Facce da Palco: l'imbarazzo della scelta e l'AcidaPancrazia (febbricitante cronaca in differita della terza serata eliminatoria)

Il bello di Facce da Palco è che ogni serata è diversa dalle altre.
Il bello di Facce da Palco è che si esibiscono artisti nelle più svariate discipline.
Il bello di Facce da Palco è che, a qualche giorno di distanza dallo spettacolo, venite su Radio Cole e vi leggete una meravigliosa cronaca minuto per minuto. La mia.
Tutto ciò non è fantastico? Ma sì, che lo è.
La mia cronaca, appunto. Non una vera e propria recensione, ma il racconto della mia serata attraverso i miei occhi, e in base ai miei soggettivi gusti e giudizi. Sono stata chiara? Tutto ciò puzza molto di "mettere le mani avanti", nevvero? Naaaaaaaaaaa.

Vabbè, inizio?
Inizio.

Arrivo davanti al blindatissimo portone del Bazura, circolo ARCI in via Belfiore 1. A Torino, naturellement.
Suono. Niente.
Risuono. Niente.
Suono ancora. Niente.
Nel frattempo vengo raggiunta da un giurato.
Suoniamo. Niente.
Risuoniamo. Niente.
"Vabbè, si vede che stasera hanno deciso di fare a meno di noi"
Stiamo per rassegnarci quando la porta si apre. Natalia ci vuole ancora bene.  
Talmente bene che, dopo una nostra discesa dalle scale degna di Wanda Osiris, ci presenta agli artisti con enfasi ed entusiasmo. Ma stanno tutti cenando, a base di pasta al sugo e vino rosso, e non ci considerano manco di striscio. Non me la sento di dare loro torto.

Occupo il mio posto al tavolo "tecnico" e faccio rapidamente sparire un piatto di maccheroni, cercando di affogare nel cibo la più grande preoccupazione della serata.
"Jane, sei pronta per darci una mano a riempire i buchi?"
"Beh, si, insomma"
"Tranquilla, dovrai solo leggere parti del tuo blog. Fare un resoconto delle serate precedenti"
"Ma certo, nessun problema", dico.
'Voglio morire', penso.

Prendo posto accanto alla giuria.
Salgono sul palco i presentatori.
I millemila presentatori.
La prima sera c'erano solo Natalia e gli appetitosi Boys. La seconda Natalia, gli appetitosi Boys e il maschio Lotar. La terza Natalia, gli appetitosi Boys (che questa volta non si tolgono le magliette, procurandomi una certa delusione), il maschio Lotar, e le testosteroniche Girls. Molto testosteroniche e poco Girls. Allego una foto a chiarire meglio il concetto.

Purtroppo l'immagine non rende pienamente giustizia all'orrore alla bellezza di cui abbiamo goduto noi dal vivo. Prendetevela con l'inabilità della fotografa, la spietatezza delle luci, o i santi in paradiso che proteggono voi e la vostra vista.
Ma, comunque, so che non avrete difficoltà a farvene una ragione. O, per lo meno, minore della difficoltà che avrò io a cercare di cancellare dalla mia testa una tale leggiadra, elegante, femminea visione.
Sono indecisa tra l'elettroshock e la lobotomia. O entrambe.

Ora basta, però.
Si comincia.

Viene annunciata la compagnia Checosasonolenuvole, che arriva direttamente da Roma. Sono gli artisti che hanno fatto più chilometri per Facce da Palco. Almeno credo. O forse no? Potrei chiederlo a Natalia ma oggi, mentre io febbricitante scrivo la cronaca, sta a rilassarsi al sole. E io non la voglio disturbare. Invidiarla sfacciatamente sì. Ma disturbarla no.


I romani presentano un testo originale, in cui i protagonisti sono due uomini alla fermata dell'autobus. Uno sfaccendato amante della lentezza. Uno yuppie cieco a tutto ciò che gli succede attorno. A confrontarsi due visioni della vita completamente diverse.


