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Era stato un viaggio lungo, da San Pietroburgo fino a Torino. Lui, Aleksandr Michajlovič Beloselskij, sonnecchiava cullato dal dondolio della carrozza. Lei, Barbara Jakovlevna Tatisjtjeva, invece lasciava che gli occhi le si riempissero delle bellezze della nuova città.

Osservando gli edifici dalle linee pulite ed eleganti, lei si ritrovò a pensare a quando lui l’aveva chiesta in sposa. Ormai quasi sei anni prima, si era inginocchiato ai suoi piedi, le aveva baciato le mani candide e le aveva giurato "Ti farò vedere il mondo, uscire da questo palazzo per conoscere mille altri luoghi". Lei si era emozionata a quelle parole. Lui la conosceva. Lui sapeva quanto soffrisse una vita priva di libertà e curiosità, chiusa nella ricca dimora di famiglia con l’unica possibilità di farsi raccontare dagli altri cosa succedesse davvero nel mondo.

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Lasciata Ferrara ci dirigiamo verso San Benedetto del Tronto o, meglio, verso il nostro alloggio che si trova a Monteprandone, nella vicina collina. Alloggio scelto in base ad arditi calcoli astronomici, geolocalizzazioni e... insomma, costava meno di quelli sulla costa. 

Per raggiungerlo passiamo in mezzo a campi e boschi, un tornante dopo l'altro, sempre più convinti di avere fatto una scelta pessima e che il braccino corto ci sia stato fatale, in realtà ad esserci fatale è il navigatore che, pur di farci risparmiare mezzo metro ci farebbe passare anche in mezzo alle paludi della tristezza.  E noi, infatti, imparata la lezione, il navigatore lo ignoriamo e spernacchiamo per i due giorni successivi. 

A Monteprandone dormiamo all'interno di una fattoria con gli ulivi, le galline e un cane che ci guarda con malcelato fastidio. La mattina la padrona ci porta le marmellatine fatte in casa, i passerotti intonano per noi dolci melodie, e l'acqua che beviamo è distillato di rugiada mattutina. Perfino il cane, a un certo punto, sembra tollerarci. Io resterei lì per le prossime due settimane, ma non si vive di sole marmellatine, e quindi visitiamo San Benedetto del Tronto di sera e Ascoli di giorno.

Non ci aspettiamo molto da San Benedetto e invece rimaniamo piacevolmente colpiti. Sarà stata sfacciata fortuna ma, nelle due sere che trascorriamo lì, ci imbattiamo in: delizioso mercatino, alcolico e danzereccio festival dei cocktail, esposizione di artisti contemporanei per le strade e cinema gratuito all'aperto. Passeggiando tra i mille locali, dalla tranquillità del mare al centro della movida, scegliamo di volta in volta se goderci la confusione o la calma e, già che ci siamo, ci guardiamo "Frida" con Salma Hayek in un cortile, sotto un pergolato. Come sia di giorno non ne è ho la più pallida idea, ma di sera San Benedetto è una scoperta.

Ascoli? Vogliamo parlare del centro storico di Ascoli? Una delle sorprese più gradite di questa vacanza. Una città da visitare con il naso rivolto all'insù e la consapevolezza che meriterebbe più attenzione. Ad Ascoli i palazzi belli sono talmente tanti che la cartina turistica non li segnala neanche tutti. Ad Ascoli le sue piazze, grandi ma non troppo, e le sue vie, strette e lunghe, paiono volerti proteggere dal mondo di fuori, portarti altrove. Ad Ascoli possiamo provare le vere olive ascolane (ovviamente!) mica quel surrogato surgelato che si mangia altrove, quelle locali che hanno una consistenza, un sapore, una personalità che le altre se li sognano!

Ma di Ascoli mi colpisce soprattutto la gente, che meravigliosa umanità è quella ascolana! Come il ragazzo che, oltre i gelati, vende succhi e centrifughe. M. assetato e assolato ne prende una. Il ragazzo gli prepara un bicchierone enorme e poi ne regala uno più piccolo a me, "Così lo prova anche la ragazza", dice. La ragazza. LA RAGAZZA. Avrà vent'anni e mi chiama la ragazza. Viva Ascoli, viva gli Ascolani!!!

Continua...

