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Facebook può essere un'ottima vetrina.
Molte ditte la sanno usare. Altre no.

Non sono un'esperta del settore ma, sicuramente, un modo per attrarre e legare la clientela è quello di offrire occasioni, stimoli e, dove possibile, dialogo.

L'UniCredit vanta una pagina che in poco tempo è diventata frequentatissima e molto viva, merito di chi la gestisce e di chi vi partecipa.
La scelta felice, che ha garantito un tale successo, è stata quella di non dedicare spazio solo ai prodotti economici e finanziari, ma di pubblicizzare e sponsorizzare anche attività ludiche e culturali, legate al mondo dei giovani e del sociale.

L'UniCredit ha scommesso su un'immagine meno rigida e più vicina ai clienti ed ai loro interessi e, dai risultati finora ottenuti, si può dire che sia una scommessa vinta.

In particolare, l'attenzione si è focalizzata sull'arte e sullo sport, proponendo di volta in volta diversi concorsi, e con questi la possibilità di vincere biglietti a numerosi eventi.

Con lo SmART Quiz, rispondendo a domande sull’arte, i partecipanti possono vincere svariati premi. Quelli in palio in questi giorni fino al 20 dicembre consistono in un ingresso per due persone allo spettacolo "Sound, Music" a Milano, oppure in un ingresso per due alla mostra "Raffaello verso Picasso" a Vicenza o, ancora, in uno dei tanti cataloghi su questa mostra.  

Per gli amanti dello sport, invece, richiedendo la nuova Genius Card in versione UEFA Champions League, e ricaricandola con almeno 100€, si partecipa all'estrazione dei biglietti per la Finale di Londra 2013. 

Indovinate su cosa punto io? 
Vicenza I'm Coming!
Moltissimi anni or sono, la mia ormai celeberrima maestra Egle ci portò nella saletta proiezioni della scuola.
Noi ci mettemmo buoni buoni al nostro posto, lei litigò per un quarto d'ora con la tecnologia ostile, fino a quando non cominciò lo spettacolo.

Non so perché, non so quale funzione educativa fosse stata ravvisata nella pellicola, fatto sta che quel giorno la mia classe ed io godemmo della visione di "Ritorno al Futuro", e dei suoi 118 minuti di puro divertimento.

Alla fine la povera insegnante si trovò a dover gestire una folla di piccoli esaltati, in piedi su sedie e banchi, che urlavano come degli ossessi: "Corri Marty, corri!", con il trasporto e la fede che solo a quell'età ancora si possiedono.

Questo film per me è un dolce ricordo d'infanzia, che mi ha poi accompagnata per tutta l'adolescenza, e che ancora adesso occupa un posto speciale nel mio cuore.

Immaginatevi dunque lo stupore quando ho scoperto che proprio oggi, 5 dicembre 2012, in tutta Italia questa pellicola tornerà ad essere proiettata. Solo per questa sera si potranno godere le avventure di Doc, Marty e della pazzesca Delorean nuovamente sul grande schermo.

È giunto il tempo di tirare fuori dagli armadi i piumini smanicati, e correre tutti al cinema per rivivere un sogno!
Scese dalla corriera, l'autobus, il pullman, o come diavolo lo chiamate voi, Sissi ed io attendemmo fiduciose l'arrivo della nostra guida.
Il nostro faro, la nostra baby-sitter, la poveraccia a cui sarebbe spettato l'onere e l'onore di accogliere le cosiddette "amiche di Berlino".
Nientepopodimeno che: la testimone della sposa.
E scusate se è poco!  
Gra', impossibilitata a muoversi da mille bigodini e dalla pettinatrice che la teneva in ostaggio, scelse di affidarci alle amorevoli cure della solerte Enza.
Poverina.
No, non Gra' con la sua chilata di bigodini sulla capoccia.
Povera Enza, la testimone. Ella non poteva certo immaginare in che guaio stesse andando a cacciarsi.

