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I più attenti di voi lo sanno, da un paio di mesi scrivo racconti sulle leggende torinesi. Finora ero partita da leggende conosciute per poi farne una mia versione, questa volta invece la storia l'ho inventata di sana pianta. Poldo e Dorabella sono un parto della mia fantasia.
Ed ecco la loro storia...

"Sono stanca di aspettare", diceva Dorabella, battendo il piedino nervoso sul selciato.
"Non sono ancora pronto", borbottava Poldo, passandosi la mano tra la folta barba.
"Io sto sfiorendo nell'attesa che tu ti senta sufficientemente maturo".
"Abbi pazienza cara, è che sono ancora così giovane."
"Guarda che la barba ti sta già diventando grigia, giovanotto."
"Ma che dici?" si allarmò Poldo, correndo a ispezionare il suo riflesso nella vetrina dell’elegante Caffè.
"Oh santo cielo, tu non sei giovane, sei solo un balengu!"

Si svolgeva, più o meno così, ogni pomeriggio l'appuntamento tra Dorabella e Poldo, fidanzati da una vita senza l'ombra del progetto di un futuro matrimonio.
"Come sei bella Dorabella mia, quando ci sposeremo..."
"Ma quando? Quando???" chiedeva lei esasperata.
"Il giorno che saremo tutte e due sotto lo stesso tetto..." la guardava con occhi sognanti lui.
"Ma quando? Quando???" chiedeva lei... e andavano avanti così ormai da anni. In centro li conoscevano tutti e li guardavano incuriositi. Erano uno spettacolo interessante: due tanto innamorati che, però, passavano il tempo a punzecchiarsi. Non potevano fare l'uno a meno dell'altra ma lei aveva sempre i capelli dritti dal nervoso e lui era terrorizzato dall’idea del matrimonio. E così passeggiavano sotto i portici e lungo le piazze di Torino tra un continuo tubar e pugnar, pugnar e tubar. 

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L'alba del giorno dopo il matrimonio, tutta la compagnia di torinesi, e non solo, si mette in moto presto. Nonostante la stanchezza c'è una città da visitare e solo un giorno per poterlo fare.

Sprofondiamo nei Sassi di Matera, allagati solo il giorno prima da un'epica pioggia. Saliamo e scendiamo. O meglio scendiamo e poi saliamo.

Iniziamo ufficialmente la giornata da turisti con un documentario dentro Casa Noha, un'antica dimora ora gestita dal FAI – Fondo Ambiente Italiano.
Viene raccontata la storia di Matera. Quella affascinante antica. E quella devastante moderna. Viene raccontata la "vergogna dell'Italia", l'affollamento, la povertà, un pezzo di terra lontana dal progresso, dal benessere e anche solo dalla vita vivibile. Non ci si crede. I racconti dei miei nonni contadini in Sicilia impallidisco di fronte al degrado, al disagio e all'arretratezza delle immagini in bianco e nero che scorrono davanti ai nostri occhi. Viene raccontata la denuncia di Carlo Levi, la visione illuminata di Olivetti e quella, molto meno illuminata, della democrazia cristiana: "Chi vuole restare nei Sassi li deve aggiustare a proprie spese. Chi, invece, accetta di andarsene riceverà una buonuscita e una casa", decide il governo. La gente ovviamente se ne va. Olivetti, invece, aveva immaginato una ricostruzione che fosse prima di tutto culturale, la nascita di una forte identità comunitaria nei nuovi come nei vecchi preziosi borghi. Aveva immaginato dei Sassi meno affollati ma ancora vivi, abitati, pulsanti. Troppo faticoso, decide la politica. Troppo lungimirante. I Sassi si svuotano. Muoiono. 

Ma la consapevolezza di un patrimonio che non si può ignorare rimane sotto pelle, coltivato soprattutto dal mondo dell'arte, primo fra tutti il cinema che, in più di un'occasione, utilizza e celebra una scenografia così unica. Da metà degli anni '80 la gente torna a vivere nei Sassi che, lentamente ma inesorabilmente, rinascono, per diventare uno dei luoghi più misteriosi e affascinanti della penisola. Matera capitale della cultura 2019 ora, ai nostri occhi, acquista ancora più significato. "Cristo si è fermato a Eboli" viene inserito immediatamente tra i libri da leggere.

Ci fermiamo per pranzare, siamo un esercito, non è una cosa facile trovare un tavolo per trenta senza prenotazione. Dopo svariati tentativi finiamo in un posto sciccosissimo, e meno male "che dovevamo cercare una cosa easy". Io ne approfitto per imparare che i primi piatti e le fave a Matera sono una filosofia di vita, una poesia, un patrimonio.

