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Siete di Torino, la ridente cittadina con i piedi nel fiume e la testa nelle montagne?
Conoscete il Blah Blah, il locale al numero 21 di via Po?


Se avete risposto positivamente ad entrambe le domande, o solo a una, o a nessuna delle due ma siete molto attivi e curiosi, sappiate che:


  • ogni 14 giorni, 
  •  la domenica sera, 
  • a Torino, 
  • al Blah Blah
  • si svolge Improv To. Una serata dedicata all'improvvisazione e al sano cazzeggio.

    Uno spettacolo diviso in due parti.

    La prima (ore 20) è la jam session, in cui sul palco c'è spazio per tutti (improvvisatori e no) a patto che abbiano voglia di provare, non prendersi troppo sul serio e, ovviamente, improvvisare. Piccoli sketch, intramuscolo, pochi minuti costruiti sul momento. Poco più di giochi, sciocchezze, delle volte emerite cagate. Robe che, se non siete dell'ambiente, vi faranno probabilmente lo straniante ma euforizzante effetto di esservi appena imbucati in un'esclusivissima festa di scappati dal manicomio. Pazzi ma non pericolosi o, almeno, non troppo pericolosi.

    La seconda, alle 21, propone ogni volta uno show diverso, un format diverso, una compagnia d'improvvisatori diversi. Un ottimo modo per iniziare a conoscere questo tipo di teatro, sempre in bilico tra il serio e il faceto, la tecnica e il gioco.

    Per quanto riguarda gli spettacoli delle 21 il cartellone prevede:

    16 nov   Imprevisti su Misura con Impro Quiz (da Milano)
    30 nov  Sumadai con Il club dei segreti (già visti qua, qua e pure qua)
    14 dicembre Quinta Tinta con Rooms e B-Teatro con Boxeattori

    Non vi ho incuriosito abbastanza? Devo aggiungere qualcos'altro?
    "Sì", mi suggeriscono dalla regia, "il tutto è organizzato dal B-Teatro!"
    Ecco, lo sapevo che avevo dimenticato qualcosa!
    E poi?
    E poi l'entrata è gratuita e gli spettacoli a cappello!
    Cosa volete più di questo?

    Ci si vede là.
    A domenica!
    Voi che avete fatto sabato scorso?
    Io sono andata a vedere uno spettacolo.
    "E capirai che novità", direte voi.
    In effetti, ultimamente sono diventata un po' monotematica e leggermente maniacale. Ma, tutto sommato, meglio vagamente ossessiva che passiva, no? No???
    Evvabbbè! Io vado avanti...

    ...sabato scorso sono andata a vedere "Singing in te dark" all'interno della rassegna Istantaneo.
    Istantaneo è stato un festival d'improvvisazione teatrale che ha visto riunirsi a Torino e Valenza improvvisatori provenienti dall'Italia e dall'Europa. Professionisti di tutto rispetto in grado di trasformare l'intrattenimento in arte. Il talento in meraviglia. La tecnica in prodigio. Insomma, improvvisatori bravi un bel po'. Ma proprio un bel po'!

    In cinque giorni, dal 29 ottobre al 2 novembre, si sono succeduti numerosi spettacoli, io ne ho visto solo uno (e mezzo) e sono rimasta incantata.
    Singing in the dark è un musical ispirato alle atmosfere fiabesche e gotiche di Tim Burton. Un musical tutto improvvisato. Tutto nuovo. Tutto unico. Dall'inizio alla fine. "Dica lo giuro" "Lo giuro".
    Uno show costruito sulle indicazioni del pubblico e la fantasia degli attori. Questi ultimi preparati da una vera e propria icona del settore: Sean McCann.
    Sul palcoscenico sono saliti: Renato Preziuso e Mariadele Attanasio da Chianciano; Deborah Fedrigucci, Tiziano Storti e Susanna Cantelmo da Roma; Roberto Garelli e Lara Mottola da Torino.

    E' difficile spiegarvi la magia di una storia così complessa che nasce e s'intreccia davanti ai propri occhi. Lo stupore di canzoni che durano il tempo di una sera. La forza di personaggi destinati a vivere per una sola ora. Avreste dovuto esserci. Come ve la faccio a descrivere una cosa così?
    "E allora che lo scrivi a fare questo post?" potrebbe farmi notare qualcuno.
    E forse avrebbe ragione.
    Lo scrivo per celebrare la bellezza e la bravura. Perché, per riuscire nell'impresa di creare uno spettacolo di questo livello, ci vogliono talento, esperienza e tecnica. Tutte caratteristiche che non sono mancate ai protagonisti della serata, che ci hanno regalato così un viaggio unico e irripetibile.
    Ecco. Forse è soprattutto per loro che lo scrivo. Per ringraziarli.