Prologo, Prima Parte, Seconda Parte, Terza Parte
Sarà per il caldo ma, a spasso per Ferrara,  M. si ferma rapito davanti ad una vetrina e dice solo: "Quasi quasi mi compro un completo per il matrimonio".
"Ci siamo portati dietro due giacche, due pantaloni e due camice, in modo che tu potessi decidere all'ultimo cosa metterti."
"Quindi?"
"Quindi, ora senti il desiderio di comprarti un abito? Ora? Tre giorni prima delle nozze? A Torino non hai fatto neanche mezzo giro per negozi e ora vuoi un abito?"
"Sì, perché? Perché vuoi tarpare il mio desiderio di essere affascinante?"
"Per carità, lungi da me tarpare il tuo charme ma..."
"Ma?"
"Niente, niente", preferisco tacere anche se so che non sarà una decisione indolore.
E così entriamo nel negozio e nel giro di 40 minuti M. si compra giacca, pantaloni, camicia e cintura. Le scarpe no. Solo perché non hanno il suo numero. "E meno male!"commento io.

Ad acquisti conclusi il mio "Ma" prende forma e sostanza, "Ma l'orlo dei pantaloni?" ci chiediamo entrambi. E già, c'è da fare l'orlo dei pantaloni, e no, io non sono una sartina provetta e non vado in giro con ago, filo e macchina da cucire.
Il commesso del negozio ci propone una soluzione, disperata ma efficace, "Biadesivo, lo vendono nella merceria qua accanto", peccato che alla merceria accanto l'abbiano finito e alla merceria un po' più in là ci rispondano "Siamo un negozio d'abbigliamento, ci avete cercato su Google vero? Capita spesso, non sappiamo come cambiare la denominazione, non siamo una merceria". Ecco. Perfetto. Grazie.

Io, che vorrei godermi la giornata in città, propongo a M. di cercare una sarta nella nostra prossima tappa, San Benedetto del Tronto. Lui, invece, si piazza al telefono a interpellare qualsiasi sartoria nel raggio di km.
Io mi faccio i selfie. Lui "Pronto, avrei bisogno dell'orlo ai pantaloni..." "Noi ci occupiamo solo di abiti da donna".
Io litigo col tizio dei bagni pubblici che non ha resto da darmi, e a me 10 euro per una pipì sembrano davvero troppi. Lui "Fate orli express?" "Ma certo, ci mettiamo una settimana".
Io faccio stories su instagram. Lui convince un amico suo ad accompagnarci nell'impresa. Questi, lo stesso che ci ha fatto provare i cappellacci di zucca, ci porta di fronte a una sartoria cinese. "Sei ore", ci dicono. Troppe, dobbiamo raggiungere la prossima tappa entro stasera. Ma poco distante ce n'è un'altra, "Tre ore". È fatta!
Noi ci spiaggiamo a un chioschetto a riprendere fiato e i pantaloni, al fine, sono pronti.

Lui se li prova. Io resto ad aspettarlo in macchina e, dentro di me, sogno che glieli abbiano trasformati in un paio di bermuda, così impara a pensarci all'ultimo minuto!

Continua...

Prologo, Prima Parte, Seconda Parte
Prima di partire, ogni volta che dicevo a qualcuno che sarei andata a Ferrara, ottenevo sempre la medesima risposta: "Uuuuuuuuuu bellaaaaaa Ferrara, ma d'estate si muore di caldo ed è piena di zanzare".

E Ferrara, in effetti, è bella. Davvero una bella città, dalle piazze larghe e le grandi strade, dai vicoli stretti e i marciapiedi puliti. Una città luminosa. Elegante, nobile ma anche con i piedi per terra. Pare poco vanitosa Ferrara. Consapevole ma non sfacciata. Di una bellezza aggraziata, come una ragazza dalle caviglie sottili e il collo nudo, con le ballerine ai piedi candidi e i fiori nel cesto della bicicletta.

E a Ferrara io, in verità, non ho beccato molte zanzare. 
Credo che fossero tutte morte. 
Di caldo. 

Il 31 luglio di quest'anno i telegiornali eleggevano Ferrara quale città più calda d'Italia. Voi dove eravate quando ciò accadeva? Davanti alla tv, con l'aria condizionata? In spiaggia con una cocktail ghiacciato in mano? In montagna a fare trekking con un maglioncino sulle spalle contro gli spifferi? Io ero a Ferrara in giro per le meravigliose grandi strade di Ferrara, in giro per le larghe piazze di Ferrara, in giro per una città che, per essere bella è bella, per carità, ma che non offre un briciolo d'ombra manco a pagarlo!

