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"Derriere la Gare Saint-Lazare" Cartier-Bresson
Paul osservava l'uomo che correva sull'acqua.
La madre e il parroco gli avevano raccontato spesso di Gesù. Ma Gesù non correva, camminava.
Quel signore invece correva, correva proprio. Correva veloce sopra la grande pozzanghera.

Nei giorni precedenti aveva piovuto tanto e di fronte al camposanto si era formato un grande pantano. Tutti ci giravano attorno, ma l'uomo col cappello no. Lui aveva preso la rincorsa e si era messo a fare grandi falcate sull'acqua. Sembrava che i suoi piedi non toccassero la superficie, sembrava che le suole delle sue scarpe neanche si bagnassero. Sembrava che si divertisse un mondo.

Paul se ne stava là, a bocca aperta, mentre la madre cercava di tirarlo via per un braccio.
"Ti sei imbambolato? Sbrigati!", gli diceva.
"L'hai visto? Quell'uomo vola sull'acqua!"
"Muoviti e non dire sciocchezze. Nessuno vola sull'acqua!"

Paul si chiedeva che fretta ci fosse. Il babbo non se ne sarebbe mica andato. E probabilmente non si sarebbe neanche stufato di aspettare. Non che avesse altra scelta, comunque. Lui stava sempre là, ogni sabato, a guardarli serio. I baffoni dritti, gli occhi stretti e quella strana espressione concentrata. "Secondo me gli scappa la cacca", pensava Paul ogni volta che guardava la foto in bianco e nero appiccicata alla lapide.

La madre ogni settimana tirava fuori un fazzoletto, lo bagnava nella fontana e poi si accucciava a terra a lucidare il marmo. Lucidava e parlava. Lucidava e mugugnava. Lucidava ed elencava con ordine tutte le disgrazie in cui li aveva lasciati il marito, quando aveva avuto la bella idea di prendersi la meningite. E pensare che lei glielo diceva sempre: "Copriti le orecchie o ti verrà un accidente!" Ma lui no, lui non le dava mai retta, lui si sentiva più furbo. Ed ecco il risultato, l'accidente gli era venuto sul serio. E ora riposava in eterno, mentre lei lavorava come una schiava. Comoda la vita e pure la morte!

Paul girava tra i viottili, prendendo a calci i sassi e sillabando i nomi dei morti.
Ad un tratto però la vide. Era bella, grande, liscia come l'olio e nera come la liquirizia. Quella era sua.
Decise di provarci. Prese la rincorsa. Uno, due e tre. Sua madre per una volta aveva avuto torto. Non era poi così difficile volare sull'acqua. E ci si divertiva un mondo.
 

Courtney è Mercoledì e ha anche il fratello Pugsley.
Courtney è una bambina con le ginocchia sbucciate e l'animo da guerriera.
Courtney è una donna che incontra gente strana e la sbertuccia senza pietà.
Courtney è la Callas ma voleva essere Patti Smith.
Courtney è un gyros avvolto in una piadina.
Courtney è una Rockstar.

E cosa fa Courtney?

Courtney attraversa fiumi con la sua magica bicicletta volante ma poi si spiaccica al suolo.
Courtney progetta case con mura solide e soffitti trasparenti.
Courtney ascolta bella musica ma legge Fabio Volo.
Courtney educa gli stolti o almeno ci prova.
Courtney ride ad occhi chiusi e bocca aperta.
Courtney mi fa ridere ad occhi chiusi e bocca aperta.

Courtney è la vincitrice del concorso "Che film è?" e questo post è il mio piccolo premio per lei.

E dove la potete trovare cotanta femmina? Qua.

Ricordate il concorso "Che film è?"
Ricordate che ebbe due vincitrici?
Ricordate che avevo promesso loro un post dedicato?

Ho deciso d'iniziare con Spiessli. Scrivere qualcosa per lei è stato molto facile. Infatti, io non ho dovuto scrivere un bel nulla. Ma mi sono limitata a lasciare questo spazio ad un amico speciale che sentiva il bisogno di sfogarsi.

Madama Spiessli,

sappiate che la mia pazienza è ormai giunta al colmo.
Da ingrata, quale siete, state mettendo a dura prova il nobile e generoso animo mio.

