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La terra trema. Ancora.
Ma questa volta è diverso. Non smette.

Sono ancora viva qua sotto. Venitemi a prendere.

(2009)
Muoio oggi.
Mi ritroveranno fra tre giorni.

I nedeed some help to help myself.

(1994)
"Ieri sera al cinema. Solo film di guerra. Uno ottimo di una nave piena di rifugiati bombardata da qualche parte nel Mediterraneo. Il pubblico molto divertito dalla scena di un grassone grande e grosso che cercava di sfuggire a un elicottero che lo inseguiva. Lo si vedeva prima sguazzare nell'acqua come un delfino, poi attraverso i congegni di mira dell'elicottero, dopodiché era pieno di buchi e il mare attorno a lui diventava rosa ed egli affondava all'improvviso come se i buchi avessero fatto entrare l'acqua. Il pubblico dette in grosse risate quando l'uomo affondò."
(1984)
Ho sempre amato i giocattoli nuovi. 
Alla fiera di San Francisco rimango incantato di fronte all'Osborne 1, il primo computer portatile in commercio.
(1981)
Era giunta finalmente la primavera.
Il sole illuminava la città dal centro di un perfetto cielo color carta da zucchero.
Il Professore avanzava lungo il marciapiede, portando con sé solo un sorriso aperto da un orecchio all'altro. Procedeva a passo tanto spedito, che le falde del lungo impermeabile faticavano a coprire gli ossuti polpacci.
Ossuti, ignudi, pallidi e glabri.

Il freddo era passato e il Professore poteva finalmente tornare a passeggiare per parchi, giardini e vicoli.
Passeggiare sotto il sole.
Compito ed elegante dal collo alla cintola.
Nudo come un pupo dalla cintola in giù.

Il più innocuo ed educato tra i maniaci di quartiere.
Un vecchio docente universitario, senza cattedra e senza pensione. Travolto, ma mai domo, dallo scandalo del suo vizietto.

Un cravattino rosso, una giacca grigia, e una camicia candida dal collo perfettamente inamidato.
Un gentile pericolo per vecchie e donne in odor di santità.

Lo conoscevano tutte da anni. Lui, col tempo, si era costituito una sorta di affezionata clientela.
Arrivava, aspettava che la vittima alzasse lo sguardo, e poi ZAC apriva l'impermeabile. Con grande soddisfazione di entrambe le parti.

"Buongiorno caro, mi fa piacere vedervi in forma" gli diceva la vedova Torroni. Nobile decaduta che trascorreva tutto il tempo a dar da mangiare ai piccioni del parco.
"Professore, che sorpresa! Ma è già primavera?" chiedeva la tata Clizia. Stagionata baffuta che aveva cresciuto tre generazioni di commendatori in casa Piperlo.
"Oh cielo, ma sapete che ho pensato proprio a voi stamane, quando al mio risveglio ho trovato una così bella giornata?" arrossiva gioiosa la signorina Pesce. Figlia mai maritata e soddisfatta del compianto Generale.

Tutte lo aspettavano. Tutte.
Ad ogni primavera occupavano i posti migliori tra panchine e fermate d'autobus e là, in devota attesa, sgranavano il rosario delle voglie passate.

Il Professore rendeva loro un servizio. Regalava loro un brivido. Celebrava con la sua degna mascolinità una mai spenta femminilità. Ma sempre con eleganza e galanteria.
Impossibile trovar volgarità tra il Professore e le sue Signore.
Gente d'altri tempi. Quando le porcherie si facevano per sincera vocazione e non noiosa provocazione.

Fine.
Occupiamo l'islas Malvinas.
Comincia la guerra.
(1982)
Una serata può cominciare in vari modi.
La mia cercando un posto auto per la bellezza di 60 minuti.
Provo vicino al locale (Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33), provo lontano dal locale, provo persino a lanciare l'auto oltre il parapetto del ponte, e lasciarla adagiare in un trionfo di bolle sul fondo del Po. Le provo tutte.
Alla fine trovo parcheggio in una sciccosissima e remota zona prima della collina.
Ma perché così tante difficoltà?
E' semplice. 
A Torino le temperature sono primaverili tendenti all'estivo, e ciò fa sì che una quantità abnorme di varia umanità lasci le proprie tane per riversarsi in centro.
Ne hanno diritto, i maledetti, ne hanno diritto!
Li odio, loro e le loro ingombranti auto!

Sono così in ritardo che arrivo a spettacolo appena cominciato, mi faccio largo sgraziatamente, prendo posto e ordino a me stessa di godermi la serata. Anche se ho l'umore gioioso di un cane idrofobo, e sono ben disposta verso il prossimo quanto Jack lo Squartatore.

Natalia, che per l'occasione sfoggia un caschetto rosso assassino, si tiene su con il Paracetamolo. Lothar presenta con un piede sul palco e l'altro nel bagno. Uno degli artisti in gara dà forfait per problemi di salute.
Insomma, se la settimana scorsa ero io l'anello debole, questo sabato è un'ecatombe, un lazzaretto, una strage di Facce sotto, davanti e dietro il Palco.
L'unico motivo di vera giuoia è rappresentato dalla nascita della piccola Anna, figlia di una delle organizzatrici. Narra la leggenda che la bimba, nata da meno di una settimana, sappia già ballare il tip tap, cantare come un usignolo, e recitare Shakespeare a memoria. Un posto nella competizione del prossimo anno non glielo toglie nessuno!

