto all'appello con grande entusiasmo. Così tanto che sul palco c'è salito mezzo mondo, e la serata è durata così a lungo che sembrava di stare alla finale di San Remo. Ma è stato per una buona causa e quindi non mi lamento. Vabbé un pochino sì, ma solo un po'!

    E non mi lamento anche perché, con questa scusa, ho visto per la prima volta all'opera Elena Ascione, una stand up comedian divertentissima. Ne avevo già sentito parlare, ed è stato bello scoprire quanto tanta fama fosse meritata. Elena ci ha fatto ridere raccontando le sue nevrosi e manie, l'ossessione per il controllo e l'ordine della casa. Praticamente una di famiglia! Elena, tra l'altro, non ha parlato di uomini per tutto il monologo e questo, per una donna che fa cabaret, è sintomo di originalità e voglia di evitare la via più facile e scontata.
    Oltre ad Elena mi hanno colpito anche gli Gnomix (che, ho appena scoperto, in realtà si chiamano Gnomiz, ma lascio il nome sbagliato a imperitura memoria del fatto che dovrei controllare meglio prima di pubblicare i post)  duo comico responsabile della conduzione della serata. Anche di loro avevo già sentito parlare. Anche loro non li avevo ancora visti in azione. Divertenti e generosi, non si sono risparmiati regalando momenti esilaranti.
    Infine, una menzione speciale va ai Sumadai, tra le cui fila milita proprio Chiara, l'organizzatrice della serata.
    Sono stati seminifinalisti a Facce da Palco e io non li vedevo all'opera da allora. E' stato un piacere scoprire i loro miglioramenti e avere la conferma della loro voglia di mettersi in gioco e crescere.

    Se vi siete persi la serata ma volete comunque contribuire a questo bel progetto di beneficenza potete fare una donazione con carta di credito nel sito dell'associazione o un bonifico (IBAN: IT 28 R 0558401611000000000181).

    E se volete sapere tutto ciò che penso non sarebbe il caso di scrivere in un post del genere, ma che alla fine ho deciso di scrivere comunque, sappiate che...  
    ...l'abbigliamento scelto per la serata consisteva in camicettina da brava ragazza, fermaglio nei capelli a cercar di far ordine dove regna il caos, e ballerine antisesso. Quando si tratta di beneficenza io la prendo molto sul serio e mi travesto da bacchettona! E sottolinerei la scelta del termine "travesto".
    Mezzo di locomozione: auto. Parcheggio: trovato in tempi accettabili, senza troppi smadonnamenti. Perché guidavo per una buona causa ed il mio karma ha un modo di agire estremamente elementare.
    Alcol assunto per riuscire ad arrivare sveglia alla fine dell'interminabile serata: un mojito e una birra. Risultato? Una domenica intera col mal di testa. Non c'ho più il fisico!

    Voi, mi raccomando, non prendete esempio da me: non bevete se dovete guidare e, soprattutto, non mettetevi le ballerine!
    Il bello di Facce da Palco è che ogni serata è diversa dalle altre.
    Il bello di Facce da Palco è che si esibiscono artisti nelle più svariate discipline.
    Il bello di Facce da Palco è che, a qualche giorno di distanza dallo spettacolo, venite su Radio Cole e vi leggete una meravigliosa cronaca minuto per minuto. La mia.
    Tutto ciò non è fantastico? Ma sì, che lo è.
    La mia cronaca, appunto. Non una vera e propria recensione, ma il racconto della mia serata attraverso i miei occhi, e in base ai miei soggettivi gusti e giudizi. Sono stata chiara? Tutto ciò puzza molto di "mettere le mani avanti", nevvero? Naaaaaaaaaaa.

    Vabbè, inizio?
    Inizio.

    Arrivo davanti al blindatissimo portone del Bazura, circolo ARCI in via Belfiore 1. A Torino, naturellement.
    Suono. Niente.
    Risuono. Niente.
    Suono ancora. Niente.
    Nel frattempo vengo raggiunta da un giurato.
    Suoniamo. Niente.
    Risuoniamo. Niente.
    "Vabbè, si vede che stasera hanno deciso di fare a meno di noi"
    Stiamo per rassegnarci quando la porta si apre. Natalia ci vuole ancora bene.  
    Talmente bene che, dopo una nostra discesa dalle scale degna di Wanda Osiris, ci presenta agli artisti con enfasi ed entusiasmo. Ma stanno tutti cenando, a base di pasta al sugo e vino rosso, e non ci considerano manco di striscio. Non me la sento di dare loro torto.

    Occupo il mio posto al tavolo "tecnico" e faccio rapidamente sparire un piatto di maccheroni, cercando di affogare nel cibo la più grande preoccupazione della serata.
    "Jane, sei pronta per darci una mano a riempire i buchi?"
    "Beh, si, insomma"
    "Tranquilla, dovrai solo leggere parti del tuo blog. Fare un resoconto delle serate precedenti"
    "Ma certo, nessun problema", dico.
    'Voglio morire', penso.