    Grazie!
    A voi piace travestirvi?
    A me no.
    Già mi faceva schifo il carnevale e ora, da qualche tempo, ci si è messo anche Halloween. Che gioia!

    Per fortuna quest'anno non ho dovuto inventarmi elaborate scuse, incredibili impegni precedenti, o panzane fantasmagoriche, per evitare di conciarmi da battona fattucchiera, ma ho potuto rispondere, a chiunque m'invitasse ai party del 31, con un semplice e veritiero: "C'ho da fare, venerdì c'è lo spettacolo di Nat"

    Nat è Nathalie Bernardi. Lo spettacolo era l'Edipo Re-quiem. E lo spazio dedicato su Humans all'evento è questo qui.
    Avete messo il like a Humans Torino? Non avete ancora messo il like a Humans Torino? Cosa aspettate a mettere il like a Humans Torino?!?! Mettete il like a Humans Torino!

    Per questa volta vi risparmio l'introduzione trucco-parrucco-ricerca parcheggio-esaurimento nervoso, ma mi limito a un criptico messaggio in codice: gnocca gioiosa e felicemente posteggiata. Ecco.

    Foto di Antonio Sandro Crisà
    L'Edipo Re-quiem è una versione riveduta e "scorretta" di due famose tragedie di Sofocle: Edipo Re e Antigone.
    Sul palco cinque ottimi interpreti hanno vestito i panni di Antigone, la Sfinge, Edipo, Polinice e Creonte. E hanno dato vita a una storia fatta di dolore, maledizioni, amore non corrisposto, violenza, incesto, pedofilia e sopraffazione.
    Dall'antica Grecia ci si è spostati, per l'occasione, in un ospedale psichiatrico. E i protagonisti sono diventati pazienti disturbati, inventori o vittime delle più atroci trame.

    Uno spettacolo dai toni cupi che si è sposato perfettamente con la notte dei mostri e delle streghe, delle paure e degli incubi. Una rappresentazione studiata e strutturata proprio in funzione della data che ne ha visto la prima. E, forse per questo motivo, fin troppo splatter e aggressiva.

    Un eccesso inutile data l'intensità del testo e la formidabile bravura degli attori in scena. Nathalie Bernardi è stata un Antigone drammatica e seduttiva. Francesca Puopolo una Sfinge carismatica ma schiava. Alessio Rossone un Polinice perverso e appassionato. Claudio Sportelli un Creonte crudele e meschino. E, il giovanissimo Luca Leone, un Edipo convincente che è riuscito a reggere il confronto con attori di talento e grande esperienza.

    Un bel lavoro che, però, ha bisogno di essere alleggerito di inutili effetti sorpresa, atti a coinvolgere fino al turbamento il pubblico. Scopo per cui basta, quando c'è, la bravura di chi calca le scene. E in questo caso di bravura ce n'è stata molta. Moltissima.
    Un artista e un viaggiatore.
    Questo serve e niente di più per dare vita a MyHomeGallery.

    A Myche?...un contatto diretto tra creatore e fruitore.
    Una start up, una comunità, un'idea.

    E quindi?
    Cerco di spiegarvelo il più semplicemente possibile.

    Gli artisti che fanno parte di MyHomeGallery aprono le loro case ai visitatori.
    E' possibile andarli a trovare, conoscerli, parlare con loro e visitare delle vere e proprie "mostre su misura". In questo modo si coniuga turismo ed arte in maniera originale, si crea una nuova forma di turismo culturale.

    Come funziona? Sei un turista, un amante dell'arte, un collezionista, o semplicemente un tipo molto curioso, e vuoi provare questa nuova esperienza?
    Bene! Vai sul sito di MyHomeGallery, iscriviti, inserisci la destinazione del viaggio (o semplicemente la città dove abiti!), e scegli tra gli artisti segnalati quello che t'interessa di più. Contattalo e mettiti d'accordo su tempi, luoghi e contributo richiesto.
    E poi parti. Parti per questa nuova avventura!
    Mettiamo subito in chiaro una cosa: non sono una tuttologa.
    Non sono un'esperta di letteratura, teatro, cinema, varie ed eventuali. No.
    Ma se m'imbatto in qualcosa che mi piace, che penso valga la pena, che. Se m'imbatto in qualcosa così, dicevo, amo parlarne sul blog, condividerlo con i lettori, spargere la voce, dedicare il mio tempo e la mia scrittura alla diffusione del bello. Di ciò che io ritengo bello.

