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1. Perugia è proprio bellina ma anche noi non scherziamo. 

2. In Italia siamo oltre 60 milioni di persone per più di 300 mila kmq di territorio, eppure si può incontrare per caso una coppia di amici torinesi dentro la cattedrale di Perugia. 
"Quella è Caterina?" mi chiede Marito. 
Io guardo nella direzione indicata, individuo una statua, che a pensarci adesso probabilmente era della Madonna, e rispondo: "Ma che ne so??? Stai zitto, sto ascoltando di straforo la guida là dietro!". 
La nostra amica Caterina, in effetti, era in piedi un metro a destra della statua. 
Potete chiamarmi Occhi di Falco. 

3. Spello è bella quanto faticosa, soprattutto se si arranca per le sue vie in salita sotto un sole che non perdona. 
Io, comunque, se rinasco, voglio rinascere "turista perfetta". 
La turista vestita di lino, dalle caviglie sottili, i sandali su misura comprati a Capri e la sudorazione che evapora in una nuvola di lillà. 
Maledetta. 

4. La salita fino alla Rocca di Spoleto è una prova di resistenza. 
Resistenza di coppia. 
Lungo la strada si incontrano donne agguerrite, magari poco allenate nel corpo ma imbattibili nello spirito, seguite da uomini che, nonostante le mirabolanti settimanali imprese al calcetto con gli amici, sbuffano, faticano e rimpiangono i bei tempi andati in cui erano single e non si facevano coinvolgere in imprese del genere. 
Marito, la tradizione del calcetto non ce l'ha, ma le sue maledizioni sibilate tra i denti sono uguali a quelle degli altri suoi compagni d'avventura e sventura. 
Io, intanto, controllo soddisfatta il contapassi uahuauhauah... 

5. Mi perdonino le altre località ma Assisi vale tutto il viaggio. L'architettura, l'arte, l'atmosfera. 
Assisi è l'oasi dell'altrove che riesce a rimanere mistica anche invasa dalla confusione dei turisti. 
Inoltre, Marito e io, abbiamo fatto di nostra volontà, senza coarcizione alcuna, una passeggiata all'interno del Bosco di San Francesco. Più di due ore in discesa e poi salita, su un terreno sdrucciolevole, sotto il sole cocente una parte, e sotto un'ombra umida da giungla vietnamita un'altra. E ci è persino piaciuto! Un'impresa del genere può essere fatta rientrare serenamente nei miracoli di San Francesco. 
Grande France'! 

6. Gubbio è l'idea della cittadina umbra. 
Chiudi gli occhi, pensa al Medioevo, a una fortezza arroccata su una collina, ai rilievi boscosi, alle botteghe degli artigiani, ai cavalieri con le loro armature. 
Ci hai pensato? 
Ecco. Riaprili. Guarda. 
Hai visto? Hai pensato a Gubbio. 
E, a proposito di armature, proprio mentre mi inerpicavo tra le roventi stradine locali, mi sono venuti in mente i cavalieri, fasciati nelle pesanti armature. Nel medioevo si combatteva solo durante le mezze stagioni, vero? No, perché, seguite il mio ragionamento, d'inverno, dentro quelle scatolette di tonno, rischiavi che ti si congelassero gli zibedei ma d'estate - peggio mi sento - , rischiavi proprio di arrostire come un polletto e rimanere in piedi, già schiattato, ma tenuto su da tutto l'ambaradan. 
Medievalisti, che mi dite? 

7. Bellina Foligno. 
Uno non parte da Torino per visitare Foligno. No. Ma, se si è di passaggio, è un bel posto per fermarsi a bere qualcosa e fare una passeggiata. 
Bellina Foligno. 

8. "Dai 3 agli ...anta anni, anche oggi si conferma il mio mito di camminatrice!!!" 
Dopo aver ammirato le cascate delle Marmore da sopra e da sotto, ho celebrato con questa umile frase la mia passione per le scarpinate. 
Marito, dopo averla sentita, benevolo, mi ha fatto correre dietro l'auto solo per un paio di km. 

9. Le ferie sono finite. 
Siamo tornati a casa pieni di buoni intenzioni. 
Maledetto settembre!

Foto: Ponte delle Torri che si vede dalla Rocca di Spoleto

Io ho sempre amato Ettore. 
Tutti amano Ettore. 
Forte, coraggioso e giusto. 

Achille invece con quella sua semideità non mi ha mai affascinato. 

Probabilmente per lo stesso motivo per cui tra Superman e Batman ho sempre preferito quest’ultimo. Che ci vuole a essere un supereroe se si hanno i superpoteri? Tutt’altro merito se si hanno sì i miliardi ma non si è anti proiettile. 

