Scrivo questo post e non ci penso più.
Vi svelo il mio segreto segretissimo.
La mia grande vergogna.
Voi però non ridete, ok?
Siete pronti?
Siete sicuri?
Mi giurate che dopo questa rivelazione rimarrà tutto uguale tra di noi?
Si?
Ok, allora vado: prendo un bel respiro e poi lo scrivo.
Anzi no, conto fino a 3.
1
2
2 1/2
2 3/4
3
Io, Jane Pancrazia Cole, non so andare in bicicletta.
Ecco. L'ho scritto.
Ora, scusatemi, ma corro a nascondermi.
...sob...
Vi svelo il mio segreto segretissimo.
La mia grande vergogna.
Voi però non ridete, ok?
Siete pronti?
Siete sicuri?
Mi giurate che dopo questa rivelazione rimarrà tutto uguale tra di noi?
Si?
Ok, allora vado: prendo un bel respiro e poi lo scrivo.
Anzi no, conto fino a 3.
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Io, Jane Pancrazia Cole, non so andare in bicicletta.
Ecco. L'ho scritto.
Ora, scusatemi, ma corro a nascondermi.
...sob...
Se racconti a due bambine dalla sfrenata fantasia le vicende di Fatima e dei pastorelli il minimo che possa accadere è che le due innocenti si lascino prendere dall'entusiasmo ed inizino ad imbastire un semplice quanto ambizioso progetto.
No, non quello di farsi suore.
No, neanche quello di darsi alla pastorizia.
No, neppure quello di aprire un B&B a Fatima per accogliere i pellegrini.
La mia compagna di banco ed io, dopo un'illuminante lezione di religione in terza elementare, decidemmo "semplicemente" che da quel giorno saremmo state buonissime in modo da guadagnarci anche noi un'apparizione della Madonna.
La nostra non era una speranza ma una certezza. Ad un comportamento corretto sarebbe sicuramente corrisposto il premio desiderato, nello specifico una visione mistica. Punto. Le chiacchiere stavano a zero.
Io che passavo i week end a giocare a calcio con mio cugino Ale sdrumandogli sempre le caviglie, più aggressiva di Gattuso e più fallosa di Materazzi; io che anni addietro avevo ceduto la Barbie in comodato d'uso a quel porco di Giuliano; io che ritenevo la messa domenicale la peggiore delle punizioni; io avrei intrapreso la via della beatitudine.
Lei che conosceva certe colorite espressioni da far impallidire qualsiasi camionista turco; lei che passava i suoi pomeriggi a corcare di mazzate il fratello; lei che considerava il pettegolezzo una forma d'arte; lei mi avrebbe affiancata sulla medesima via.
Era proprio il caso di dire: Dio le fa e poi le accoppia.
Come andò a finire?
Ci mettemmo solo 24 ore per renderci conto che nessuna delle due sarebbe stata in grado di mantenere una condotta di vita adeguata e quindi decidemmo di rinunciare.
Ma negli anni seguenti ci saremmo comunque intrattenute in altri interessanti diversivi: come organizzare un mercato nero durante l'intervallo, sventare una rapina immaginaria in cartoleria e condurre una campagna tutta al femminile contro il bullo della scuola.
Sapete com'è: ci piaceva tenerci impegnate.
No, non quello di farsi suore.
No, neanche quello di darsi alla pastorizia.
No, neppure quello di aprire un B&B a Fatima per accogliere i pellegrini.
La mia compagna di banco ed io, dopo un'illuminante lezione di religione in terza elementare, decidemmo "semplicemente" che da quel giorno saremmo state buonissime in modo da guadagnarci anche noi un'apparizione della Madonna.
La nostra non era una speranza ma una certezza. Ad un comportamento corretto sarebbe sicuramente corrisposto il premio desiderato, nello specifico una visione mistica. Punto. Le chiacchiere stavano a zero.
Io che passavo i week end a giocare a calcio con mio cugino Ale sdrumandogli sempre le caviglie, più aggressiva di Gattuso e più fallosa di Materazzi; io che anni addietro avevo ceduto la Barbie in comodato d'uso a quel porco di Giuliano; io che ritenevo la messa domenicale la peggiore delle punizioni; io avrei intrapreso la via della beatitudine.
Lei che conosceva certe colorite espressioni da far impallidire qualsiasi camionista turco; lei che passava i suoi pomeriggi a corcare di mazzate il fratello; lei che considerava il pettegolezzo una forma d'arte; lei mi avrebbe affiancata sulla medesima via.