    Ecco. Questo giusto per chiarire. Perché negli ultimi mesi il pubblico di queste pagine è aumentato e, in parte, cambiato. Molti non mi conoscono. Molti non sanno cosa faccio. Molti avrebbero bisogno di farsi una camomilla. Endovena.

    Detto ciò, sabato sono andata al cinema a vedere "Lucy", l'ultimo film di Luc Besson.
    Spettacolo delle 0:35.
    Non dovevo andare a vedere Lucy e non dovevo neanche andare a vedere l'ultimo spettacolo ma le vie della disorganizzazione, mancanza di parcheggio e disordine mentale sono infinite, e mi sono trovata al cinema, di notte, con un sacchetto di pop corn e una Scarlett Johansson che sparava come una matta.

    Io ve lo dico. A me Luc Besson piace. A molti no. A me sì.
    Perché è un regista fracassone ma poetico. Perché ama le donne e le sa dirigere. Perché è internazionale ma ancora così sfacciatamente francese. Insomma, per un casino di buone ragioni a me Luc Besson piace. Non nel senso che non ne colga i limiti o i difetti, ma proprio nel senso che mi diverte, m'intrattiene, mi fa simpatia e, se passasse da Torino, lo porterei da Fiorio a prendersi una cioccolata. Che, nella mia scala personale di valori, è la maggior espressione di affetto nei confronti di un turista in terra sabauda.

    Detto ciò. Passiamo al film.
    I primi 30 minuti di Lucy hanno il peso specifico del piombo. Io li ho visti ad occhi socchiusi e stomaco accartocciato. Alla protagonista succede di tutto e tutto si legge nell'espressioni del volto e negli occhi sgranati di una meravigliosa Scarlett Johansson.

    A proposito, io ve lo dico, a me la Johansson piace. A qualcuno no. A me sì.
    Perché è bella come una bambola ma brava come una donna. Perché è sensuale senza bisogno di sforzarsi. Perché è una che calca le scene fin da piccola ma non si è bruciata. Insomma, per un casino di buone ragioni a me Scarlett Johansson piace. Non nel senso che non ne colga i limiti o i difetti, ma proprio nel senso che mi convince, ne apprezzo il talento e le perdono persino di essere una bionda, stragnocca, molto più giovane di me.

    Dicevo, i primi 30 minuti sono spessi, molto spessi. Poi la fantascienza sparatutto prende il sopravvento e Lucy, con la sua camminata da gnocca al rallentatore ed i proiettili che vanno in ogni dove, prende il posto che le spetta tra le eroine senza scrupoli regine del cinema degli ultimi 20-25 anni. Eroine che popolano l'immaginario collettivo specialmente grazie allo stesso Besson. E in parte a Tarantino, anche se le sue donne sono diverse. Ma non perdiamo il filo e concentriamoci su Luc.

    In questo film c'è tutto il regista francese: c'è Nikita, c'è il Quinto Elemento, c'è Taxxi e c'è persino il mio adorato Leon.

    Lucy ha due protagonisti americani, Scarlett Johansson e Morgan Freeman, ma non è un film americano. E' una storia che si muove tra oriente ed Europa, tra Taipei e Parigi. E' un film francese a cui si prestano facce americane.

    La seconda metà della pellicola è tutta una corsa e un inseguimento fino ad una risoluzione mistico-filosofica-naif che lascia il tempo che trova, ma che a me è piaciuta. Ve lo dico.
    Perché? Perché non era necessaria ma il regista ha voluto mettercela lo stesso. Perché Luc avrebbe potuto essere più sottile ma prorio non ce l'ha fatta. Perché Besson a queste cose ci crede, si capisce, e io lo porterei da Fiorio anche per questo. Per la sua buonafede, per il suo animo da fracassone, e perché vorrei sapere assolutamente dove hanno preso il vestito nero che la Johansson indossa per metà film. Lo voglio!
    Più o meno un anno fa chiesi: "ma qua a Torino qual è il locale storico del cabaret?"
    Più o meno un anno fa mi fu risposto "Cab 41" con l'accondiscendenza che si deve a una povera disadattata.

