Se racconti a due bambine dalla sfrenata fantasia le vicende di Fatima e dei pastorelli il minimo che possa accadere è che le due innocenti si lascino prendere dall'entusiasmo ed inizino ad imbastire un semplice quanto ambizioso progetto.
No, non quello di farsi suore.
No, neanche quello di darsi alla pastorizia.
No, neppure quello di aprire un B&B a Fatima per accogliere i pellegrini.
La mia compagna di banco ed io, dopo un'illuminante lezione di religione in terza elementare, decidemmo "semplicemente" che da quel giorno saremmo state buonissime in modo da guadagnarci anche noi un'apparizione della Madonna.
La nostra non era una speranza ma una certezza. Ad un comportamento corretto sarebbe sicuramente corrisposto il premio desiderato, nello specifico una visione mistica. Punto. Le chiacchiere stavano a zero.
Io che passavo i week end a giocare a calcio con mio cugino Ale sdrumandogli sempre le caviglie, più aggressiva di Gattuso e più fallosa di Materazzi; io che anni addietro avevo
ceduto la Barbie in comodato d'uso a quel porco di Giuliano; io che ritenevo la messa domenicale la peggiore delle punizioni; io avrei intrapreso la via della beatitudine.
Lei che conosceva certe colorite espressioni da far impallidire qualsiasi camionista turco; lei che passava i suoi pomeriggi a corcare di mazzate il fratello; lei che considerava il pettegolezzo una forma d'arte; lei mi avrebbe affiancata sulla medesima via.
Era proprio il caso di dire: Dio le fa e poi le accoppia.
Come andò a finire?
Ci mettemmo solo 24 ore per renderci conto che nessuna delle due sarebbe stata in grado di mantenere una condotta di vita adeguata e quindi decidemmo di rinunciare.
Ma negli anni seguenti ci saremmo comunque intrattenute in altri interessanti diversivi: come organizzare un mercato nero durante l'intervallo, sventare una rapina immaginaria in cartoleria e condurre una campagna tutta al femminile contro il bullo della scuola.
Sapete com'è: ci piaceva tenerci impegnate.