    Prendo posto accanto alla giuria.
    Salgono sul palco i presentatori.
    I millemila presentatori.
    La prima sera c'erano solo Natalia e gli appetitosi Boys. La seconda Natalia, gli appetitosi Boys e il maschio Lotar. La terza Natalia, gli appetitosi Boys (che questa volta non si tolgono le magliette, procurandomi una certa delusione), il maschio Lotar, e le testosteroniche Girls. Molto testosteroniche e poco Girls. Allego una foto a chiarire meglio il concetto.

    Purtroppo l'immagine non rende pienamente giustizia all'orrore alla bellezza di cui abbiamo goduto noi dal vivo. Prendetevela con l'inabilità della fotografa, la spietatezza delle luci, o i santi in paradiso che proteggono voi e la vostra vista.
    Ma, comunque, so che non avrete difficoltà a farvene una ragione. O, per lo meno, minore della difficoltà che avrò io a cercare di cancellare dalla mia testa una tale leggiadra, elegante, femminea visione.
    Sono indecisa tra l'elettroshock e la lobotomia. O entrambe.

    Ora basta, però.
    Si comincia.

    Viene annunciata la compagnia Checosasonolenuvole, che arriva direttamente da Roma. Sono gli artisti che hanno fatto più chilometri per Facce da Palco. Almeno credo. O forse no? Potrei chiederlo a Natalia ma oggi, mentre io febbricitante scrivo la cronaca, sta a rilassarsi al sole. E io non la voglio disturbare. Invidiarla sfacciatamente sì. Ma disturbarla no.

    I romani presentano un testo originale, in cui i protagonisti sono due uomini alla fermata dell'autobus. Uno sfaccendato amante della lentezza. Uno yuppie cieco a tutto ciò che gli succede attorno. A confrontarsi due visioni della vita completamente diverse.


    Alla fine dell'esibizione la giuria avanza più di una critica. C'è ancora molto da lavorare, ci sono ancora notevoli margini di miglioramento, soprattutto sul ritmo e la posizione dei personaggi in scena. 
    La regista, decisamente esuberante, accetta la visione altrui sorridendo, ma difende la propria creatura. E ci mancherebbe che non lo facesse. Se porti il tuo spettacolo su un palco ci credi. Se fai tutti questi chilometri ci devi credere per forza. 
    Ma (e ora parte il pippone critico che, da quel pezzo di pane di Jane Pancrazia, non vi aspettereste mai), se ci credi, non puoi usare come scusante "Tutti noi facciamo anche altro nella vita, e non abbiamo tanto tempo da dedicare al teatro".
    E perché non si può usare questa scusa, secondo me? 
    Perché questa è la situazione tipo della stragrande maggioranza degli artisti. Soprattutto di quelli che si muovono tra piccoli teatri, locali e circoli. Che lo facciano per hobby o con il sogno di sfondare. Che abbiano 18 o 68 anni. La maggior parte di coloro che si dedicano all'arte e allo spettacolo, affiancano a questa attività altro. Un altro spesso molto ingombrante.
    Il tempo dedicato all'arte è un tempo appassionato, faticoso, ricco, ma rubato. Rosicchiato al sonno, a un lavoro "normale", alla famiglia, agli amici e all'ozio.
    Quindi no, questa non è una scusa valida. Vale per tutti e quindi per nessuno. 
    Certo, può esserti successo qualcosa di grave, imprevedibile ma, comunque, sul palco non lo dici. Sorridi. Accetti le critiche. Rispondi a tono. Ma non cerchi scuse che sanno di pressapochismo. Offensivo per il pubblico, tutti gli altri artisti in gara, e persino gli attori che nel  tuo testo ci hanno messo la faccia. Attori che quel tempo, sicuramente, l'avranno rubato.

    Dopo questo lungo pippone, passo oltre.
    I secondi a salire sul palco sono i DettoFatto. E che fanno costoro? Improvvisano.
    Lo spettacolo che presentano è un format canadese chiamato Gorilla Theatre. Gli elementi su cui questo si regge sono una sedia da regista (e per chi era presente il termine "reggere" acquista tutto un altro significato), degli improvvisatori e un gorilla. 
    Ogni membro della compagnia, a turno, dirige una scena, che prende corpo grazie alla fantasia malata del pubblico.
    E il pubblico di Facce da Palco non è un pubblico qualunque, ma un pubblico che sa dare notevoli soddisfazioni.
    Un paio di esempi.
    "Qual è la sua fiaba preferita?" viene chiesto a una ragazza in platea.
    "La bella addormentata"
    "Oh che tenerezza, ce la racconta in poche parole?"
    "C'è una principessa che si addormenta per cento anni, un drago che la tiene prigioniera (ma quando mai?!?!), e un principe che alla fine se la tromba"

    Oppure.
    "Qual è il suo genere cinematografico preferito?" viene chiesto a un signore dall'aria distinta.
    "Il cinema americano anni '70"
    "Eh? Ci può fare qualche esempio?"
    "Easy Rider"
    "Ok"
    "Oppure 'Mariti' di John Cassavetes"
    "Ah, ecco, ora è tutto più chiaro. A noi e al resto del pubblico", risponde l'improvvisatore nel cui sguardo si legge chiaramente il panico. (*)

    I DettoFatto affidano tutta la loro esibizione al pubblico, accettando il rischio che ciò comporta. Ed è proprio in questo che si vede la loro abilità. Nel non buttarsi a terra fingendosi morti. Nel non tentare la fuga. Nel non prendere a testate il simpatico spettatore. Ma nel provarci, sempre e comunque.
    Nel provarci e nell'uscire vittoriosi da ogni nuova assurda sfida.
    Il pubblico ride, la blogger pure, la giuria si complimenta.
    E il gorilla? Il gorilla premia il regista preferito dal pubblico. Con una banana. E se stesso.

