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Delicato e Poetico.
Un canto leggero.
Una danza aggraziata.

Oggi mi ero ripromessa di fare mille cose e, per tutta la mattinata, ero riuscita più o meno a mantenere l'impegno. Poi, verso l'ora di pranzo, mi è partito l'embolo, mi si è impazzito il neurone e, senza nessun motivo valido apparente, ho deciso di prendere tante ore, utilizzabili in fruttuose attività, e buttarle letteralmente nel cesso.

Dimostrando per l'ennesima volta di essere un'emerita fessa ho scelto di prodigarmi nella terribile attività cosiddetta "diamo una sistemata al blog".
Orrore e raccapriccio.

Ho passato un tempo infinito a scandagliare il web tutto alla ricerca di una grafica che si adattasse a me ed alla mia amata Radio Cole.
Che l'operazione sarebbe stata difficile già lo sapevo, ma non avevo calcolato che alla mia cronica indecisione, alla mia paura dei cambiamenti, alla mia ansia da prestazione applicata a tutti gli ambiti, si sarebbe aggiunta la consulenza telefonica del mio fidanzato.

Sì, proprio lui, il noto e tanto amato Ciccio che, ad ogni nuovo sfondo, si premurava di darmi un suo attento giudizio telefonico. E così abbiamo trascorso il pomeriggio scambiandoci piacevolezze del tipo:

"Che ne dici di questo?"
"Fa schifo!"
"Ciccione"

"Questo ti piace?"
"Questa carta da parati da vecchia? Ma stai scherzando?"
"Ti odio!"

"E questo?"
"Fa un po' meno schifo degli altri"
"Ma vaff..."

Insomma alla fine vada per il gufetto sul ramo. Potrebbe restare per i prossimi vent'anni o durare venti minuti. Non lo so. Ma ora sono davvero stufa, a un passo dall'esaurimento nervoso e quindi mi arrendo. E vi prego non ditemi niente. Pure se lo trovate orribile: lasciatemi andare in giro con gli spinaci in mezzo ai denti. Ne avete facoltà.

Quasi dimenticavo, i più attenti di voi si saranno accorti che la grafica non è l'unica cosa ad essere cambiata. Nella colonna di destra, sotto l'inequivocabile logo del Carosello, ho aggiunto dei video pubblicitari.  
Quella è pubblicità. Vi interessa? Cliccatela.
Non v'interessa? Ignoratela. Anzi stateci proprio lontano perché purtroppo, se ci si passa sopra con il mouse, il quadrato si allarga e diventa molesto. Io vi ho avvertiti.

Gli argomenti ed il tenore dei post rimarranno invariati, state sereni.
E non tenetemi il muso, per cortesia, che mi sento già sufficientemente mercenaria da sola senza bisogno che mi facciate la predica voi. Perdincibacco! C'è crisi. Ve lo devo dire io?

Ok. Ora vado a farmi una camomilla. Direttamente endovena.
Ormai è da parecchio tempo che espongo la sua foto sul mio blog.
Francesco Azzarà è stato rapito lo scorso 14 agosto. Oggi è l'8 dicembre e sulla sua sorte è sceso ormai da mesi un pericoloso e preoccupante silenzio.
Per questo motivo ho deciso che, d'ora in poi, ogni settimana dedicherò un post a questo operatore di Emergency scomparso.
Nel mio piccolo, piccolissimo, spero di mantenere accesa una fragile fiammela su questa oscura faccenda. E so che i miei pochi, affezionati e sensibili lettori, nei limiti delle loro possibilità, cercheranno di fare da cassa di risonanza in rete e fuori.

