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(Articolo sponsorizzato... da me)

Il piacere di sentire una storia è paragonabile solo al piacere di raccontarla.
Il piacere di ricevere un regalo è paragonabile solo al piacere di farlo.

Scrivere favole. Illustrare fiabe. Inventare i personaggi e poi dare loro un corpo. Ispirarsi a persone che si conoscono, fare diventare il proprio nipote un cavaliere, o la perfida vicina di casa una strega cattivissima destinata a soccombere.

Vi piacerebbe essere i protagonisti di una storia? A me sì. E forse anche a molti altri.

Zia Pancrazia con la capoccia piena di ricci, progetti e idee sempre nuove, ha deciso di cimentarsi nel mestiere più bello del mondo: l'inventrice di storie, l'artigiana dei piccoli sogni.
Una favola per un bambino.
Un racconto per un amico.
Epiche avventure o teneri amori.
Grandi o piccini. Seri o faceti. Le possibilità sono infinite e strabilianti.

Nel caso abbiate voglia di regalare una fiaba ad un bimbo che amate o un racconto speciale a qualcuno a cui tenete, l'indirizzo a cui rivolgersi è sempre lo stesso janecole@live.it

Voi mi darete il protagonista e tutte le indicazioni necessarie.
Io ne farò una storia illustrata, rilegata, e pronta per diventare un regalo davvero unico.

Vi piace l'idea? Se sì, spargete la voce.
Una giornata afosa. La camicia a quadretti appiccicata alla pelle. Il fondo dei pantaloni irrigidito da acqua, sale e sabbia. E i sandali, i sandali tenuti su con il nastro adesivo, che spernacchiano ciaf ciaf ciaf ad ogni passo.

Franco si toglie la macchina fotografica dal collo. La radio canta "Vamos a la playa", mentre lui svuota la borsa piena di rullini sul bancone della camera oscura.

Un buon giorno, è stato davvero un buon giorno. Finalmente le ha trovate. Erano ai bagni "Da Lillo", abbracciate sul bagnasciuga. Le stava cercando da tempo. Italiane, scure, con teste piene di ricci.

A Lei piacciono i ricci. Le piaceranno tanto. Anche a lui piacciono i ricci.

Non sono madre e figlia. Ma sorelle. Lei non ci farà caso. Lei non vorrà farci caso. Non le importa. E neanche a lui importa.

Anna e la piccola Elisa. Le ha trovate.

Franco prende l'ultimo rullino e sviluppa le foto. Cerca di fare il lavoro con calma. Una famiglia di tedeschi tutti grassi come porci. Ripete con cura gli stessi gesti. Un bambino che piange terrorizzato dall'acqua. Le mani gli tremano dall'agitazione. Una coppia di fidanzati. Li osserva un secondo di più, sembrano felici, quel bruciore all'altezza del cuore si fa sentire. Gastrite.
E poi eccole. La piccola con quel broncio che la rende più vera. La grande con i capelli scompigliati davanti al volto, e la promessa di una bellezza pronta a sbocciare.
A lui piacerebbe una donna così. A lui sarebbe piaciuta una donna così. Anche a Lei piacerà.

Aspetta che la foto si asciughi, poi sale le scale ed entra nell'appartamento semibuio sopra al negozio.

Lei è seduta sulla poltrona. Immobile. Nella stanza c'è puzza di chiuso, medicine e piscio.
"Le hai portate?", gli chiede allungando le mani come artigli e strizzando gli occhi quasi vuoti.
La stessa domanda. Sempre la stessa domanda.
"No, mamma, te l'ho detto tante volte. Anna lavora tutto il giorno e questo non è un ambiente sano per la piccola."
"Hai ragione, meglio che non vengano qui. Ma quando mi riprenderò mi farò bella. Bella e pulita. E andremo tutti a pranzo assieme. Come una famiglia vera."
"Sì, mamma, quando starai meglio", dice Franco pensando agli ultimi dieci anni.
La malattia, la depressione, la follia della madre.
La malattia, la depressione, la follia ormai diventate anche sue.

All'inizio aveva cercato di trattenerla, di sorreggerla, ma alla fine è stata Lei la più forte. Lei a trascinarlo nel baratro. Succhiando via ogni respiro, ogni attimo, ogni speranza.
Attaccati entrambi all'inganno di una vita immaginaria.