Dopo averci fatte salire in auto, l'innocente ci chiese: "Avete mica qualche idea per giochi o scherzi da fare durante il ricevimento?"
Ecco. Il danno era fatto. Il tappo dello spumante saltato. La valanga partita.
Io, mi accucciai sul fondo del sedile cercando riparo.
Sissi, di fronte alla possibilità di organizzare qualcosa, come sempre perse la testa.
La sua gemella delirante e logorroica prese il controllo della situazione.
La figlia delle notti brave in Romagna, colse la palla al balzo, e cominciò a sparare una proposta al secondo: "Potremmo fare questo, o questo, o questo, oppure questo. Potremmo fare un quiz, una caccia al tesoro, uno spettacolo di mimo. Potremmo scrivere una poesia, una canzone, un romanzo in tre volumi. Potremmo girare un cortometraggio, un musical, un colossal alla Ben Hur"

Sissi, ipereccitata, parlava a manetta.
Enza, terrorizzata, teneva lo sguardo fisso sulla strada progettando di mollarci sulla statale. Rallentando o meno, era tutto da vedere.
Io, brandendo la frusta da domatore, cercavo di rendere inoffensiva la mia amica cesenate: "Sta buona, rilassati, respira, tira indietro gli artigli"

"Potremmo fare questo", insisteva lei.
"Non abbiamo abbastanza tempo", cercavo di farla ragionare io.
"E se facessimo quest'altro?"
"Ci sbatterebbero fuori"
"E quest'altra cosa ancora?"
"Ci farebbero arrestare!"

"Enza tu che ne pensi?", cercavamo di coinvolgerla.
"Non lo so, fate voi", ci rispondeva la poverina con un filo di voce, sognando il momento in cui avrebbe potuto mollarci in albergo per poi cavalcare serena e libera verso l'orizzonte.

Alla fine, cercando una soluzione che rendesse felice Sissi, avesse la mia approvazione, e liberasse dal pesante fardello Enza, svaligiammo una cartoleria e poi ci ritrovammo a scrivere, ritagliare, incollare. Incollare, ritagliare e scrivere.

"E sai cosa sarebbe anche bello, Jane?", chiese Sissi, con il suo miglior sguardo da pazza, agitando le forbici a punta arrotondata.
"Cosa?"
"Potresti fare un bel discorso"
"Ma che fai, scherzi?"
"Eddai, tu scrivi così bene"
"Io queste cose da film americano non le faccio, scordatelo!"
"Eddaiii"
"No!"
"Eddaiiiiiiiiiiiiiiiiii"
"No"
"Eddaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii"
"No, e poi mi vergogno a leggere in pubblico!"
"E qual è il problema? Tu scrivi. Io leggo. Eddaiiiiiiiiiiiiiiiii"
"Basta! Va bene. Io scrivo un capolavoro LacrimeeRisate e tu lo leggi. Ma guai a te se sbagli i tempi comici!", decisi io con un piglio da genio esaltato.

Il rapporto tra me e Sissi è sempre stato così. Anche ai tempi gloriosi di Berlino.
Lei aveva le idee pazze.
Io le limavo, aggiustavo, bocciavo ma alla fine le restavo accanto.
Perché? Perché nessuna delle due si è mai lasciata scalfire dagli sguardi sbigottiti degli altri.
E perché era tanto divertente un tempo, così come lo è oggi.

Continua...
Ad inizio agosto Sissi ed io, una in partenza da Cesena e l'altra da Torino, ci ritrovammo sullo stesso treno.
Direzione Napoli.

Appena la vettura si fermò, allungai il collo cercando di rendere visibile la mia testa riccia. Sissi mi individuò immediatamente, ci sedemmo vicine e, da quel momento, iniziò l'inferno.
No, non per noi. Per tutti gli altri.
Per tutti gli altri passeggeri che dovettero subire chiacchiere, confidenze, ricordi e risate di due amiche che non si vedevano da anni.

