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Io vorrei essere una di quelle blogger cool.
Quelle con l'occhiale da sole figo, il capello biondo fluente, e il sorriso che abbaglia.
Lo vorrei tantissimo, ma senza gli occhiali da vista non ci vedo una mazza, ho i capelli scuri e incazzosi, e mi sono persino dimenticata di prenotare la prossima pulizia dei denti e mo' chissà quando trovo posto!

Io vorrei essere una di quelle blogger intellettuali.
Quelle con la frangiona, lo sguardo intelligente, e le frequentazioni di un certo spessore.
Lo vorrei tantissimo, ma con la frangia sembro mia zia Peppina, se m'impegno a fare una faccia intelligente mi trasformo in uno strano mix tra Igor e Jack Nicholson, e amo frequentare cialtroni dagli interessi folli, tali e quali a me!

Io vorrei, lo vorrei tantissimo, ma mi mancano le basi!
Io sono quel tipo di blogger che dovrebbe andare a vedere uno spettacolo che aspetta da un mese e, il giorno prima, si ritrova  a letto con due tonsille grandi come palline da tennis, una gola infiammata tipo il cratere dell'Etna, e la tosse di un vecchio bronchitico che ha 110 anni ma fuma da 120.
In questo incantevole stato, a questo tipo di blogger, non rimane altro che mandare un messaggio "a chat unificate" in cui annuncia la propria imminente dipartita e la susseguente mancata presenza al tanto agognato show.
Poche ore dopo, però, di fronte a un lieve miglioramento, questo tipo di blogger si veste di corsa, prende la metro e arriva appena in tempo per assistere alla doppia serata di Cabaret della rassegna OffStage.

Insomma, non sarò cool, non sarò intellettuale, ma ho una certa sconclusionata imprevedibilità che mi rende affascinante. O almeno mi piace raccontarmela così.

Vado di cronaca? Vado.

Lo spettacolo sta per iniziare. Io arrivo giusto in tempo. Io e i miei millemilioni di fazzoletti di carta.
Nat mi vede e, stupita dalla mia presenza, dice a chiunque sia disposto a darle retta: "C'è Pancrazia! C'è Pancrazia!" Tutti la guardano come una pazza. Ma non importa, lei ed io siamo contente.

Mi siedo.
Si comincia con la prima del video. Quale video? Non dico nulla. Taccio. Vi spiegherò, con dovizia di particolari, lunedì prossimo. Sono sadica? Sì, lo sono.

Dopo il video, dicevo, è la volta del pre show affidato a Gilèt&Salopèt (Qui su Humans). Il duo comico rivelazione della scorsa edizione di Facce da Palco. Amedeo e Pippo. Giovanissimi, talentuosissimi, divertentissimi. Pochi mesi fa ci stupirono tutti, facendoci chiedere cosa sarebbero stati in grado di fare tra un paio di anni con un po' di lavoro ed esperienza in più. Intanto posso dire che, nel giro di una primavera e di un'estate, hanno lavorato sul pezzo forte del loro repertorio. Un surreale litigio tra Moka e Tazzina, una sfida a suon di tradimenti, amori rubati e relazioni bollenti. Bravi! La strada mi sembra quella giusta.

Finito il pre show si passa allo spettacolo principale con i Tracataiz Tracataiz. Un trio milanese che ci fa ridere tutti a suon di sketch, dialoghi assurdi, sponsor discutibili e l'ilare dramma del Maneki Neko. Di che? Il Maneki Neko! Il gatto giapponese porta fortuna. Quello con la zampa alzata. Quello che, a forza di stare così, soffre di "braccite dondolina". Una patologia, una piaga sociale, un dramma che non si può ignorare!
Bravi i Tracataiz Tracataiz. Bravi e coinvolgenti. Basta stare ad ascoltarli per 10 minuti e s'inizia a svalvolare come loro...aiutate il Maneki Neko!