La sera siamo sempre in giro per i Sassi che risultano essere ancora più belli. 
M. ed io, però, siamo anziani e provati e ce ne andiamo a dormire presto, solo dopo aver recuperato l'auto che, per l'occasione, è parcheggiata a millemila km. Perché il sabato sera a Matera, è come il sabato a sera a Torino e un po' ovunque, col cacchio che trovi un posto per la macchina!

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Prologo, Prima Parte, Seconda Parte, Terza Parte, Quarta Parte, Quinta Parte, Sesta Parte
"Scappa scappa!" si sentiva urlare per le strade del villaggio. Il drago era nuovamente sceso dalle montagne appuntite e, spiegando le sue grandi ali squamose sopra la pianura, sputava fuoco su case e animali.

Gli abitanti, vittime delle sue scorribande da molti mesi, avevano ormai imparato a prevedere il suo arrivo grazie al cambiamento del vento. Appena l'aria calda cominciava a spazzare i prati, loro correvano a cercare riparo dentro le acque del grande fiume Padus. Si mettevano a mollo, in quella che ormai era diventata per loro fonte di vita e di salvezza, portando con sé le proprie bestie spaventate. E lì restavano, a battere i denti dal freddo, fino a quando il drago non si stancava di far danni e riprendeva quota verso il suo nido tra le montagne.

Poi, zuppi ma vivi, facevano ritorno a casa. Alcuni sospiravano di sollievo nel trovarla ancora integra, altri urlavano di disperazione di fronte a un mucchio di cenere...

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3 agosto 2018, it's wedding time!

I gruppi di whatsapp si svegliano all'alba.
"Ragazzi, siete già in piedi?"
Meme ad alto contenuto di caffeina.
"Avete fatto colazione?"
Meme glitterato.
"C'è qualcuno?"
Meme ad cazzum.
"Dov'è il ferro da stiro?"
Noi torinesi che occupiamo lo stesso albergo, in pieno stile gita delle superiori, iniziamo a prepararci presto ma, tra il trucco e il parrucco, riusciamo a partire con auto e pulmini solo all'ultimo minuto. Per fortuna anche la sposa, com'è nella migliore tradizione, se la prende comoda e quindi arriva comunque dopo di noi.

Chi prima (M., E. ed io), chi dopo (gli altri), chi molto dopo (C. che finisce di truccarsi in auto e va a farsi l'acconciatura da una parrucchiera accanto alla chiesa, in piena cerimonia) siamo tutti bellissimi.  Dopo la cerimonia è il momento del ricevimento al ristorante, dove siamo pronti a dare il meglio di noi stessi. Seguiamo come soldatini le indicazioni del nazi animatore, che ci dice cosa fare, quando farlo e con quanto entusiasmo. Ma, il poverino, non sa con chi ha a che fare e infatti, a sorpresa (*) tra un piatto e l'altro, parte la canzone "Mundian To Bach Ke" e con questa il nostro flash mob. Noi torinesi scendiamo in campo a dar spettacolo!

Finta sorpresa, aria svagata, su, giù, su, giù, saltello, saltello, gamba, shakera shakera shakera shekera, gira gira gira gira, altra gamba, shakerea shakera shakera shakera, gira dall'altra parte gira gira gira, lato, sedere, lato, sedere, a sinistra, lato, sedere, lato, sedere, preparazione... dea Kali! Aria svagata, tutti a sedere.

Ci siamo allenati per l'occasione, abbiamo fatto le prove a Torino, siamo morti di caldo sculettando in soggiorni roventi ma alla fine il nostro flash mob in stile bhollywood è un successo strepitoso! Lo sposo, noto mollaccione, si commuove per l'impegno dimostrato, come manco i nonni di fronte ai nipotini che recitano la poesia di Natale.
L'indoballetto piace talmente tanto che ce lo fanno rifare quattro volte durante tutta la serata e ogni volta si aggiunge qualcuno, sposa compresa. 

Broadway aspettaci!

Ovviamente non condividerei con voi la documentazione video dell'esibizione neanche sotto tortura  non ci sono video del nostro balletto, peccato...



(*) sorpresa per sposi e altri invitati, non certo per l'organizzazione. Per poterlo fare abbiamo intessuto delle trattative con la wedding planner, che manco all'ONU!

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Prologo, Prima Parte, Seconda Parte, Terza Parte, Quarta Parte, Quinta Parte
E viene l'ora della partenza per Matera, momento clou della vacanza, motivo centrale della stessa, sede del matrimonio del secolo! 

Gli altri invitati torinesi si mettono in viaggio. C'è chi guida tutta la notte, c'è chi atterra a Bari e poi affitta un pulmino, e poi ci siamo noi, che siamo già nelle Marche e quindi ce la prendiamo comoda. Colazione con marmellatine e uccellini canterini, panini per il pranzo, saluti pigri alla nostra ospite e poi via verso Matera. Tempo stimato di viaggio 4 ore. Ed è, in effetti, il tempo che ci mettiamo, ma che viaggio! 