    Con i terzi concorrenti cambia completamente l'atmosfera. 
    Ci ricomponiamo tutti quando salgono sul palco i Wood Beat. Un duo acustico. 
    Si siedono. Imbracciano le chitarre. Sorridono. Spendono qualche parola di presentazione. E poi suonano. E cantano.
    E sono bravi, dannatamente bravi.
    I musicisti in giuria fanno le fusa. Il pubblico si lascia guidare dalle note. E la blogger, che è una donna piccola piccola e dalla scarsa morale pensa: sono pure carini! 
    Ok, questa è una battutaccia: passo troppo tempo con Natalia.
    Rifaccio. 
    La blogger pensa, come chiunque altro presente al Bazura, ma quanto sono bravi? 
    E poi: ma quant'è bello che a Facce da palco, con il passare delle serate, si stia dando tanto spazio a talento e lavoro? E che io, nel mio piccolo, ne faccia parte?
    Bene. C'è ancora speranza per me e la mia morale.

    Per farvi capire il livello medio dell'esibizione ne condivido una parte con voi. L'unico video disponibile attualmente, poiché il loro progetto è ancora giovane e quella di stasera è la loro prima esibizione insieme. 
    Questo è "Granpa", un pezzo in cui canta e suona solo uno dei due.




    A questo punto pensiamo tutti che i vincitori siano loro.

    Ma poi è il turno di Caterina Fornaciai e Luca Terracciano della compagnia A_Tratti_Brevissimi.
    Di Roma. 
    Pure loro? Forse avrei davvero dovuto importunare Natalia.
    I due presentano l'estratto di uno spettacolo degli anni 70: "Dialogo di una prostituta con il suo cliente" di Dacia Maraini.
    Non siamo in un teatro. Siamo in un circolo. In un pub. C'è confusione. Gente che si alza, va a prendersi da bere, fumare una sigaretta, godersi i complimenti e le congratulazioni.
    E, al riguardo, avrei da dire che: almeno gli altri artisti in gara, per rispetto ai colleghi, dovrebbero sforzarsi di non muoversi. 
    Io mi sono tenuta la pipì per tre ore, tanto per dire, eh.
    Ops, mi è partito un altro pippone. Con la febbre mi si slatentizza l'AcidaPancrazia. 
    Domani Natalia mi licenzia.

    Dicevo, non siamo nell'ambito ideale per un'esibizione di questo tipo. Eppure i due attori sono talmente bravi da riuscire a calamitare l'attenzione del pubblico. A poco a poco tutti gli occhi sono per loro. Le bocche tacciono. I piedi si fermano. La magia del teatro si compie.
    Il testo è intenso anche se, inevitabilmente, racconta un mondo che ai nostri occhi risulta un po' datato. La prostituzione che viene presentata sembra un ricordo sporco, brutto ma quasi nostalgico. 
    Il testo è pura poesia e i due attori lo rappresentano con intensità e convinzione. Non si risparmiano. Non si tirano indietro.

    Passano i venti minuti.
    Silenzio. 
    E poi applausi.

    E ora chi vince?
    Troppo talento tutto assieme. Discipline diverse da confrontare. 
    Io, per fortuna, non voto. Per gli altri, giuria e pubblico, non sarà facile scegliere.

    Nel frattempo giunge l'orrido momento.
    "E ora sul palco la nostra blogger preferita: Jane Pancrazia" mi presenta Natalia.
    Io bofonchio qualche maledizione, mi alzo, e prendo posto accanto a Lotar. Abbarbicata a Lotar. Attaccata al suo montone (indossato direttamente sulla canotta, che fa tanto chic!) come Linus alla sua coperta.

    Ignoro i post del mio blog. Sono troppo lunghi e non sono nati per essere letti in pubblico. E vado a braccio. O a ca... 
    Dipende dai punti di vista.
    Parlo poco, in fretta e, mi è stato riferito, appaio "legnosetta e con la vocetta strozzata". E questa è l'opinione di un amico.
    La cosa più bella che mi dicono è "Non ti preoccupare, non ti ascoltava nessuno". E ciò mi rassicura.

    Scendo dal palco. Il peggio per me è passato. Ora potrebbero anche annunciarmi un attacco atomico e io non farei una piega. Sono sopravvissuta a questo. Che potrebbe mai farmi un poco di Uranio?

    Finisce il conteggio delle votazioni.
    A vincere sono gli A_Tratti_Brevissimi. 
    Hanno portato un grande testo e l'hanno interpretato magistralmente. Chiunque voglia ambire alla vittoria finale sa che dovrà fare meglio di loro.
    La competizione si fa sempre più accesa.

    Ora mi drogo di Paracetamolo e torno a letto.
    Devo esser in forma per venerdì prossimo. La quarta serata si terrà il 21 marzo alle ore 21,30 alla Casa del Quartiere in via Morgari 14.
    Torino! 