Finisce la serata.
Io e i miei millemilioni di fazzoletti ce ne torniamo a casa.
Ora sto una schifezza e sogno il piumone come pietra tombale di tutte le mie sofferenze. Ma, se proprio bisogna andarsene, meglio farlo ridendo!
Vi ricordate che qualche settimana fa litigai con la mia inadeguatezza per raggiungere il Cab 41?
Due settimane dopo ci sono ritornata ma, forte dell'esperienza precedente, mi sono marchiata a fuoco nel cervello l'indirizzo esatto. E, infatti, ho raggiunto facilmente il punto desiderato.
Peccato che non ci fosse parcheggio vicino al locale ed io mi sia messa a girare per vie, viuzze, sensi unici, vicoli corti, vicoli stretti, stazione nord sud est ovest e parco della vittoria, prima di riuscire a posteggiare, scendere dall'auto, e...
...e non avere la più pallida idea di dove fossi finita.

Sotto la pioggia, mi sono fatta guidare dal navigatore del cellulare come un cieco dal proprio cane.
Sorprendentemente, alla fine, sono riuscita ad entrare e prendere posto ancora prima che lo spettacolo cominciasse. Evidentemente, il dio dei cabarettisti mi guarda benevolo.

La prima sera del Lab Stand Up, laboratorio per monolighisti, mi ero molto divertita. Ma la seconda persino di più!
Ho riso grazie alla colorita lingua italiana osservata da un punto di vista tutto americano.
Ho riso perché anch'io, come tutti, ho incontrato un idraulico che mi ha mortifcata con un "Ooooooohhhh, ma chi ti ha fatto questo lavoro qui?"
Ho riso perché non amo particolarmente i pezzi che affrontano il rapporto uomo-donna, ma alcune dinamiche sono sacrosante verità che trascendono il limite del buon senso e si proiettano gioiose nella fantascienza!
Insomma, ho riso!

E la terza serata? La terza sarà martedì 18 novembre.
Vorrete mica perdervela?
Vorrete mica perdervi l'occasione di ascoltare undici comici raccontarvi piccoli brandelli di realtà?
Vorrete mica perdervi l'occasione di godere di uno spettacolo gratis in un posto bello come il cab 41?
Vorrete mica perdervi l'occasione di assistere al mio trafelato arrivo? Sarò facile da riconoscere: capello bizzarro, occhiale appannato, cappottino da Epifanio.
No dico, vi vorrete mica perdere tutto ciò?

E allora martedì 18 novembre, ore 21:30, fatevi trovare al Cab 41, in via Fratelli Carle 41.
Ad aspettarvi ci saranno: Massimo Pica, Sergio Silvestri, Claudio Sterpone, Gianpiero Perone, Manuel Negro, Sergio Cardinale, Elisabetta Gullì, Mike Rollins, Mauro Ventola, Marco Guarena, e Federica Ferrero.
Ne vedrete e sentirete delle belle!
Siete di Torino, la ridente cittadina con i piedi nel fiume e la testa nelle montagne?
Conoscete il Blah Blah, il locale al numero 21 di via Po?


Se avete risposto positivamente ad entrambe le domande, o solo a una, o a nessuna delle due ma siete molto attivi e curiosi, sappiate che:


  • ogni 14 giorni, 
  •  la domenica sera, 
  • a Torino, 
  • al Blah Blah
  • si svolge Improv To. Una serata dedicata all'improvvisazione e al sano cazzeggio.

    Uno spettacolo diviso in due parti.

    La prima (ore 20) è la jam session, in cui sul palco c'è spazio per tutti (improvvisatori e no) a patto che abbiano voglia di provare, non prendersi troppo sul serio e, ovviamente, improvvisare. Piccoli sketch, intramuscolo, pochi minuti costruiti sul momento. Poco più di giochi, sciocchezze, delle volte emerite cagate. Robe che, se non siete dell'ambiente, vi faranno probabilmente lo straniante ma euforizzante effetto di esservi appena imbucati in un'esclusivissima festa di scappati dal manicomio. Pazzi ma non pericolosi o, almeno, non troppo pericolosi.

    La seconda, alle 21, propone ogni volta uno show diverso, un format diverso, una compagnia d'improvvisatori diversi. Un ottimo modo per iniziare a conoscere questo tipo di teatro, sempre in bilico tra il serio e il faceto, la tecnica e il gioco.