Era proprio il caso di dire: Dio le fa e poi le accoppia.
Come andò a finire?
Ci mettemmo solo 24 ore per renderci conto che nessuna delle due sarebbe stata in grado di mantenere una condotta di vita adeguata e quindi decidemmo di rinunciare.
Ma negli anni seguenti ci saremmo comunque intrattenute in altri interessanti diversivi: come organizzare un mercato nero durante l'intervallo, sventare una rapina immaginaria in cartoleria e condurre una campagna tutta al femminile contro il bullo della scuola.
Sapete com'è: ci piaceva tenerci impegnate.
Ci sono persone che nascono coraggiose e affrontano la vita con sprezzo del pericolo ed una certa dose d'incoscienza.
Io non sono una di quelle. Io sono nata paurosa e vivo facendomela metaforicamente sotto.
Ma se adesso sono un'adulta discretamente pavida, da piccola ero proprio una fifona senza speranza.
Una frignona priva di ritegno.
Una palla al piede.
Insomma: una discreta rompiballe.
Avevo il sacro terrore dell'acqua.
Quando mi facevano il bagnetto mi dibattevo come un'anguilla ed emettevo certi strilli che neanche un coguaro con la coda incastrata in una tagliola. E nelle vecchie foto al mare si possono ancora ammirare le mie espressioni da bimba gaudente in vacanza: c'è la classica "disperata, chi me l'ha fatto fare" sulla battigia e l'inarrivabile "terrorizzata, non voglio morire" nel canotto.
Ovviamente avevo anche paura del buio.
Ogni notte era una tragedia: vedevo ombre, immaginavo cose, mi convincevo che la stanza fosse infestata dai mostri mangia-bambini e così correvo a cercare riparo nel lettone dei miei.
Ora che sono diventata una signorina grande non ho più bisogno della coercizione fisica per farmi il bagno, ho perfino imparato a nuotare e nelle foto delle vacanze le mie espressioni variano dal "ma quanto sono gnocca?" al "oh cielo sembro una balena spiaggiata" a seconda della trippa accumulata durante l'inverno.
E il buio?
Ovviamente ho ancora paura del buio. E chi non ce l'ha?
Ma, in quanto adulta e vaccinata, dormo buona buona nel mio lettuccio, sperando che i mostri, nel caso si palesino, si pappino prima Ciccio.
E voi? Che paure avete? Non vorrete mica lasciarmi da sola a "confessarmi"? Guardate che io ho anche paura della solitudine!
Io non sono una di quelle. Io sono nata paurosa e vivo facendomela metaforicamente sotto.
Ma se adesso sono un'adulta discretamente pavida, da piccola ero proprio una fifona senza speranza.
Una frignona priva di ritegno.
Una palla al piede.
Insomma: una discreta rompiballe.
Avevo il sacro terrore dell'acqua.
Quando mi facevano il bagnetto mi dibattevo come un'anguilla ed emettevo certi strilli che neanche un coguaro con la coda incastrata in una tagliola. E nelle vecchie foto al mare si possono ancora ammirare le mie espressioni da bimba gaudente in vacanza: c'è la classica "disperata, chi me l'ha fatto fare" sulla battigia e l'inarrivabile "terrorizzata, non voglio morire" nel canotto.
Ovviamente avevo anche paura del buio.
Ogni notte era una tragedia: vedevo ombre, immaginavo cose, mi convincevo che la stanza fosse infestata dai mostri mangia-bambini e così correvo a cercare riparo nel lettone dei miei.
Ora che sono diventata una signorina grande non ho più bisogno della coercizione fisica per farmi il bagno, ho perfino imparato a nuotare e nelle foto delle vacanze le mie espressioni variano dal "ma quanto sono gnocca?" al "oh cielo sembro una balena spiaggiata" a seconda della trippa accumulata durante l'inverno.
E il buio?
Ovviamente ho ancora paura del buio. E chi non ce l'ha?
Ma, in quanto adulta e vaccinata, dormo buona buona nel mio lettuccio, sperando che i mostri, nel caso si palesino, si pappino prima Ciccio.
E voi? Che paure avete? Non vorrete mica lasciarmi da sola a "confessarmi"? Guardate che io ho anche paura della solitudine!
Per saperne di più seguite il link a Donne Pensanti."Il decalogo
- Faith ha 23 anni e quattro anni fa ha ucciso un potente connazionale, per difendersi dai suoi tentativi di violenza sessuale.
- E’ stata condannata a morte nel suo paese (che non contempla per le donne l’attenuante della legittima difesa).