    (*) Non fate i furbi miei affezionati lettori.
    Non buttatevi su Google.
    Non setacciate wikipedia.
    Non ci credo, neanche se me lo giurate su quella santa donna della vostra trisavola, che voi conoscete a memoria il film di Cassavetes.
    Giusto ad Alligatore-unochenesa posso credere, che gli altri non millantino.

    (Che qualcuno abbatta l'AcidaPancrazia a fucilate. Mi faccio paura da sola)
    Trucco e parrucco: mi preparo alla seconda serata del talent per artisti ardimentosi.
    Obiettivo da raggiungere: arrivare in anticipo e respirare un po' del clima di concitazione pre-spettacolo.
    Che credete? Prendo molto seriamente questo mio ruolo da blogger-cronista.

    Prendo molto seriamente anche la penuria di posteggi in zona San Salvario e, quindi, lascio la macchina a casa e vado in metro. Lo spettacolo questa sera si tiene alla Casa del Quartiere in via Morgari 14. Torino, ovviamente.

    Arrivo e sono passate da poco le 20.
    Il pubblico attende fuori. Io mi faccio largo a spallate. Come ogni vera finta VIP che si rispetti. 
    In sala c'è un gran fermento. I rapper rappano. I fotografi fotografano. Gli improvvisatori improvvisano.
    E Natalia, sobriamente vestita com'è nel suo stile, dà di matto:
    "Problemi tecnici, tanti problemi tecnici", ripete concitata. "Questa sera krande disastritudine si abbatterà su tutti, schiacciando noi come frittelle che faceva nonna Ludmilla in piccola casetta su Volga. Serata troppo difficilissima. Io non sento me. Io voglio morire in erotico abbraccio tra miei Boys"

    Mi allontano dall'isteria in salsa ninfo-esteuropea e giro tra le sedie ancora vuote in cerca di campo per il mio cellulare. Campo che non troverò mai. Tra l'altro, tra un'elegante smadonnamento da blogger sconnessa e l'altro, scopro che il mio posto questa sera sarà in prima fila. Al centro. Accanto alla giuria.
    "E magari ti facciamo anche intervenire" m'informano dall'organizzazione.

    Mi sento carica ma terrorizzata. Soprattutto terrorizzata.
    'Quasi quasi scappo dalla finestra dal bagno', penso.
    'No, rimango qua e faccio la blogger scoppiettante!' mi rispondo.
    'Vabbè, facciamo che resto e cerco di cavarmela con meno imbarazzi possibili', concludo.

    Intanto, tra una chiacchiera schizofrenica e l'altra, si fa una certa. Il pubblico entra e io, prima che incominci lo spettacolo, faccio in tempo a incontrare un mio compagno del liceo che, accidenti a lui, non è invecchiato neanche di un secondo, e a farmi dare della "signora" da una ragazza seduta dietro di me.
    Tesoro, che la simpatia ti travolga: sotto forma di una colata lavica!
    E non venite a dirmi che, tecnicamente, ha ragione lei. Lo so anch'io di essere abbondantemente in età da "signoritudine". Ma mi sento di affermare liberamente il mio pensiero con un semplice: echisenefotte!
    Ho la sindrome di Trilly o come diavolo si chiama. Il corrispettivo femminile della sindrome di Peter Pan. E se non esiste, non importa, io ce l'ho. E' una patologia seria. Oh come soffro!

    Ma andiamo oltre: è l'ora di cominciare.
    La sala è strapiena. 
    Natalia e i Boys entrano in scena tra un'abbondanza di lustrini, paillettes, petti villosi e numeri di telefono lanciati come coriandoli. Stasera, inoltre, per dare man forte nella conduzione, è stato chiamato anche il cugino Lothar. Riccio da cherubino. Canotta d'ordinanza. Sguardo pallato da "mucca che fissa i treni". Quasi quasi m'innamoro.

    Le prime ad esibirsi sono Giulia Bavelloni e Daniela Pisci del Municipale Teatro. Portano in scena 20 minuti di R.I.P., una commedia drammatica in un unico atto.
    Due ragazze insoddisfatte che assomigliano a tutte e a nessuna. In cerca di un lavoro, in cerca di un amore, in cerca del phon.
    "Se domani finisce tutto?" si chiedono.
    Se domani ci danno un taglio loro o il mondo per loro? Non è dato saperlo ma solo intuirlo. E poi, del resto, non importa.
    Venti minuti che scorrono via tra valige da preparare, colloqui lavorativi da sostenere, addominali da scolpire, e quel qualcosa da trovare. Da trovare prima che domani finisca tutto. Da trovare perché domani non finisca tutto.

    Passano i venti minuti. Il pubblico esplode in un lungo meritato applauso, il più lungo della rassegna finora. La giuria elargisce commenti entusiasti.
    Ed io? Io voglio assolutamente vedere tutto lo spettacolo. Spettacolo scritto dalle stesse protagoniste e diretto da Chiara Lombardo.
    E voglio parlarne ancora in questo blog. Perché tanto talento, professionalità e lavoro travolge e appassiona. E, soprattutto, merita di essere pubblicizzato il più possibile.