    Per quanto riguarda gli spettacoli delle 21 il cartellone prevede:

    16 nov   Imprevisti su Misura con Impro Quiz (da Milano)
    30 nov  Sumadai con Il club dei segreti (già visti qua, qua e pure qua)
    14 dicembre Quinta Tinta con Rooms e B-Teatro con Boxeattori

    Non vi ho incuriosito abbastanza? Devo aggiungere qualcos'altro?
    "Sì", mi suggeriscono dalla regia, "il tutto è organizzato dal B-Teatro!"
    Ecco, lo sapevo che avevo dimenticato qualcosa!
    E poi?
    E poi l'entrata è gratuita e gli spettacoli a cappello!
    Cosa volete più di questo?

    Ci si vede là.
    A domenica!
    Voi che avete fatto sabato scorso?
    Io sono andata a vedere uno spettacolo.
    "E capirai che novità", direte voi.
    In effetti, ultimamente sono diventata un po' monotematica e leggermente maniacale. Ma, tutto sommato, meglio vagamente ossessiva che passiva, no? No???
    Evvabbbè! Io vado avanti...

    ...sabato scorso sono andata a vedere "Singing in te dark" all'interno della rassegna Istantaneo.
    Istantaneo è stato un festival d'improvvisazione teatrale che ha visto riunirsi a Torino e Valenza improvvisatori provenienti dall'Italia e dall'Europa. Professionisti di tutto rispetto in grado di trasformare l'intrattenimento in arte. Il talento in meraviglia. La tecnica in prodigio. Insomma, improvvisatori bravi un bel po'. Ma proprio un bel po'!

    In cinque giorni, dal 29 ottobre al 2 novembre, si sono succeduti numerosi spettacoli, io ne ho visto solo uno (e mezzo) e sono rimasta incantata.
    Singing in the dark è un musical ispirato alle atmosfere fiabesche e gotiche di Tim Burton. Un musical tutto improvvisato. Tutto nuovo. Tutto unico. Dall'inizio alla fine. "Dica lo giuro" "Lo giuro".
    Uno show costruito sulle indicazioni del pubblico e la fantasia degli attori. Questi ultimi preparati da una vera e propria icona del settore: Sean McCann.
    Sul palcoscenico sono saliti: Renato Preziuso e Mariadele Attanasio da Chianciano; Deborah Fedrigucci, Tiziano Storti e Susanna Cantelmo da Roma; Roberto Garelli e Lara Mottola da Torino.

    E' difficile spiegarvi la magia di una storia così complessa che nasce e s'intreccia davanti ai propri occhi. Lo stupore di canzoni che durano il tempo di una sera. La forza di personaggi destinati a vivere per una sola ora. Avreste dovuto esserci. Come ve la faccio a descrivere una cosa così?
    "E allora che lo scrivi a fare questo post?" potrebbe farmi notare qualcuno.
    E forse avrebbe ragione.
    Lo scrivo per celebrare la bellezza e la bravura. Perché, per riuscire nell'impresa di creare uno spettacolo di questo livello, ci vogliono talento, esperienza e tecnica. Tutte caratteristiche che non sono mancate ai protagonisti della serata, che ci hanno regalato così un viaggio unico e irripetibile.
    Ecco. Forse è soprattutto per loro che lo scrivo. Per ringraziarli.

    Grazie!
    A voi piace travestirvi?
    A me no.
    Già mi faceva schifo il carnevale e ora, da qualche tempo, ci si è messo anche Halloween. Che gioia!

    Per fortuna quest'anno non ho dovuto inventarmi elaborate scuse, incredibili impegni precedenti, o panzane fantasmagoriche, per evitare di conciarmi da battona fattucchiera, ma ho potuto rispondere, a chiunque m'invitasse ai party del 31, con un semplice e veritiero: "C'ho da fare, venerdì c'è lo spettacolo di Nat"

    Nat è Nathalie Bernardi. Lo spettacolo era l'Edipo Re-quiem. E lo spazio dedicato su Humans all'evento è questo qui.
    Avete messo il like a Humans Torino? Non avete ancora messo il like a Humans Torino? Cosa aspettate a mettere il like a Humans Torino?!?! Mettete il like a Humans Torino!

    Per questa volta vi risparmio l'introduzione trucco-parrucco-ricerca parcheggio-esaurimento nervoso, ma mi limito a un criptico messaggio in codice: gnocca gioiosa e felicemente posteggiata. Ecco.