Da Monteprandone a Canosa tutto bene, tre ore lisce come l'olio, ma poi a Canosa si deve uscire dall'autostrada e in quel momento mi vengono in mente tutte le volte che ho sentito dire "Matera è bellissima ma è mal collegata". Viaggiamo su strade con dossi che rischiano di farti decollare o ribaltare, oppure decollare e poi ribaltare. Buche dove lasciarci uno o più pneumatici. Asfalto così sconnesso che "sconnesso" non basta più, ci vorrebbe un nuovo termine per definirlo, tipo asfaltodimerda. Strade deserte, abbandonate a se stesse, tanto che la vegetazione, che dovrebbe stare solo ai bordi invade la carreggiata, dando al tutto quell'aria beneaugurante da fine del mondo/attacco degli zombi imminente.

Per rassicurarci, e rassicurare, messaggiamo costantemente con una coppia di amici(*). Vengono anche loro al matrimonio, vivono a Bologna, sono partiti in mattinata e si trovano circa 100 km dietro di noi. "Anche voi state uscendo a Canosa?" "Sì, perché?" "Niente, state calmi, andrà tutto bene" "In che senso state calmi?" "Superati i primi 20, 30, 40 minuti, le cose migliorano" "Cosa?" "Ci siete ancora?" "Oh santoiddioooo questo è l'inferno!" 

Alla fine arriviamo tutti a destinazione, noi, quelli che sono partiti di notte, quelli che hanno fatto il viaggio in aereo e pure quelli di Bologna. Giungiamo a Matera. Matera. Pieno, vero, sud. Certificato, geografico, garantito, meraviglioso, italico sud. Dove il bel tempo e il buon cibo non mancano mai! E, infatti, facciamo giusto in tempo a disfare le valigie, che si scatenano gli elementi e comincia a piovere a dirotto.  Perfetto.

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Prologo, Prima Parte, Seconda Parte, Terza Parte, Quarta Parte

(*): coppia formata da mia cugina e il suo fidanzato. Lo specifico perché la definizione vaga "coppia di amici" potrebbe non essermi mai perdonata.
Era stato un viaggio lungo, da San Pietroburgo fino a Torino. Lui, Aleksandr Michajlovič Beloselskij, sonnecchiava cullato dal dondolio della carrozza. Lei, Barbara Jakovlevna Tatisjtjeva, invece lasciava che gli occhi le si riempissero delle bellezze della nuova città.

Osservando gli edifici dalle linee pulite ed eleganti, lei si ritrovò a pensare a quando lui l’aveva chiesta in sposa. Ormai quasi sei anni prima, si era inginocchiato ai suoi piedi, le aveva baciato le mani candide e le aveva giurato "Ti farò vedere il mondo, uscire da questo palazzo per conoscere mille altri luoghi". Lei si era emozionata a quelle parole. Lui la conosceva. Lui sapeva quanto soffrisse una vita priva di libertà e curiosità, chiusa nella ricca dimora di famiglia con l’unica possibilità di farsi raccontare dagli altri cosa succedesse davvero nel mondo.

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Lasciata Ferrara ci dirigiamo verso San Benedetto del Tronto o, meglio, verso il nostro alloggio che si trova a Monteprandone, nella vicina collina. Alloggio scelto in base ad arditi calcoli astronomici, geolocalizzazioni e... insomma, costava meno di quelli sulla costa. 

Per raggiungerlo passiamo in mezzo a campi e boschi, un tornante dopo l'altro, sempre più convinti di avere fatto una scelta pessima e che il braccino corto ci sia stato fatale, in realtà ad esserci fatale è il navigatore che, pur di farci risparmiare mezzo metro ci farebbe passare anche in mezzo alle paludi della tristezza.  E noi, infatti, imparata la lezione, il navigatore lo ignoriamo e spernacchiamo per i due giorni successivi. 

A Monteprandone dormiamo all'interno di una fattoria con gli ulivi, le galline e un cane che ci guarda con malcelato fastidio. La mattina la padrona ci porta le marmellatine fatte in casa, i passerotti intonano per noi dolci melodie, e l'acqua che beviamo è distillato di rugiada mattutina. Perfino il cane, a un certo punto, sembra tollerarci. Io resterei lì per le prossime due settimane, ma non si vive di sole marmellatine, e quindi visitiamo San Benedetto del Tronto di sera e Ascoli di giorno.

