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Il mio dentista è un genio.
Del male.

Per far dimenticare agli sciocchi pazienti l'atavica paura che il suo mestiere naturalmente suscita, l'astuto cavadenti ha elaborato un piano semplice ma efficace: tenere l'aria condizionata in sala d'attesa ad una temperatura polare.
In questo modo lo sprovveduto cariemunito, seduto tra un morbido orso polare con l'alito fetente ed un elegantissimo pinguino piagato dal tartaro, è costretto a mettere da parte l'ansia per un po' di sopportabile dolore e a concentrarsi invece sul fondato rischio di decedere per ipotermia.

Il mio dentista è un genio.
Del male.





(I credits per le immagini: 1)http://nature.ca; 2)http://www.thisblogrules.com; 3)http://ourfunnyplanet.com; 4)http://www.answersingenesis.org.)
La sorellanza è quella foto che ci fecero a Rimini un milione di anni fa e che tengo ancora sulla scrivania. O quelle del mio terzo compleanno dove io assomiglio a Renato Pozzetto e tu al maggiordomo degli Addams.

La sorellanza è un televisore che fermasti appena in tempo prima che mi schiacciasse come una sottiletta. O quel terremoto durante il quale mamma e papà ci portarono in braccio per cinque piani di scale. Pure a te, anche se eri già la più alta della famiglia. O ancora il mio risveglio dall'anestesia, quando MammaCole sollecita mi chiese: "Come stai tesoro?", ed io risposi solo: "Dov'è SorellaCole? Quando torna? Voglio lei."

La sorellanza si fonda sulla consapevolezza dell'ineluttabilità della presenza dell'altra quando vorresti stare da sola, ma anche sulla certezza della presenza dell'altra quando hai bisogno di qualcuno.

La sorellanza non è un dubbio ma una risposta.
E' la sicurezza che pure se fai una stronzata, anche una bella grande, l'altra non se ne va. 

La sorellanza è diversa per tutti. Ognuno ha la propria. La nostra è fatta di morbillo e varicella, di migliaia di colazioni assieme a base di galletti e caffè, della predilezione per il salato piuttosto che il dolce, e delle altre decine di abitudini uguali che neanche ci rendiamo conto di avere.

La sorellanza è un post che mi è girato in testa per tutto ieri ed oggi può finalmente essere pubblicato.

Buon Compleanno SorellaCole! 

Che quest'anno ti porti: un lungo viaggio, un incontro spettacolare e l'amore più grande che c'è.
Pensavate davvero che la mutazione del blog fosse solo uno scherzo o un passeggero momento di follia? Illusi! Non l'avete ancora capito che la mia stupidera non è assolutamente momentanea ma irrecuperabilmente cronica? Forse, in alcuni momenti, posso dare l'impressione di essere una persona lucida, matura e persino seria, ma si tratta solo di attimi, brevi, brevissimi attimi.

Ross e Mario, due menti diaboliche anzichenò, con i loro commenti al penultimo post mi hanno ispirata e così è nata la seconda ricetta di "Cucina Cole, il food blog che non ti aspetti".
Un piatto perfetto per cuochi comunisti, golosi di sinistra, crudeli mangiatori d'innocenti e streghe di fiabe crucche: il Nipote Bollito.
L'ingrediente è unico e di facile reperibilità: un quasi  treenne in moto perpetuo, simpatico ma molesto, dolce ma isterico, divertente ma ingestibile. Voi scegliete chi volete, io ho preso PiccolissimoE: la creatura che, sotto i miei increduli occhi, in poco tempo si è trasformato da adorabile biondo puttino in adorabile biondo scassamaroni.

Prendete il suddetto treenne, strappatelo dal letto all'alba, legatelo come un salame al seggiolino e sottoponetelo ad un viaggio in macchina di almeno trecento km.
Arrivati a destinazione liberate la bestia che, nel frattempo, si sarà trasformato in una pallina da flipper e non riuscirà a stare fermo neanche per 120 secondi consecutivi. In ordine: si rotolerà nella neve; prenderà a pallate oggetti animati ed inanimati compresi amici, parenti, sorelle, auto parcheggiate e vecchiette con deambulatore; si rotolerà nella neve; tenterà di rapinare a pannolino armato un rifugio ad alta quota; si rotolerà nella neve; urlerà a squarciagola per esprimere indifferentemente gioia, rabbia, dolore, tristezza o semplicemente voglia di provocare una valanga e, ovviamente, si rotolerà nella neve.

A questo punto i vostri ingredienti principali forse saranno già cotti a puntino ma PiccolissimoE no! Egli ha la pellaccia dura e ci vuole ben altro per cucinarlo a dovere.
L'ideale per (dargli il colpo di grazia) completare la cottura è farlo passare di fronte a delle allettanti giostrine. Il fanciullo, ebbro di gioia, ignorerà il vetro che lo separa dal Nirvana e, alla massima velocità consentita dalle sue corte gambine, prenderà un' epica craniata con annesso "SDENG!!!" udito nel raggio di 5 km.

