Margot Robbie, ottima protagonista di "Tonya", è talmente giovane da non aver mai sentito parlare, prima di leggere il copione, del più grande scandalo che macchiò il pattinaggio nel 1994. Beata lei.
Io, invece, così giovane non sono e quell'episodio me lo ricordo benissimo. Mi ricordo lo stupore per una cosa tanto grave organizzata tanto male, mi ricordo la ragazza bella e leggiadra che urlava di dolore e l'altra, la colpevole, meno bella e meno leggiadra, perfetta per rappresentare il ruolo che si era scelta.
Come si fa a raccontare una storia così? Senza trasformare la pellicola in uno di quei dozzinali biopic del sabato pomeriggio televisivo?
Come si fa? Chiedetelo a Craig Gillespie. Il regista. Lui ce l'ha fatta. Lui ci è riuscito.
Ha raccontato la storia attraverso la viva voce e le esatte parole dei protagonisti. Dei cattivi. Parole che gli stolti (Tonya, il violento ex marito e il mitomane cretino amico di quest'ultimo) hanno rilasciato in vecchie interviste televisive. E, al netto delle bugie, delle omissioni ma anche delle tante ingenuità, grazie ai loro racconti emerge un quadro affascinante nella sua desolazione.
Craig Gillespie è riuscito nella difficile impresa di raccontare un cattivo senza idealizzarlo ma anche senza condannarlo, perché a condannare Tonya, in fondo, ci ha già pensato da sempre la vita. Vita che lei si è trovata costretta a giocare, fin da piccola, con pessime carte. Abbandonata da un padre che amava e costretta a crescere con la peggiore delle madri possibili: violenta, anaffettiva, STRONZA.
Ciò, ovviamente, non giustifica Tonya, perché di gente con pessimi inizi, e senza neanche il suo talento, ce n'è tanta al mondo e non è che tutti risolvano i propri problemi facendo prendere a randellate la principale rivale. Facendo prendere a randellate o coprendo i colpevoli una volta venuta a sapere del fattaccio, la verità processuale e quella delle interviste in questo differiscono.
Insomma, Tonya è fisicamente potente ma non aggraziata. Talentuosa ma non forse così tanto come crede di essere. Eccessiva, umorale, sgradevole, lei e come lei tutta la sua famiglia. Tonya non la vorresti come amica, ma non riesci comunque ad odiarla perché assistere alla rappresentazione della sua vita è come assistere a un incidente al rallentatore.
Tonya, qualunque cosa faccia, qualunque obiettivo raggiunga, sembra avere comunque un destino perennemente puntato verso il disastro. Può dibattersi ma è destinata ad affogare. E tu stai là, a guardarla impotente e a soffrire un po' per lei.
Craig Gillespie racconta una storia affascinante quanto assurda, come solo le storie vere sanno essere. E lo fa, tra l'atro, con una scelta di attori ineccepibile, tra cui emerge Allison Janney che, per la sua interpretazione della madre terribile, si è portata a casa un meritatissimo Oscar.
Ma qualche difetto questo film ce lo avrà?
Sì, per quanto mi riguarda, sì.
Alcune scene sui pattini danno troppo la sgradevole sensazione "faccia di Margot appiccicata su corpo di vera pattinatrice". Ma, onestamente, non so se questo dipenda da un livello tecnologico non ancora raggiunto, da mancanza di abilità tecniche dei responsabili o da penuria di fondi. Non è ho la più pallida idea.
Il giudizio, comunque, resta positivo. Il film è da vedere.