Non ci aspettiamo molto da San Benedetto e invece rimaniamo piacevolmente colpiti. Sarà stata sfacciata fortuna ma, nelle due sere che trascorriamo lì, ci imbattiamo in: delizioso mercatino, alcolico e danzereccio festival dei cocktail, esposizione di artisti contemporanei per le strade e cinema gratuito all'aperto. Passeggiando tra i mille locali, dalla tranquillità del mare al centro della movida, scegliamo di volta in volta se goderci la confusione o la calma e, già che ci siamo, ci guardiamo "Frida" con Salma Hayek in un cortile, sotto un pergolato. Come sia di giorno non ne è ho la più pallida idea, ma di sera San Benedetto è una scoperta.

Ascoli? Vogliamo parlare del centro storico di Ascoli? Una delle sorprese più gradite di questa vacanza. Una città da visitare con il naso rivolto all'insù e la consapevolezza che meriterebbe più attenzione. Ad Ascoli i palazzi belli sono talmente tanti che la cartina turistica non li segnala neanche tutti. Ad Ascoli le sue piazze, grandi ma non troppo, e le sue vie, strette e lunghe, paiono volerti proteggere dal mondo di fuori, portarti altrove. Ad Ascoli possiamo provare le vere olive ascolane (ovviamente!) mica quel surrogato surgelato che si mangia altrove, quelle locali che hanno una consistenza, un sapore, una personalità che le altre se li sognano!

Ma di Ascoli mi colpisce soprattutto la gente, che meravigliosa umanità è quella ascolana! Come il ragazzo che, oltre i gelati, vende succhi e centrifughe. M. assetato e assolato ne prende una. Il ragazzo gli prepara un bicchierone enorme e poi ne regala uno più piccolo a me, "Così lo prova anche la ragazza", dice. La ragazza. LA RAGAZZA. Avrà vent'anni e mi chiama la ragazza. Viva Ascoli, viva gli Ascolani!!!

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Prologo, Prima Parte, Seconda Parte, Terza Parte
Sarà per il caldo ma, a spasso per Ferrara,  M. si ferma rapito davanti ad una vetrina e dice solo: "Quasi quasi mi compro un completo per il matrimonio".
"Ci siamo portati dietro due giacche, due pantaloni e due camice, in modo che tu potessi decidere all'ultimo cosa metterti."
"Quindi?"
"Quindi, ora senti il desiderio di comprarti un abito? Ora? Tre giorni prima delle nozze? A Torino non hai fatto neanche mezzo giro per negozi e ora vuoi un abito?"
"Sì, perché? Perché vuoi tarpare il mio desiderio di essere affascinante?"
"Per carità, lungi da me tarpare il tuo charme ma..."
"Ma?"
"Niente, niente", preferisco tacere anche se so che non sarà una decisione indolore.
E così entriamo nel negozio e nel giro di 40 minuti M. si compra giacca, pantaloni, camicia e cintura. Le scarpe no. Solo perché non hanno il suo numero. "E meno male!"commento io.

Ad acquisti conclusi il mio "Ma" prende forma e sostanza, "Ma l'orlo dei pantaloni?" ci chiediamo entrambi. E già, c'è da fare l'orlo dei pantaloni, e no, io non sono una sartina provetta e non vado in giro con ago, filo e macchina da cucire.
Il commesso del negozio ci propone una soluzione, disperata ma efficace, "Biadesivo, lo vendono nella merceria qua accanto", peccato che alla merceria accanto l'abbiano finito e alla merceria un po' più in là ci rispondano "Siamo un negozio d'abbigliamento, ci avete cercato su Google vero? Capita spesso, non sappiamo come cambiare la denominazione, non siamo una merceria". Ecco. Perfetto. Grazie.

Io, che vorrei godermi la giornata in città, propongo a M. di cercare una sarta nella nostra prossima tappa, San Benedetto del Tronto. Lui, invece, si piazza al telefono a interpellare qualsiasi sartoria nel raggio di km.
Io mi faccio i selfie. Lui "Pronto, avrei bisogno dell'orlo ai pantaloni..." "Noi ci occupiamo solo di abiti da donna".
Io litigo col tizio dei bagni pubblici che non ha resto da darmi, e a me 10 euro per una pipì sembrano davvero troppi. Lui "Fate orli express?" "Ma certo, ci mettiamo una settimana".
Io faccio stories su instagram. Lui convince un amico suo ad accompagnarci nell'impresa. Questi, lo stesso che ci ha fatto provare i cappellacci di zucca, ci porta di fronte a una sartoria cinese. "Sei ore", ci dicono. Troppe, dobbiamo raggiungere la prossima tappa entro stasera. Ma poco distante ce n'è un'altra, "Tre ore". È fatta!
Noi ci spiaggiamo a un chioschetto a riprendere fiato e i pantaloni, al fine, sono pronti.

Lui se li prova. Io resto ad aspettarlo in macchina e, dentro di me, sogno che glieli abbiano trasformati in un paio di bermuda, così impara a pensarci all'ultimo minuto!

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