Accadde al Residence, seconda parte


"Un pitone. Il suo pitone. Ah, ma non ci dobbiamo mica preoccupare, è un cucciolo"
"Oh cazzo!"
"Sta tranquillo, sarà solo uno scherzo cretino!"
"Dici? A me quel Bertoli lì non è mai sembrato un gran mattacchione. Un tipo strano sì, ma un burlone no. C’hai presente? Sempre sulle sue, pallido come un morto, e con quell’abbigliamento da chierichetto. Una specie di Norman Bates friulano. Ecco, da un tipo così, ci si può aspettare di tutto"

I due trascorsero i minuti successivi ad arrovellarsi circa la questione.
Ivan era convinto fosse uno scherzo, o meglio preferiva non prendere minimamente in considerazione l'idea che nel residence ci potesse essere davvero un pitone. Questa era la modalità standard con cui affrontava tutti i problemi: la negazione. Aveva paura di rimanere senza soldi? Smetteva di guardare l'estratto conto. Sospettava che la fidanzata avesse un amante? Avvertiva con largo anticipo prima di tornare a casa. Temeva di essere bocciato a un esame? Il giorno dell'appello non si presentava, non rispondeva al telefono e, in casi estremi, si fingeva morto. Del resto questo approccio alla vita gli aveva sempre dato grandi soddisfazioni, perché cambiarlo? Il suo conto era in rosso, la fidanzata era scappata col suo migliore amico, e la laurea appariva un miraggio lontano.
Alex, d'altra parte, intravedeva finalmente la grande occasione che stava aspettando da tempo. E l'eccitazione inebriava i suoi sensi fino a renderlo coraggioso o incosciente, come mai prima di allora. "Dobbiamo andare a controllare" disse.
"Assolutamente no!"
"E perché no? Hai paura?"
Il giovane cineasta ce la stava mettendo proprio tutta per provocare e costringere all'azione Ivan, quando una voce sottile richiamò l'attenzione di entrambi.


"Buongiorno" disse loro una giovane donna dai lunghi capelli castani e gli occhi severi.
"Buongiorno" rispose Ivan cercando di darsi un contegno.
"Avrei appuntamento con il dottor Rossi"
"Ah, sì, certo, la sta aspettando. Primo piano, stanza 4"
"Grazie"
 E la videro allontanarsi a passi spediti e spalle rigide.


Una volta raggiunte le scale, Alida rallentò,  affrontando ogni scalino con fatica. Le ginocchia sembravano non volersi piegare. Sapeva che sarebbe stato difficile, ma sperava non così tanto. Da quando il negozio di scarpe aveva chiuso, lei non era più riuscita a trovare un lavoro decente. E da due anni arrancava tra mille occupazioni senza futuro. Quella mattina, però, finalmente sembrava essersi aperto uno spiraglio. Una sua ex collega le aveva procurato il contatto di un tizio che aveva bisogno di un'assistente. "Giovane, bella presenza e tanta voglia di lavorare", queste le richieste. "Basta che fai la carina con lui ed il posto sarà tuo", queste le indicazioni. Alida non aveva ribattuto, per non far la parte dell'ingrata. Ma poi, da sola a casa, si era rigirata a lungo quel biglietto da visita tra le mani. "Fare la carina? Ma quanto carina?" si era chiesta, temendo la risposta. Partita dal rifiuto categorico, era passata al dubbio probabilistico, per  raggiungere mestamente l'inevitabile compromesso. Si era raccontata rassicuranti menzogne e, infine, aveva composto il numero del dottor Mario Rossi. Lui l'aveva invitata ad un colloquio per il pomeriggio stesso, tanto era ansioso d'incontrarla e di darle questa grande opportunità.

Arrivata davanti alla porta numero 4, Alida fece un profondo respiro. Poi bussò.
"Buongiorno, la stavo aspettando, si accomodi", le fu risposto un attimo dopo dal solito sorriso untuoso in giacca e cravatta.

Alla reception, intanto, Alex e Ivan continuavano a discutere su quale fosse la giusta strategia da applicare. La negazione o l'azione?
"Vuoi davvero che un pitone gironzoli indisturbato per il residence?"
"Qua non c'è nessun pitone!"
"Ne sei sicuro?"
"Qua non c'è nessun pitone!"
"Dovremmo andare a controllare"
"Qua non c'è nessun pitone!"
"Ok, vado io"



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