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Un bambino in preda a capricci isterici ed i suoi genitori esauriti.
"Ma perché fai così?"
"Io arrabbiato!"
"Smettila!"
"Io arrabbiato!"
"Guarda che ti chiudiamo in collegio e non ti veniamo mai a trovare!"

Una minaccia così, secondo me, non l'ha mai fatta neanche la matrigna di Biancaneve.

Ps: lo so che non sta bene origliare le conversazioni altrui, ma che colpa ne ho se, ultimamente, m'imbatto in dialoghi tanto interessanti?
Sono anni che metto in piazza i fatti miei, ogni tanto potrò pur mettere in piazza quelli di anonimi altri. O no?
Considerate questi ultimi post come degli studi sociologici. O almeno provateci.
Due bambini di quattro anni fanno amicizia viaggiando verso Trento.

"Tua sorella è un maschio?"

"Noi siamo tutti maschi.
C'è Paolo Pincopallo (*), Mario Pincopallo e Luca Pincopallo.
Io sono Giulio Pincopallo.
Siamo tutti maschi e tutti Pincopallo.
Però la mia mamma no. Lei è femmina."

(*) non sono brava a inventare cognomi di fantasia particolarmente originali.
Ciccio mi ha dato della "tardona".
Dove lo nascondo il cadavere?
Voi siete mai stati in barca a vela?

Io sì.
In due occasioni.

Io odio la barca a vela.
E la barca a vela odia me.

La prima volta solcai le onde di un laghetto berlinese a bordo di un guscio di noce.
Dopo 5 minuti cambiò il tempo, si scatenò l'inferno, e rischiai di rimanerci secca.
Nella medesima giornata provai, dunque, l'ebbrezza della navigazione a vela e quella del salvataggio da parte di un aitante bagnino.

La seconda volta programmai di trascorrere una settimana nelle acque dell'Isola d'Elba.
La vacanza s'interruppe dopo 4 giorni, causa blocco totale e irrecuperabile del timone.
Il ritorno in porto fu possibile grazie a, provvidenziali ma poco aitanti, pescatori locali.

Nel caso non lo sappiate, ve lo dico io, secondo la credenza popolare le donne portano sfortuna in mare. Molta sfortuna.
Lo so cosa state pensando in questo momento: "Saranno anche stupide superstizioni ma Pancrazia porta proprio una gran iella!"
E invece no! Mi permetto di contraddirvi. Poiché al quadro da me tratteggiato manca volutamente un piccolo, fondamentale particolare.

Io non ero l'unica ad esser presente ad entrambi gli infelici episodi.
C'era anche lui.
Lui chi?
Lui, il celeberrimo ex fidanzato teutonico. Impegnato in quelle occasioni a ricoprire, senza averne l'abilità o l'esperienza, il ruolo dello skipper.

Non si trattò dunque di sfortuna ma di vera e propria incoscienza.
E forse anche del solerte destino, voglioso di farci comprendere che, per il nostro bene e per quello di chi ci stava accanto, fosse il caso di andare ognuno per la propria strada.
A piedi.
All'asciutto.


Gli azzurri hanno portato Bovolenta sul podio.
Un bronzo che vale molto di più.


Nell'inverno del 2009 conobbi un artista che mi raccontò la sua storia.
Pochi mesi dopo io la raccontai a voi.
Ve la ricordate?
Domenico e Giovanni.
Mi piace il mais.
Mi piace tanto il mais.
In ogni sua versione. Pop corn, semi tostati, gallette dietetiche.
E le pannocchie intere.
Amo le pannocchie.
Semplicemente bollite e salate.
Da mangiare con la tecnica del castoro o godendomele un chicco alla volta.

Questa mia passione ha un'origine antica. Che fonda le proprie basi nell'innocenza dell'infanzia, nel calore della famiglia ma, forse, anche nel perverso fascino del mistero e del proibito.

Quand'ero ancora una bimba assistevo affascinata ad un curioso rito. Un rito che amavo ma non capivo.
Ogni estate, nella casa in campagna che condividevamo con zii e cugini, si celebrava la giornata delle pannocchie.

Mio padre accostava la macchina accanto ad un enorme campo di granoturco.
Mia madre e mia zia si precipitavano fuori.
"Posso venire anch'io?", chiedevo ogni volta.
"No, resta in macchina. Ci mettiamo un attimo", mi veniva risposto.
E tornavano poco dopo con le braccia cariche di pannocchie.

Per anni sono stata convinta che quest'abitudine familiare fosse normale e lecita. Mai mi sfiorò il dubbio che mia madre e mia zia facessero qualcosa d'illegale.
Le pannocchie erano là ed erano per tutti.

C'è stato un tempo in cui anch'io possedevo un'anima innocente ed inconsapevole.
"Cosa fai nella vita?"
"L'artista"
"Davvero?"
"Sì, mi occupo di scultura. Moderna. Concettuale."
"Deve essere bellissimo."
"Sì, l'arte per me è tutto. Non potrei mai accontentarmi dell'artigianato. O arte o nulla. Sarei disposta anche a vivere sotto un ponte per la mia arte."
"Che coraggio. Che passione. E ora dove stai andando, hai qualche mostra a Napoli?"
"No, vado a passare un po' di tempo con i miei. A Capri. Nella loro villa."

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