Iniziammo a parlare appena sedute e non chiudemmo le nostre boccucce sante fino all'arrivo nel capoluogo partenopeo.

Qualche nostro compagno di viaggio tentò di togliersi la vita, o di strapparsi le orecchie e farne due deliziosi ciondoli.
Qualche altro provò a toglierci la vita, o a strapparci le corde vocali e farne una comoda arpa tascabile.
Alla fine, comunque, giungemmo tutti a destinazione.
Sani e salvi.
Noi un po' svociate. Gli altri un poco esauriti.

Dopo il treno, per raggiungere la provincia di Avellino, ci toccò imbarcarci sopra una corriera priva di aria condizionata e con l'umidità pari a quella di un bagno turco.
E a me, personalmente, toccò pure sopportare il dileggio telefonico di Gra'.
"Dove siete?"
"Siamo in corriera, appena partite dalla stazione"
"In corriera? uahuahauahauah corriera? uahauhauahauahauh ma come parli? uahauahauhauah come sei vintage!"

Sissi cercò di rassicurarmi:
"Anch'io dico corriera, non ti preoccupare"
Io, invero, non mi sentii affatto rassicurata.
La mia amica cesenate, infatti, è famosa per "parlare strano". Lei, ad esempio, usa il termine "bagaglio" per indicare qualsiasi cosa.
"Mi passi quel bagaglio?", ti dice.
E mentre tu cerchi da qualche parte una valigia, o almeno una borsa, scopri che lei voleva l'aspirapolvere, il tostapane, o un set di posate da 24.
Perché, come disse un giorno Martino, il nostro compagnuccio veneto, "a fare l'Erasmus non solo ho imparato il tedesco, ma soprattutto ho imparato che nessuno parla bene l'italiano. Né a nord né a sud. Subiamo tutti fortissime influenze locali."
Per lui non era una cosa buona. Affatto.
Per me, invece, è un'enorme ricchezza.

Io, ad esempio, ho cominciato ad usare i termini "assai" e "scostumato" proprio dopo aver conosciuto Gra' di Avellino. Ariano Irpino per la precisione.
Termini che non appartengono alla mia terra, ma che sono di inarrivabile perfezione.
Perché "assai" è infinitamente meglio di "molto". Più ricco. Più pieno. Più denso. Con un peso specifico maggiore.
E perché se dico "scostumato" ho detto tutto, senza bisogno di aggiungere altro. Se ti do dello scostumato sappi che ti odio.
Assai.

Continua...
Lo scorso agosto ho visto passare cinquant'anni in un mese.

E perché ve ne parlo solo adesso?
Perché di cose da raccontare ne ho tante e quindi spesso, per scrivere di alcuni argomenti mi tocca rimandarne altri. E poi perché parlarvi di un mese intero è impegnativo e finora mi era mancata la forza di affrontare tale impresa. E infine perché il blog è mio e faccio come mi pare!
Quindi zitti, buoni e se vi becco con la cicca in bocca vi butto fuori dalla classe!

Bene.
Ricominciamo.

Lo scorso agosto ho visto passare cinquant'anni in un mese.

Ehi voi due! Sì, dico proprio a voi in fondo all'aula! Che c'avete da chiacchierare?
"Noi ci chiedevamo, Signora Maestra, ma quanto sarà lungo un post che parla di un mese intero?"
Parecchio. E, infatti, lo dividerò in episodi.

"Nooooo"
"Di nuovo?"
"Cosa???"
Smettetela di rumoreggiare tutti quanti!

E che sarà mai?
Voglio solo legarvi mani e piedi al mio blog per una settimana.
C'avete altro da fare?
Si???
Disdite.

E ora: silenzio che si comincia sul serio.

Tutto ebbe inizio con l'annuncio del matrimonio della mia amica Gra'.
In quell'occasione, quattro delle sei comari berlinesi, avrebbero avuto la possibilità di rincontrarsi, con tutte le conseguenze del caso.

