A qualche lettore particolarmente attento non sarà sfuggita la mia leggera predilezione per la città di Berlino. Il mio moderato affetto per la città di Berlino. La mia calorosa tenerezza per la città di Berlino. Il mio smodato amore per la città di Berlino. La mia patologica ossessione per la città di Berlino.
Non sarà quindi motivo di stupore che, di fronte a un romanzo scritto da un berlinese e ambientato nella capitale tedesca, io non abbia resistito.
Lontano dai miei gusti. Lontano dalle mie letture solite. Lontano da ciò che più amo leggere e scrivere. Il profeta della morte di Vincent Kliesch è mille volte lontano da un mio libro "tipo".
Prima di tutto è un thriller. E io, lo devo ammettere, non sono una grande appassionata del genere.
In secondo luogo è truculento. E io, lo devo ammettere, mi sono trovata a leggere alcune parti con un occhio solo. Esattamente come mi è capitato di guardare alcuni film horror in tv, prima di arrendermi, cambiare canale, e stare sveglia tutta la notte come un gufo.
Il profeta della morte però l'ho letto tutto. Fino alla fine. Non ho cambiato canale.
Ho superato le parti più truculente e disturbanti per appassionarmi a una trama ben scritta, e a personaggi ben delineati. Per lasciarmi avvincere dall'eterna sfida tra poliziotto e serial killer. Bene e male. Ma con un'abbondanza di toni di grigio e amorali alleanze ad aggiungere il perverso fascino della realtà.
Questo romanzo è il terzo di una serie ma, come nel mio caso, lo si può leggere benissimo senza sapere l'antefatto, che viene abilmente riportato durante lo svolgersi della vicenda.
Escludo che Vincent Kliesch possa mai diventare il mio scrittore preferito, anche perché non posso mica passare il tempo a leggere con un occhio solo. Ma se amate il genere e l'ambientazione euopea, a cavallo tra Berlino e Londra, mi sento di consigliarvi questa lettura.
E se non amate il genere e l'ambientazione, ve la consiglio comunque. Perché ogni tanto bisogna pur fare una passeggiata per strade diverse: il rischio peggiore che potremo correre sarà trovare qualcosa che ci piace.
Buona lettura.
Non sarà quindi motivo di stupore che, di fronte a un romanzo scritto da un berlinese e ambientato nella capitale tedesca, io non abbia resistito.
Lontano dai miei gusti. Lontano dalle mie letture solite. Lontano da ciò che più amo leggere e scrivere. Il profeta della morte di Vincent Kliesch è mille volte lontano da un mio libro "tipo".
Prima di tutto è un thriller. E io, lo devo ammettere, non sono una grande appassionata del genere.
In secondo luogo è truculento. E io, lo devo ammettere, mi sono trovata a leggere alcune parti con un occhio solo. Esattamente come mi è capitato di guardare alcuni film horror in tv, prima di arrendermi, cambiare canale, e stare sveglia tutta la notte come un gufo.
Il profeta della morte però l'ho letto tutto. Fino alla fine. Non ho cambiato canale.
Ho superato le parti più truculente e disturbanti per appassionarmi a una trama ben scritta, e a personaggi ben delineati. Per lasciarmi avvincere dall'eterna sfida tra poliziotto e serial killer. Bene e male. Ma con un'abbondanza di toni di grigio e amorali alleanze ad aggiungere il perverso fascino della realtà.
Questo romanzo è il terzo di una serie ma, come nel mio caso, lo si può leggere benissimo senza sapere l'antefatto, che viene abilmente riportato durante lo svolgersi della vicenda.
Escludo che Vincent Kliesch possa mai diventare il mio scrittore preferito, anche perché non posso mica passare il tempo a leggere con un occhio solo. Ma se amate il genere e l'ambientazione euopea, a cavallo tra Berlino e Londra, mi sento di consigliarvi questa lettura.
E se non amate il genere e l'ambientazione, ve la consiglio comunque. Perché ogni tanto bisogna pur fare una passeggiata per strade diverse: il rischio peggiore che potremo correre sarà trovare qualcosa che ci piace.
Buona lettura.
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