L'onore e l'onere di aprire la serata tocca a Cristina Castigliola e Paui Galli. Anzi solo a Cristina.
Sale sul palco e comincia una divertente conferenza sul bisogno di tempo libero. Sulla necessità di lavorare di meno, rinunciare al superfluo, e dedicarsi al piacere delle vacanze, della coltivazione dell'io, o del dolce far niente.
Ecco, io sarei anche d'accordo, il problema è che se lavorassi di meno non dovrei rinunciare solo al superfluo ma pure al necessario, tipo il telefono, l'energia elettrica, il cibo. Quelle robette là, insomma.
Mentre mi distraggo con questi pensieri poveri-filosofici-esistenziali, dal fondo della sala prende la parola, timida e impacciata, una delle spettatrici. Dice di voler fare delle domande. Tra il pubblico scorre quel tipico imbarazzo da "ma chi è sta pazza?". Nel vociferare collettivo si colgono "Ma non è una conferenza vera, qualcuno glielo spieghi", "Che imbarazzo, mi vergogno per lei", e via dicendo.
Ci casco anch'io per un attimo ma poi, improvvisamente, ricordo: dovevano essere un duo. Quella non è una pazza. Quella è Paui.
Raggiunge la compagna sul palco, vestendo i panni della donna qualunque che si lamenta della propria vita faticosa e senza soddisfazioni. Lo fa muovendosi e parlando in maniera assolutamente credibile. I suoi registri sono completamente diversi da quelli usati dalla collega. 
L'inganno, la magia, l'effetto sorpresa riescono perfettamente.
A poco a poco tutto il pubblico, comunque, mangia la foglia. Perversamente contento di esserci cascato, anche solo per qualche minuto.
Il pezzo fa riflettere, anche se i temi paiono ormai in parte superati dalla crisi contingente. Ma fa soprattutto ridere. Coinvolge e sorprende.
Un ottimo lavoro, gradito sia dal pubblico sia dalla giuria.
Brave!

Poi tocca alla bellezza, la femminilità e la sensualità.
No, non siamo Natalia ed io che abbiamo deciso di scendere in competizione. Anche perché non ce ne sarebbe per nessuno, e ci dispiacerebbe mettere in difficoltà gli altri artisti.
Ma sono le ballerine del duo Versus, che ci trasportano in terre lontane con la loro danza del ventre.
Voi avete mai provato questa disciplina? Io sì, una volta. Mooolti anni fa. Ho fatto solo una lezione di prova, presentandomi spocchiosa con i miei 50 kg bagnati e gli addominali scolpiti. Risultato? Un manico di scopa fatto e finito! La negazione della sensualità, della femminilità, del doppio cromosoma X.
Da quella volta molta acqua è passata sotto i ponti, i miei addominali sono scomparsi, e i 50 kg ora godono di ulteriore compagnia. Certe cose, però, non cambiano mai e infatti la mia elasticità bacino articolare, a tutt'oggi, non si è ancora palesata. 
Molto tempo è passato, dicevo. Io non sono un soggetto invidioso. E posso godere dell'esibizione delle ballerine con la giusta obiettività. 
Sono brave, ammiccanti ed eleganti. Sono magnetiche e coinvolgenti. Nonostante un piccolo problema tecnico, mantengono sempre l'attenzione del pubblico che, esperto o meno, le apprezza e applaude convinto.

La competizione di stasera viene chiusa da un altro duo: Gilet & Salopet con il loro "pomeriggio di ordinaria follia".
Giovanissimi e bravissimi. Giocano con le parole, i suoni e gli oggetti. Giocano con i luoghi comuni portati fino all'eccesso e al delirio. 
Mangiano pennette al retrogusto di rimpianto. Scotte, fredde, in bianco, senza olio, e di due giorni prima. Ricordandomi, tra l'altro, i miei cari amici tedeschi e le loro follie gastronomiche. 
Danno vita a una conversazione tra caffetteria fedifraga e tazzina un poco zoccola. Ricordandomi, tra l'altro, qualche mio conoscente.
Cantano nella vecchia fattoria. Non ricordandomi niente in particolare, ma continuando a farmi ridere. E con me, tutta la sala.
Applausi e complimenti della giuria.
Hanno 22 anni. Tutto il pezzo è stato scritto da loro. Chissà cosa riusciranno a fare in futuro.
Intanto, per non sbagliare, tanta tantissima merda da Radio Cole.

Le esibizioni sono finite. Si parte con la votazione. 
Francesca, organizzatrice e giurata, intrattiene il pubblico leggendo una serie di sciocchezze tra lo scherzoso e il poetico.
"Ma chi potrà mai aver scritto tutte queste fesserie?" mi chiedo.
"Io" mi rispondo.
E anche per stasera l'angolo blogger ce lo siamo tolto di mezzo.

Pochi minuti e si raggiunge il verdetto. Passano Cristina Castigliola e Paui Galli con il loro "Del piacere e del bisogno del tempo libero- Conferenza spettacolo-" ovvero "Scherzo in un atto sul tema del tempo libero - tempo lavorativo".
E io le immortalo nella cucina-camerino perché sono una controversa artista dell'obiettivo.


L'ultima serata eliminatoria è prevista giovedì al Bazura, via Belfiore 1.
Accorrete numerosi!
99% dei voti.
Nasco oggi.
Sono la Repubblica Islamica dell'Iran.
(1979)
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