    Le prime concorrenti hanno portato la competizione a un livello superiore e ora tocca alla Domus Alpha Crew.  Lello Carbone in arte “Zens” e Federico Salvai in arte “Twice” sono due giovanissimi rapper che entrano in scena pieni d'entusiasmo, ma con un grave handicap: la cassa in dotazione non è adatta allo scopo. Risultato: l'audio è pessimo e si fa molta fatica a capire le parole. Nonostante questo, il ritmo della base riesce a fare presa ma loro, ovviamente, non sono ancora soddisfatti. E allora che succede? Lello blocca la musica, chiede scusa, e comincia con il freestyle. Tutto con umiltà e un gran sorriso. In seguito verrà rimproverato dalla giuria per questo: "Dovevi andare avanti comunque", "Non avresti dovuto chiedere scusa al pubblico", "Sei un rapper, cazzo!"
    Bah, probabilmente avranno ragione loro. Forse avrebbe potuto rendere il passaggio al freestyle meno "drammatico". Ma che vi devo dire? A me questa cosa è piaciuta moltissimo. Ho visto qualcuno che ama ciò che fa, non molla mai, cerca una soluzione, sa stare sul palco e sa stare pure al mondo! Niente vittimismi, niente frigne: c'è un pubblico da intrattenere e lo s'intrattiene. Bravo, bravi!

    L'esibizione alla fine è più che dignitosa, ma rimane il rimpianto di non aver potuto sentire la crew al meglio delle possibilità. E allora sapete che vi dico? La sentiamo adesso su Radio Cole!


    Dopo il rap, in una montagna russa di emozioni e cambiamenti di scenografia, si passa al teatro sperimentale. E' il turno dei milanesi Into the Aquarius.
    Fanno teatro emozionale, interattivo e partecipativo.
    La loro esibizione prevede la presenza costante del pubblico che viene coinvolto a coppie. Purtroppo lo spazio non è adatto, chi non partecipa si sente escluso e fa fatica a capire ciò che accade al centro della scena. La rappresentazione si protrae oltre i 20 minuti, dietro di me sento l'attenzione calare, ed io vivo nel terrore di essere chiamata a partecipare.
    Poi l'incubo si realizza. Uno degli attori mi prende per mano e, in men che non si dica, mi trovo inginocchiata accanto a un ragazzo sdraiato, dormiente, e in mutande.

    Ma, superato il primo comprensibile imbarazzo,  finalmente comprendo. O almeno credo. Questo è un teatro da vivere dall'interno.
    Emozionale. Interattivo. Partecipativo.
    Nel momento in cui ci sei in mezzo, anche se non capisci molto cosa stai facendo o cosa ti viene chiesto di fare, ti senti parte di un gruppo, di una creazione, di un progetto.
    Una volta che vieni chiamato, non te ne vai più fino a quando non ti riaccompagnano al posto. E non solo perché hai paura di essere sgridato ma proprio perché, investito di nuova responsabilità, senti tuo dovere prendere parte alla rappresentazione fino a quando ti viene richiesto. Hai un compito. Hai un ruolo. Stai creando anche tu con gli altri. Ogni tuo gesto cambia il quadro generale.
    So che non tutti quelli coinvolti hanno provato il mio stesso entusiasmo. Ma questa è la mia cronaca. Ed io vi racconto il mio punto di vista. Non ho pretese da critica esperta. Non so nulla del teatro sperimentale. Non so se ciò a cui ho assistito sia ultramoderno o riprenda semplicemente vecchi schemi degli anni '70.
    So che mi è piaciuto però. Ed ho molto apprezzato il coraggio di chi porta tanta diversità in mezzo a un pubblico non pronto e, spesso, non ben disposto.
    Alla fine la giuria non risparmia critiche, la responsabile del progetto (Alessandra MR D'Agostino) difende la propria creatura come una leonessa, gli attori sorridono con bellissimi sorrisi da bambini, io intervengo non nascondendo l'entusiasmo e la simpatia per tutti loro.

    Ormai è tardissimo, manca solo un'esibizione.
    E sapete di cosa si tratta?
    Ebbene sì, proprio della "mia specialità" da cronista, l'improvvisazione teatrale!
    Mi pavoneggio con chi mi è accanto, faccio quella che ne sa, elargisco commenti con tutta la spocchia di cui sono capace.

    Ad esibirsi sono i SuMaDai ( Roberto Tavella, Nancy String Citro, Sergio Sasso, Gianluca Villata, Ivano Zanchetta). Portano in scena il Club dei Segreti. 
    E che cos'è?
    Cerco di spiegarlo rapidamente: a inizio serata è stato chiesto a tutti i presenti in sala di scrivere un proprio segreto sopra un foglietto. Da questi suggerimenti partirà l'improvvisazione.
    Ecco, questa è la teoria, ma non ho la più pallida idea di come funzioni la pratica. Altro che esperta. Tanto per cambiare faccio la figura della millantante cioccolataia. Grandi soddisfazioni! 

    Lo spettacolo inizia. Ognuno degli improvvisatori estrae un "segreto", lo legge tra sé e sé, e se lo mette in tasca. Infine ne viene estratto un altro, viene letto ad alta voce, "In una vita precedente sono stato un guerriero barbaro", e i Sumadai partono da questa suggestione.