Non solo vi offro alloggio presso la mia dimora. Non solo vi concedo l'onore di nutrirmi. Non solo accetto che passiate ore preziose immobile in quel giaciglio o in giro oltre l'uscio, invece di dedicare tutto il vostro tempo all'essere mio e alle cure mie, come sarebbe giusto e corretto.
Ma quando, colto da improvvisa bontà, vi faccio dono di uno dei miei prestigiosi trofei di caccia Voi, invece di commuovervi per la generosità del mio gesto e la grandezza della mia magnanimità, inorridite. Sgranate gli occhi, serrate la bocca e, ogni tanto, assumete anche una curiosa sfumatura verde.

Come osate glabra bipede? Non sono disposto a tollerare ulteriormente un comportamento tanto inadeguato.
Sappiate che, se continuate così, mi costringerete a trovare una nuova e più abile governante.


Sperando che abbiate prestato orecchio alle mie parole,
vi porgo i miei nobili e felini saluti,

Il Conte. 

Il premio è stato ispirato da questo post.
Ladies ad gentlemen,

con il mio abito da sera tutto paiettato, le scarpine di cristallo tacco 12, ed un sobrio trucco e parrucco alla Moira Orfei, salgo sul palco per annunciare il vincitore del concorso "Che film è?"

La risposta esatta all'arduo quesito era...
(RULLO DI TAMBURI)  
Chronicle 
(OOOOOOOOOHHHH, stupore dalla platea)

Un fim di fantascienza che, come avrete già capito, ha intrigato la sottoscritta e devastato dalla noia il mio consorte.
Io vi ho letto tutta una serie di sottotesti e significati profondi, che probabilmente non ci sono.
Ciccio ha rischiato, a più riprese, di addormentarsi.



I partecipanti al concorso sono stati quattro gatti migliaia, e tra questi in due hanno dato la risposta esatta. A questo punto, avrei potuto tirare una monetina e fare decidere alla sorte ma, nella mia infinita bontà, ho deciso di dare un doppio premio. Di scrivere un doppio post.

Quindi, annuncio...
(RULLO DI TAMBURI)
ufficialmente...
(RULLO DI TAMBURI)
che le...
(RULLO DI TAMBURI)
e che caz...
(RULLO DI TAMBURI) 
 Annuncioufficialmentechelevincitricisono 
Courtney e Spiessli!

Entrambe le sventurate fortunate saranno presto protagoniste di un post a loro dedicato.

Congratulazioni alle due vincitrici e grazie a tutti quelli che ci hanno comunque provato.
Pancrazia ama Pancrazia. Ciccio ama Ciccio. Le combinazioni possono essere infinite. Il sentimento è lo stesso.
Studenti in piazza a Cagliari. Maggio 2011
17 maggio: Giornata Internazionale contro l'Omofobia e la Transfobia.
Jane e Ciccio uscendo dal cinema.
"Parliamo un poco del film?"
"No"
"Come no?"
"No"
"Non hai commenti da fare? Non vuoi confrontare le nostre opinioni? Non vuoi estrapolare un'analisi congiunta della pellicola?"
"No. No. No."
"Ma non ti è piaciuto?"
"Assolutamente no."
"Per niente?"
"Per niente."
"Non hai apprezzato la rappresentazione del dramma dell'emarginazione? La sofferenza del perdente che rimane tale sempre e comunque? Lo struggente sentimento di protezione del cugino più grande nei confronti del più piccolo? Il pathos dello scontro finale? La rabbia contro il padre e il dolore per la perdita della madre che si fanno forza distruttiva?"
"Ma che ti hanno messo nei pop corn?"

Che film avranno mai visto Jane e Ciccio?
L'avete capito? Provate a indovinare, avete tempo fino al 17 maggio alle ore 17.
Tra chi avrà dato la risposta esatta verrà estratto un unico vincitore.
Il premio? Un post tutto dedicato al fortunato concorrente. Sì, avete letto bene, "un post dedicato". E, nel caso vi stiate chiedendo "in che senso?", sappiate che me lo sto chiedendo anch'io. Ma qualcosa mi verrà in mente.

In bocca al lupo!
Avere i capelli ricci è una missione.