    L'altro ieri sono finalmente entrata nel tempio del cabaret sottolamole. E, per fare ciò, consapevole dei miei limiti, mi sono aggrappata a Google Map come una cozza allo scoglio. Ricerca impostata: via f.lli Carle 77. 
    Tra la lettura del messaggio che mi era stato inviato con l'indirizzo esatto (via f.lli Carle 41) e i miei polpastrelli che digitavano deve essersi inceppato qualcosa. I miei due neuroni si devono essere distratti. Le mie sinapsi devono essere state subaffittate dalla vicina novantenne. Chi può dirlo? Fatto sta che un 41 è diventato un 77, ed io mi sono trovata di sera, da sola, a fissare un angolo di strada deserto. Deserto. Sì perché, tra l'altro, in via fratelli Carle la numerazione arriva solo fino al 67. Il 77 neanche c'è!
    Di fronte alla mancanza del numero civico non mi ha sfiorato per un attimo l'idea di aver clamorosamente sbagliato indirizzo. E quindi di ricontrollarlo. Figurarsi! Perché mai tanta ovvietà? La spiegazione doveva essere un'altra. Il locale doveva essere nascosto da qualche parte: in un interno che mi era sfuggito, rinsecchito tra due palazzi come la casa di Sirius Black in Harry Potter, oppure risucchiato per sempre in un'altra realtà spazio temporale. 

    Annebbiata da tanta meravigliosa e ottusa chiusura mentale, non mi è restato altro che chiedere disperatamente aiuto. Un aiuto umano e collaborante, però,  e non l'ennesima app di stamin@##! 
    Buttato Google Map alle ortiche, mi sono fiondata nel primo locale aperto e ho frignato davanti al proprietario:
    "Ma lei lo sa dov'è il Cab 41? Perché non riesco a trovarlo? Sarebbe così gentile da indicarmelo? E' il numero 77, ma il 77 non c'è, dov'è il 77?", il tutto in una profusione di occhioni supplichevoli, ciglia sbatacchianti, e bocca a cucchiaino. Perché la mancanza di senso dell'orientamento e conoscenza urbanistica della mia stessa città mi trasforma facilmente in un essere piccolo, bisognoso d'aiuto, e incapace di mantenere una qualsivoglia dignità.
    "Non lo trova perché il Cab 41 non sta al 77. Ma al 41. Cab 41. Lo dice il nome stesso" il tutto in una profusione di umana pietà per una deficiente.
    Un'altra tacca nel mio personalissimo cinturone delle figure da rincoglionita.
    Soddisfazioni a mazzi, proprio.

    Tornata dunque sui miei passi, ho potuto finalmente varcare la soglia del mitico Cab 41.

    Ma io, l'altro ieri, che ci sono andata a fare al numero civico 41 di via fratelli Carle?
    L'occasione è stata la prima serata del Lab Stand Up.
    Lo spazio dedicato agli stand up comedian. I monologhisti. Insomma, quelli che si mettono di fronte a un microfono e parlano, parlano, parlano.
    Obiettivo? Raccontare la propria visione della vita, del mondo, dell'Europa, dell'Italia, del pianerottolo, del matrimonio, o dell'interno delle mutande. Tutto ciò facendo ridere. Meglio se facendo MOLTO ridere.

    Ieri sono saliti sul palco otto monologhisti, ognuno con una quindicina di minuti a propria disposizione. Ognuno ha provato e sperimentato come in ogni laboratorio che si rispetti.
    C'erano i veterani e i giovanissimi. Gli aggressivi e i moderati. Gli esperti e gli insicuri. Quelli che avevano fatto tv e quelli che ancora se la facevano addosso. Quelli con una faccia conosciuta e quelli no.
    Il bello di questa idea è proprio questo: c'è un po' di tutto.
    Lo spettatore arriva, si siede, ordina qualcosa da bere, e per un paio d'ore ascolta i comici che si susseguono sul palco. Più o meno bravi. Più o meno divertenti. Più o meno politicamente scorretti, perché in un locale ci si può permettere ciò che in tv, ad esempio, non si potrebbe. Nessuna censura. Evvivaiddio!
    Tanto che per entrare bisogna avere almeno 18 anni. A tal proposito, inspiegabile che nessuno mi abbia chiesto i documenti. Deve essere stata una svista.