Alla fine dell'esibizione la giuria avanza più di una critica. C'è ancora molto da lavorare, ci sono ancora notevoli margini di miglioramento, soprattutto sul ritmo e la posizione dei personaggi in scena. 
La regista, decisamente esuberante, accetta la visione altrui sorridendo, ma difende la propria creatura. E ci mancherebbe che non lo facesse. Se porti il tuo spettacolo su un palco ci credi. Se fai tutti questi chilometri ci devi credere per forza. 
Ma (e ora parte il pippone critico che, da quel pezzo di pane di Jane Pancrazia, non vi aspettereste mai), se ci credi, non puoi usare come scusante "Tutti noi facciamo anche altro nella vita, e non abbiamo tanto tempo da dedicare al teatro".
E perché non si può usare questa scusa, secondo me? 
Perché questa è la situazione tipo della stragrande maggioranza degli artisti. Soprattutto di quelli che si muovono tra piccoli teatri, locali e circoli. Che lo facciano per hobby o con il sogno di sfondare. Che abbiano 18 o 68 anni. La maggior parte di coloro che si dedicano all'arte e allo spettacolo, affiancano a questa attività altro. Un altro spesso molto ingombrante.
Il tempo dedicato all'arte è un tempo appassionato, faticoso, ricco, ma rubato. Rosicchiato al sonno, a un lavoro "normale", alla famiglia, agli amici e all'ozio.
Quindi no, questa non è una scusa valida. Vale per tutti e quindi per nessuno. 
Certo, può esserti successo qualcosa di grave, imprevedibile ma, comunque, sul palco non lo dici. Sorridi. Accetti le critiche. Rispondi a tono. Ma non cerchi scuse che sanno di pressapochismo. Offensivo per il pubblico, tutti gli altri artisti in gara, e persino gli attori che nel  tuo testo ci hanno messo la faccia. Attori che quel tempo, sicuramente, l'avranno rubato.

Dopo questo lungo pippone, passo oltre.
I secondi a salire sul palco sono i DettoFatto. E che fanno costoro? Improvvisano.
Lo spettacolo che presentano è un format canadese chiamato Gorilla Theatre. Gli elementi su cui questo si regge sono una sedia da regista (e per chi era presente il termine "reggere" acquista tutto un altro significato), degli improvvisatori e un gorilla. 
Ogni membro della compagnia, a turno, dirige una scena, che prende corpo grazie alla fantasia malata del pubblico.
E il pubblico di Facce da Palco non è un pubblico qualunque, ma un pubblico che sa dare notevoli soddisfazioni.
Un paio di esempi.
"Qual è la sua fiaba preferita?" viene chiesto a una ragazza in platea.
"La bella addormentata"
"Oh che tenerezza, ce la racconta in poche parole?"
"C'è una principessa che si addormenta per cento anni, un drago che la tiene prigioniera (ma quando mai?!?!), e un principe che alla fine se la tromba"

Oppure.
"Qual è il suo genere cinematografico preferito?" viene chiesto a un signore dall'aria distinta.
"Il cinema americano anni '70"
"Eh? Ci può fare qualche esempio?"
"Easy Rider"
"Ok"
"Oppure 'Mariti' di John Cassavetes"
"Ah, ecco, ora è tutto più chiaro. A noi e al resto del pubblico", risponde l'improvvisatore nel cui sguardo si legge chiaramente il panico. (*)

I DettoFatto affidano tutta la loro esibizione al pubblico, accettando il rischio che ciò comporta. Ed è proprio in questo che si vede la loro abilità. Nel non buttarsi a terra fingendosi morti. Nel non tentare la fuga. Nel non prendere a testate il simpatico spettatore. Ma nel provarci, sempre e comunque.
Nel provarci e nell'uscire vittoriosi da ogni nuova assurda sfida.
Il pubblico ride, la blogger pure, la giuria si complimenta.
E il gorilla? Il gorilla premia il regista preferito dal pubblico. Con una banana. E se stesso.

Con i terzi concorrenti cambia completamente l'atmosfera. 
Ci ricomponiamo tutti quando salgono sul palco i Wood Beat. Un duo acustico. 
Si siedono. Imbracciano le chitarre. Sorridono. Spendono qualche parola di presentazione. E poi suonano. E cantano.
E sono bravi, dannatamente bravi.
I musicisti in giuria fanno le fusa. Il pubblico si lascia guidare dalle note. E la blogger, che è una donna piccola piccola e dalla scarsa morale pensa: sono pure carini! 
Ok, questa è una battutaccia: passo troppo tempo con Natalia.
Rifaccio. 
La blogger pensa, come chiunque altro presente al Bazura, ma quanto sono bravi? 
E poi: ma quant'è bello che a Facce da palco, con il passare delle serate, si stia dando tanto spazio a talento e lavoro? E che io, nel mio piccolo, ne faccia parte?
Bene. C'è ancora speranza per me e la mia morale.