Appena venute a conoscenza della data fatidica, ognuna di noi iniziò ad organizzarsi.

Sissi, madre di tre creature, chiamò all'appello compagno e nonni:
"Ad agosto vado a fare festa con le mie amiche. Quindi, per sole miserrime 48 ore, i miei adorati figliuoli verranno affidati alle vostre amorevoli cure. Gradirei ritrovarli lavati, satolli, e pure vivi al mio ritorno. Grazie."
Spietata.

Renée, da vera stratega esperta in pacchetti vacanze, organizzò le proprie ferie e quelle del di lei fidanzato in modo da arrivare in tempo in Chiesa. All'ultimo minuto. Ma comunque prima della sposa.
Mezz'ora prima si fiondava in albergo stanca, stropicciata e profondamente provata. Mezz'ora dopo, varcava la sacra soglia profumata di violette e vestita di tutto punto.
Mentre le altre invitate, preparatesi col giusto anticipo, erano già distrutte dal caldo afoso e cominciavano a perdersi i pezzi.
Astuta.

Io, appena invitata alle nozze-evento, liquidai la perenne mancanza di tempo libero di Ciccio con un lapidario: "Io al matrimonio ci vado. Chi c'è c'è."
Lui, ovviamente, non ci fu.
Fidanzata immaginaria.

Continua...
Ormai si sente questa canzone ovunque.
Sono sicura che ben presto non ne potrò più e comincerò ad odiarla.
Ma per ora l'effetto che il suo ritmo ha sul mio umore ed il movimento oscillatorio dei miei fianchi è dirompente.

E quindi, per ora, me la godo!

Oh yeah yeah 
Oh yeah yeah yeah 
Ooh! 
Oh yeah yeah 
Oh yeah yeah yeah 
Ooh!


In un tempo lontano la magia si compì.
Ciò che era stato non fu più. E ciò che fu lasciò il mondo senza parole.

Non se ne conosce il giorno, l'ora o il minuto.
Tronchi d'albero affondavano da tempo nel fango più profondo, leggeri passi di uomini e animali attraversavano calli e campi, le case avevano imparato a seguire l'andamento della terra e dell'acqua.
Improvvisamente Lei smise di dormire, serena e inconsapevole. E si destò, cominciando ad essere.

Ma non scrollò le proprie spalle per far fuggire tutti, non si alzò in piedi per ergersi a dominatrice. Rimase sdraiata, tranquilla, tra acqua e terra, tra sassi e mare, tra cielo e radici. Gli occhi rivolti verso l'azzurro. Le narici a riempirsi dell'aria di mare. I capelli aggrovigliati come alghe a occupare la laguna.

Da quel momento Lei esiste. Respira, vede e sente. Nessun'altra è come lei. Nessun'altra fa parte del ciclo della natura come lei. Le acque si gonfiano e lei le accoglie. L'uomo lavora e lei lo sorregge. Frotte di invasori la calpestano e lei li sopporta, troppo superiore per provar fastidio.

Le altre sono semplici città. Lei è Venezia, una dea, un essere mitologico, una donna. Lei respira l'aria degli uomini ma potrebbe tranquillamente tornare a riassopirsi per sempre, sommersa dall'acqua della laguna.
Lei ci sarà. Sopravvissuta ai suoi padri, sopravvivrà ai suoi figli. Sopra o sotto le acque. Fra dieci come fra mille anni.

Le dee non muoiono mai.

Tutte le altre sono solo città. Lei no.
Mani da vecchia. Ho mani da vecchia.
Ossute, rugose, orribili.

Mani da bambino. Lui ha mani da bambino.

È curioso che sia questo il mio ultimo pensiero: le sue mani da bambino intorno al mio collo.

Uccisa da uno stronzo con le mani più belle delle mie.
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