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Oggi inizia il processo.
Con che diritto pensano di potermi giudicare?
Questo paese è mio. Questa gente dovrebbe inchinarsi di fronte a me.
Io sono l'Iraq. Non può esistere l'Iraq senza di me.
(2005)
Quando lessi per la prima volta "Orgoglio e Pregiudizio" passai giornate intere a parlar in punta di forchetta, muovermi leggiadra e sentirmi profondamente britannica.

Quando lessi "Delitto e Castigo" mi feci inghiottire dalle pagine e dalla storia. Delirai per giorni con gli occhi lucidi da pazza e la convinzione di essere affetta da febbre cerebrale.

Nelle ultime settimane ho letto "Molto forte, incredibilmente vicino (Extremely Loud and Incredibly Close)". Prima sono stata un bambino spaventato e complicato, tuttologo e fragile. Poi sono diventata un uomo senza voce ma con parole scritte su quaderni, su muri e sulla propria pelle. Infine ho vestito i panni di una sorella minore, una moglie, una nonna smaniosa di amare e di trattenere i propri amati.

Non capita sempre ma quando capita fa quasi paura. Il confine tra la realtà e il racconto si fa fragile e, a lettura finita, qualcosa rimane dentro per sempre. Che sia un'atmosfera, che sia un dolore, che sia un sentimento di straziante perdita.

Non credo sia follia.
Io leggo. Io sono.
Me ne vado. Mi dimetto. 
La Gerrmania come l'ho conosciuta, costruita e voluta sta per cambiare.
Il partito come l'ho conosciuto, costruito e voluto sta per morire.
Ed io sto per pagare tutte le mie colpe.
(1989)
Lungo le strade della blogosfera si assiste a scene strazianti. Lettori orfani piangono calde lacrime. Blogger amici navigano con lo sguardo vacuo e una sola ripetuta domanda nella testa e nel cuore:
"Perché?"
"Perché?"
"Perché?"
"Perché Pancrazia non continua a raccontarci la sua passata vacanza in terra irpina?"

Ve lo dico io il perché.
Perché sono disorganizzata e metto troppa carne al fuoco, col risultato che le costolette mi si bruciano, mentre le salsicce rimangono dimenticate nel congelatore.
Ma per vostra "fortuna", oltre ad essere nevrotica e caotica, sono anche flemmatica e priva di vergogna. Per settimane vi ho lasciato appesi senza una parola o una spiegazione? Embé? Oggi ricomincio il mio racconto come se nulla fosse.
Voi non potete vedermi né sentirmi, ma sappiate che in questo momento fischietto beata e sfacciata come se l'ultimo post di "Pancrazia in Irpinia" risalisse all'altro ieri e non a un mese fa.
Sì, sì, un mese. Avete letto bene: un mese. Come passa il tempo quando ci si diverte, eh?

Magari qualche nuovo lettore non sa neanche di cosa io stia parlando, mentre qualche vecchio affezionato ormai non si ricorda più a che punto fosse arrivata la mia ludica cronistoria. Quindi, giusto per perdere un altro po' di tempo e mettere alla prova i vostri nervi, ho deciso di produrmi in un rapido riassunto.

Se volete potete anche saltarlo, ma poi io vi interrogo e se non siete preparati so' cazzi! Ça va sans dire.

La scorsa estate decisi di passare qualche giorno di vacanza in Irpinia. Perché sono un'originalona e perché in quella terra meravigliosa risiede la mia amica Gra' (Prologo).
Superata la difficoltosa preparazione del bagaglio (Prima parte), iniziai la transumanza dalle Alpi agli Appennini, come in uno struggente e patetico racconto del noiosissimo De Amicis. Durante il viaggio rimasi bloccata per qualche ora a Roma, divisa tra l'orrore per i bagni pubblici (Seconda Parte) e l'estasi per la capitale (Terza Parte). Dopo aver perso il 90% dei liquidi del mio corpo e aver rischiato la mummificazione, salii finalmente sul pullman, autobus, corriera, o come diavolo lo chiamate voi, in direzione dell'entroterra campano (Quarta Parte). Per poi arrivare ad Ariano Irpino, conoscere un gruppo di supereroi (Quinta Parte) e andare a mangiare la pizza. 