- E’ scappata dal paese che la vuole morta.
- Si è rifugiata a Bologna credendo di essere al sicuro.
- Hanno tentato di violentarla nuovamente.
- Ha denunciato il suo aggressore.
- E’ stata fermata dalla Questura.
- E’ stata rimpatriata nel suo paese.
- In questo momento forse è già stata impiccata."
E fatelo ora: non c'è tempo da perdere!
Iniziò un pomeriggio del lontano 1991.
Io avevo appena 14 anni e lui 23.
Io stavo finendo il primo quadrimestre della seconda media e lui gli Australian Open.
Io ero io.
Lui era Boris Becker.
Lo vidi in televisione: alto ed imponente, con i capelli rossi e dei meravigliosi occhi blu.
Fu un colpo di fulmine.
Tutti pensarono che sarebbe stata solo una relazione breve, una cottarella senza importanza ed invece, tra i normali alti e bassi, le crisi ed i riavvicinamenti, le vittorie e le sconfitte, i fidanzamenti e pure i figli, il nostro rapporto continuò fino al 2001. Anno in cui il mio amato venne travolto dagli scandali, fece la figura del porco ma soprattutto del pirla e cadde rovinosamente dal piedistallo su cui l'avevo tenuto per tutto quel tempo.
Delusa e amareggiata abbandonai il mio principe azzurro, ormai molto sbiadito, al suo destino e decisi di crescere.
La mia storia con Boris iniziò nel 1991 e terminò nel 2001. Nessun'altra mia relazione è durata così a lungo.
Quindi, a tutt'oggi, il rapporto più duraturo che io abbia mai avuto è quello immaginario con un tennista egocentrico, fedifrago, evasore fiscale e, a detta di SorellaCole, pure bruttarello.
C'è qualcosa di più patetico e folle?
Certo che si! Una foto tratta dal nostro album privato, per esempio.
Questa è la mia personalissima "settimana della stupidera". L'avevate notato?
Io avevo appena 14 anni e lui 23.
Io stavo finendo il primo quadrimestre della seconda media e lui gli Australian Open.
Io ero io.
Lui era Boris Becker.
Lo vidi in televisione: alto ed imponente, con i capelli rossi e dei meravigliosi occhi blu.
Fu un colpo di fulmine.
Tutti pensarono che sarebbe stata solo una relazione breve, una cottarella senza importanza ed invece, tra i normali alti e bassi, le crisi ed i riavvicinamenti, le vittorie e le sconfitte, i fidanzamenti e pure i figli, il nostro rapporto continuò fino al 2001. Anno in cui il mio amato venne travolto dagli scandali, fece la figura del porco ma soprattutto del pirla e cadde rovinosamente dal piedistallo su cui l'avevo tenuto per tutto quel tempo.
Delusa e amareggiata abbandonai il mio principe azzurro, ormai molto sbiadito, al suo destino e decisi di crescere.
La mia storia con Boris iniziò nel 1991 e terminò nel 2001. Nessun'altra mia relazione è durata così a lungo.
Quindi, a tutt'oggi, il rapporto più duraturo che io abbia mai avuto è quello immaginario con un tennista egocentrico, fedifrago, evasore fiscale e, a detta di SorellaCole, pure bruttarello.
C'è qualcosa di più patetico e folle?
Certo che si! Una foto tratta dal nostro album privato, per esempio.
Questa è la mia personalissima "settimana della stupidera". L'avevate notato?
In seconda media mi presi una cotta per un mio compagno.
Si chiamava Marco, aveva un'aria decisamente equina ma piaceva a tutte ed anche a me.
Una mattina, prima che cominciassero le lezioni, mi chiese di "metterci assieme" ed io accettai al volo.
Fu una storia unica, irripetibile, ineguagliabile.
Una storia che non riuscirò mai a dimenticare.
Una storia che durò dalla prima ora all'intervallo.
Due ore.
Al suono della campanella l'essere abbietto mi mollò per mettersi con la mia migliore amica.
A distanza di tanti anni ho superato il trauma e riesco addirittura a ricordare l'episodio con divertimento.
Si, con una grande, grassa, risata ISTERICA!
Si chiamava Marco, aveva un'aria decisamente equina ma piaceva a tutte ed anche a me.
Una mattina, prima che cominciassero le lezioni, mi chiese di "metterci assieme" ed io accettai al volo.
Fu una storia unica, irripetibile, ineguagliabile.
Una storia che non riuscirò mai a dimenticare.
