Per il mio periodico racconto su
TorinOggi, questa volta non ho scelto una leggenda locale ma mi sono ispirata ai miei ricordi d'infanzia. Ricordi che sono miei e di tanti, tantissimi bambini vissuti tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80.
Un’estate qualsiasi a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80.
31 luglio. 10 di sera.
Quartiere Mirafiori.
FIAT. Corso Tazzoli. Porta 1.
Gli operai escono di corsa dal secondo turno. Sono uomini e donne pronti a godersi le meritate vacanze.
Alcuni trovano già la famiglia ad attenderli fuori. Gli uomini: il portapacchi carico di valige, i bambini che saltellano eccitati sul sedile posteriore, le mogli indaffarate tra panini farciti e uva già lavata. Le donne: i mariti pronti al volante con il termos pieno di caffè.
“Papà”, sbadiglia Marco in pigiama e scarpe da ginnastica.
“A che ora arriviamo da nonna?”
“Domani” risponde il padre, già diretto verso la tangenziale.
“Ti ho preso anche il cuscino, dormi tesoro”, gli accarezza il viso la madre, sporgendosi in dietro senza l’intralcio della cintura di sicurezza, il cui obbligo è ancora da venire.
Continua la mia raccolta dei "misteri" torinesi. Li trovo, li trasformo in
racconto e li scrivo su
Torino Oggi.
Questa volta si tratta del fantasma di una donna dal cuore spezzato.
Buona lettura.
Elena Matilde: la sposa infelice di via delle Orfane.
Uno dei fantasmi più
conosciuti della città di Torino è quello che si aggira per i corridoi di
Palazzo Barolo
Quando quella mattina mi sposai in duomo, mai avrei pensato che la mia
vita sarebbe finita così.
Mi ero messa il vestito più elegante che avevo, non era nuovo ma l'avevo
messo una sola volta. "Perché fare inutili sprechi?" aveva detto papà e io
gli avevo dato retta, ovviamente. Poi la mamma mi aveva appuntato una sua
spilla preziosa sui capelli. "Questa te la regalo" mi aveva sussurrato con
tenerezza.
A me non importava nulla dell'abito, usato o meno, l'importante era
indossarlo per sposare il mio amato Gerolamo. Cugino e promesso sposo
praticamente dalla culla, mi ritrovai di fronte a lui e al vescovo con il
cuore che mi batteva all'impazzata. Il mio amore era così elegante, e così
dolce con quel suo sorriso complice da ragazzino.
Continua...
La 127 verde prato arrancava su per la collina. Giovanni era andato al Sant’Anna a prendere Lucia e il loro piccolino appena nato.
La strada era scivolosa a causa della neve caduta pochi giorni prima, spifferi di aria gelida entravano nell'abitacolo, mentre le ombre si allungavano e il sole si preparava a tramontare.
Lucia, stretto il piccolo in una copertina, tremava per il freddo ma anche per la paura, "Sarà una brutta notte" disse fissando il tetto della villa che s'intravedeva più su lungo la strada ...
La splendida foto è di
Alessandro Bonvini,
CC BY 2.0.
E il mio racconto continua sulle pagine di
TorinOggi.
Io, ogni due settimane, racconto Torino. La racconto proprio. Scrivo racconti dedicati alla città, alla sua storia e a i suoi miti.
E cosa c'è di più mitologico del gianduiotto?
L'atmosfera in città era mogia. Il meraviglioso profumo proveniente da tutte le pasticcerie era sempre meno forte.
"Potremmo fare i cioccolatini più piccoli" proponeva il garzone di bottega.
"Più piccoli?"
"Sì, più piccoli sono e meno cacao ci vuole"
"Non sarebbe una soluzione, purtroppo. I nostri clienti vogliono riempirsi la bocca con vere prelibatezze, non stuzzicarsi l'appetito con piccolezze che finiscono prima ancora che ne abbiano apprezzato il sapore" rispose Michele Prochet, abile cioccolataio ammirato in tutta la città.
"Ha ragione, Maestro. Accidenti a quel nano prepotente francese, è tutta colpa sua!"
Il brevilineo francese in questione era nientepopodimeno che Napoleone Bonaparte.
Continua...