"Oggi però ho un regalo. Una loro foto."
Lei, attrice consapevole di una recita tragica, allunga le mani e afferra il loro ultimo feticcio, la loro ultima menzogna.
"Come sono belle. Un giorno staremo tutti assieme."
"Un giorno", ripete lui sedendole accanto. Al buio.

...ma un miniracconto.

Una sciocchezza nata lo scorso inverno da un gioco sul blog di Ferruccio Gianola.

Le regole da seguire erano due:
  1. Scrivere delle storie di non più di 600 battute 
  2. Fare in modo che, tra le iniziali delle parole del componimento, fosse possibile leggere il nome di uno scrittore a scelta. 
Non ci avete capito niente? Sì, in effetti, la mia spiegazione è una mezza schifezza.
Leggendo il miniracconto vi sarà tutto più chiaro.  Spero.

                                       La Signorina Nina e l'Elefante fucsia

La Signorina Nina, tutta rughe e ricordi, una sera Trovò un Elefante Fucsia dentro l’Armadio.
Il pachiderma era alto quanto un Nano da giardino, sulla capoccia portava un cilindro, all’occhio destro un monocolo, e nel panciotto un Orologio d’oro.

Ella non ebbe dubbio alcuno: quello doveva essere lo spirito del Barone di Saltafosso, antico amore Epistolare, tornato per tenerle un poco di compagnia.

La signorina Nina lo fece accomodare sul sofà, gli offrì delle Noccioline, e versò un bel bicchierone di Cognac anche a lui.

Cin cin fece il cristallo: “A voi, mia adorata”, barrì Il Barone.


(L'autore fonte d'ispirazione è STEFANO BENNI)
Carissimo F,

c'incontrammo per la prima volta quando ero ancora una ragazzina.
Io ero così inesperta. Tu, invece, un uomo fatto e finito.
A quei tempi la mia vita era semplice e noiosa, la tua invece così complicata e densa di eventi. Fu impossibile resisterti.

Dai nostri numerosi incontri imparai molto.
Le tue parole mi stregarono, il tuo mondo mi sedusse, e persino la tua affascinante consorte seppe guadagnarsi un posto nel mio cuore e nelle mie fantasie.

Poco tempo fa, però, ho deciso di chiedere di più al nostro rapporto. Ho scelto di ascoltare la tua vera voce, di leggere le tue vere parole. Ho desiderato farti mio attraverso gli aggettivi, i verbi, e le mille declinazioni del linguaggio che tu stesso avevi scelto. Tu e nessun altro. E questo è stato il mio errore.

Prima di farlo con te l'avevo già fatto con altri, e l'esperienza mi aveva inebriata. Mentre tra di noi, inspiegabilmente, qualcosa non ha funzionato.

Per mesi ho cercato di negare l'evidenza, ma ormai è necessario guardare in faccia la realtà. Il tuo potere seduttivo non è più così forte. I miei sentimenti non sono più così assoluti. L'incantesimo si è rotto. E il nostro sogno condiviso si è infranto contro l'insopportabile verbosità della versione originale di "Tender is the night".

Te lo giuro, questa cosa fa più male a me che a te. Chi mi conosce sa quanto io detesti lasciare un libro a metà, e quanto mi costi questa decisione. Ma, mio amato Francis, dobbiamo farlo, è la scelta migliore per tutti e due. Prendiamoci una pausa riflessione.

Forse il futuro ci vedrà nuovamente amanti, per ora è meglio finirla qua.

Rimarrai per sempre nel mio cuore,
tua Jane Pancrazia.

La città chiuse loro le porte in faccia, e i 33 figuri rimasero in un sol colpo senza dimora e senza ragion d'essere.
In Italia il 70% dei ginecologi è obiettore di coscienza. Si rifiuta di praticare l'aborto.
Perché? Sono stati tutti illuminati sulla via di Damasco? Ma quando mai!
Semplicemente in Italia fare determinate scelte aiuta la carriera. Comportarsi in un determinato modo negli ospedali pubblici spalanca le porte dei primariati. Svolgere determinate pratiche nelle cliniche private riempie i portafogli e salva le apparenze.

Poco importa che le donne di fronte ad una delle decisioni più difficili della propria vita si ritrovino sole.
Poco importa che in questo paese viga una legge al riguardo. 

Non conosco nessun ginecologo che ami praticare un aborto. Non è mai un intervento piacevole ma c'è comunque chi lo fa. Quel 30% di professionisti non ha più pelo sullo stomaco rispetto agli altri, ma semplicemente maggiore consapevolezza dei propri doveri. Quel 30% di professionisti sceglie di prendere sulle proprie spalle il peso di un lavoro ingrato. Perché i pazienti non devono essere lasciati da soli. Mai.