Una storia che durò dalla prima ora all'intervallo.
Due ore.
Al suono della campanella l'essere abbietto mi mollò per mettersi con la mia migliore amica.
A distanza di tanti anni ho superato il trauma e riesco addirittura a ricordare l'episodio con divertimento.
Si, con una grande, grassa, risata ISTERICA!
The nominees are:
Ero ospite a casa dei genitori del mio vecchio fidanzato (sempre lui).
Una mattina entrai in bagno e mi trovai di fronte al padre che, in procinto di farsi la doccia, se ne stava in piedi accanto al box con addosso solo un paio di striminziti slippini.
Lui, mantenendo un invidiabile aplomb, mi augurò il buon giorno.
Io, dotata di molto meno self control, corsi a nascondermi in camera, dove prima cercai di togliermi la vita con un'overdose di zigulì e poi di perdere la memoria sbattendo ripetutamente la testa contro il muro. Il tutto mentre il mio ex, invece di confortarmi, si rotolava a terra dal ridere.
L'immagine di quell'uomo in mutande da allora si è impressa indelebilmente nella mia mente e sono certa che mi accompagnerà per tutta la vita. E non per ribadire un vecchio concetto, ma questo increscioso episodio non si sarebbe mai verificato se TUTTI avessero l'abitudine di chiudersi a chiave in bagno proprio come FACCIO IO.
E voi? Qual è il vostro momento più imbarazzante? Siete in grado di battermi?
- Quella volta che andai a sbattere contro una cabina telefonica
- Quella volta che non riuscii a mantenere un basso profilo all'inaugurazione dell'anno accademico
- Quella volta che beccai il mio ex suocero in mutande.
Ero ospite a casa dei genitori del mio vecchio fidanzato (sempre lui).
Una mattina entrai in bagno e mi trovai di fronte al padre che, in procinto di farsi la doccia, se ne stava in piedi accanto al box con addosso solo un paio di striminziti slippini.
Lui, mantenendo un invidiabile aplomb, mi augurò il buon giorno.
Io, dotata di molto meno self control, corsi a nascondermi in camera, dove prima cercai di togliermi la vita con un'overdose di zigulì e poi di perdere la memoria sbattendo ripetutamente la testa contro il muro. Il tutto mentre il mio ex, invece di confortarmi, si rotolava a terra dal ridere.
L'immagine di quell'uomo in mutande da allora si è impressa indelebilmente nella mia mente e sono certa che mi accompagnerà per tutta la vita. E non per ribadire un vecchio concetto, ma questo increscioso episodio non si sarebbe mai verificato se TUTTI avessero l'abitudine di chiudersi a chiave in bagno proprio come FACCIO IO.
E voi? Qual è il vostro momento più imbarazzante? Siete in grado di battermi?
Era il 1981, io avevo 4 anni ed il mio amato 7.
Si chiamava Giuliano, aveva la capoccetta ricoperta da bellissimi riccioli rossi ed il viso ornato da deliziose efelidi.
Io lo amavo teneramente.
Lui usava la mia adorata Barbie per fare le cosacce con quel porco del suo Big Jim.
Quello fu il profetico inizio della mia vivace vita sentimentale.
Ci sono donne che fanno palpitare i cuori dei poeti romantici.
Io no. Io vado forte tra i ruspanti goderecci.
Si chiamava Giuliano, aveva la capoccetta ricoperta da bellissimi riccioli rossi ed il viso ornato da deliziose efelidi.
Io lo amavo teneramente.
Lui usava la mia adorata Barbie per fare le cosacce con quel porco del suo Big Jim.
Quello fu il profetico inizio della mia vivace vita sentimentale.
Ci sono donne che fanno palpitare i cuori dei poeti romantici.
Io no. Io vado forte tra i ruspanti goderecci.
Non ho mai partecipato a nessun Blog Candy.
Questi concorsi non mi attraggono molto.
Perché? E' semplice: di solito la dea fortuna non mi bacia, tutt'al più mi schifa.
A Natale inizio la serata che sembro Paperon de Paperoni con le ghette, la tuba e tutte le monetine del deposito e finisco squattrinata peggio di Paperino.
E mica giochiamo a poker! Ma io riesco ad indebitarmi pure con la tombola.
E agli esami? Avete presente quella compagna "Che fortuna! Mi hanno chiesto l'unico argomento che avevo studiato"? Ecco, appunto, quella stron#a!
Io ovviamente non sono lei, ma quella che viene dopo, quella "Ma noooo, mi hanno chiesto l'unica cosa che non sapevo!"