Pizza? Pizza? Ecco dov'ero arrivata: vi devo raccontare della pizza di zì Pumpilia.

Continua...




Che gran burlona sono.
Burlona, ho detto burlona!
Razza di screanzati!


Continua...

... per festeggiare la mia prima sera in Irpinia venni condotta dal gruppo dei suddetti supereroi a mangiare la pizza. Ma non una pizza qualunque: la pizza di zì Pumpilia.

Costei delizia i palati locali e forestieri con morbide golosità. Costei ti fa sentire a tuo agio accogliendoti in un ristorante-trattoria-bettola dall'arredamento vario e creativo. Molto vario e molto creativo. Forse troppo. Ma non sono qua per sottilizzare. Del resto, negli ultimi anni Torino si è riempita di meravigliosi ristoranti, dal design moderno e la cucina di bassa qualità e alto costo. Quindi: ben venga la zì Pumpilia con le sedie spaiate, i tavoli che ballano, ma la pizza che ti manda in estasi le papille gustative!

Questa santa donna si fa affiancare sul lavoro da tutta la famiglia. E, a splendere di luce propria tra il parentado tutto, vi è lui: il figlio MASCHIO. Unico e inimitabile.
Costui ha due compiti fondamentali da svolgere: sonnecchiare dietro il bancone del bar e fare il conto.
Qualsiasi altra cosa gli venga chiesta gli provocherà ipersudorazione, tremori e perdita dei sensi.
La mia amica Gra', di fronte alla difficoltà di scegliere una pizza adatta con cui concludere la serata, ebbe l'ardire di chiedergli: "Tu che ci consigli?"
Lui, prima si guardò intorno per capire con chi stesse parlando poi, rassegnato al fatto che la domanda fosse rivolta proprio a se medesimo, cominciò a balbettare, indietreggiare e, non contento, si buttò a terra fingendosi morto.

Ma per quanto riguarda il sonnecchiamento dietro il bancone del bar e il calcolo del conto del cliente, poche persone al mondo possono dirsi all'altezza del figlio MASCHIO. Poche o forse nessuna.
Per dormire in quel modo, in piedi, con gli occhi aperti, appoggiato allo spillatore della birra, non bastano costanza ed allenamento, ci vuole proprio un raro e innato talento naturale.
Per fare i conti, poi, con tale ingegneristica precisione, ci vogliono anni di studio, applicazione e sprezzo di qualsiasi regola dell'aritmetica. Infatti, non si sa perché e non si sa per come, qualunque sia il tipo di pizza scelta, la quantità di birra con cui la si è annaffiata e il dessert con cui si è chiusa la serata, il risultato dato dal MASCHIO contabile sarà sempre lo stesso: 7 euro a testa. Punto.
Evidentemente tra quelle mura non è mai arrivata l'inflazione, la speculazione, la cattiveria della gente e soprattutto una calcolatrice funzionante o, almeno, un pallottoliere.

Da zì Pumpilia si mangia tanto, si mangia bene e si paga pure poco.
Lunga vita a zì Pumpilia!
Lunga vita al figlio MASCHIO!

Continua...
E' stato un viaggio lungo. Nove mesi e poi il gran finale.
In una stanza fredda e troppo illuminata qualcuno esclama orgoglioso: "Eccolo qua, lui è il trecentomilionesimo americano!"
(2006)
Salgo al soglio pontificio.
(1978)
Le guardo e ancora non riesco a crederci.
Le mani. Mi hanno ridato le mani.
(2010)
Oggi ho deciso di raccontarvi il mio ultimo week end. Tutto d'un fiato. Tutto in un unico post.

Venerdì all'alba ho preso un treno che mi ha portata fino a Firenze. Sono scesa e, invece di correre a prenderne un altro che mi avrebbe condotta a Lucca, sono scappata fuori. Al sole. All'aria. Al bello.