E allora, giovani medici in cerca di una specialità, è a voi che parlo.
Non volete praticare aborti?
Non ve la sentite?
La vostra religione non lo permette?
O temete che farlo ostacolerebbe la vostra carriera e, dopo tutti questi anni di studio, chi se ne fotte di ste ragazzine che non hanno ancora imparato a tenere le gambe strette?  O di ste donne che semplicemente non se la sentono? Chi se ne fotte? Non sarà mica un problema vostro, no?
Giusto. Non deve essere necessariamente un problema vostro.

Quindi: fate altro.
Fate i pediatri, i neurologi, i cardiologi, gli anatomopatologi, i medici legali, gli oftalmologi, gli ortopedici, fate quello che vi pare. Ma non i ginecologi. Fate un favore alla società e un servizio al camice che portate. Ridate dignità a un mestiere che meriterebbe più rispetto da parte di tutti, e in primo luogo da parte di chi lo pratica.
I ginecologi devono, nel caso sia necessario, praticare aborti.

Chi ha paura dei pazzi non fa lo psichiatra.
Chi ha paura del sangue non fa il chirurgo.
Voi siete obiettori di coscienza? Non fate i ginecologi.
Avete scelto comunque di fare i ginecologi? E allora fate il vostro dovere.
E risparmiateci le lezioni di morale, siete gli ultimi a poterle dare.
Devo ammettere che ultimamente faccio un poco fatica a stare dietro a tutto. Ed i primi a cadere vittima di questa mia mancanza sono stati gli amici di blog. Purtroppo in questo periodo leggo di meno e soprattutto commento di meno. Nonostante ciò, immeritatamente, lettori, vicini e blogger continuano a darmi grandi soddisfazioni.

Avete presente il misterioso lettore norvegese? Ecco, nel caso non abbiate ancora visto i commenti del post precedente, ve lo scrivo anche qua. Il lettore, o meglio, la lettrice si è palesata così:
Faccio outing? Faccio outing. Dopo un post dedicato (o almeno credo), non posso fare altro che. Tadan! Landslide, italiana trasferita in Norvegia (per lavoro ;)), piacere. Leggo i tuoi post su Berlino perchè adoro la Germania (il mio ragazzo è tedesco, d'altronde) e perchè è tutta colpa dell'Erasmus passato in questo freddo stupendo paese, se io poi sono tornata qui. Alcuni dei tuoi pezzi avrei potuto scriverli uguali, solo con l'aggiunta del maglione di lana che punge ;) ...forse però preferivi restare nel dubbio e immaginarti il belloccio biondo? Nel caso, scusami. Buona settimana, credo continuerai a trovare il lettore norvegese nelle statistiche, se non ti spiace ;)
Non è stupendo? Io sono felice come una pasqua: con l'afa di questi giorni ci voleva prorio un po' di sano vento freddo del Nord!
Che tu sia la benvenuta cara Landslide!

Qualche settimana fa, invece, a farmi una bella sorpresa c'ha pensato Fata di Zucchero, una blogger pasticciera il cui talento farebbe impallidire persino Buddy Valastro, il boss delle torte. Questa creativa veneziana, dopo avermi seguito quatta quatta in silenzio per chissà quanto tempo, si è presentata via email recando un dono, o meglio, un premio. Quello di Blog affidabile. E scusate se è poco!
Io, portando in trionfo l'ambito vessillo, lo offro a tutti i presenti nel mio blogroll, Fata di Zucchero compresa.

Ed infine, sabato ho avuto l'onore d'incontrare ZetaElle. Come chi? Spiessli!
Sì, insomma lei, la governante del Conte.
E, tra l'altro, grazie a lei, ho potuto conoscere un nuovo blogger e un nuovo blog: Juhan de "Al Tamburo Riparato". E, persino, parlare al telefono con Lucia, il mio mito personale.

Abbiamo trascorso molte ore assieme chiacchierando, conoscendoci e mangiando la fassona. Quando due buone forchette s'incontrano, pure se una delle due è a dieta, non può che scattare un immediato feeling.

Questo blog e questo mondo, anche se li trascuro, non smettono mai di regalarmi soddisfazioni e incontri importanti.

Grazie a tutti.
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