Non tutte le donne se li possono permettere. Non è un caso che le permanenti chimiche siano spesso un fallimento, o che i bigodini diano risultati deludenti. Se uno i ricci non ce li ha non se li può dare. Ricce si nasce, non si diventa. E, comunque, non tutte le ricce naturali hanno la forza d’animo, lo charme e la personalità necessari per poter gestire una testa anarchica.

Avere i capelli ricci è una missione, una vocazione e, a tratti, una condanna.

Quand’ero piccola mia madre, stritolata tra il lavoro fuori casa e l’animo da casalinga disperata, per ridurre i tempi di gestione della mia criniera non faceva altro che tagliare. Tagliare senza pietà. Regalandomi un’acconciatura in bilico tra un marine e un impiegato del catasto. Regalandomi così anche un bonus per una manciata di anni di analisi.
“Ma che bel bambino!”, dicevano al mercato. “Sono una femmina!”, ringhiavo io.
“Avete fatto anche il maschietto?”, chiedevano i lontani parenti incontrati per caso. “Sono una femmina”, urlavo io.
“Visto che hai i capelli corti ti faccio fare Don Rodrigo”, mi diceva la maestra Egle. “Va bene, ma voglio pure un cappello con la piuma”, rispondevo io cercando di ricavare qualcosa di buono dalla mia incresciosa situazione tricotica.

Di notte io non sognavo svolazzanti mini poni color pastello o vasche piene di orsetti gommosi. Io sognavo di avere i capelli lunghi. Perché quando hai una sorella molto più grande di te e molto gnocca, ti senti cozza già di tuo, senza bisogno che ogni tre per due si metta in dubbio addirittura la tua appartenenza al genere femminile.

Dovetti aspettare fino alle medie per avere carta bianca e totale controllo della mia chioma. “Mi farò crescere i capelli”, annunciai al mondo. “Cresceranno in larghezza e non in lunghezza”, sentenziò mia madre.

I miei ricci crebbero, crebbero e crebbero. Prima in larghezza. Ma poi anche in lunghezza.

I miei ricci con il tempo sono diventati medi, lunghi, lunghissimi, corti, cortissimi e poi di nuovo medi, lunghi, lunghissimi, corti e cortissimi. I miei ricci sono diventati rossi, biondi, biondissimi, neri, castani e poi di nuovo rossi, biondi, biondissimi, neri, castani. I miei ricci hanno provato spuma, gel e centinaia di tipi diversi di balsamo.
I miei ricci hanno espresso tutte le proprie potenzialità.
I miei ricci esprimono ancora tutte le proprie potenzialità.

Avere i capelli ricci è una missione.
Non tutte le donne se li possono permettere.
Io sì.
Per fare certe scoperte uno pensa di dover affidarsi a Giacobbo, Daniele Bossari oppure a Fiammetta Cicogna. Per venire a conoscenza di certi misteri della natura uno pensa di aver bisogno di una laurea in scienze naturali, un master in biologia applicata, o perlomeno un abbonamento a Focus Junior. Per poter giungere a un tale livello di scienza e conoscenza dell’essere umano e delle sue intrinseche capacità uno pensa di dover viaggiare in lungo e in largo per tutto il globo terracqueo, frequentare le tribù della Papuasia, o essere eletto vicesindaco di una comunità Inuit.

E invece no! Certe cose si finisce con l’impararle in posti, tempi e luoghi tra i più impensati.

Ad esempio, se non fosse stato per un pisolino pomeridiano, cuore a cuore con mio nipote, non avrei mai saputo che un grazioso esemplare di homino sapiens sapiens, alto 90 cm e la cui massa si aggira intorno ai 14 kg, fosse in grado di russare con la potenza e il talento di un ippopotamo adulto con le adenoidi ingrossate.

N.d.A. Passando dalle scienze alle lettere, vi segnalo che la favola “Il Cavaliere che divenne Principe”, che la maggior parte di voi già conosce, ora è disponibile anche sulle pagine di Ti racconto una Fiaba. Un sito che raccoglie racconti classici, meno classici, e piccole opere di sconosciuti. Un progetto per far sognare grandi e piccini, a cui possono partecipare tutti, proponendo anche una microfavola di soli 140 caratteri.
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