Ok, perdonatemi questa digressione fumettistica e, oggettivamente, un po’ tirata. 

Comunque, tutto ciò per dire che, quando a scuola studiai l’Iliade, sviluppai una spontanea simpatia per Ettore, un altrettanto spontanea antipatia per Achille e un’assoluta indifferenza per Patroclo. 
E questi miei sentimenti non sono cambiati di una virgola nel tempo. 
Anche Achille in versione Brad Pitt KenAnticaGrecia non mi fatto cambiare idea, anzi. 

A farmi cambiare idea, in parte, ci è riuscita, però, Madeline Miller con il suo “La canzone di Achille”. 

La Miller è un’esperta di lettere classiche. Il suo libro, uscito nel 2012, è stato un grande successo. Io l’ho letto per la prima volta questa primavera. 

L’autrice americana racconta una storia d’amore e racconta la forza di un uomo che sembra debole. Patroclo è un protagonista straordinario, fragile ma forte, un ragazzino che cresce e, grazie all’amore ma anche nonostante questo, diventa ogni giorno più consapevole e maturo. Alla fine non si può che amarlo e piangerlo. 
I sentimenti scatenati da Achille sono diversi ma, a onor del vero, rispetto alla madre e a quell’essere spregevole del figlio, anche lui, alla fine, ne esce dignitosamente. O quasi. 

La canzone di Achille è un libro d’amore, delicato e appassionato che tratta, prima dell’innamoramento tra due ragazzini, e poi della passione, della quotidianità, della stabilità di un sentimento tra due uomini. Vabbè, tra un uomo e un semidio. 

Se, come me, avete sempre amato i miti greci e, come me, vi eravate persi quest’opera, vi consiglio caldamente di recuperarla. 

L’inizio può essere straniante, perché le vicende dell’Olimpo e dintorni in prosa ricordano in maniera sbalorditiva una qualsiasi soap opera Californiana ma, superato lo scoglio iniziale, questo libro è davvero un percorso intenso da compiere, pur sapendo dolorosamente dove andrà a finire. 
E anche voi, alla fine, come Achille, amerete Patroclo.
I ricordi d'infanzia sono una tra le più fertili fonti d'ispirazione. Quindi, per l'esercizio di oggi, l'ultimo prima della breve pausa estiva, ho pensato proprio di procacciare stimolo e idee dall'enorme tesoro dei nostri ricordi di bambini. 

La partenza per le vacanze, in particolare, è un'esperienza carica di emozioni che lascia tracce indelebili nel nostro io adulto. 
Si prepara una valigia, si mette a posto l'auto e immancabilmente tornano alla mente spicchi estivi della nostra infanzia. Come quella volta che, ancora in pigiama, siamo stati caricati in macchina per andare al mare, "Perché di notte fa più fresco e si guida meglio" ci ha spiegato la mamma mentre riempiva la borsa frigo. Oppure tutte le volte che andavamo a passare le vacanze dai nonni, due mesi di piedi nudi, bimbi di paese e totale assenza delle rigide regole genitoriali. O ancora la prima volta che, zaino in spalla, abbiamo provato l'avventura del campeggio con gli scout.

Ognuno ha i ricordi a sé più cari. 

Per questo esercizio io ti chiedo di sceglierne uno e utilizzarlo come ispirazione per scrivere un racconto. Un racconto, il cui protagonista deve essere un bambino, o una bambina, che sta partendo per le vacanze.

Buona scrittura e buone vacanze!



Da pochi giorni, a Milano, è nata la prima Smart Library. 

Si tratta di una vera e propria biblioteca, che si trova all'interno della fermata di Porta Venezia della metropolitana. 

Vista dall'esterno potrebbe ricordare un po' una di quelle macchinette per le fototessere e, invece, si tratta di una biblioteca connessa direttamente con il sistema bibliotecario milanese. 

Quindi, chi ha la tessera può andare là e prelevare direttamente uno dei titoli. 
In questo momento ce ne sono circa 400 a disposizione ma probabilmente in futuro aumenteranno. 

Si tratta di un esperimento ma, se avrà successo, sicuramente si diffonderà. A Milano ma, io spero, anche in altre città d'Italia. 
Sogno di poter usufruire un giorno di una Smnart Library nella metropolitana di Torino.

Ci sono diversi manuali di scrittura là fuori. 
E un’innumerevole quantità di autobiografie. 
Ma Stephen King, il grande Stephen King, ha pensato di risparmiare tempo e fatica e di scrivere un libro che raccogliesse entrambe queste tipologie di letteratura: un bio-manuale, lo chiamo io, un’”autobiografia di un mestiere” l’ha chiamata la casa editrice Pickwick. 