Solo ora il Nipote sarà davvero Bollito e, dopo aver ululato come un bassotto alla luna ed essersi accessoriato con un elegantissimo corno frontale, perderà al fine i sensi. Permettendovi un po' di pace per almeno 10 minuti. Se siete fortunati.

Buon appetito!

(Nessun Nipote è stato maltrattato durante la produzione di questo post. Lo giuro!)
Io odio il Primo d'Aprile.
Per quanto mi riguarda dovrebbe essere cancellato dal calendario.
Il mondo è pieno di persone che detestano il Natale oppure il Capodanno. A me sta sulle balle il Pesce d'Aprile.

Tutto ebbe inizio molti, molti, molti, ma proprio molti anni or sono.
Era il lontano 1987, alcuni di voi non erano neanche ancora nati (e per questo vi odio, sappiatelo), ma io già frequentavo la quarta elementare. Ero un mucchietto di ossa con due guanciotte paffute ed una montagna di ricci sulla capoccia. La mia infanzia scorreva placida e serena tra la puntata giornaliera di Bim Bum Bam e le ossessive repliche di Happy Days, il mio unico mito era Alessandra Martines ed il mio sogno proibito Marc Lenders, i miei improrogabili impegni consistevano nel catechismo e le lezioni di danza con la maestra Marina (la ballerina con il culo più grande dell'universo, che se l'avesse vista la Celentano l'avrebbe fustigata sulla pubblica piazza). Insomma, andava tutto bene, fino a quel maledetto, maledettissimo primo aprile.

La maestra Egle, insegnante dal sorriso gentile e l'animo giocherellone, quella mattina ci riportò i nostri quaderni di matematica corretti.
15 bambini. 15 quaderni. 15 pesci di carta, con annessa spiritosissima e personalizzata frase, occultati tra le pagine a quadretti.
Oh che ridere!
Oh che gran divertimento!

Lo so che vi starete chiedendo in questo momento: "Che cavolo ci sarà stato mai scritto su quello della piccola Jane? E' possibile che lei sia così permalosa da ricordare ancora con astio un'innocente scherzo fatto un'eternità fa?"

Ve lo dico subito cosa c'era scritto: un bel niente!
In effetti i pesci non erano 15, ma 14!
Quella rimbambita della maestra si era dimenticata di farne uno anche per me. Eravamo solo 15 in classe mica 300, ma lei se ne dimenticò comunque uno: il mio.

Io ancora non mi sono ripresa dal trauma. Sob.



N.d.A (1) Avete notato la raffinatezza? Disprezzo talmente tanto il primo d'aprile che questo post l'ho scritto il 2.

N.d.A (2) Guai a voi se provate a convincermi che anche la povera maestrina, una volta resasi conto dell'errore, ci sarà rimasta molto male. Echissenefrega! I commenti solidali con quella stordita scateneranno la mia rabbia cieca. Vi ho avvertito.
Mi sono stancata di appartenere all'affollato sottobosco dei blogger sfigati!

Quelli che, se gli va bene, ricevono un centinaio di visite al giorno, quelli che non possono vantare frotte di commentatori adoranti ad ogni post, quelli che non vengono arruolati dalle riviste, quelli che non vengono contattati dalle case editrici, quelli che non vengono intervistati in radio o in tv, quelli che, diciamo la verità, manco i vicini di casa se li filano di striscio.

Ho deciso che voglio svoltare.
E, che la blogosfera mi sia testimone, svolterò!  
Ecchecavolo!

Prima di tutto devo affrontare in maniera razionale ed obiettiva la faccenda. Qua non contano l'istinto o le naturali inclinazioni. Al bando la creatività ed i facili ingiustificati entusiasmi.
La soluzione è una ed una sola: trattare gli argomenti che attirano più visite.
Cos'è che va più di moda negli ultimi anni nella blogosfera? Semplice: figli e cibo. Bimbi e ricette. Pannolini e carbonara. Biberon e cheesecake.

Per quanto io sia combattiva e motivata, vi pare che mi possa riprodurre solo per avere qualche lettore in più? No, direi di no. In fondo ho ancora una coscienza e non me la sento di vendere l'anima al diavolo solo per aumentare il mio ranking. Non ancora, almeno.

Quindi non mi rimane altra scelta che buttarmi sulle ricette.
In realtà non sono una gran cuoca, ma questo particolare non mi sarà di alcun impiccio. La rete è il regno del virtuale ed io virtualmente posso essere anche meglio di Suor Germana.