    Sono bravi, la storia si dipana, il pubblico si appassiona. Il ritmo non cala mai tra tradimenti, rincarnazioni, morti premature, passioni travolgenti, demoni e gatti. 
    Alla fine, tra gli applausi, viene svelato il contenuto degli altri foglietti("canto a squarciagola in macchina", "sono uscito dal bar senza pagare", "ho tradito l'intradibile"...) tutti elementi che ognuno di loro ha inserito nell'improvvisazione ad insaputa dei compagni e del pubblico. Un ulteriore elemento di difficoltà. Chi, come me, non conosceva il meccanismo si entusiasma ancora di più. Bravi!
    L'improvvisazione spesso viene sottovalutata, ma stare sul palco senza un testo da seguire, affidandosi solo alla tecnica, alla propria inventiva, e a quella dei compagni, non è facile. Ci vuole coraggio, fiducia, e una certa dose di follia.
    Anche la giuria è soddisfatta.

    La serata è finita.
    Tanto talento. Tanta fatica. Tanta energia.

    Pubblico e giuria votano.
    A passare il turno sono i SuMaDai con il loro Club dei Segreti.
    Io, prima di correre alla metro, faccio in tempo a congratularmi con i vincitori, fotografare i rapper, abbracciare i milanesi, e rincorrere le bravissime Giulia e Daniela.

    Ah, già che ci sono, limono anche con due preti nel pubblico. Ma questa è un'altra storia.

    Il prossimo appuntamento? Giovedì 13 marzo ore 21,30 presso il Circolo Arci Bazura di via Belfiore 1, Torino.


    Ho visto una serata di eliminatorie di Catch Imprò.
    Ho visto le seminifinali di Catch Imprò.

    Però mi sono persa la finale di Catch Imprò.
    Shame on me!
    Anche perché, ovviamente, voci di corridoio e leggende metropolitane narrano di una sfida epica, indimenticabile, da raccontare ai propri nipoti.
    E, ora, io a mio nipote che gli racconto?

    Per recuperare tale mancanza, sabato scorso, ho deciso di scapicollarmi a vedere la "serata di gala" di Catch Imprò.

    Il programma prevedeva, prima, la sfida tra due squadre eliminate al primo turno, e la conseguente assegnazione del cucchiaio di legno di rugbistica tradizione. E, poi, il combattimento definitivo tra i vincitori del torneo appena conclusosi e una coppia di professionisti.

    Con il primo Catch si sono scaldati i motori, ma è con il secondo che è decollato il vero spettacolo.
    I vincitori del torneo erano i Preti-à-Porter, coppia di cui dissi già un gran bene in un altro post. Marco ed Ennio non sono solo bravi, ma bravissimi. E Marco, sabato, era insuperabile. Andava di qua, andava di là, diceva questo, diceva quello, e noi del pubblico in devota, goduriosa, quasi sessuale ammirazione.

    A confrontarsi con i preti c'erano due improvvisatori di tutto rispetto: Annalisa e Roberto dei  Cirque du Solaio. Lui (protagonista del filmato) l'avevo già visto fare l'arbitro, ed era straordinario. Lei la cronaca in diretta delle semifinali, ed era... e che ve lo dico a fare? Disinvolta, briosa, perfetta.
    Ma per quanto l'altra sera siano stati bravi, soprattutto lei, contro i clerici modaioli non c'è stato niente da fare. E questi ultimi, forti anche del voto mio e di Silvana, si sono portati a casa il premio della serata: il doppio shottino, bevuto nel tripudio e la festa generale.

    Con questo terzo post si conclude (per ora) la mia incursione nel mondo dell'improvvisazione teatrale.
    Da sabato prossimo parte un'altra avventura: il talent Facce da Palco. Seguitemi sul blog e, chi può, anche dal vivo. Primo appuntamento sabato primo marzo ore 21:00 al  Café des Arts, in Via principe Amedeo 33/F a Torino.

    Stay tuned e a presto!

    (N.d.A. tutti i video dei tornei torinesi di Catch Imprò li potete trovare qui)
    Dovrei essere al Cecchi Point verso le 21 per poter ritirare i biglietti con tranquillità.
    L'inizio dello spettacolo è previsto per le 21:30.
    Io esco di casa che sono già le 21:10.
    La puntualità è una qualità innata. L'incapacità di organizzarsi adeguatamente, anche.

    Affannata e arruffata faccio il mio ingresso trionfale nel cortile quando si è già fatta una certa. Tra me e i biglietti si frappone una lunga fila di varia umanità, non mi resta altro che mettermi l'animo in pace e attendere.
    La mia amica Silvana è uscita tardi dal lavoro e quindi non arriverà prima di un'ora.
    Io mi annoio, non so con chi parlare. Scelgo di fare l'unica cosa interessante in una situazione del genere: ascoltare le chiacchiere altrui.

