La borsa sul letto. La custodia del netbook per terra. Gli stivali vicino alla cassettiera. Una vecchia agenda sul comodino. Due computer sulla microscrivania. Mille vestiti accatastati sulla sedia. La valigia ancora in attesa di essere disfatta.
Non sono disordinata. Sono creativa.
Non riesco più a commentare i vostri blog marchiati Wordpress.
Perché? Non ne ho la più pallida idea. Ma non credo dipenda dalla mia inettitudine, dato che la difficoltà è stata riscontrata da altri e in entrambi i sensi. In pratica, noi di Blogger non riusciamo a commentare su Wordpress e viceversa.
La cosa mi sta innervosendo alquanto. L'incomunicabilità fra piattaforme mi rende frustrata e triste. Vedo i miei amici al di là del fiume ma non riesco a raggiungerli.
Qualcuno mi aiuti!
Per suggerimenti, soluzioni o espressioni di solidarietà: commentate!
Nel caso vi riesca, ovviamente.
Già lo sapete. L'ho detto più di una volta. Quando in rete trovo qualche progetto, forma di creatività, tentativo di originalità, io mi emoziono e sento l'incontenibile desiderio di comunicarlo al mondo. O, quantomeno, a quel piccolo spicchio di mondo che mi legge.
Oggi voglio segnalarvi Silvia Storelli, filmmaker, vlogger e storyteller, che ha ideato e prodotto #twitscript n°1. Mix di poesia, socialmedia e video.
Il percorso seguito è stato il seguente: Silvia si è ispirata a "Contributo alla statistica", poesia dell'indimenticabile e indimenticata Wislawa Szymborska.
Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
- cinquantadue;
insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
- ben quarantanove;
buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
- quattro, be’, forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;
viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
- settantasette;
dotati per la felicità,
- al massimo poco più di venti;
innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
- di sicuro più della metà;
crudeli,
se costretti dalle circostanze
- è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
- non molti di più
di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
- quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
- ottantatré
prima o poi;
degni di compassione
- novantanove;
mortali
- cento su cento.
Numero al momento invariato.
Poi sono entrati in gioco gli "abitanti" di twitter a cui è stato affidato il compito di prendere il testimone e continuare l'elenco. Partendo dalla frase "Su cento persone...", sono stati scritti molti tweet che gli stessi autori hanno letto e registrato.
Silvia ha raccolto tutte queste voci, tutti questi pensieri, e li ha uniti ad immagini da lei stessa riprese.
Ne è nato un piccolo video, dove le parole mute della rete hanno finalmente acquistato respiro, inflessione, pronuncia e corpo.
Un lavoro decisamente interessante che spero verrà riproposto anche in futuro.
"Sono proprio contenta dei miei capelli. Non trovi anche tu che oggi mi stiano benissimo?"
"Beh, insomma."
"Ciccio, vorrei ricordarti che ho in ostaggio il tuo maglione di cashemere. Potrei lavarlo a mano con amorevole cura o metterlo, per sbaglio, in lavatrice a 90°."
"Benissimo, Pancraziuccia del mio cuore, i capelli ti stanno benissimo!"
Ricordo ancora il giorno in cui la mia amica, nonché ex collega, Erika mi confidò: "Io non stiro niente. Io a casa non ho neanche il ferro."
Io la guardai e, con tutto l'affetto che provavo e provo tuttora per lei, riuscì solo a pensare: "Si vede, tesoro mio, si vede."
Ora, a distanza di qualche anno, con il lavoro che, per fortuna, si è raddoppiato. Con i nuovi progetti realizzati, da realizzare e ancora da pensare. Con la casa che ha una vita propria e una preoccupante tendenza al caos. Con il raffreddore e la sinusite che si abbattono su di me ogni tre settimane. Con le ore del giorno che, inspiegabilmente, continuano ad essere solo 24.
Ora, dicevo, le risponderei: "Tu hai capito tutto della vita!"
Ci vorrà del tempo, ma un giorno ce la farò.
Un giorno riuscirò a liberarmi da questa pesante eredità materna.
Un giorno smetterò di farmi ossessionare dalle cose da fare, e di non godere per quelle fatte.
Un giorno imparerò a gestire il mio tempo pensando a ciò che è bene per me, e non a ciò che è giusto secondo gli altri.
Mi siete tutti testimoni: un giorno non mi stirerò più le mutande!
Noto astrologo di colori pastello vestito:
"Avrai una settimana meravigliosa e una giornata fantastica. Ottime opportunità di lavoro. Grandi soddisfazioni. Gioia, giubilo e fuochi d'artificio!"
30 secondi dopo via email:
"Cara Pancrazia dei nostri cuori,
tu sei una delle nostre migliori collaboratrici: sei tanto caruccia, simpatica e ti vogliamo sinceramente bene.
Però quel lavoro per cui ti eri proposta l'abbiamo affidato ad un altro. Ma anche tu sei brava. E ti vogliamo bene. Non te la prendere. Sarà per la prossima volta.
Con smisurato affetto.
Ciao ciao"
C'è una certa confusione riguardo alla data di nascita di Mafalda.
Sembra che la piccola rivoluzionaria sia ispirata alla protagonista di un libro argentino pubblicato nel 1962.
Ma forse no.