Siete dunque pronti per la svolta epocale?
Indossate l'abito lungo per l'occasione, tirate fuori lo smoking dalla naftalina, stappate il chinotto e brindate con me:
"Al diavolo Radio Cole!
Benvenuta Cucina Cole!"

Ed ora inauguriamo il nuovo percorso con la prima ricetta: un piatto originale, una raffinatezza, una leccornia per sofisticati gourmet.

Mettete a soffriggere in un tegame un po' d'Insonnia con una punta d'Inizio Primavera.
Rosolate la Ciccia di Blogger per qualche minuto e poi innaffiatela con abbondante Ora Legale.
Coprite il tutto e lasciate cuocere a fuoco lento per almeno 40-45 minuti.
A fine cottura aggiungete una bella grattugiata di Piovosa Domenica Pomeriggio.

A questo punto potete togliere dal fuoco e servire: la Pancrazia brasata è pronta.

Buon Appetito!

NdA: Sì, lo so, avrei potuto semplicemente dirvi che domenica scorsa mi sono trascinata per casa sveglia come una marmotta in letargo, attiva come un bradipo e vitale come un'ameba. Ma che gusto ci sarebbe stato? Molto meglio imbastire tutto questo delirante post, no?
Una volta, quand'ero poco più di una bambina, mi piaceva il calcio.
Di quell'epoca ormai lontana ricordo con particolare affetto la Sampdoria, quella del bel Roberto Mancini, del riccio Gianluca Vialli e di "nonno" Cerezo.
Toninho Cerezo era un esuberante calciatore brasiliano, dall'età indefinita ed il sorriso contagioso.Tutti lo amavano e, qualunque fosse la personale squadra d'elezione, era impossibile rimanere indifferenti alla naturale simpatia di quella faccia da commedia.
Ieri, per caso, ho ritrovato il "nonno" alle Invasioni Barbariche ed ho scoperto che è rimasto uguale nel corpo e nello spirito. Gli occhi buoni ed il sorriso sincero sono gli stessi di un tempo e sono la perfetta espressione di un cuore grande e di una grande anima.

Toninho Cerezo ha una figlia. Una modella bellissima che si chiama Lea T. Una trans con gli occhi scuri e dolci del suo papà.

Lui le ha dedicato questa lettera:
“Non possiamo essere bravi in tutto e tu, Lea T. Cerezo, sai fare molto più che semplici palleggi.
Hai avuto il coraggio, con eleganza, di tentare di rompere i paradigmi e di mostrare al mondo che dobbiamo accettare le differenze, essere tolleranti con la diversità. Capire e non giudicare ciò che non conosciamo.
Il cammino può essere lungo ma sicuramente non sarà lo stesso senza di te.

Bambino o bambina, Leandro o Lea, non importa più. Sarò sempre tuo padre e tu, orgogliosamente, una parte di me”.

E' vero non si può essere bravi in tutto, ma il "nonno" ha dimostrato di non essere bravo solo a fare semplici palleggi. Toninho Cerezo è un meraviglioso Padre (sì, con la "p" maiuscola), a cui va almeno in parte il merito di aver cresciuto una persona in grado di lottare contro i feroci demoni che stanno dentro e quelli stupidi, ignoranti e cattivi che stanno fuori.

La "transizione" è una delle condizioni umane più complesse e dolorose. Non si riconosce il proprio corpo, ci si sente prigionieri della propria pelle, si è murati vivi dentro un estraneo. Può esistere davvero qualcosa di peggio?
La "transizione" è un lungo viaggio durante il quale si cerca l' equilibrio tra corpo e cervello. La destinazione finale può essere il cambiamento di sesso o l'accettazione di una condizione di mezzo, ma comunque l'unico vero obiettivo è semplicemente la serenità.

Coloro che guardano queste persone come fossero fenomeni da circo, coloro che le definiscono creature del maligno, coloro che le disprezzano alla luce del sole ma poi le cercano quando calano le tenebre, probabilmente non posseggono metà del loro coraggio, un quarto della loro forza, una punta della loro determinazione.

Provo da sempre pena per gli ipocriti bigotti e da ieri una grande incondizionata stima per Cerezo. Semplicemente: un Padre.

(Il video dell'intervista a Lea T. Cerezo lo trovate a questo indirizzo http://www.la7.it/invasionibarbariche/pvideo-stream?id=399092)

L'11 marzo scorso in Giappone si è verificato un terremoto terribile, seguito da uno Tsunami devastante.
Questo lo sapete tutti.
In seguito al sisma più di una centrale nucleare ha riportato danni importanti.
Sicuramente sapete anche questo.

Non avevo ancora trattato la recente catastrofe perché, dal punto di vista dell'informazione, non avevo niente di originale o esclusivo da offrirvi e, dal punto di vista umano, ero in silenziosa e scaramantica attesa di una buona notizia da condividere.

