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Dopo due mesi di stupidera, oggi si cambia registro.
Partendo da un verso(il primo della terza strofa) della poesia "Questions of travel"(*) di Elizabeth Bishop ho scritto un breve racconto.

Prima che vi venga l'ansia, lo dichiaro subito: la storia è di pura fantasia.

Che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada.

Scendo nelle viscere umide e buie della terra, cerco un posto libero e mi siedo.
Con la testa appoggiata al finestrino osservo il tunnel con occhi ciechi, quando l'istintivo bisogno di aria e luce si impossessa di me, costringendomi a risalire in superficie. Tra i vivi.

Il sole splende in questo inizio d'estate. Periodo dell'anno in cui Berlino è un dono per gli occhi e per il cuore, con i suoi colori, i suoi odori e le sue facce.
L'umanità intera forma un unico serpentone colorato lungo Unter den Linden, ed io mi accodo, nascondo e perdo in esso.

Lui mi starà già aspettando davanti allo studio medico.
Gli esami del sangue non promettono niente di buono, la risonanza magnetica fa paura da quanto è brutta ed i raggi mostrano chiaramente la mia colonna vertebrale sull'orlo del collasso.
"Bisogna correre dal Dottor Hahn. Sono sicuro che troverà una soluzione", ha deciso ieri sera.
Ha chiamato il vecchio amico fraterno di suo padre ed ha preso appuntamento. Senza neanche interpellarmi, senza darmi il tempo di aprire bocca.
"Domani sera. Ore 18. Io verrò direttamente dall'ufficio e ci troveremo là davanti. Mi raccomando non tardare"
"Agli ordini capitano", gli ho risposto battendo i tacchi.
Ma non ha apprezzato l'ironia: "E' una cosa seria", mi ha detto severo.
Come se non lo sapessi. E' la mia schiena quella che si sta rattrappendo su se stessa, è la mia vita quella che sta scivolando via a tradimento. Lo so che è una cosa seria ma delle volte mi piacerebbe solo farmi una bella, grassa risata.

Non dovrei camminare per lunghi tragitti.
Ogni muscolo, ogni osso, ogni tendine del mio corpo brucia di un fuoco blu, intenso, accecante. Ondeggio faticosamente sotto il sole come una vecchina. Una vecchina di soli 28 anni.
Probabilmente qualcuno mi crederà ubriaca o peggio ancora drogata.
Qualcuno forse proverà pena per me. Per il mio viso rosso dalla fatica, per i miei capelli appiccicati dal sudore, per la mia maglietta così bagnata da poterla strizzare.

Di certo quando Lui mi vedrà non proverà pena, ma forse fastidio e sicuramente rabbia.
Se la prenderà con questa donna che lo sta facendo diventare pazzo, che non si lascia amare, cullare e guidare. Maledirà la mia irrazionalità, persino la mia follia, o semplicemente la mia testa dura. E di certo non si calmerà quando gli dirò: "Hai ragione, ma che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada."

I tigli sono in fiore e sono meravigliosi.
Chissà se riuscirò a vederli anche il prossimo anno. Probabilmente no.
E allora al diavolo Lui ed il suo buon senso, al diavolo il dottor Hahn che "è stato così gentile da trovare un buco nella sua agenda", al diavolo la famiglia che vorrebbe che tornassi a casa. Al diavolo tutti.
Me ne fotto del vostro amore, della vostra buona fede e dei vostri buoni propositi.
Lasciatemi godere i miei tigli fioriti. Lasciatemi respirarne il profumo. Lasciatemi annegare in tanta bellezza.
Avrò tempo per le cure ed anche per la morte, trattenuta dalle vostre mani e bagnata dalle vostre lacrime.

Mi ha vista da lontano e ora mi viene incontro.
Il viso furioso è di un rosso innaturale. Ed io rido.
Le vene del collo sono gonfie, piene di rabbia repressa. Ed io rido.
Mi piovono addosso mille parole, ma pronunciate a denti stretti, senza urlare. Ed io rido.
Lui non lo sa, ma è tanto buffo in questo momento. E per questo rido, rido e rido.

Rido così forte che cado in terra e la schiena mi si spezza. Per sempre.
L'ultima cosa che vedo sono i tigli. Che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada.


Immagine tratta dal sito http://www.rfennis.com/Berlin/Berlin.htm

(*) Scusatemi per il link solo in inglese, ma purtroppo non ho trovato in rete la versione italiana.
Una ragazza di città ha scarpinato allegramente tra prati e monti trentini.
Tutta sudata e stropicciata, equipaggiata con abbigliamento e scarpe inadatte, si è trascinata dietro anche un bastone da passeggio ma, incapace di usarlo correttamente per facilitarsi negli spostamenti, non le è rimasto che utilizzarlo per esibirsi nell'imitazione mal riuscita del Vagabondo.