    La battuta migliore della serata? "Renzi è lo sbiancamento anale di Berlusconi".
    La personale conclusione della serata? Tra un comico che porta l'ennesimo, seppur divertente, monologo incentrato sui rapporti tra uomo e donna, e un altro che prova a sperimentare con qualcosa di diverso, ma magari un po' meno divertente, preferisco assolutamente il secondo. Perché quel testo avrà la possibilità di essere migliorato, anche molto, mentre una minestra riscaldata sarà sempre e soltanto una minestra riscaldata.
    Giocare sul sicuro con la comicità fa portare a casa la serata. Ma non porterà mai l'autore da nessun'altra parte.
    In un laboratorio bisogna dimenticare le sicurezze e provare a lanciarsi un poco più in là. C'è il rischio di prendere una clamorosa craniata, ma è l'unico modo per crescere.

    Per concludere: siete maggiorenni e curiosi? Sappiate che le prossime serate di Lab Stand Up sono previste per il 4 e il 18 novembre, il 2 e il 16 dicembre. Ore 21:30.
    Ingresso gratuito.
    Il tutto al Cab 41 in via fratelli Carle 41. Quarantuno. Q-u-a-r-a-n-t-u-n-o. Mi raccomando!
    Ricapitolando.
    Torno single dopo un'infinità di anni vissuti in coppia, e scopro un mondo nuovo: quello del broccolaggio (sì, lo so, avevo promesso di non usare più questo termine, chiedo venia) over 35. 
    Do l'annuncio urbi et orbi della mia nuova condizione.
    M'iscrivo a un'incongrua varietà di corsi.
    Insomma, ricomincio a vivere con entusiasmo e disordine.

    Il tempo passa, fino a quando accade l'inevitabile. Dopo mesi di uomini repellenti, stupidi e francamente molesti, m'imbatto in un tizio alla cui vista non sento l'impellente desiderio di fuggire urlando.

    Incontro. Amicizia su facebook. Chat.
    OhmioDio!
    Finora ho condotto conversazioni online sbadigliando e sperando nella caduta della linea.
    Finora ho accampato fantasmagoriche scuse per evitare appuntamenti, e qualsivoglia incontro che non includa la presenza di almeno altri 10 amici a far da cuscinetto.
    Finora.
    Poi questo tizio comincia a scrivermi e io decido che, non mi piace ma con lui non voglio fare la figura della scema, isterica, celhosoloio. Non mi piace ma voglio che mi trovi simpatica. Non mi piace ma m'interessa l'opinione che ha di me.
    Ecco! E' finita la pacchia. Interrotta l'estasi. Concluso il benessere del machisenefotte. E inzia il limbo del ameluinonpiaceperòiovorreipiacerglialmenounpochino. E perché? Giusto per risalire sulla giostra. Giusto per divertirmi un po'. Giusto.

    Arriva il primo messaggio sulla chat di facebook ed io, donna matura e ricca di esperienza, reagisco con sangue freddo e sicumera. Mi fiondo immediatamente su whatsapp a chiedere aiuto con la disperazione di una che sta annegando, la lucidità mentale di un ultracentenario, e l'autocontrollo di una quattordicenne a un concerto degli One Direction.

    "Aiuto! Help! SOS" scrivo al mio ignaro migliore amico che, un secondo prima cerca di passare una tranquilla serata con la di lui amata e un secondo dopo si vede coinvolto, suo malgrado, nel mio delirio.
    "Che c'è? Che succede?"
    "E' terribile!"
    "Cosa? Hai bisogno d'aiuto? Dove sei? Che stai facendo? Mi sto preoccupando! Devo chiamare la polizia?"
    "Ma no! Devi aiutarmi!"
    "A fare che?"
    "Parlare in chat"
    "Parlare in chat? E con chi?"
    "Con quello ameluinonpiaceperòiovorreipiacerglialmenounpochino"
    "E hai bisogno di un tutor?"
    "Sì!"
    "Ma tu parli in continuazione in chat!"
    "Sì, ma a differenza del solito, di questo tizio m'importa l'opinione che ha di me"
    "E perché?"
    "E che ne so! Non sono lucida in questo momento! So solo che m'importa"
    "Vabbé, e allora che aspetti? Parlaci!"
    "E se pensasse che sono cretina?"
    "Non me la sentirei di dargli torto"
    "E se pensasse che sono noiosa?"
    "Tu non sei noiosa, evita solo di essere monosillabica come al tuo solito"
    "Vedi! Vedi! Vedi! Ho bisogno di te! Del tuo aiuto!"
    "No, tu hai bisogno di uno bravo o, forse, semplicemente di rilassarti"
    "Io per iscritto sono un disastro"
    "Tu con la parola scritta ti ci guadagni da vivere"
    "Ma questa è una cosa diversa, qua si parla di femminile simpatia, sofisticata gattamortaggine, allegra seduzione. Sono ANNI che non pratico questa nobile e antica arte"
    "Bene, è ora di ricominciare!"
    "Da sola? Senza il tuo aiuto?"
    "Ovviamente!"
    "Non ce la posso fare!"
    "Devi"
    "E se dovesse essere un disastro?"
    "Sopravvivrai e imparerai dai tuoi errori"
    "Io non voglio imparare dai miei errori! Io non voglio fare errori!"
    "Allora adotta un gatto e comprati un plaid"
    "Non sei divertente"
    "Dai ce la puoi fare!"
    "Sono fuori allenamento!"
    "Giusto: quindi ricomincia ad allenarti hop hop!"
    "Ma..."
    "Passo e chiudo."
    "Cosa? Passo e chiudo? Passo e chiudo?...Ehi!!!...Rispondimi! Dove sei? Aiuto!!! Aiuto!!!"

