I mei lettori più affezionati se ne ricorderanno. Gli altri no.
Per una paio d'anni, il mio socio Sergio Sasso ed io, abbiamo girato per le vie di Torino alla ricerca di storie da raccontare. Ispirati dal fantastico progetto
Humans of New York, abbiamo sviluppato il nostro
Humans-Torino. Sergio fotografava, io intervistavo.
Quest'esperienza si è ormai conclusa, perché anche le cose belle finiscono, il gioco è bello quando dura poco, chi da sé fa per tre, tanto va al gatta al lardo, sopra la panca la capra campa, tre tigri contro tre tigri, e un elefante dondolava sopra un filo di ragnatela... dicevo, il progetto si è concluso ed io mi sono detta: "ci sono due anni di lavoro, incontri e vita in quella pagina facebook, vuoi mica che tutto questo resti solo nelle volubili mani di Mark Zuckerberg?"
"Eh no!" mi sono risposta.
E così ho deciso che ogni settimana pubblicherò qua, a casa mia, alcune delle storie raccolte nel tempo.
Vi piace l'idea? Ma certo che vi piace.
E allora cominciamo subito.
Se penso a Humans Torino penso a lei. Ai suoi occhi dolci e a quella leggera smorfia. Penso a lei che ci raccontò una piccola grande lotta interiore con una sincerità e una naturalezza che mi colpirono allora e mi colpiscono ancora.
Sangue egiziano.
Cultura italiana.
"Cerco di avere una mentalità aperta, di comprendere e accettare. Ma fatico a rapportarmi con le mie radici egiziane.
Il problema è la cultura musulmana ed il ruolo che lascia alle donne.
Studio comunicazione interculturale e sogno di fare la mediatrice. Ma sono io stessa la prima che deve superare limiti e pregiudizi"
Far valere tutto e il contrario di tutto
Stabilire delle regole e poi contraddirle. Pubblicare interi romanzi e lasciare a metà brevi racconti. Descrivere con dovizia di particolari episodi di vita familiare ma fare i criptici con quella sentimentale. Parlare di mille amori e di nessuno. Seguire l’attualità e poi tuffarsi in un modo fantasioso slegato dalla realtà. Passare da un blog personale, a uno dedicato alla letteratura, per finire col dedicarsi al teatro e allo spettacolo locale. Mollare tutto. Ricominciare da capo.
Questa è la ricetta di Radio Cole.
L’insuccesso è assicurato ma il divertimento anche.
Scrivere post a puntate e poi lasciarli a metà
Prima fu il romanzo d’appendice, poi i radiodrammi, infine soap opera e telefilm.
Il pubblico adora le storie a puntate. Spasima per un finale sospeso che spinga ad attendere trepidante l’episodio successivo. Si affeziona ai personaggi e alle loro vicende.
Un blog personale, di per sé, è già tutto questo. Se poi al blog si aggiungono vicende private o racconti inventati, narrati a spizzichi e mozzichi, l’effetto calamita del lettore è assicurato. A meno che...
A meno che non vi chiamate Jane Pancrazia Cole e siate affetti da un’inspiegabile fascinazione per l’autodistruzione e l’autosabotaggio.
Fate come me, iniziate a scrivere storie a puntate, a raccontare vacanze a puntate, viaggi metaforico-esistenziali a puntate. E poi diluite sempre di più i post fino a mollare il tutto a metà. Per pigrizia. Per penuria d’ispirazione. Per semplice sadismo.
Fate così e i lettori non solo vi abbandoneranno, ma vi schiferanno proprio, vi augureranno le peggio punizioni divine e toglieranno il saluto a voi e a tutti i vostri familiari fino all’ottava generazione. E voi potrete dichiararvi con soddisfazione e orgoglio: blogger sconosciuti e pure un poco stronzi.
E nel caso non vi venisse in mente nessuna vicenda da utilizzare per torturare i vostri lettori, non temete, ci penso io a darvi utili suggerimenti! Buttatevi sui generi più gettonati: love and trip.
Inventatevi un nuovo fidanzato e una fantomatica proposta di matrimonio. E poi interrompete senza dare spiegazioni. Millantate un viaggio coast to coast negli Stati Uniti. Scrivete 10 post solo su biglietto, passaporto, valigia e viaggio verso l’aeroporto. E poi sparite nell'oblio, per riprendere dopo poco tempo a scrivere di tutt'altro, con una nonchalance da navigate carogne.
I lettori soffriranno e vi odieranno. Voi brinderete compiaciuti alla vostra inutile, e per questo motivo ancora più succosa, cattiveria. Prosit!
Non stare mai sul pezzo
Il blogger serio tiene un occhio al blog e l’altro alle news. Il blogger professionista sa quali sono gli argomenti di tendenza e li asseconda. Il blogger destinato all’immortalità crea lui stesso le tendenze.
Il blogger snobbettino, di nicchia, e pigro ignora e sbertuccia gli argomenti più gettonati. Lo fa volutamente. In uno sfoggio di orrore da motore di ricerca, talmente contorto e profondo da necessitare a sua volta una lunga trattazione. Ho deciso, il mio prossimo libro s’intitolerà “Pancrazia e la sua fuga costante dagli algoritmi di Google”.
Il film del momento? Il libro sulla bocca di tutti? Il personaggio più chiacchierato? Tranne rarissimi casi, non ne parlo mai. In realtà sono un’esperta di gossip e ho un’abilità particolare nel trattenere le informazioni inutili e frivole. Se solo dessi sfogo alla mia vera natura potrei farmi chiamare PancraziaCostume&Società o Pancrazia4000. Ma la mia missione da blogger sconosciuta ne risentirebbe troppo. Il mio blog potrebbe essere invaso da lettori curiosi. Che orrore!
Un cedimento di un paio di post e potrei trovarmi nell’Olimpo delle Divinità della Rete: Pancrazia la dea della blogpopolarità. Che scempio! Che tristezza! Che fallimento!
Tranquilli, sarò forte: il successo non mi avrà! Né ora, né mai.
Io le tendenze non le cavalco. Lascio che siano loro ad asfaltare me.