Gli orsi probabilmente non si sono palesati perché troppo presi a farsi grasse risate alle spalle della suddetta giovine, ma in compenso le morbidose marmotte, che sempre plantigradi sono, hanno salutato l'esibizione con sonori fischi di apprezzamento.

Ed anche per quest'anno la pellaccia è salva.
Sono salva. Per ora.
Ne avevo già parlato l'anno scorso ed in quella occasione voi, miei adorati lettori,  avevate cercato di rassicurarmi. A modo vostro.

Ma il problema si è ripresentato ed ora è molto, ma molto peggio!

Sarà che ultimamente quegli sporcaccioni degli orsi trentini si sono dati parecchio da fare, moltiplicandosi come conigli, ma sta di fatto che quest'estate gli avvistamenti dei morbidosi plantigradi lungo i sentieri ed a pochi passi dal paese sono cresciuti esponenzialmente.

Domani mi attenderebbe una gita dove solo ieri una signora ed un'orsa si sono trovate faccia-muso. L'animale, di fronte alla cotonatura anni '80 della madama, è fuggito inorridito mentre la donna probabilmente se l'è fatta addosso. 

Essendo io oltremodo pavida cosa mi consigliate di fare?

A) Mi fingo malata?
B) Durante la notte, con il favore delle tenebre, scappo verso la mia amata e soprattutto bear-free pianura padana?
C) Inizio subito a fare la danza della pioggia, propiziando così un bell'acquazzone che impedisca qualsiasi attività escursionistica?
Oppure
D) Mi cotono i capelli e per evitare inutili imbarazzi indosso anche un bel pannolone?

Comunque, sappiate, che vi ho voluto tanto bene.
Chi di voi mi segue da un po' sa che c'è una realtà a cui sono molto affezionata: l'Oasi Locatelli.

Un rifugio sicuro per i cani senza famiglia.
Una casa per chi una casa vera ancora non ce l'ha.
Un posto gestito da persone piene d'amore e passione.

Purtroppo adesso l'Oasi rischia di chiudere per i troppi debiti.

Che ne dite di dare un'occhiata al sito di Secondazampa per saperne di più e magari decidere di dare una mano?

Direttamente dal lussuosissimo Regionale Brennero, che tutto il mondo ci invidia, tra turisti arrostiti e pendolari bolliti, con una temperatura di crociera che oscilla tra i 30 ed i 35 gradi, la vostra Jane saluta e ringrazia affettuosamente tutti coloro che le hanno tenuto compagnia durante la difficoltosa traversata padana.
Un pensiero speciale va ovviamente alla beneamata Trenitalia che, sempre più efficiente e lungimirante, da qualche tempo ha pensato bene di sopprimere lo storico collegamento diretto Torino-Venezia, rendendo gli spostamenti da ovest ad est (e viceversa) tanto scomodi e macchinosi da risultare ridicoli.
Ripetete tutti con me: grazie Trenitalia!
Ve l'ho mai detto?
Io odio la stazione di Milano.
No, non ce l'ho con la città meneghina, che tra l'altro conosco pochissimo, ma proprio con la sua caotica e sovraffollata stazione ferroviaria.
Io, in qualità di sfigata passeggera sabauda di passaggio, mi trovo ogni volta a dover correre da un binario all'altro e da un treno all'altro, trascinandomi dietro una valigia strapiena e calpestando anziani innocenti, teneri bambini ed ingombranti donne incinte, con l'unico scopo di non perdere la coincidenza.
Capirete che per una personcina mite e ben educata come me, un tale comportamento è fonte di grande disagio.

Per questa volta credo di aver provocato solo un paio di traumi cranici e la rottura di qualche femore.
E' proprio un mondo difficile.

Prossima fermata: Verona.
Sono seduta accanto ad una ragazza che ascolta musica in cuffia e ogni tanto canta ad alta voce.
I primi 5 minuti ho pensato che fosse simpatica.
Poi che fosse semplicemente una sopportabile scocciatura.
Ora, dopo più di un'ora di viaggio, canzoni smozzicate ed acuti improponibili, vorrei solo che la giovine creatura chiudesse la sua boccuccia santa.

Ecco a cosa serve realmente un blog: a condividere con i propri pazienti lettori le piccole frustrazioni quotidiane.

E voi che fate di bello?
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