    E un'ora dopo.
    "Allora com'è andata?"
    "Credo bene, ma..."
    "Ma?"
    "Sarei più tranquilla se tu leggessi tutta la chat e mi dicessi quali errori ho commesso e dove posso migliorare. Copio e incollo, eh?"
    "Passo e chiudo"
    "Passo e chiudo? Ma come? Un'altra volta? Ma daiii"

    Continua...
    In una macchina sotto la pioggia
    "Farai la cronaca sul blog?"
    "Ma figurati! E' una compagnia amatoriale che porta in scena una commedia di George Bernard Shaw. Una compagnia amatoriale che affronta un classico. Noi ci andiamo perché li conosciamo e siamo curiose come due scimmie, ma saranno inguardabili. Nessuna cronaca: non ne varrà la pena!"
    "Bene, di fronte a tanto entusiasmo, mi preme ricordarti che sei stata tu a trascinarmi in questa serata destinata alla bruttezza, la noia e il fallimento!"
    "Ne sono consapevole, e per questo ti sarò per sempre debitrice!"

    Nel teatro
    "Cavoli quanto è bello qui. Come si chiama?"
    "Astra"
    "Ma devono finire i lavori o quella roba grezza là è lasciata apposta?"
    "Credo che sia apposta"
    "Wow, di grande impatto"
    "Decisamente"

    Fotografia di Gianluca Platania, 2011


    Un minuto all'inizio dello spettacolo.
    "Te lo dico subito: se è troppo noioso me ne vado via prima della fine!"
    "E no dai, non si fa!"
    "Sì sì, che si fa"
    "Ok, ma se te ne vai via prima, il mio debito morale nei tuoi confronti si estingue"
    "Mi sembra corretto"

    Sipario
    La Compagnia dei Ghoti presenta "Non si sa mai" di George Bernard Shaw.

    Quasi due ore dopo
    "A me è piaciuto"
    "Pure a me"
    "E la tua teoria sulle compagnie amatoriali e i classici?"
    "Forse devo rivederla. Forse sono stata un poco precipitosa"
    "E anche snob"
    "Sì"
    "E saccente"
    "Sì"
    "E..."
    "Ebbbasta!"
    "Quindi?"
    "Quindi, quasi quasi, scrivo persino una cronaca.  Così parlo anche di quanto sia bello il Teatro Astra che stupisce con il suo aspetto stropicciato, vissuto, vivo, sorto, e risorto"
    "Wow! Quanto sei brava con gli aggettivi"
    "Grazie. Lo so. E poi aggiungo che questa era una serata di beneficienza in favore di Architettura senza Frontiere Piemonte onlus,  perché in mezzo allo schifo generale c'è ancora gente con buone idee e bei progetti."
    "Sì, ci sta"
    "E finisco con l'elogiare questa compagnia di attori non professionisti. Compagnia che si fa un discreto mazzo e ottiene, contro ogni pregiudizio e previsione, buoni risultati. Perché ci vuole passione ma anche tanto tanto lavoro."
    "Bene, e aggiungi pure che c'è piaciuta la scenografia: pratica ed essenziale"
    "Giusto. E poi?" 
    "E poi che ne so: la blogger sei tu!"
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