Non ho mai trovato più di 5 centesimi per strada ma in compenso mi è capitato spesso di trovare simpatici regalini e di spiaccicarci sopra il piedino, magari calzato in scarpe con meravigliose suole a carrarmato. Con risultati che non stò neanche a descrivervi.
Non ho mai vinto niente in vita mia. Maiiii.
Anzi no, una volta con la lotteria di quartiere ho vinto un mega uovo di cioccolato fodente. Ma il biglietto, anche se era a nome mio, l'aveva scelto SorellaCole che, invece, diciamolo: ha più culo che anima! (con affetto eh, sorellina!)
Lei ed il suo degno consorte sono riusciti a vincere pure alla macchinetta delle sigarette: invece del resto gli è venuto giù un jackpot che neanche una slot machine a Monte Carlo. E meno male che il fumo fa male!
Ma magari questa volta ci penserà la "mia" adorata Lupina a portarmi fortuna, echilosa!
Giuro che se dovessi vincere la maglietta, la indosso, mi faccio la foto e la pubblico sul blog.
Lo giuro!!!
Questi concorsi non mi attraggono molto.
Perché? E' semplice: di solito la dea fortuna non mi bacia, tutt'al più mi schifa.
A Natale inizio la serata che sembro Paperon de Paperoni con le ghette, la tuba e tutte le monetine del deposito e finisco squattrinata peggio di Paperino.
E mica giochiamo a poker! Ma io riesco ad indebitarmi pure con la tombola.
E agli esami? Avete presente quella compagna "Che fortuna! Mi hanno chiesto l'unico argomento che avevo studiato"? Ecco, appunto, quella stron#a!
Io ovviamente non sono lei, ma quella che viene dopo, quella "Ma noooo, mi hanno chiesto l'unica cosa che non sapevo!"
Non ho mai trovato più di 5 centesimi per strada ma in compenso mi è capitato spesso di trovare simpatici regalini e di spiaccicarci sopra il piedino, magari calzato in scarpe con meravigliose suole a carrarmato. Con risultati che non stò neanche a descrivervi.
Non ho mai vinto niente in vita mia. Maiiii.
Anzi no, una volta con la lotteria di quartiere ho vinto un mega uovo di cioccolato fodente. Ma il biglietto, anche se era a nome mio, l'aveva scelto SorellaCole che, invece, diciamolo: ha più culo che anima! (con affetto eh, sorellina!)
Lei ed il suo degno consorte sono riusciti a vincere pure alla macchinetta delle sigarette: invece del resto gli è venuto giù un jackpot che neanche una slot machine a Monte Carlo. E meno male che il fumo fa male!
Ma magari questa volta ci penserà la "mia" adorata Lupina a portarmi fortuna, echilosa!
Giuro che se dovessi vincere la maglietta, la indosso, mi faccio la foto e la pubblico sul blog.
Lo giuro!!!
Un uomo distinto.
Un bastone ad agevolarne il passo.
I capelli pettinati all'indietro e lo sguardo fiero.
"Buongiorno. Posso dare il mio contributo o sono fuori tempo massimo?"
Ieri un Novantadueenne è venuto a chiederci se poteva donare il sangue.
Novantadue anni.
Novantadue anni compiuti.
Ovviamente no, un novantadueenne non può donare il sangue.
Lo vieta la legge, la medicina ed anche il buon senso.
Ma incontrare un uomo così è stato un onore.
Quando l'ultimo rappresentante della generazione dei nostri nonni se ne sarà andato, quando non resterà più nessuno di quelli che hanno vissuto la guerra, conosciuto la dignità della rinuncia e lavorato la terra con le mani, questa nostra società sarà ancora più povera e smarrita di quanto già non sia.
Un bastone ad agevolarne il passo.
I capelli pettinati all'indietro e lo sguardo fiero.
"Buongiorno. Posso dare il mio contributo o sono fuori tempo massimo?"
Ieri un Novantadueenne è venuto a chiederci se poteva donare il sangue.
Novantadue anni.
Novantadue anni compiuti.
Ovviamente no, un novantadueenne non può donare il sangue.
Lo vieta la legge, la medicina ed anche il buon senso.
Ma incontrare un uomo così è stato un onore.
Quando l'ultimo rappresentante della generazione dei nostri nonni se ne sarà andato, quando non resterà più nessuno di quelli che hanno vissuto la guerra, conosciuto la dignità della rinuncia e lavorato la terra con le mani, questa nostra società sarà ancora più povera e smarrita di quanto già non sia.