Una calamità di tale portata è difficile da immaginare, il numero di morti e dispersi può sopraffare. E così, credo che faccia parte della natura umana distogliere lo sguardo dal disastro nella sua interezza e concentrarsi sul particolare.
Con la testa ed il cuore si può cercare di essere vicini ad un popolo, ma è sempre una vicinanza artefatta e quasi irreale. Loro poi sono così lontani. Noi siamo qua e loro là, dall'altra parte del mondo.
Istintivamente il pensiero si allontana dal popolo nipponico nella sua globalità, fatta di volti sfocati e stranieri, e si focalizza su visi e luoghi a noi familiari. Nelle ultime due settimane cittadini di tutto il mondo hanno cercato di rintracciare amici e parenti che si trovavano nel paese dei ciliegi. Hanno chiesto notizie e rassicurazioni.

Io, ad esempio, mi sono immediatamente attivata per contattare lui: Fumiki. Il mio compagno di Erasmus. L'uomo che confezionò per me meravigliosi origami che ancora conservo gelosamente. Il pazzo che a colazione mangiava carbonara fredda. Il samurai che si sobbarcò il mio trasloco senza bisogno che glielo chiedessi e senza possibilità alcuna che potessi rifiutare il suo aiuto.

Anche se non avevo sue notizie da anni, l' ho cercato prima sul vecchio indirizzo e poi ho setacciato la rete in cerca di un suo nuovo recapito.
Ho spedito due email ed ho atteso.
Non lo sentivo da tantissimo tempo, non lo vedevo da un'eternità, ma volevo saperlo al sicuro con le sue stramberie ed il suo sorriso timido, con la sua austerità e le sue camice improbabili, con i suoi capelli neri come l'inchiostro ed il suo cappottone color cammello.

I giorni passavano e l'ansia cresceva.
Magari non legge spesso la sua posta, mi dicevo.
Ma sta bene, deve stare bene per forza, cercavo di autoconvincermi.
Ho aspettato pazientemente.
Ho pregato anche se non credo più da tempo, ma si sa che in certi momenti uno spera di essersi sbagliato e che lassù ci sia davvero qualcuno in ascolto.
Ho ricordato i nostri discorsi su Buddha e cristianesimo, Italia e Giappone, storia e attualità. Ho pensato a quanto eravamo giovani e pieni di progetti per il futuro. E mi sono un po' commossa.
Ho continuato ad aspettare e sperare.
Anche se non dovesse rispondermi non significa mica niente, mi ripetevo, possono esserci mille buone ragioni.

Stasera, dopo quasi due settimane è arrivata finalmente l'email che tanto attendevo.
Ed ora sono felice come una bambina a Natale.

Forse il Giappone non è dall'altra parte del mondo, forse le distanze non contano, forse non importa neanche per quanto tempo non si rimanga in contatto. Molte persone entrano nella nostra vita e sono destinate a rimanerci per sempre. Molte persone distanti appartengono comunque alla stessa enorme comunità.
Fumiki non lo sa, ma anche lui fa parte della storia della famiglia Cole, altrimenti non si spiegherebbe perché Mamma, Papà, sorellaCole e Ciccio stasera abbiano gioito per lui e perché io ora stia condividendo questa bella notizia con tutti voi.

Poche righe dedicate al mio amico ritrovato ed alla sua famiglia, felice di saperli al sicuro.
Poche righe dedicate ad un popolo ed una terra che stanno là, dall'altra parte del mondo, dove sorge il sole ed inizia il giorno.
MammaCole: "Fox ha detto che il Capricorno deve smettere di vedere le cose come crede che stiano e cominciare a vederle come stanno veramente."
Jane: "E che significa?"
MammaCole: "Boh!"

Fox, tesoro, ascolta Pancraziuccia tua: io lo so che puoi dare solo indicazioni generali ma, considerando che la famigliaCole tutta ti segue con affetto dai tempi oscuri in cui ti vestivi solo di colori pastello e sembravi un pupazzetto da mettere sulla torta della cresima, non potresti ogni tanto darci qualche suggerimento facilmente interpretabile e magari un poco utile?

Che cappero significa che non devo vedere le cose come mi sembrano ma come sono in realtà?
Se fossi capace di essere così obiettiva non credi che lo starei già facendo?
Ti pare che, se fossi dotata di una tale capacità di analisi, perderei tempo a dare retta alle tue illuminate indicazioni?
Per una volta, non potresti sforzarti di essere più chiaro? Devo vedere più ottimisticamente ciò che mi sembra stia andando male o più negativamente ciò che mi sembra stia procedendo a vele spiegate?
Converrai con me che tra i due approcci c'è una netta differenza.

Noi tutti ti siamo molto affezionati ma sappi che ormai stai appeso ad un filo: continua così e ci convertiamo a Branko!
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