Mi chiamo Sonja. Ho 22 anni. Sono in vacanza.
La mia storia finisce qui, interrotta insieme ai cavi della funivia.
(1998)
Secondo i miei progetti più ambiziosi dovevamo essere in cinque.
Di fronte alla dura realtà ho prenotato due biglietti.
Nella realizzazione del mio peggior incubo, quando sono già in macchina, rimango sola. Abbandonata da un sms in corso Francia.
Ferma al semaforo, preda dello sconforto, penso per un attimo di fare inversione. Ma è solo un attimo poi, al grido di "echecazzo", continuo la mia strada diretta al Cecchi Point, tempio torinese dell'improvvisazione teatrale.
Una volta giunta lì, smadonno un quarto d'ora prima di trovare parcheggio, per poi lasciare l'auto in una via buia e mal frequentata. Perfetto! Ho sempre sognato di essere uccisa, fatta a pezzi con un taglierino, e convertita in mangime per galli da combattimento coreani.
Entrata nel cortile, faccio la fila per ritirare il mio biglietto. Sotto la pioggia. Tempo 5 minuti e i miei capelli raddoppiano di volume. Io cerco di non innervosirmi, ma a un certo punto sento qualcuno ringhiare e recitare frasi al contrario in latino. Sono io.
Arrivato il mio turno, biascico a mezza voce: "Ce ne dovrebbero essere due prenotati a nome Cole, ma sono rimasta sola"
Il tizio dei biglietti, in uno slancio di pietosa empatia, cerca di confortarmi: "Ah bene. Cioè male. Vabbè dai, vedrai che ti diverti comunque"
Ci manca solo che mi passi il numero del Telefono Amico o una copia di "Come trovarsi in fretta un nuovo fidanzato ed evitare di essere da sola il sabato sera".
Riprendo a ringhiare e, per cambiare, recito frasi in aramaico antico.
Scelto un posto a caso, vengo raggiunta da un'allegra famigliola: madre, padre e bimba.
La madre non ride per tutto lo spettacolo.Non sbatte neanche le palpebre. Credo sia morta.
Il padre si appisola. O forse muore.
La figlia ha lo sguardo satanico da Carrie. Li ha uccisi lei.
Finalmente comincia lo show.
Ma quale show? In effetti, non ve l'ho ancora detto.
Ve lo spiego per benino che qua, a quanto ho capito, bisogna essere specifici e precisi, altrimenti volano querele come pop corn da una padella senza coperchio.
Sono a vedere una sfida d'improvvisazione teatrale detta CATCH IMPRO’. Due attori/improvvisatori/passanti/figuranti (non lo so, lo potrei chiedere, ma il ruspante stile di questo post andrebbe a farsi benedire) sfidano altri due attori/improvvisatori/passanti/figuranti. Il tutto a colpi di situazioni assurde, ingegno, e una certa dose di paraculaggine.
Il primo incontro fila via senza troppo entusiasmo. E' la prima volta che vedo una gara del genere, c'è la possibilità che io non capisca nulla, ma non riesco ad entusiasmarmi veramente.
Tra i quattro sfidanti mi colpisce solo l'unica donna presente. Al secolo: Valentina. Una con il corpo minuto e l'aria tranquilla a cui non daresti un centesimo. E che, invece, si dimostra capace di tirare fuori delle ottime trovate. E' la sua coppia quella che spicca. E' la sua coppia quella che voto. E' la sua coppia quella che vince.
Pausa di 10 minuti.
Vado a farmi una birretta.
In cassa trovo colei che, fino a 20 secondi prima, era l'arbitro cattivissimo del catch.
A fare la cassiera invece è un pezzo di pane e quando le chiedo "posso rientrare in sala con la bottiglia?", mi risponde "ma certo".
Io sorrido felice: sento di aver bisogno di un poco di alcol per reggere un'altra sfida.
Riprendo il mio posto a sedere e Carrie, lo sguardo dello dimonio, guarda me e la mia Moretti con il biasimo con cui si guarderebbe un alcolizzato che si vomita addosso. Non mi guardavano così da quell'estate che ebbi la bella pensata di mettermi in topless a Sorrento. Ma sorvoliamo, quella è un'altra storia.
No, non ve la racconterò.
No, neanche in privato.
Soprattutto non in privato!
Mentre sorseggio la mia birra ricomincia lo spettacolo. Arrivano altre due coppie e un altro arbitro.
Siamo su un altro pianeta!
Il clima si scalda, forse è tutto merito della pausa alcolica, ma sta di fatto che lo show s'impenna.
L'arbitro è ironico e buono: dopo due minuti ho voglia di correre ad abbracciarlo come un orsacchiottone (ma quanti gradi fa la Moretti?).
I concorrenti sono proprio bravi.
In particolare, in una squadra, spicca Carmen, la Dea del Pensiero Laterale. Ad ogni nuovo input se ne esce con l'idea che non ti aspetti, con la trovata che fa esplodere la sala in una fragorosa risata. Vincerà lei, vincerà la sua squadra, è evidente fin da subito.