“On writing”, questo il titolo dell’opera di King, è un libro dove l’autore americano dà ottimi suggerimenti di scrittura accompagnati dalla sua personale esperienza con quest’ultima. Aneddoti che vanno dall’infanzia alla scuola, passando per il successo di Carrie, alla dipendenza da alcol e droga fino all’incidente che quasi l’uccise. 

Stephen King ha sempre amato parlare di se stesso, rilasciare interviste con storie incredibili, brandelli di verità tra l’autobiografico al fantasy, nella costruzione perfetta della visione dell’autore americano, con gli occhiali spessi, la madre single con i mille lavori e la provincia a stelle e strisce a fare da sfondo. 

Che tutto ciò che racconta King sia vero o meno, poco importa, lui lo racconta da Dio, come sa fare. E a questi aneddoti si aggiungono, intrecciano, accompagnano, consigli per il mestiere di scrivere. Semplici ma efficaci, utili, preziosi. 

A tutto ciò, l’edizione italiana aggiunge l’ottima prefazione di Loredana Lipperini, che trasmette tutta la sua passione per l’autore e l’argomento. 

Se ti piace scrivere ti consiglio questo libro. Se ti piace Stephen King ti consiglio questo libro. Onestamente te lo consiglierei a prescindere ma lungi da me essere molesta.


* Se vuoi contribuire al mio lavoro, puoi acquistare il libro al mio link di affiliazione Amazon. Per te il prezzo non cambierà ;) https://amzn.to/3zy5UAu

 

I racconti si trovano nel proprio passato. 
Ricordi, esperienze, chiacchiere intorno a un fuoco. 

Tutto resta dentro, macera, fermenta, si impasta nel fango e poi un giorno te lo ritrovi su un foglio, senza neanche averlo previsto.

Hai mai sentito parlare della ruota dell’intreccio di Edgar Wallace? 
The Plot Wheel of Edgar Wallace? 

Edgar Wallace era un autore americano che durante gli anni ’20, 1920 naturalmente, inventò questa ruota dell’intreccio, allo scopo di superare il cosiddetto blocco dello scrittore ogni volta che ne fosse stato colpito. O, più semplicemente, allo scopo di avere nuove idee senza la fatica di pensarle da solo. 

Una ruota di cartone, presumibilmente, divisa in diversi spicchi e, in ogni spicchio, era scritto un evento in grado di smuovere una trama. Dalle cose più banali, per dire, “Un personaggio riceve una visita da un suo vecchio amore”, a quelle più originali e drammatiche, come “Un personaggio ritorna dal regno dei morti”. 

Con una trovata del genere si possono scrivere capolavori? 
Onestamente ne dubito. 

Ma nello spirito del “non si butta via niente”, la ruota può essere comunque utile per giocare, avere idee originali o, comunque, esercitarsi un po’ nella scrittura. 

Se non hai voglia di metterti lì a fare una vera e propria ruota, ti consiglio di prendere un contenitore e infilarci dentro 30, 40 o anche 50 bigliettini. Su ogni biglietto, precedentemente, dovrai aver scritto un evento particolare in grado di far smuovere una trama: “arriva una brutta notizia tramite una telefonata”, “il protagonista trova un oggetto molto prezioso”, e così via dicendo. 

Quando avrai voglia di giocare un po' o sgranchirti i neuroni, ti sarà sufficiente metterti alla scrivania e iniziare a scrivere una storia qualsiasi. Ogni tot minuti – mettiti la sveglia! – estrai un bigliettino e aggiungi l’elemento scritto al racconto. 

Alla fine ne uscirà molto probabilmente qualcosa di folle e insensato. Ma sono sicura che sarà stata comunque un'esperienza interessante, avrai forse trovato stimolanti soluzioni nella scrittura e, chi lo sa, tra tutta quell’insensatezza, anche qualche ottima idea. 

 Buona scrittura!

Ti piace scrivere e vuoi migliorare la tua scrittura? 
Oggi ho un consiglio per te, molto facile da seguire, subito applicabile. 

Se vuoi migliorare la tua scrittura, elimina dal tuo vocabolario le parole piedipiatti e strizzacervelli. Sono parole che non appartengono all’uso quotidiano italiano. Derivano dagli adattamenti cinematografici dei film americani. Sono riconoscibili, ne conosciamo perfettamente il significato ma non le usiamo mai. Quindi perché mai dovrebbero usarle i nostri personaggi? 

Un personaggio italiano di una storia ambientata in Italia non dovrebbe pronunciare queste parole, se lo fa è poco credibile e la scrittura stessa suona come adolescenziale se non, addirittura, infantile. La qualità generale del testo cade a picco. 

Per evitare che ciò accada la soluzione è semplice: cancella dal tuo vocabolario le parole piedipiatti e strizzacervelli.
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