    Foto di Antonio Sandro Crisà
    L'Edipo Re-quiem è una versione riveduta e "scorretta" di due famose tragedie di Sofocle: Edipo Re e Antigone.
    Sul palco cinque ottimi interpreti hanno vestito i panni di Antigone, la Sfinge, Edipo, Polinice e Creonte. E hanno dato vita a una storia fatta di dolore, maledizioni, amore non corrisposto, violenza, incesto, pedofilia e sopraffazione.
    Dall'antica Grecia ci si è spostati, per l'occasione, in un ospedale psichiatrico. E i protagonisti sono diventati pazienti disturbati, inventori o vittime delle più atroci trame.

    Uno spettacolo dai toni cupi che si è sposato perfettamente con la notte dei mostri e delle streghe, delle paure e degli incubi. Una rappresentazione studiata e strutturata proprio in funzione della data che ne ha visto la prima. E, forse per questo motivo, fin troppo splatter e aggressiva.

    Un eccesso inutile data l'intensità del testo e la formidabile bravura degli attori in scena. Nathalie Bernardi è stata un Antigone drammatica e seduttiva. Francesca Puopolo una Sfinge carismatica ma schiava. Alessio Rossone un Polinice perverso e appassionato. Claudio Sportelli un Creonte crudele e meschino. E, il giovanissimo Luca Leone, un Edipo convincente che è riuscito a reggere il confronto con attori di talento e grande esperienza.

    Un bel lavoro che, però, ha bisogno di essere alleggerito di inutili effetti sorpresa, atti a coinvolgere fino al turbamento il pubblico. Scopo per cui basta, quando c'è, la bravura di chi calca le scene. E in questo caso di bravura ce n'è stata molta. Moltissima.
    Un artista e un viaggiatore.
    Questo serve e niente di più per dare vita a MyHomeGallery.

    A Myche?...un contatto diretto tra creatore e fruitore.
    Una start up, una comunità, un'idea.

    E quindi?
    Cerco di spiegarvelo il più semplicemente possibile.

    Gli artisti che fanno parte di MyHomeGallery aprono le loro case ai visitatori.
    E' possibile andarli a trovare, conoscerli, parlare con loro e visitare delle vere e proprie "mostre su misura". In questo modo si coniuga turismo ed arte in maniera originale, si crea una nuova forma di turismo culturale.

    Come funziona? Sei un turista, un amante dell'arte, un collezionista, o semplicemente un tipo molto curioso, e vuoi provare questa nuova esperienza?
    Bene! Vai sul sito di MyHomeGallery, iscriviti, inserisci la destinazione del viaggio (o semplicemente la città dove abiti!), e scegli tra gli artisti segnalati quello che t'interessa di più. Contattalo e mettiti d'accordo su tempi, luoghi e contributo richiesto.
    E poi parti. Parti per questa nuova avventura!
    Mettiamo subito in chiaro una cosa: non sono una tuttologa.
    Non sono un'esperta di letteratura, teatro, cinema, varie ed eventuali. No.
    Ma se m'imbatto in qualcosa che mi piace, che penso valga la pena, che. Se m'imbatto in qualcosa così, dicevo, amo parlarne sul blog, condividerlo con i lettori, spargere la voce, dedicare il mio tempo e la mia scrittura alla diffusione del bello. Di ciò che io ritengo bello.

    Ecco. Questo giusto per chiarire. Perché negli ultimi mesi il pubblico di queste pagine è aumentato e, in parte, cambiato. Molti non mi conoscono. Molti non sanno cosa faccio. Molti avrebbero bisogno di farsi una camomilla. Endovena.

    Detto ciò, sabato sono andata al cinema a vedere "Lucy", l'ultimo film di Luc Besson.
    Spettacolo delle 0:35.
    Non dovevo andare a vedere Lucy e non dovevo neanche andare a vedere l'ultimo spettacolo ma le vie della disorganizzazione, mancanza di parcheggio e disordine mentale sono infinite, e mi sono trovata al cinema, di notte, con un sacchetto di pop corn e una Scarlett Johansson che sparava come una matta.

    Io ve lo dico. A me Luc Besson piace. A molti no. A me sì.
    Perché è un regista fracassone ma poetico. Perché ama le donne e le sa dirigere. Perché è internazionale ma ancora così sfacciatamente francese. Insomma, per un casino di buone ragioni a me Luc Besson piace. Non nel senso che non ne colga i limiti o i difetti, ma proprio nel senso che mi diverte, m'intrattiene, mi fa simpatia e, se passasse da Torino, lo porterei da Fiorio a prendersi una cioccolata. Che, nella mia scala personale di valori, è la maggior espressione di affetto nei confronti di un turista in terra sabauda.