Liberate Francesco.
Destinati ad amarsi senza comprendersi.
Vicini ma distanti.
L'una protesa verso il cielo, l'altro rivolto alla terra.
Voi che mi leggete da tempo ormai lo sapete già: dentro questo gran pezzo di adulta si nasconde una bambina. Una bambina che ama il Natale. Una bambina che ama i regali. Una bambina che ama  i Panda.  E, a proposito di Panda. A voi cosa viene in mente pensando al pacioso bicolore mangiatore di bamboo?
adozioniA me viene in mente il WWF che di questo animale meraviglioso, e da tempo in pericolo d'estinzione, ha fatto il proprio simbolo. Quando ero piccola, sia dentro che fuori, questa organizzazione per la salvaguardia della natura già esisteva da molti anni e già godeva della stima e della fiducia del mondo. Un mondo che si è sempre impegnata a proteggere ed aiutare. Perché per salvare gli animali in via d'estinzione bisogna innanzitutto salvaguardarne l'habitat. Fauna e Flora, come già sapevano gli antichi, sono unite indissolubilmente.
E adesso che non sono più piccola, per lo meno non fuori, il WWF continua ad esistere e lottare. Ma, come dicono loro, la conservazione senza fondi è solo conversazione. Quindi c'è sempre bisogno di nuovi iscritti e nuove donazioni. A tal proposito, una delle trovate più originali per raccogliere fondi e sensibilizzare il sopito animo ecologista della gente è sicuramente l' Adozione delle Specie da Salvare. Dodici specie simbolo, e diversi tipi di adozione tra cui scegliere per fare un regalo a se stessi, ai propri bambini e soprattutto al nostro pianeta.
Tigre, Panda, Orango, Orso Polare, Foca, Pinguino, Ghepardo, Scimpanzè, Elefante, Lupo, Orso Bruno, Delfino. Sono queste le 12 specie in pericolo. Sono questi i testimonial scelti: altro che modelle o attrici! Come si può resistere alla maestosità di un orso polare, all'intelligenza di uno scimpanzè o alla sfacciata bellezza di una tigre? Non si può, e quindi per questo Natale regaliamoci una specie e con questa una speranza e un sogno per i bambini che eravamo, e per i bambini che ci sono e ci saranno dopo di noi.
Le possibilità di adozione sono moltissime ed anche il contributo da versare varia da pochi euro a cifre più impegnative. Non importa: ogni adozione è importante, ogni contributo è un regalo meraviglioso.  Inoltre ai grandi e piccoli nuovi genitori verranno inviati dei simpatici gadget: dal più classico e morbido peluche al planisfero con indicate le aree di azione del WWF. Quest'ultimo dono, in particolare, è il migliore dei regali da fare ai bambini più grandicelli che già vanno a scuola. E che potranno quindi condividerlo con compagni di classe e maestre. E da ciò potrebbe nascere un'interessante lezione d'ecologia e di vita.
Oltretutto il WWF, dimostrando di essere un'associazione seria, moderna, che non lascia nulla al caso, da anche la possibilità di fare un'adozione ad impatto zero. In seguito alla vostra offerta non vi verranno consegnati pacchi a casa ma uno screensever, uno sfondo e una firma digitale direttamente sul vostro computer. A me sembra la quadratura del cerchio!



Articolo sponsorizzato
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Franca è una donna normale di 64 anni, nata ad Alcamo il 9 gennaio del 1947.
Una donna con un passato difficile, combattuto e sconfitto grazie ad una volontà  fuori dal comune e ad una famiglia straordinaria alle spalle.
Una donna con un presente sereno e normalissimo che si sorprende ogni volta che la sua storia torna d'attualità e che qualcuno parla di lei come di un'eroina, un simbolo.

Franca aveva solo 17 anni quando il destino le riservò il trattamento barbaro che in quei tempi riservava a molte giovani donne italiane. Venne rapita dal suo corteggiatore respinto.
Rapita e tenuta ostaggio per una settimana.
Rapita e violentata.

In quell'Italia così lontana eppure vicinissima questa era un'usanza socialmente e penalmente accettata. La donna non ti voleva? Tu la rapivi, la stupravi e poi lei era costretta a sposarti. Il matrimonio cancellava il reato del carnefice e la vergogna della vittima.
Colpa e vergogna, perché se non eri più vergine eri disonorata. Sporca. Intoccabile. 

Franca disse no. Disse no al suo violentatore. Forte di un grande carattere, e dell'appoggio incondizionato della propria famiglia e del legittimo fidanzato.
Franca è stata ed è una donna straordinaria, circondata da uomini straordinari, che l'hanno sostenuta contro le minacce e il dileggio. Il "cornuto" ha sopportato le risate di scherno dei paesani. Il padre della svergognata ha visto andare letteralmente in fumo una vita di lavoro ma non ha ceduto di un passo.

La vicenda si concluse con un matrimonio, quello tra Franca ed il suo legittimo fidanzato, ed una condanna a 12 anni di carcere per il suo stupratore.