Voi godevate dell'aria condizionata? Io strisciavo lungo i muri. Voi passeggiavate al fresco? Io boccheggiavo al caldo. Voi andavate avanti a granite siciliane? Io provavo i cappellacci di zucca. Bollenti e calorici cappellacci di zucca al ragù. Non mi guardate con quell'aria accusatoria. Che ci posso fare io se il piatto tipico del luogo non è il ghiacciolo al limone? E, se proprio ve lo devo dire, mi sono già pentita di non aver provato pure la salama da sugo, che se uno deve morire di caldo e calorie che almeno lo faccia per bene, burp!

Continua...

Prologo, Prima Parte
È con una gran quantità di orgoglio e di molesta euforia che vi presento un mio nuovo progetto: Storie sotto la Mole. 
Una nuova rubrica ospitata dal quotidiano online Torino Oggi. Per questo giornale già svolgo il ruolo di redattrice cultura, e infatti ho anche condiviso alcuni articoli su questo blog, ma in questo caso si tratta d'altro. 

Sguazzavo nel mare di Gallipoli, lontana da casa, quando ho avuto l'idea: scrivere racconti dedicati alle storie, vere o leggendarie, che appartengono alla mia sabauda città. Se c'è qualcosa che mi piace fare è scrivere racconti, se c'è un luogo che amo particolarmente è proprio Torino. Quindi ho lanciato la proposta e questa, con mio sommo gaudio, è stata accettata. 

Oggi è il numero 0, l'esordio di questa nuova avventura e, per scaramanzia e buon auspicio, questo racconto è tutto una dolcezza...

CRACK!
"Che è stato?"

Una pietruzza, più carogna delle altre, salta dall'asfalto dritta verso il nostro parabrezza, CRACK!, ed è subito crepa, sbrego, dramma e bestemmie!

Il vetro regge, la visibilità è ancora garantita ma al grido di "se ci fermano ci fanno la multa, poveri noi!" ci attiviamo per trovare una soluzione. "Pronto stiamo uscendo dall'autostrada dovremmo cambiare il vetro dell'auto", inizia così la prima di una serie di telefonate alla ricerca del parabrezza dei nostri sogni. Ovviamente non è sufficiente un vetro qualsiasi ma ci vuole quello del modello gusto per l'auto giusta. Vabbé, che problema c'è? Vuoi che non abbiano un parabrezza di una Lancia Y del 2013? Insomma non è mica una Corvet del 1970, una Delorean che ha viaggiato avanti e indietro nel tempo, o una 313 immatricolata a Paperopoli, è una cacchio di Lancia Y, Gruppo fu FIAT, ora FCA. E suvvia, quanto sarà difficile trovarlo? Quanto? Tanto!

Il parabrezza per la nostra auto sembra non averlo nessuno. Non a Torino, non a Ferrara, non a Parma, non a Matera, non in Puglia. Il cellulare è rovente, quasi vacilliamo, il futuro delle nostre vacanze appare mestamente appeso a un filo. Ma non molliamo, incrociamo le officine con le polizze, i vetri con le tempistiche di consegna, la sfiga con l'animadichitemmuort e, alla fine, coperti solo parzialmente dall'assicurazione, troviamo riparo e soluzione nella ridente Alessandria. E del resto chi non vorrebbe cominciare le proprie vacanze con 4 ore (2 di pausa pranzo dell'officina e 2 di cambio vetro) nella periferia di Alessandria? Perché queste officine, tra l'altro, non stanno mica in centro, dove almeno si può fare una passeggiata o bersi un caffè in piazza. No,  stanno in periferia dove l'unica cosa da fare è chiudersi dentro un centro commerciale dallo stile Unione Sovietica nei suoi giorni più bui.

Ma alla fine anche queste benedette quattro ore trascorrono e noi riprendiamo la strada con un disperato bisogno di sentirci veramente in vacanza e un parabrezza nuovo di zecca. Tra l'altro, quest'ultimo e così pulito, e noi l'abbiamo cercato talmente tanto, dal trattenermi a stento dal viaggiare aggrappata fuori dal finestrino per scacciare i moscerini uno ad uno, "Pussa via bestiacce, che c'inzozzate la creatura!"