    Detto ciò. Passiamo al film.
    I primi 30 minuti di Lucy hanno il peso specifico del piombo. Io li ho visti ad occhi socchiusi e stomaco accartocciato. Alla protagonista succede di tutto e tutto si legge nell'espressioni del volto e negli occhi sgranati di una meravigliosa Scarlett Johansson.

    A proposito, io ve lo dico, a me la Johansson piace. A qualcuno no. A me sì.
    Perché è bella come una bambola ma brava come una donna. Perché è sensuale senza bisogno di sforzarsi. Perché è una che calca le scene fin da piccola ma non si è bruciata. Insomma, per un casino di buone ragioni a me Scarlett Johansson piace. Non nel senso che non ne colga i limiti o i difetti, ma proprio nel senso che mi convince, ne apprezzo il talento e le perdono persino di essere una bionda, stragnocca, molto più giovane di me.

    Dicevo, i primi 30 minuti sono spessi, molto spessi. Poi la fantascienza sparatutto prende il sopravvento e Lucy, con la sua camminata da gnocca al rallentatore ed i proiettili che vanno in ogni dove, prende il posto che le spetta tra le eroine senza scrupoli regine del cinema degli ultimi 20-25 anni. Eroine che popolano l'immaginario collettivo specialmente grazie allo stesso Besson. E in parte a Tarantino, anche se le sue donne sono diverse. Ma non perdiamo il filo e concentriamoci su Luc.

    In questo film c'è tutto il regista francese: c'è Nikita, c'è il Quinto Elemento, c'è Taxxi e c'è persino il mio adorato Leon.

    Lucy ha due protagonisti americani, Scarlett Johansson e Morgan Freeman, ma non è un film americano. E' una storia che si muove tra oriente ed Europa, tra Taipei e Parigi. E' un film francese a cui si prestano facce americane.

    La seconda metà della pellicola è tutta una corsa e un inseguimento fino ad una risoluzione mistico-filosofica-naif che lascia il tempo che trova, ma che a me è piaciuta. Ve lo dico.
    Perché? Perché non era necessaria ma il regista ha voluto mettercela lo stesso. Perché Luc avrebbe potuto essere più sottile ma prorio non ce l'ha fatta. Perché Besson a queste cose ci crede, si capisce, e io lo porterei da Fiorio anche per questo. Per la sua buonafede, per il suo animo da fracassone, e perché vorrei sapere assolutamente dove hanno preso il vestito nero che la Johansson indossa per metà film. Lo voglio!
    Più o meno un anno fa chiesi: "ma qua a Torino qual è il locale storico del cabaret?"
    Più o meno un anno fa mi fu risposto "Cab 41" con l'accondiscendenza che si deve a una povera disadattata.

    L'altro ieri sono finalmente entrata nel tempio del cabaret sottolamole. E, per fare ciò, consapevole dei miei limiti, mi sono aggrappata a Google Map come una cozza allo scoglio. Ricerca impostata: via f.lli Carle 77. 
    Tra la lettura del messaggio che mi era stato inviato con l'indirizzo esatto (via f.lli Carle 41) e i miei polpastrelli che digitavano deve essersi inceppato qualcosa. I miei due neuroni si devono essere distratti. Le mie sinapsi devono essere state subaffittate dalla vicina novantenne. Chi può dirlo? Fatto sta che un 41 è diventato un 77, ed io mi sono trovata di sera, da sola, a fissare un angolo di strada deserto. Deserto. Sì perché, tra l'altro, in via fratelli Carle la numerazione arriva solo fino al 67. Il 77 neanche c'è!
    Di fronte alla mancanza del numero civico non mi ha sfiorato per un attimo l'idea di aver clamorosamente sbagliato indirizzo. E quindi di ricontrollarlo. Figurarsi! Perché mai tanta ovvietà? La spiegazione doveva essere un'altra. Il locale doveva essere nascosto da qualche parte: in un interno che mi era sfuggito, rinsecchito tra due palazzi come la casa di Sirius Black in Harry Potter, oppure risucchiato per sempre in un'altra realtà spazio temporale. 