Per farvi capire il livello medio dell'esibizione ne condivido una parte con voi. L'unico video disponibile attualmente, poiché il loro progetto è ancora giovane e quella di stasera è la loro prima esibizione insieme. 
Questo è "Granpa", un pezzo in cui canta e suona solo uno dei due.




A questo punto pensiamo tutti che i vincitori siano loro.

Ma poi è il turno di Caterina Fornaciai e Luca Terracciano della compagnia A_Tratti_Brevissimi.
Di Roma. 
Pure loro? Forse avrei davvero dovuto importunare Natalia.
I due presentano l'estratto di uno spettacolo degli anni 70: "Dialogo di una prostituta con il suo cliente" di Dacia Maraini.
Non siamo in un teatro. Siamo in un circolo. In un pub. C'è confusione. Gente che si alza, va a prendersi da bere, fumare una sigaretta, godersi i complimenti e le congratulazioni.
E, al riguardo, avrei da dire che: almeno gli altri artisti in gara, per rispetto ai colleghi, dovrebbero sforzarsi di non muoversi. 
Io mi sono tenuta la pipì per tre ore, tanto per dire, eh.
Ops, mi è partito un altro pippone. Con la febbre mi si slatentizza l'AcidaPancrazia. 
Domani Natalia mi licenzia.

Dicevo, non siamo nell'ambito ideale per un'esibizione di questo tipo. Eppure i due attori sono talmente bravi da riuscire a calamitare l'attenzione del pubblico. A poco a poco tutti gli occhi sono per loro. Le bocche tacciono. I piedi si fermano. La magia del teatro si compie.
Il testo è intenso anche se, inevitabilmente, racconta un mondo che ai nostri occhi risulta un po' datato. La prostituzione che viene presentata sembra un ricordo sporco, brutto ma quasi nostalgico. 
Il testo è pura poesia e i due attori lo rappresentano con intensità e convinzione. Non si risparmiano. Non si tirano indietro.

Passano i venti minuti.
Silenzio. 
E poi applausi.

E ora chi vince?
Troppo talento tutto assieme. Discipline diverse da confrontare. 
Io, per fortuna, non voto. Per gli altri, giuria e pubblico, non sarà facile scegliere.

Nel frattempo giunge l'orrido momento.
"E ora sul palco la nostra blogger preferita: Jane Pancrazia" mi presenta Natalia.
Io bofonchio qualche maledizione, mi alzo, e prendo posto accanto a Lotar. Abbarbicata a Lotar. Attaccata al suo montone (indossato direttamente sulla canotta, che fa tanto chic!) come Linus alla sua coperta.

Ignoro i post del mio blog. Sono troppo lunghi e non sono nati per essere letti in pubblico. E vado a braccio. O a ca... 
Dipende dai punti di vista.
Parlo poco, in fretta e, mi è stato riferito, appaio "legnosetta e con la vocetta strozzata". E questa è l'opinione di un amico.
La cosa più bella che mi dicono è "Non ti preoccupare, non ti ascoltava nessuno". E ciò mi rassicura.

Scendo dal palco. Il peggio per me è passato. Ora potrebbero anche annunciarmi un attacco atomico e io non farei una piega. Sono sopravvissuta a questo. Che potrebbe mai farmi un poco di Uranio?

Finisce il conteggio delle votazioni.
A vincere sono gli A_Tratti_Brevissimi. 
Hanno portato un grande testo e l'hanno interpretato magistralmente. Chiunque voglia ambire alla vittoria finale sa che dovrà fare meglio di loro.
La competizione si fa sempre più accesa.

Ora mi drogo di Paracetamolo e torno a letto.
Devo esser in forma per venerdì prossimo. La quarta serata si terrà il 21 marzo alle ore 21,30 alla Casa del Quartiere in via Morgari 14.
Torino! 

(*) Non fate i furbi miei affezionati lettori.
Non buttatevi su Google.
Non setacciate wikipedia.
Non ci credo, neanche se me lo giurate su quella santa donna della vostra trisavola, che voi conoscete a memoria il film di Cassavetes.
Giusto ad Alligatore-unochenesa posso credere, che gli altri non millantino.

(Che qualcuno abbatta l'AcidaPancrazia a fucilate. Mi faccio paura da sola)

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