Sull'aereo trovai posto vicino ad un tedesco terrorizzato dal suo
primo volo. Praticamente fui costretta a fargli da balia. Il lato positivo fu che, responsabilizzata dalla presenza del pavido ometto, dimenticai (in parte) le mie ansie volanti per occuparmi delle sue.
Gli tradussi ogni cosa che veniva detta da hostess e steward. E quando, per via di un vuoto d'aria, ci ritrovammo tutti con lo stomaco all'altezza del cervello, mi sforzai di tranquillizzarlo e minimizzare. "Keine Panik, das ist normal!", gli dissi mentre sfoggiavo un paretico sorriso e recitavo silenziosamente tutte le preghiere da me conosciute, e pure le innumerevoli sconosciute.
Quando finalmente toccammo terra, trattenni a stento la voglia di baciare l'asfalto, un po' per la gioia di essere ancora viva e un po' per il piacere di aver messo finalmente piede sul suolo inglese.
Poi, in preda ad una gioia che mi rendeva molesta e poco lucida, sbagliai la fila del controllo documenti. Mi misi in coda con inglesi ed irlandesi per poi essere mandata via tra le occhiatacce severe dei poliziotti.
Ma che me ne fregava? Ero a Londra, neanche la riprovazione dell'autorità britannica poteva scalfire il mio buon umore!
Le mie uniche preoccupazioni erano trovare il deposito bagagli dove lasciare il mio trolley per tutto il pomeriggio, e poi comprare il biglietto per il treno che mi avrebbe portato nel cuore pulsante delle albioniche terre. E fu proprio nello sbrigare queste due semplici faccende che presi consapevolezza di una peculiare caratteristica dei londinesi.
Costoro sono tutti ventriloqui.
Costoro non aprono la bocca per parlare, tanto meno muovono le labbra.
Costoro sibilano velocemente e a denti stretti.
Io facevo una domanda. Io ricevevo una risposta. Io, immancabilmente, mi trovavo a non capire una mazza e rispondere sgraziatamente "Eh???"
A quel punto il londinese di turno, mosso a pietà, si metteva a parlare un poco più piano e ad aprire un poco le labbra. Niente di eccessivo, il minimo indispensabile per dimostrare di essere dotato di incisivi.
Io univo il biascicamento precedente a quello successivo e, finalmente, comprendevo il britannico messaggio cifrato, mettendo a frutto tutti quei maledetti anni di liceo e "conversation"!
Superati i problemi logistici e pure quelli linguistici, con somma soddisfazione riuscii a salire in carrozza e a partire per la mia personale terra promessa.
Una rapida occhiata ai compagni di viaggio, mi permise di mettere immediatamente a fuoco un gran pezzo di giovane uomo in un completo grigio scuro. Sorrisi io. Sorrise lui. Poi gli squillò il telefono e parlò...in tedesco. E no. No! Nooo! NOOO! Pure oltremanica? Cosa c'era di sbagliato in me? Cosa? Non ero in grado neanche di fare degli innocenti occhi dolci a uno sconosciuto senza imbattermi nell'ennesimo maschio teutonico?
Sbuffai rumorosamente, smisi di sorridere, e mi concentrai imbronciata sul paesaggio che scorreva al di là del finestrino.
Londra mi aspettava a braccia aperte e lei sì che, femmina ed inglese, avrebbe meritato il mio sfacciato sbatacchiamento di ciglia!
Continua...
Gli tradussi ogni cosa che veniva detta da hostess e steward. E quando, per via di un vuoto d'aria, ci ritrovammo tutti con lo stomaco all'altezza del cervello, mi sforzai di tranquillizzarlo e minimizzare. "Keine Panik, das ist normal!", gli dissi mentre sfoggiavo un paretico sorriso e recitavo silenziosamente tutte le preghiere da me conosciute, e pure le innumerevoli sconosciute.
Quando finalmente toccammo terra, trattenni a stento la voglia di baciare l'asfalto, un po' per la gioia di essere ancora viva e un po' per il piacere di aver messo finalmente piede sul suolo inglese.
Poi, in preda ad una gioia che mi rendeva molesta e poco lucida, sbagliai la fila del controllo documenti. Mi misi in coda con inglesi ed irlandesi per poi essere mandata via tra le occhiatacce severe dei poliziotti.
Ma che me ne fregava? Ero a Londra, neanche la riprovazione dell'autorità britannica poteva scalfire il mio buon umore!
Le mie uniche preoccupazioni erano trovare il deposito bagagli dove lasciare il mio trolley per tutto il pomeriggio, e poi comprare il biglietto per il treno che mi avrebbe portato nel cuore pulsante delle albioniche terre. E fu proprio nello sbrigare queste due semplici faccende che presi consapevolezza di una peculiare caratteristica dei londinesi.
Costoro sono tutti ventriloqui.
Costoro non aprono la bocca per parlare, tanto meno muovono le labbra.
Costoro sibilano velocemente e a denti stretti.
Io facevo una domanda. Io ricevevo una risposta. Io, immancabilmente, mi trovavo a non capire una mazza e rispondere sgraziatamente "Eh???"
A quel punto il londinese di turno, mosso a pietà, si metteva a parlare un poco più piano e ad aprire un poco le labbra. Niente di eccessivo, il minimo indispensabile per dimostrare di essere dotato di incisivi.
Io univo il biascicamento precedente a quello successivo e, finalmente, comprendevo il britannico messaggio cifrato, mettendo a frutto tutti quei maledetti anni di liceo e "conversation"!
Superati i problemi logistici e pure quelli linguistici, con somma soddisfazione riuscii a salire in carrozza e a partire per la mia personale terra promessa.
Una rapida occhiata ai compagni di viaggio, mi permise di mettere immediatamente a fuoco un gran pezzo di giovane uomo in un completo grigio scuro. Sorrisi io. Sorrise lui. Poi gli squillò il telefono e parlò...in tedesco. E no. No! Nooo! NOOO! Pure oltremanica? Cosa c'era di sbagliato in me? Cosa? Non ero in grado neanche di fare degli innocenti occhi dolci a uno sconosciuto senza imbattermi nell'ennesimo maschio teutonico?
Sbuffai rumorosamente, smisi di sorridere, e mi concentrai imbronciata sul paesaggio che scorreva al di là del finestrino.
Londra mi aspettava a braccia aperte e lei sì che, femmina ed inglese, avrebbe meritato il mio sfacciato sbatacchiamento di ciglia!
Continua...