    Annebbiata da tanta meravigliosa e ottusa chiusura mentale, non mi è restato altro che chiedere disperatamente aiuto. Un aiuto umano e collaborante, però,  e non l'ennesima app di stamin@##! 
    Buttato Google Map alle ortiche, mi sono fiondata nel primo locale aperto e ho frignato davanti al proprietario:
    "Ma lei lo sa dov'è il Cab 41? Perché non riesco a trovarlo? Sarebbe così gentile da indicarmelo? E' il numero 77, ma il 77 non c'è, dov'è il 77?", il tutto in una profusione di occhioni supplichevoli, ciglia sbatacchianti, e bocca a cucchiaino. Perché la mancanza di senso dell'orientamento e conoscenza urbanistica della mia stessa città mi trasforma facilmente in un essere piccolo, bisognoso d'aiuto, e incapace di mantenere una qualsivoglia dignità.
    "Non lo trova perché il Cab 41 non sta al 77. Ma al 41. Cab 41. Lo dice il nome stesso" il tutto in una profusione di umana pietà per una deficiente.
    Un'altra tacca nel mio personalissimo cinturone delle figure da rincoglionita.
    Soddisfazioni a mazzi, proprio.

    Tornata dunque sui miei passi, ho potuto finalmente varcare la soglia del mitico Cab 41.

    Ma io, l'altro ieri, che ci sono andata a fare al numero civico 41 di via fratelli Carle?
    L'occasione è stata la prima serata del Lab Stand Up.
    Lo spazio dedicato agli stand up comedian. I monologhisti. Insomma, quelli che si mettono di fronte a un microfono e parlano, parlano, parlano.
    Obiettivo? Raccontare la propria visione della vita, del mondo, dell'Europa, dell'Italia, del pianerottolo, del matrimonio, o dell'interno delle mutande. Tutto ciò facendo ridere. Meglio se facendo MOLTO ridere.

    Ieri sono saliti sul palco otto monologhisti, ognuno con una quindicina di minuti a propria disposizione. Ognuno ha provato e sperimentato come in ogni laboratorio che si rispetti.
    C'erano i veterani e i giovanissimi. Gli aggressivi e i moderati. Gli esperti e gli insicuri. Quelli che avevano fatto tv e quelli che ancora se la facevano addosso. Quelli con una faccia conosciuta e quelli no.
    Il bello di questa idea è proprio questo: c'è un po' di tutto.
    Lo spettatore arriva, si siede, ordina qualcosa da bere, e per un paio d'ore ascolta i comici che si susseguono sul palco. Più o meno bravi. Più o meno divertenti. Più o meno politicamente scorretti, perché in un locale ci si può permettere ciò che in tv, ad esempio, non si potrebbe. Nessuna censura. Evvivaiddio!
    Tanto che per entrare bisogna avere almeno 18 anni. A tal proposito, inspiegabile che nessuno mi abbia chiesto i documenti. Deve essere stata una svista.

    La battuta migliore della serata? "Renzi è lo sbiancamento anale di Berlusconi".
    La personale conclusione della serata? Tra un comico che porta l'ennesimo, seppur divertente, monologo incentrato sui rapporti tra uomo e donna, e un altro che prova a sperimentare con qualcosa di diverso, ma magari un po' meno divertente, preferisco assolutamente il secondo. Perché quel testo avrà la possibilità di essere migliorato, anche molto, mentre una minestra riscaldata sarà sempre e soltanto una minestra riscaldata.
    Giocare sul sicuro con la comicità fa portare a casa la serata. Ma non porterà mai l'autore da nessun'altra parte.
    In un laboratorio bisogna dimenticare le sicurezze e provare a lanciarsi un poco più in là. C'è il rischio di prendere una clamorosa craniata, ma è l'unico modo per crescere.

    Per concludere: siete maggiorenni e curiosi? Sappiate che le prossime serate di Lab Stand Up sono previste per il 4 e il 18 novembre, il 2 e il 16 dicembre. Ore 21:30.
    Ingresso gratuito.
    Il tutto al Cab 41 in via fratelli Carle 41. Quarantuno. Q-u-a-r-a-n-t-u-n-o. Mi raccomando!
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