    Ritorni da viaggi mirabolanti, focose notti d'amore, tra una storia e l'altra mi colpisce soprattutto una discutibile pianificazione per un futuro appuntamento.
    Una ragazza non sa dove portare uno che le interessa. Un suo amico le suggerisce: "a pattinare sul ghiaccio, magari gli piacciono gli sport invernali"
    Magari gli piacciono gli sport invernali?
    Pattinare sul ghiaccio?
    Ma che idea è?
    E se questo non sa pattinare? Adorerà l'idea di sentirsi ridicolo sgambettando sgraziato e dando ripetute culate. Sarà proprio felice, entusiasta direi!
    Un primo appuntamento sul ghiaccio va bene solo se tu sei Rocky e lei è Adriana. Altrimenti no!
    A dimostrarsi inetti c'è sempre tempo nel corso di una relazione. Perché accelerare questi bei momenti? Perché?
    Vorrei intervenire nella discussione e dare il mio prezioso contributo ma, purtroppo, è giunto il mio turno.
    Speriamo solo che consigliere e consigliata mi leggano.

    Io, intanto, pago il biglietto e cerco un posto. Anzi due.
    Il teatro è pienissimo, mi accaparro a fatica un pezzo di panca per me e Silvana.
    Giusto in tempo perché si spengano le luci, e parta lo spettacolo.

    La prima semifinale vede lo scontro tra i "Disco Inverno", già visti la settimana scorsa, e i "Fonzie Pilato".
    Il catch inizia un po' in sordina. Con il passare dei minuti però la sfida si fa più interessante, e la qualità cresce. Questo grazie ai concorrenti che prendono confidenza col palco, e all'arbitro che riesce a provocarli, sfidarli e rintuzzarli alla perfezione.
    Sul finale si ride con una reinterpretazione di Cenerentola. Fatta uno, due, tre, quattro volte. Sempre più divertente, sempre più veloce, sempre più delirante, fino a quando rimane solo Valentina a riproporre tutti i personaggi, tutta la storia, in una manciata di secondi. Lei finisce stremata. Il pubblico applaude entusiasta.

    Al momento di decretare la squadra vincitrice vengono premiati i Fonzie Pilato, merito soprattutto di Matteo e della sua perfetta Cenerentola che avrebbe convinto Walt Disney, i fratelli Grimm e pure le sorellastre.

    E' il momento dell'intervallo.
    Arriva la mia amica Silvana.
    La mia lunga lotta per conservare il territorio acquista finalmente un senso.

    Chiacchieriamo tra di noi e in giro. Scopro che il post della settimana scorsa l'hanno letto tutti. O quasi. C'è chi è contento, chi è molto contento, e chi vorrebbe prendermi a capocciate. Io, per spirito di autoconservazione, mantengo un basso profilo, mi muovo col passo del giaguaro e mi guardo circospetta in giro. Alla prima avvisaglia di pericolo, sono pronta a fuggire o usare Silvana come scudo umano. Del resto un favore me lo deve: le ho tenuto il posto per un'ora!

    Si spengono nuovamente le luci e ha inizio la seconda sfida che, data la caratura dei concorrenti presenti, più che una semifinale sembra un anticipo di finale.
    Da una parte le Panka & Bbbestia, dove spicca l'incontenibile Carmen, che ormai distribuisce biglietti da visita con la sua nuova occupazione: "Dea del Pensiero Laterale".
    E dall'altra i Preti-à-Porter. Non li conosco, non li ho mai visti all'opera, ma voci di corridoio dicono che siano in grado di spaccare il culo ai passeri. Ebbene sì, nei corridoi che frequento io si usano di queste espressioni!

    Questo catch è divertimento allo stato puro. L'arbitro dirige la sua orchestra con ironia e sicurezza. Il pubblico viene coinvolto moltissimo, si diverte e diverte. I concorrenti spaccano deretani agli augelli come se non ci fosse un domani.

    Due donne contro due uomini, in un rincorrersi di prove sempre più esilaranti e originali. Per un'ora in quel ring vengono raccontate mille storie in mille maniere diverse. Drammi famigliari degni delle compiante telenovele brasiliane anni '80; giornate tipo di dentisti ricchi, pigri e con madri invadenti; colossal fantasy con abbondante dispiegamento di comparse e spargimento di follia a mazzi.

    All'apice di questa giostra, l'arbitro annuncia la fine.
    "Nooooo", ci lamentiamo tutti.
    Ma lui decide e noi ci adeguiamo.

    Si passa alle votazioni.
    Un pareggio?
    Si conta.
    Vincono i Preti-à-Porter che, confermando le scurrili voci di corridoi, androni e salotti, si sono dimostrati qualcosa di più di due semplici improvvisatori, ma un vero è proprio duo comico in grado di capirsi e spalleggiarsi come pochi. Congratulazioni!
    Le Punk perdono a cresta alta. Il pubblico le acclama come meritano. Brave!

    La prova più difficile per i finalisti della prossima settimana?
    Mantenere un livello adeguato. L'asticella si è alzata. La sfida è aperta.
    Secondo i miei progetti più ambiziosi dovevamo essere in cinque.
    Di fronte alla dura realtà ho prenotato due biglietti.
    Nella realizzazione del mio peggior incubo, quando sono già in macchina, rimango sola. Abbandonata da un sms in corso Francia.

    Ferma al semaforo, preda dello sconforto, penso per un attimo di fare inversione. Ma è solo un attimo poi, al grido di "echecazzo", continuo la mia strada diretta al Cecchi Point, tempio torinese dell'improvvisazione teatrale.