Sembra che la capelluta pensatrice abbia fatto il proprio esordio come semplice testimonial pubblicitario nel 1963.
Ma forse no.
Sembra che la prima striscia a lei dedicata sia datata 1964.
E questa forse è l'unica cosa davvero sicura.
In molti, tra siti e giornali, oggi le hanno fatto gli auguri per i suoi 50 anni. Quale ne sia il motivo, lo ignoro.
Oggi non è il suo compleanno. Lo dice persino Quino, l'amorevole padre. E lui lo saprà, o no?
Ma in fondo chi se ne frega?
Alle signore non si chiede mai l'età e Mafalda è una Grande Signora.
Nel mio fumetto ideale Mafalda è la compagna di banco di Charlie Brown. La cugina di Linus. L'editrice del romanzo di Snoopy.
Nel mio mondo ideale Mafalda è il Presidente del Consiglio. Il segretario dell'Onu. O almeno un'illuminata amministratrice di condominio.
Oggi non è la sua festa. Ma ogni scusa è buona per festeggiare questa Signora: Tanti auguri Mafalda!
Oggi è il 227° anniversario della nascita di Alessandro Manzoni.
Non che io tenga uno schedario con tutte le date di nascita e morte dei maggiori rappresentanti della nostra cultura, ma stamattina la ricorrenza mi è stata ricordata da Google, che ormai per queste cose è diventato più preciso della prozia Ninuzza. "Pancrazia, ti sei ricordata del compleanno dello zio Filippo? Dell'onomastico della cugina Serafina? Dell'anniversario di nozze della portinaia? Dell'estinzione dei dinosauri? Dei 7000 anni dall'invenzione della ruota? O del primo uomo sulla Luna? No???"
Quindi, in onore del caro Sandrino, che tanta compagnia mi tenne durante i lunghi anni di scuola, ho deciso di raccontarvi un simpatico aneddoto risalente alla mia infanzia.
Ebbene sì, torniamo sul luogo del delitto. Torniamo ad affrontare i fatti e misfatti della mia, nonostante tutto, amata maestra Egle.
In quinta, per festeggiare la fine del ciclo scolastico, la maestra decise di organizzare un vero e proprio Colossal: "I promessi sposi" della 5b. Inizialmente, mossa dal fuoco sacro del teatro, pensò di fare un'ambiziosa rappresentazione su palcoscenico. Poi, resasi conto di non avere a disposizione Carmelo Bene e Paola Borboni ma piuttosto Luca Pistacchio e Angela Mirtilla, optò per uno spettacolo post futurista con diapositive e dialoghi registrati in sottofondo.
Il giorno precedente l'assegnazione dei ruoli, mentre i maschi erano impegnati in attività pregne di contenuto come "chi sputa più lontano", "chi rutta più forte" o "chi piscia più lungo", noi femmine sognavamo un futuro nello spettacolo, e litigavamo per decidere chi avrebbe interpretato chi.
La notte poi nessuna riuscì a prendere sonno per l'eccitazione e la preoccupazione dell'indomani.
Ed il giorno stesso la tensione si tagliava col coltello. Stefi ed io, in lizza per il ruolo di Agnese, ci sorridevamo infingarde ma in realtà avremmo voluto eliminarci vicendevolmente a cartellate. Annamaria e Jessica, vogliose di rivestire il ruolo della protagonista, ebbero uno stravaso di bile quando videro entrare in classe Cristina, con le trecce arrotolate e gli spilloni. Evocativa acconciatura opera della sua astuta ed ambiziosa madre.
La Maestra entrò e ci guardò tutti con un dolce sorriso ed un'aria più materna del solito. E noi, poveri innocenti, non comprendemmo subito cosa significava quello sguardo pieno di colpa.
Ella, pavida, decise di prenderla un poco alla lontana: "Bambini adorati, voi siete in 16, giusto?"
"Giusto"
"E le femminucce sono 10, giusto?"
"Giusto"
"Ma non ci sono abbastanza ruoli femminili per tutte"
"..."
"Quindi..."
"Quindi?"
"Quindi, le bambine con i capelli corti..."
"NOOOOOOOOO", urlammo terrorizzate Stefi, Francesca ed io, immediatamente consapevoli del futuro che ci attendeva.
Accidenti ai capelli ricci! Accidenti alle mamme pigre! Accidenti ai pregiudizi tricotici!
Ricordo ancora le calde lacrime versate da quella mollacciona di Stefania, mentre si aggirava per la classe con il suo mini saietto e la barba finta da Fra Cristoforo.
Ma ricordo anche che Franci ed io, con i cappelli piumati ed i baffoni da Innominato e Don Rodrigo, la prendemmo in maniera molto più dignitosa e professionale.
"E no, maestra, io Don Rodrigo lo faccio pure, però lei non la può tagliare la scena della morte. Io sono il cattivo! Io ESIGO il mio gran finale!", chiesi come una vera diva, sbatacchiando a destra e a manca il mio fioretto da moschettiere.
C'è poco da fare, io ho tanti difetti, ma fin da piccola mi si riconosce un grande spirito di adattamento e una spiccata vena artistica.
E il mio Don Rodrigo rimarrà nella storia dello spettacolo. Che intensità, che profondità, che baffoni!
Brava! Bis!