Perché vi ho raccontato la storia di Franca Viola?
Forse perché oggi, 25 novembre, è la giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne.
Forse per le storie che arrivano dall'Egitto in questi giorni. Una su tutte, ma non l'unica, quella di Mona.
Forse perché il padre di Franca Viola, povero ed ignorante ma dignitoso e intelligente, avrebbe ancora così tanto da insegnare a tutti noi.

O forse semplicemente perché questa vicenda mi emoziona ogni volta che ci penso ed era da molto che volevo condividerla con voi.
Rimembrate quando vi parlai della raccolta "Quel giorno in un attimo..."? No? Questo perché siete più rintronati di me ed io perciò vi amo.

Vi faccio un rapido riassunto: la Giulio Perrone Editore aveva indetto un concorso. Bisognava scrivere un racconto a partire da un incipit uguale per tutti i partecipanti.
Da questo concorso è nata un'antologia che include anche una mia storia. Che ora, col permesso dell'editore (perché sono una signorina precisa ed educata, e prima di fare le cose chiedo), condividerò con tutti voi.

Io spedii il racconto senza titolo e senza titolo è stato pubblicato.
No, non lo feci per darmi un tono o aggiungere un accattivante alone di mistero, ma perché lo finii di scrivere 5 minuti prima dello scadere del tempo utile e quindi, in preda al panico e facendo tutto di corsa com'è nel mio stile (perché io sono una procrastinatrice cronica e se non mi complico la vita da sola non sono contenta), semplicemente me ne dimenticai.

Ora però, per l'occasione, il mio parto letterario è stato adeguatamente battezzato ed è pronto per essere esibito sul palco a me più caro.
La Radio Cole Enterprise è lieta di presentare su questi schermi in prima blogosferica mondiale:

                                       Il pesce rosso.

Si è appena svegliato e aprendo gli occhi dimentica di essere in ferie. Guarda la sveglia, la mette a fuoco, per un istante teme che sia tardi. Poi ricorda. Decide che farà colazione al bar. Si lava, si veste in fretta. E’ una giornata strana, il tempo potrebbe cambiare da un momento all’altro. Ordina il suo caffè, si siede a un tavolo appartato, da cui non distingue le parole degli altri. Solo un fittissimo, uniforme ronzio. Getta un’occhiata distratta al giornale, gli sembra di sapere già tutto. Ma quanto sono vecchie queste notizie? Sfoglia veloce, in cerca delle pagine di cronaca. La tazzina resta sospesa a mezz’aria. In una fotografia gli è sembrato di vedere un volto somigliante al suo. Lo fissa più a fondo, il cuore sembra già impazzito. Legge il titolo, sillaba per sillaba. Riguarda lui.