Non visitavo Firenze dalle superiori. Non me la ricordavo.
Alla domanda "Com'è Firenze?" avrei risposto "Bella"
Ma in realtà le immagini erano sbiadite, le sensazioni dimenticate, la fascinazione svanita.

E così, quasi come se fosse la prima volta, ho girato il centro della città con gli occhi puri, con la meraviglia, con l'entusiasmo. Ho rubato due ore al mio programma per poterne fare un altro. Più improvvisato. Più libero. Più mio.

Firenze non è solo bella. Un aggettivo così banale non le rende affatto giustizia.
Firenze è "tanta", è splendente, è una donna che toglie il fiato. Con le sue ciglia lunghissime e le labbra scarlatte. Sì, perché non è mica una bellezza acqua e sapone, o un fascino sofferto. No, assolutamente no.
Firenze è una sfacciata femminile sensualità. Da godere e godere.

Soddisfatta da questo amplesso mi sono finalmente decisa a raggiungere la meta del mio fine settimana: Lucca.
Lucca e le mura. Lucca che conserva la sua storia con una tale gelosia, che le devi chiedere "per piacere" se vuole condividerla. Lucca con le stradine affollate e quelle deserte. Con gli alberi sopra le torri e gli aranci stretti stretti dentro i vasi.

Ad aspettarmi "entro le mura" c'erano Lucia e il di lei consorte.
Lei scrive, scrive, e scrive. Scrive bene come nessun altro.
Lui legge e la ama. La ama come nessun altro.
Io li guardo e penso. Penso che l'amore debba essere proprio così. Fatto di parole, gesti, scherzi, sguardi, complicità, e l'inevitabilità di una storia che li ha messi l'uno sulla strada dell'altro, l'uno accanto all'altro.
Li ho visti per la prima volta venerdì, ma mi è difficile pensare di non averli avuti nella mia vita da sempre. Perché hanno il dono dell'accoglienza e della semplicità. Con affetto e senza fronzoli.

Con loro ho conosciuto anche una coppia di tedeschi di passaggio. Giovani e belli. Sposati e felici. Con le guance rosse e lo sguardo da bambini. Capaci di andare in giro per strade sconosciute come solo i tedeschi sanno fare. Con quell'aria svagata, il passo certo verso una meta sconosciuta, e l'innata capacità di ficcarsi nei negozi sbagliati.

Con loro quattro ho passato il venerdì e la domenica, mentre il sabato è stato un mondo a parte.

Sono andata a Lucca per ricevere il premio de "I racconti nella rete", vi ricordate?
Sono andata a Lucca e ho ascoltato una ragazza dai lunghi capelli biondi che leggeva il mio racconto, mentre un pianista, che di capelli non ne aveva neanche uno, accompagnava le parole con la musica.
Ho ascoltato anche i racconti degli altri vincitori, le altre voci, e le altre musiche.
Ho risposto alle domande e persino sorriso al fotografo.

Il pomeriggio e la serata sono trascorsi tra chiacchiere e incontri. Tra cibo e vino.
A cena ero seduta vicino a una giovane sconosciuta cantautrice, e a poche sedie da un grande della produzione cinematografica italiana. Erano diversi, diversissimi, ma appassionati entrambi. Vivi entrambi. Di quella vita e vitalità che ti ruba la giovinezza ma ti regala un'eterna infanzia.

La strada del ritorno l'ho percorsa insieme a due vecchie e nuove conoscenze. Due amici di amici. Due facce di facebook che sono passate dallo schermo alla realtà. Due parlate familiari dall'accento musicale e inconfondibile.
Regista lui. Maga delle pubbliche relazioni lei.
Mi hanno condotta lungo i vicoli di Lucca e riportata a casa.
Il tutto arricchito dalla condivisione, tra una risata e un sospiro, di speranze, progetti, e passioni diversi ma simili.

Oggi è lunedì. Io sono tornata a Torino. Ma sono più ricca, più contenta, più carica di tre giorni fa. O forse di sempre.
Pronta ad affrontare i mille impegni da assolvere e i sogni da costruire pezzo per pezzo.
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