L'unico che riesca a metterla in difficoltà e a tenere il suo passo è nell'altro team, si chiama Giampaolo, ed è il Re della Freddura. Divertentissimo. Dopo 5 minuti già lo amo (ma che ci mettono dentro la Moretti?).
Anche la seconda sfida finisce.
So che vincerà Carmen ma, con tafazziana devozione, voto comunque per l'altra squadra che, infatti, perde clamorosamente.
Perfetto: mi stò già allenando per le elezioni.
Vado a riprendere la macchina. Anche per stasera riesco a riportare la pellaccia sana e salva a casa.
Contro ogni contrattempo e sfiga mi sono divertita.
Quasi quasi ci scrivo un post.
Sabato prossimo ci saranno le semifinali.
Quasi quasi ci torno.
E voi?
Divento numero 1 del ranking mondiale. Lo sarò per 237 settimane consecutive. Sono Roger Federer.
(2004)
E finalmente vediamo a colori.
(1977)
Apriamo le porte e la gente si accalca.
"Хотите?"
"Мак Меню"
(1990)
Preparazione del formaggio, filatura delle mozzarelle, abile manipolazione dei cavatielli, imbarazzante degustazione dell'olio, goduriosa degustazione del vino, teorica produzione di ceste di vimini, corso di macrofotografia a spizzichi e mozzichi. Tutto questo e anche di più riempì il mio agreste sabato.
Una giornata intera a bere, mangiare e stare, letteralmente, con le mani in pasta.
Una giornata sotto il sole cocente e accanto ad animali poco inclini alla socializzazione.
Una giornata con un cappello villico ben calato in testa e l'aria svagata della tizia di città.
Furono ore pregne, calde, stancanti.
Così stancanti che, prima di cena, scappammo tutti a casa per farci una doccia e prepararci alla serata finale.
Finale che vedeva al centro dei festeggiamenti Lei, l'Unica, la Sola.
La Tarantella.
Chi mi conosce lo sa: io sono la regina dei balli di gruppo. L'unico mio problema è che non mi piace mantenere un basso profilo e omologarmi con gli altri. Io sono un'individualista, una prima donna, un'anarchica.
Non ve la sarete mica bevuta, vero?
Io schifo i balli di gruppo, soprattutto perché sono una scoordinata, imbranata, timida.
Quando so di avere gli occhi degli altri puntati addosso avvampo, il cervello mi
va in pappa, e le articolazioni si piegano e stendono secondo una loro
volontà propria. Questo fa sì che i miei tempi di apprendimento, di una seppur semplice coreografia, siano nettamente superiori a quelli degli altri.
Gli altri stanno al terzo passo? Io ho appena finito di arrancare con la memorizzazione e realizzazione del primo. Primo che, molto probabilmente, avrò già dimenticato una volta giunta al terzo.
E pensare che da piccola ho fatto danza classica, e non me la cavavo neanche troppo male. Ma, a quei tempi, ero dotata dello spirito lieve e menefreghista che quasi tutti i bambini possiedono. Quello spirito che non ti fa preoccupare del giudizio de pubblico. Ma, tutt'al più, che tra quel pubblico abbiano fatto in tempo a prendere posto anche mamma e papà.
A ben pensarci, quello spirito mi ha accompagnata almeno fino ai 20 anni. Ma, tra una cosa e l'altra, a un certo punto devo essermelo perso per strada. Abbandonato in uno scantinato polveroso, accatastato tra la leggerezza e il chisenefotte.
Ma quella sera decisi che fosse giunto il momento di riaprire quel maledetto antro. La serratura all'inizio fece resistenza, la vecchia Me urlava "Non ti alzare da quella panca per nessuna ragione al mondo! Non lasciare il tuo posto sicuro all'ombra! No..."
Ma poi la porta si aprì di scatto ed io fui vista in piedi, seppur imbarazzata, dirigermi decisa verso il centro del cortile.
Fu così che, in fila con tutti gli altri, di fianco a Simona e di fronte a SuperGra', ci provai. Con scarsi risultati ma ci provai. Con la netta sensazione del ridicolo ma ci provai. Con l'orgoglio per una piccola battaglia vinta, ci provai.
Mi scatenai nella mia prima tarantella. Consapevole che, se lo stagionato capoballo, al secolo ZìPeppino, non "teneva vergogna" a fare lo svenevole con SuperGra', io potevo anche ancheggiare a caso, senza che il mondo si fermasse o il mio amor proprio ne risentisse.
Non c'è quindi da stupirsi che a questo piccolo viaggio in Irpinia io stia dedicando così tanto spazio. Non è questione di km. Non è questione di tempo trascorso. Certe esperienze, giunte al momento giusto e con le persone giuste, ti alleggeriscono le spalle, sollevano gli angoli della bocca, e aprono la testa. Una volta e per sempre.
Continua...
Da oggi Virginie ed io possiamo sposarci in Belgio.
(2003)
Annuncio la fine dei test nuclerai francesi. Sono il Presidente.
(1992)