E così, dopo una giornata infinita, dopo 9 ore di viaggio, che sono esattamente il doppio di quanto ci avremmo dovuto mettere, alle 7 di sera giungiamo finalmente a Ferrara. Lì posiamo i bagagli, ci ungiamo per benino di Autan e usciamo a scoprire la nostra prima meta.

Continua...

Prologo
"La prossima estate ci sposiamo!"
È cominciata così la nostra vacanza 2018.

Cominciata una sera d'autunno del 2017, quando N. e R. annunciarono il loro matrimonio. Matrimonio che si sarebbe (e si è) tenuto un venerdì dell'agosto successivo in quel di Matera. O meglio, nelle sue vicinanze.

Quale occasione migliore per me e M., compagno di avventure, per organizzare un bel viaggio on the road dal Nord al Sud Italia?

Guida turistica da una parte e navigatore dall'altra, durante la scorsa primavera, abbiamo considerato tempi di percorrenza e attrattive nei diversi luoghi. Abbiamo prenotato e calendarizzato. Abbiamo organizzato e conteggiato. Poi, durante le ultime settimane precedenti la partenza, M. si è riposato e io mi sono scatenata, attaccando bottone con chiunque avesse la sventura d'incrociarmi, al solo scopo di pavoneggiarmi per la splendida e meritata vacanza che finalmente avremmo fatto.

Se mi avete incontrato in quel periodo potete sicuramente confermare la mia molesta attitudine. "Un etto di prosciutto cotto, e a fine mese partiamo per Ferrara", "Scusi è libero questo posto? Poi passeremo per San Benedetto del Tronto", "Una pizza margherita doppia mozzarella. Lei è mai stato ad Ascoli?", "No, agente, giuro che non ho bevuto. Ma berrò sicuramente al matrimonio a Matera!", "È rosso cretino! E poi io devo andare a Lecce!", "Giuro di dire la verità tutta la verità, nient'altro che la verità, e poi andare a Gallipoli"

Infine giunge la mattina del 30 luglio 2018, data della partenza. La mia valigia, la sua valigia, la valigia per il matrimonio, il beauty case e la borsa frigo. Forte dei miei anni di campeggio, riesco a riempire ogni contenitore sia del necessario che del superfluo. M., forte di un'adolescenza passata a giocare a Tetris, riesce a far stare tutto in auto.

"La vita è meravigliosa, nulla può andare storto", penso guardando il cielo azzurro attraverso il finestrino...
CRACK!
"Che è stato?"

Continua...

(*) Per rappresentare il matrimonio, ma proteggere la privacy di N. e R., ho scelto la foto di due sconosciuti nubendi...
Ho letto questo libro all'ombra degli alberi di Monteprandone e sotto il sole di Gallipoli. Ho letto questo libro in vacanza e poi di ritorno in città, a Torino, sul letto, sul divano, sul balcone e alla scrivania. Una lettura rapida e coinvolgente. La vita di una ragazza e della sua famiglia raccontata a spizzichi e bocconi, con tanto dolore ma altrettanta leggerezza.

Quando si prende in mano questo libricino candido e sottile, quando si vede il volto giovane e sorridente dell'autrice, quando s'intuisce l'ambientazione sarda con il sole che abbaglia e il vento che spettina, ci si aspetta una storia delicata, si sospetta una valanga di "già letto". E invece no. Forma  e contenuti sorprendono. Un esempio? La più importante relazione sentimentale della tenera protagonista è di sadomaso estremo, descritto nei più sgraditi e umilianti particolari. Ma tutto questo e altro perverso dolore, tutta questa sfacciata infelicità vengono raccontati con tocco lieve e deliziosa ironia, attraverso piccoli quadri, brevi scorci, micro incursioni nella vita dei personaggi.

No, non fraintendetemi, non è un libro che parla di sesso. Parla tanto di amore e, com'è ovvio, anche di sesso, che ne è una parte importante. Ma parla soprattutto di famiglia e vita.

I protagonisti del libro sono tutti infelici, prigionieri di destino avverso, cattiverie altrui e debolezze proprie. E il lettore, pagina dopo pagina, prima aspetta il cambiamento, poi invoca la rinascita, infine si rassegna all'inevitabile caduta, perché “Dio non vuole”. Soffre con loro ma, come loro, in maniera lieve e disincantata, con il vento nei capelli e il sole negli occhi. Fino alla fine. E se questa sia lieta o no, non ve lo dico.
Leggetelo.

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