Sarà per una questione anagrafica, l’autrice ha più o meno la mia età, ma leggendo “Niente di vero” di Veronica Raimo, mi sono trovata spesso a pensare “oh cavolo, sembro io a vent’anni” oppure “oh cavolo, sembra la mia amica Eli” o ancora “oh cavolo, sembro io ora”. Non necessariamente con una connotazione positiva, ben inteso.
Il romanzo è bello e spietato, l’autrice racconta se stessa e una generazione intera. O meglio, una tipologia di donna: quelle a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, di sinistra, che amano Berlino, intellettualmente snob, hanno faticato a crescere, spesso non hanno figli, per scelta o meno, e sono in perenne ricerca di se stesse.
Detta così sembra solo un cliché ma, guardandomi attorno, vi trovo tanti pezzi di tante persone con cui sono cresciuta, oltre che tanto di me stessa. Nel racconto autobiografico della Raimo riconosco frammenti di amiche ed ex amiche ma anche fidanzati e genitori. Ritrovo i drammi e le passioni che ho superato e coltivato.
Insomma, Veronica Raimo racconta una tribù. Non la migliore forse ma la mia.
Ma, sia ben chiaro, per apprezzare questo libro non si deve avere né la mia carta d’identità né la mia storia. Anche se non siete le protagoniste di questo racconto, ne siete le figlie, le madri, gli amici e i mariti. Ci siete anche voi, tranquilli.
Niente di vero è candidato al Premio Strega di quest’anno. Io, in verità, non faccio mai il tifo per i premi letterari e, inoltre non ho letto tutti gli altri candidati, ma una vittoria, in questo caso, mi parrebbe più che giustificata.
E comunque, nel frattempo, l’opera si è già aggiudicata il Premio Strega Giovani.
Veronica Raimo.
Edizioni Einaudi.
Consigliato.
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