Non riesce a crederci. Pensava di aver chiuso quel maledetto capitolo. Ed invece no. Il suo orrido segreto è nuovamente uscito allo scoperto. La macchia scura sulla sua anima ha lasciato il passato per ripresentarsi sfacciata nel presente.
Si guarda intorno, tutti gli occhi sembrano puntati su di lui, si sente soffocare. L’avranno riconosciuto? Solleva il colletto della polo, calca il berretto sulla fronte e corre fuori dal bar il più velocemente possibile. Corre con le gambe storte e le ginocchia puntute all’infuori. Corre fino a trovare rifugio nell’androne semibuio del suo palazzo. Respira a bocca aperta, con gli occhi sbarrati dal terrore ed il sudore che gli scende lungo la schiena. Le scale sono deserte. Per fortuna. Si arrampica fino al terzo piano, entra nell’appartamento e scivola a terra sul pavimento freddo. Vorrebbe vomitare o nascondersi sotto le coperte e seppellircisi per sempre. Nella ricerca del miglior compromesso si accartoccia sul marmo in posizione fetale.
Dieci anni. Dieci anni buttati nel cesso.
Il pesce rosso gira nella boccia. Lui inspira dal naso ed espira dalla bocca cercando di calmarsi. Per dieci anni era andato tutto bene. O quasi. Non che non sentisse mai l’impulso. Non che non percepisse dentro di sé quell’inconfessabile desiderio. Ma era sempre riuscito a controllarsi. Aveva spinto tutto giù, sempre più a fondo, sempre più giù. Aveva finito la scuola. Era diventato un impiegato modello, un inquilino puntuale, uno come tutti gli altri. Uno dei tanti. Uno.
Dieci anni.
L’acqua della boccia sarebbe da cambiare. E’ torbida e puzza. Lui cerca di fare ordine tra i suoi pensieri confusi. Ormai pensava di esserne uscito per sempre ma quella foto lo inchioda alle sue responsabilità. C’è ricascato. Un’altra volta. Che schifo.
L’ha fatto inconsapevolmente ma questa non è una giustificazione. Non esistono giustificazioni possibili.
Era cominciato tutto tanti anni prima, quando era ancora solo un bambino ma già la colpa si annidava dentro di sé. La mamma lo lasciava scorrazzare in spiaggia nudo come un puttino ma poi doveva rincorrerlo per ore per riuscire a infilargli di nuovo le braghette. La mamma gli faceva il bagnetto a casa ma poi doveva inseguirlo scivolando sul pavimento bagnato mentre lui faceva il pazzo, ridendo con la bocca larga e agitando le braccine in aria. La mamma gli cambiava il pannolino e lui usciva a ballare col cosino al vento sul balcone per il divertimento di tutti i vicini che gli battevano le mani e ridevano. Anche la mamma rideva. All’inizio. Ma gli anni passavano e lei rideva sempre di meno.
Lui coglieva ogni occasione per mettersi nudo come un verme. Nelle situazioni accettabili ed anche e soprattutto in quelle inaccettabili. Fino a quella volta in cui, a tredici anni compiuti, aveva esibito il proprio ossuto e sgraziato corpo da adolescente durante la rappresentazione natalizia della parrocchia. Ai tempi gli era sembrata una così buona idea. San Giuseppe era corso nel presepe con indosso i soli sandali. Gli avevano risposto le urla isteriche della Madonna, le risate dei pastori, la rabbia delle catechiste e le lacrime della madre: “Che ti ho fatto di male? Perché mi fai questo?” Lui non aveva saputo risponderle. Non lo sapeva il motivo. Lo faceva e basta. “Perché? Dimmi almeno perché?”, gli aveva chiesto scuotendolo per le spalle. Furono gli occhi delusi e disperati di sua madre a fargli finalmente capire quanto schifo facesse. L’ultimo dei peccatori ed il peggiore tra i figli.
Da quel momento ha nascosto la propria vergogna nel fondo dell’anima. Ha fatto finta di essere normale davanti a tutti: la madre, gli amici, persino se stesso. Ma quella foto sul giornale gli sbatte in faccia la realtà. Lui non sarà mai pulito. Lui è sporco dentro, nel cuore, nello spirito e nella testa. Lui non può essere salvato.
Si alza da terra. Attraversa il corridoio ed apre la finestra. Non vuole più combattere.
Il pesce rosso galleggia a pancia all’aria a pelo d’acqua. Lui sta per salire sul davanzale quando si rende conto di stringere ancora in mano la pagina stropicciata del giornale. Una foto sgranata di un uomo con le gambe storte e le ginocchia ossute all’infuori. Tra le solite notizie di cronaca, sempre uguali a loro stesse, troneggia lui col suo peccato primigenio.
“Un uomo nudo tra noi” urla il titolo. Lo sguardo gli cade distrattamente sul sommario: ”Un nostro concittadino, in probabile stato di sonnambulismo, è stato avvistato la scorsa notte nel parco mentre, completamente nudo, correva tra alberi e piante.”
Deciso a bere il calice della vergogna fino in fondo, comincia a leggere tutto l’articolo. A quanto pare l’hanno visto in tanti, soprattutto i ragazzi in giro fino a tardi con la scusa delle vacanze. Molti ridono di lui, alcuni si dicono scandalizzati, ma ci sono anche gli altri. Quelli che lo definiscono “un poeta”, “un genio”, “un’immagine struggente”. “Un uomo libero, capace di farsi armonia di carne e spirito con l’universo”, dice una ragazza.
Lui chiude la finestra. Si volta. Sfila pantaloncini, maglietta, sandali e berretto. Apre la porta di casa e si precipita giù per le scale. Per strada qualcuno urla, qualcuno applaude, qualcuno ride. Lui corre. Corre fino alla spiaggia.
“Armonia di carne e spirito”, è questo ciò che ha sempre desiderato. Qualcuno ha trovato le parole al posto suo. Qualcuno ha trovato finalmente la risposta. E lui corre in acqua in cerca di battesimo e rinascita.

N.d.A. L'incipit uguale per tutti corrisponde al primo paragrafo in corsivo da "Si è appena svegliato" a "Riguarda lui".
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