    Una volta giunta lì, smadonno un quarto d'ora prima di trovare parcheggio, per poi lasciare l'auto in una via buia e mal frequentata. Perfetto! Ho sempre sognato di essere uccisa, fatta a pezzi con un taglierino, e convertita in mangime per galli da combattimento coreani.

    Entrata nel cortile, faccio la fila per ritirare il mio biglietto. Sotto la pioggia. Tempo 5 minuti e i miei capelli raddoppiano di volume. Io cerco di non innervosirmi, ma a un certo punto sento qualcuno ringhiare e recitare frasi al contrario in latino. Sono io.

    Arrivato il mio turno, biascico a mezza voce: "Ce ne dovrebbero essere due prenotati a nome Cole, ma sono rimasta sola"
    Il tizio dei biglietti, in uno slancio di pietosa empatia, cerca di confortarmi: "Ah bene. Cioè male. Vabbè dai, vedrai che ti diverti comunque"
    Ci manca solo che mi passi il numero del Telefono Amico o una copia di "Come trovarsi in fretta un nuovo fidanzato ed evitare di essere da sola il sabato sera".
    Riprendo a ringhiare e, per cambiare, recito frasi in aramaico antico.

    Scelto un posto a caso, vengo raggiunta da un'allegra famigliola: madre, padre e bimba.
    La madre non ride per tutto lo spettacolo.Non sbatte neanche le palpebre. Credo sia morta.
    Il padre si appisola. O forse muore.
    La figlia ha lo sguardo satanico da Carrie. Li ha uccisi lei.

    Finalmente comincia lo show.
    Ma quale show? In effetti, non ve l'ho ancora detto.
    Ve lo spiego per benino che qua, a quanto ho capito, bisogna essere specifici e precisi, altrimenti volano querele come pop corn da una padella senza coperchio.

    Sono a vedere una sfida d'improvvisazione teatrale detta  CATCH IMPRO’. Due attori/improvvisatori/passanti/figuranti (non lo so, lo potrei chiedere, ma il ruspante stile di questo post andrebbe a farsi benedire) sfidano altri due attori/improvvisatori/passanti/figuranti. Il tutto a colpi di situazioni assurde, ingegno, e una certa dose di paraculaggine.

    Il primo incontro fila via senza troppo entusiasmo. E' la prima volta che vedo una gara del genere, c'è la possibilità che io non capisca nulla, ma non riesco ad entusiasmarmi veramente.
    Tra i quattro sfidanti mi colpisce solo l'unica donna presente. Al secolo: Valentina. Una con il corpo minuto e l'aria tranquilla a cui non daresti un centesimo. E che, invece, si dimostra capace di tirare fuori delle ottime trovate. E' la sua coppia quella che spicca. E' la sua coppia quella che voto. E' la sua coppia quella che vince.

    Pausa di 10 minuti.
    Vado a farmi una birretta.

    In cassa trovo colei che, fino a 20 secondi prima, era l'arbitro cattivissimo del catch.
    A fare la cassiera invece è un pezzo di pane e quando le chiedo "posso rientrare in sala con la bottiglia?", mi risponde "ma certo".
    Io sorrido felice: sento di aver bisogno di un poco di alcol per reggere un'altra sfida.

    Riprendo il mio posto a sedere e Carrie, lo sguardo dello dimonio, guarda me e la mia Moretti con il biasimo con cui si guarderebbe un alcolizzato che si vomita addosso. Non mi guardavano così da quell'estate che ebbi la bella pensata di mettermi in topless a Sorrento. Ma sorvoliamo, quella è un'altra storia.
    No, non ve la racconterò.
    No, neanche in privato.
    Soprattutto non in privato!

    Mentre sorseggio la mia birra ricomincia lo spettacolo. Arrivano altre due coppie e un altro arbitro.
    Siamo su un altro pianeta!
    Il clima si scalda, forse è tutto merito della pausa alcolica, ma sta di fatto che lo show s'impenna.
    L'arbitro è ironico e buono: dopo due minuti ho voglia di correre ad abbracciarlo come un orsacchiottone (ma quanti gradi fa la Moretti?).
    I concorrenti sono proprio bravi.
    In particolare, in una squadra, spicca Carmen, la Dea del Pensiero Laterale. Ad ogni nuovo input se ne esce con l'idea che non ti aspetti, con la trovata che fa esplodere la sala in una fragorosa risata. Vincerà lei, vincerà la sua squadra, è evidente fin da subito.
    L'unico che riesca a metterla in difficoltà e a tenere il suo passo è nell'altro team, si chiama Giampaolo, ed è il Re della Freddura. Divertentissimo. Dopo 5 minuti già lo amo (ma che ci mettono dentro la Moretti?).

    Anche la seconda sfida finisce.
    So che vincerà Carmen ma, con tafazziana devozione, voto comunque per l'altra squadra che, infatti, perde clamorosamente.
    Perfetto: mi stò già allenando per le elezioni.

    Vado a riprendere la macchina. Anche per stasera riesco a riportare la pellaccia sana e salva a casa.

    Contro ogni contrattempo e sfiga mi sono divertita.
    Quasi quasi ci scrivo un post.

    Sabato prossimo ci saranno le semifinali.
    Quasi quasi ci torno.

    E voi?
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