Alcuni libri vanno assaggiati,
altri divorati e alcuni, rari,
masticati e digeriti.
Francis Bacon.
Ero entrata in libreria solo per dare una rapida occhiata, ripromettendomi di tenere il portafogli ermeticamente chiuso.
I miei buoni propositi sono andati a farsi benedire nel momento in cui ho visto Lui.
Lui, che qualcuno aveva gettato distrattamente su un tavolo.
Lui, che sembrava stesse lì ad aspettarmi.
Lui, il cui titolo mi occhieggiava malandrino e seducente dalla copertina.
Lui, "I berlinesi" di Sven Regener.
Come avrei potuto resistere ad un richiamo tanto sfacciato?
Come avrei potuto ignorare le insistenti sirene crucche?
Come avrei potuto non cadere vittima dell'Erasmus Nostalgia?
Ed infatti non ho resistito, non ho ignorato e ci sono caduta con tutte le scarpe.
Un libro ambientato nella Berlino degli anni '80: quella del muro, delle case occupate, dei punk e degli artisti. Una realtà folle ed irresistibile che viene descritta attraverso gli occhi di Frank, giovane in cerca del fratello maggiore ma soprattutto di se stesso. Un percoso compiuto tra fiumi di birra, personaggi sopra le righe e dialoghi assurdi. Un viaggio che, nonostante il finale sotto tono, vi consiglio di intraprendere.
Un libro per chi ama Berlino.
Un libro dove si può cogliere il clima sociale e culturale che, a distanza di molti anni e dopo lo stravolgimento politico, ancora caratterizza la città.
Un libro lieve, divertito e divertente.
Un libro libidinoso come una colazione da Berio (*) (**).
Un libro fresco come una birra al Pratergarten (*).
Un libro che ti sazia come una cena al Faustus (*) di Kudamm.
"I berlinesi" di Sven Regener, edizioni Elliot.
(*) Qualcuno di voi è in partenza per Berlino? Questi sono tutti locali provati ed approvati da me. Prendete nota e poi fatemi sapere.
(**) Vi consiglio di ordinare una "Toronto", a mio insindacabile giudizio, la colazione più buona del mondo.
Il maiale trasportava la sua libidine attraverso il cielo d'agosto.
Il bambino lo osservava da terra, rapito dal volo del grasso suino.
Solo lui poteva vederlo. Solo i neonati vedono i beati che salgono in paradiso o i dannati che precipitano all'inferno.
Lucio, il porco volante, non era sempre stato un maiale, ma in un tempo non troppo lontano era stato un angelo. Un meraviglioso angelo con tutte le cosine al posto giusto: i riccioli biondi, le guance paffute, il camicione bianco ed un'apertura alare da fare invidia ad un'aquila.
Per molti secoli aveva orgogliosamente occupato uno dei posti di prestigio nel coro delle voci bianche di Santa Cecilia. Tutti lo amavano e ne ammiravano le doti canore, fino a quando una mattina accadde l'inspiegabile: Lucio, che era andato a dormire con una vocina celestiale, si svegliò con un vocione da scaricatore di porto, degno di San Pietro dopo tre pacchetti di Stop senza filtro.
Santa Cecilia, che lo conosceva da quando era un puttino piccolo piccolo e gli era tanto affezionata, lo tenne comunque nel coro ma con l'ordine tassativo di non cantare, ma muovere le labbra senza emettere un suono.
Lucio era ogni giorno più triste, si sentiva diverso da tutti i suoi amici, il suo vocione sgraziato lo imbarazzava e poi sentiva crescere dentro di sé una fame pazzesca che lo tormentava.
Lui cercava di saziare le proprie voglie a suon di merendine: celestiali crostatine al cioccolato, paradisiache ciambelle ricoperte di zucchero e canditi, divini bomboloni alla crema, babeliche montagne di profitterol e, durante le feste comandate, morbidi panettoni farciti e burrosi colesterolici pandori.
Gli altri cantavano e lui mangiava, gli altri provavano le scale e lui faceva i fanghi nella crema pasticcera, gli altri si esercitavano fino a raggiungere la perfezione e lui s'ingozzava fino ad una bella indigestione.
Lucio mangiava ma non era mai sazio.
Il Grande Capo, che tutto sa e tutto vede, per dare un freno all'ingordo cherubino, riportarlo sulla retta via e abbassargli i trigliceridi, lo mise a dieta con la minaccia che ad ogni dolce ingoiato l'avrebbe duramente punito. E così ebbe inizio la metamorfosi.
