Io a Lisbona ci volevo andare da almeno 15 anni e quest'anno, finalmente, ci sono riuscita.
Lisbona è calda. Maledettamente, vigliaccamente, follemente calda. Però è bella. Unicamente, riccamente, luminosamente bella. E ha una forte personalità. Fatta di Sud America, Africa ed Europa. Cannella, cani tristi, e mosche invadenti. Residui di rasta appiccicati a fronti sempre più ampie, ricci fittissimi su teste chiassose, e lanugine stanca di vecchi gentili.
Lisbona è la scalinata in Rua Cidade de Manchester, che mi darà gli incubi per il resto dei miei giorni. È un padrone di casa che appena mi vede, sudata, stanca e incazzata, ride forte e poi mi abbraccia consolandomi in una lingua che non capisco ma pare dolcissima. È il centro città, dove la prima cosa che chiedono è "Hashish? Coca?" e continuano a farlo ogni giorno, a qualsiasi ora e in qualunque condizione di affollamento umano t'incrocino, tanto che alla fine ci si convince di avere un'aria da fattoni che neanche i protagonisti più bruciati di Trainspotting.
Lisbona è il Barrio Alto dove il sole che cala finisce dritto negli occhi, ma intanto sale la brezza, il caldo si cheta, e hanno tutti un giacchino. Tutti tranne me che, infatti, c'ho freddo e mi lamento.
Lisbona è riso patate e acciughe, riso patate e baccalà, riso patate e pollo, riso patate e filetto, riso patate e all'animadichitemmuort! E il pane? A parte.
Lisbona è il quartiere di Belém, così bello che senza la città non sarebbe la stessa. È il Museu Berardo che lascia a bocca aperta, con Andy Warhol da una parte, Fontana dall'altra, e tanta roba pazzesca che sarebbe d'andarci a vivere proprio in mezzo. È il Pastel de Nata appena sfornato, così caldo che la sfoglia si scioglie mentre si affonda la punta della lingua nella crema, si socchiudono gli occhi, e si mugola di piacere rischiando l'accusa di atti osceni in luogo pubblico.
Lisbona è la vicina Sintra, dove i Castelli colorati punteggiano il bosco fitto, e un giro in tuc tuc può salvarti da morte certa per insolazione.
Lisbona è una stanza buia dove raccontano il terremoto così bene da far venir paura e anche il magone. È il venditore di vinili che si scoccia se entri a curiosare nel suo negozio. È il tram 28 che si aspetta al capolinea dietro a una fila infinita, ci si arrende, si progetta di svegliarsi all'alba dell'indomani, ma poi lo si becca semivuoto a una fermata qualsiasi, ci si sale sopra e si è felici felici felici. Al ritorno, però, non passa più, ci si trova in mezzo al nulla, e si torna a piedi ululando di stanchezza.
Lisbona è Alfama e il fado, i bar minuscoli, le salite assassine, i turisti in stato confusionale, e la foto perfetta.
Lisbona è il ristorante preferito, con la cucina buonissima e i camerieri tanto rimbambiti da sembrar finti.
Lisbona è il mercato delle pulci che "Sembra la parte brutta-bruttissima del Balon", ma poi ci trovi quelle foto belle-bellissime da appendere a casa.
Lisbona è la diabolica scelta urbanistica di qualche visionario sadico, che ha fatto in modo che non ci sia mai ombra da nessuna parte, men che meno nei luoghi dove bisogna stare in coda. Ma comunque IO non sono riuscita ad abbronzarmi neanche lì.
Lisbona è meravigliosa e faticosa, un'orgia irresistibile di pregi e difetti.
Lisbona è la dimostrazione che le vacanze perfette sono fatte per i tristi di cuore e di spirito. Lei ti può offrire solo quelle imperfette e, infatti, noi siamo stati benissimo.
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