Gli Oscar secondo Pancrazia: Coco

Una sta una vita senza scrivere sul proprio blog, poi una notte non riesce a prendere sonno, si gira e si rigira nel letto e, toh!, viene fulminata da un'idea: scrivere una serie di post dedicati ai film vittoriosi o nominati durante l'ultima notte degli Oscar.

In ordine assolutamente casuale inizio con "Coco", il cartone Disney Pixar, vincitore del premio per miglior film d'animazione e miglior canzone.

Onestamente non m'ispirava per nulla, e mi sono decisa a guardarlo solo sfinita dalle critiche positive al riguardo che continuavano a giungermi da ogni parte. Dunque ho capitolato. L'ho guardato. E per i primi 10 minuti ho anche pensato "vabbè, niente di che".

Poi la storia ha preso piede e, dall'ingresso nel coloratissimo e messicano mondo dei morti, mi sono lasciata trascinare. Infine, quando è emerso chiaramente il concetto "Scompariamo totalmente solo nel momento in cui nessuno sulla Terra si ricorda più di noi" ho cominciato a singhiozzare, priva di ritegno e orgoglio.

Non credo che faccia a tutti lo stesso effetto, dipende probabilmente dalla sensibilità personale, dall'esperienze vissute e dalle persone perse. Io ho pianto, pianto, pianto ma sono anche stata felice. Perché il ricordo è un concetto potente e positivo.

Ho apprezzato, inoltre, la scelta di raccontare la cultura messicana. Perché è bello non essere sempre centrati solo sul proprio ombelico, sia da grandi che da bambini, è bello guardare un po' più là.  È bello e necessario essere curiosi, perché, se non lo si è, se non si è curiosi, allora sì che si è morti, morti dentro. Morti grigi e polverosi, tra l'altro, mica colorati e appassionati come quelli di Coco.

Giudizio finale: DA VEDERE! 

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