Cassata siciliana? Via i boccoli biondi. Sachertorte? Due belle orecchie a punta. Zuppa inglese? Un enorme naso grufolante. Cartellate pugliesi? Una codona a turacciolo. Creme caramel? Quattro piedi porcini.
In poco tempo il povero Lucio si trovò trasformato in un grosso maiale e, abbandonato definitivamente il coro, prese a vagare triste e solitario: "Perché? Perché sono diverso dagli altri? Cos'è questo languore che sento dentro e che nulla riesce a saziare?", si chiedeva sospirando.
Ma un giorno, tra un lamento e l'altro, lo sventurato s'imbattè in Santa Eustacchia da Cinisello Balsamo, tre volte vincitrice del concorso miss Settimo Cielo, "Buongiorno mio sfortunato amico. Ho sentito del tuo crudele destino. Posso fare qualcosa per rendere lieve la tua esistenza?" gli disse lei, che oltre ad essere bella era anche buona e gentile.
"Sorbole, che bocce!" rispose lui ingrifato come un riccio in amore.
E così finalmente si svelò l'arcano: quello di Lucio era un gravissimo caso di frustrazione sessuale da pubertà isterica. Egli, in quanto angelo e quindi asessuato, era privo di tutta la strumentazione necessaria per l'accoppiamento ma, per un rarissimo difetto di fabbricazione, provava comunque le pulsioni terrene tipiche di un adolescente. Anzi di un branco di adolescenti.
Lucio sublimava la mancanza di sesso con l'abbondanza di cibo.
Un angelo obeso ed ingordo era ancora accettabile, ma un maiale che cercava d'infilare il proprio nasone tra le tette di Eustacchia no! E così il Grande Capo lo condannò alla dannazione eterna, lo spogliò delle angeliche ali, gli regalò un forcone, e con un divino calcione nel sedere lo spinse giù verso l'inferno.
Lucio, dopo una perfetta parabola compiuta sopra Posillipo, ebbe giusto il tempo di urlare all'inconsapevole folla napoletana: "Una sfogliatella, lanciatemi una sfogliatella!", per poi venir inghiottito dal Vesuvio e schiantarsi davanti alle infernali porte.
"Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate!", recitava un cartello.
"Cazzo! Cominciamo bene", esclamò il porco, che si stava velocemente adattando al nuovo ambiente.
Al cancello gli venne incontro un gran bel pezzo di diavolessa: un metro e ottanta di femmina, avvolta in una tuta di pelle nera, con lunghi capelli rossi, occhi da gatta, labbra a canotto ed una coda che schioccava come una frusta.
Fu amore a prima vista.
"Prendimi, mangiami, rivoltami come un calzino, insaccami come un cacciatorino, sprimacciami come un cuscino: voglio essere tuo per sempre!", la supplicò Lucio, che dopo tutti questi anni di sofferenze non era certo propenso ad un lungo corteggiamento.
Lei lo guardò, capì di aver trovato finalmente la sua metà della mela, e sorridendo gli disse: "Accomodati amore mio."
Ora Lucio è un diavolo felice: ha tanti nuovi amici, un posto fisso come capo reparto nel girone dei golosi ed una fidanzata con cui saziare tutti gli appetiti.
ps: un doveroso grazie al Prof, autore dell'illuminata ed illuminante frase "Il maiale trasportava la sua libidine".
Il bambino lo osservava da terra, rapito dal volo del grasso suino.
Solo lui poteva vederlo. Solo i neonati vedono i beati che salgono in paradiso o i dannati che precipitano all'inferno.
Lucio, il porco volante, non era sempre stato un maiale, ma in un tempo non troppo lontano era stato un angelo. Un meraviglioso angelo con tutte le cosine al posto giusto: i riccioli biondi, le guance paffute, il camicione bianco ed un'apertura alare da fare invidia ad un'aquila.
Per molti secoli aveva orgogliosamente occupato uno dei posti di prestigio nel coro delle voci bianche di Santa Cecilia. Tutti lo amavano e ne ammiravano le doti canore, fino a quando una mattina accadde l'inspiegabile: Lucio, che era andato a dormire con una vocina celestiale, si svegliò con un vocione da scaricatore di porto, degno di San Pietro dopo tre pacchetti di Stop senza filtro.
Santa Cecilia, che lo conosceva da quando era un puttino piccolo piccolo e gli era tanto affezionata, lo tenne comunque nel coro ma con l'ordine tassativo di non cantare, ma muovere le labbra senza emettere un suono.
Lucio era ogni giorno più triste, si sentiva diverso da tutti i suoi amici, il suo vocione sgraziato lo imbarazzava e poi sentiva crescere dentro di sé una fame pazzesca che lo tormentava.
Lui cercava di saziare le proprie voglie a suon di merendine: celestiali crostatine al cioccolato, paradisiache ciambelle ricoperte di zucchero e canditi, divini bomboloni alla crema, babeliche montagne di profitterol e, durante le feste comandate, morbidi panettoni farciti e burrosi colesterolici pandori.
Gli altri cantavano e lui mangiava, gli altri provavano le scale e lui faceva i fanghi nella crema pasticcera, gli altri si esercitavano fino a raggiungere la perfezione e lui s'ingozzava fino ad una bella indigestione.
Lucio mangiava ma non era mai sazio.
Il Grande Capo, che tutto sa e tutto vede, per dare un freno all'ingordo cherubino, riportarlo sulla retta via e abbassargli i trigliceridi, lo mise a dieta con la minaccia che ad ogni dolce ingoiato l'avrebbe duramente punito. E così ebbe inizio la metamorfosi.
Cassata siciliana? Via i boccoli biondi. Sachertorte? Due belle orecchie a punta. Zuppa inglese? Un enorme naso grufolante. Cartellate pugliesi? Una codona a turacciolo. Creme caramel? Quattro piedi porcini.
In poco tempo il povero Lucio si trovò trasformato in un grosso maiale e, abbandonato definitivamente il coro, prese a vagare triste e solitario: "Perché? Perché sono diverso dagli altri? Cos'è questo languore che sento dentro e che nulla riesce a saziare?", si chiedeva sospirando.
Ma un giorno, tra un lamento e l'altro, lo sventurato s'imbattè in Santa Eustacchia da Cinisello Balsamo, tre volte vincitrice del concorso miss Settimo Cielo, "Buongiorno mio sfortunato amico. Ho sentito del tuo crudele destino. Posso fare qualcosa per rendere lieve la tua esistenza?" gli disse lei, che oltre ad essere bella era anche buona e gentile.
"Sorbole, che bocce!" rispose lui ingrifato come un riccio in amore.
E così finalmente si svelò l'arcano: quello di Lucio era un gravissimo caso di frustrazione sessuale da pubertà isterica. Egli, in quanto angelo e quindi asessuato, era privo di tutta la strumentazione necessaria per l'accoppiamento ma, per un rarissimo difetto di fabbricazione, provava comunque le pulsioni terrene tipiche di un adolescente. Anzi di un branco di adolescenti.
Lucio sublimava la mancanza di sesso con l'abbondanza di cibo.
Un angelo obeso ed ingordo era ancora accettabile, ma un maiale che cercava d'infilare il proprio nasone tra le tette di Eustacchia no! E così il Grande Capo lo condannò alla dannazione eterna, lo spogliò delle angeliche ali, gli regalò un forcone, e con un divino calcione nel sedere lo spinse giù verso l'inferno.
Lucio, dopo una perfetta parabola compiuta sopra Posillipo, ebbe giusto il tempo di urlare all'inconsapevole folla napoletana: "Una sfogliatella, lanciatemi una sfogliatella!", per poi venir inghiottito dal Vesuvio e schiantarsi davanti alle infernali porte.
"Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate!", recitava un cartello.
"Cazzo! Cominciamo bene", esclamò il porco, che si stava velocemente adattando al nuovo ambiente.
Al cancello gli venne incontro un gran bel pezzo di diavolessa: un metro e ottanta di femmina, avvolta in una tuta di pelle nera, con lunghi capelli rossi, occhi da gatta, labbra a canotto ed una coda che schioccava come una frusta.
Fu amore a prima vista.
"Prendimi, mangiami, rivoltami come un calzino, insaccami come un cacciatorino, sprimacciami come un cuscino: voglio essere tuo per sempre!", la supplicò Lucio, che dopo tutti questi anni di sofferenze non era certo propenso ad un lungo corteggiamento.
Lei lo guardò, capì di aver trovato finalmente la sua metà della mela, e sorridendo gli disse: "Accomodati amore mio."
Ora Lucio è un diavolo felice: ha tanti nuovi amici, un posto fisso come capo reparto nel girone dei golosi ed una fidanzata con cui saziare tutti gli appetiti.
ps: un doveroso grazie al Prof, autore dell'illuminata ed illuminante frase "Il maiale trasportava la sua libidine".
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