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Quasi un anno fa veniva organizzato il #Twitscript n°1.
In quell'occasione, a partire da una poesia dell'indimenticata e indimenticabile Wislawa Szymborska, era stato prodotto un video in cui si dava letteralmente voce agli utenti di Twitter e ai loro pensieri.

Ora è finalmente giunto il momento del #Twitscript n°2.
Per questo secondo progetto cambia l'argomento e la poesia d'ispirazione, ma il meccanismo è sempre lo stesso: bisogna scrivere un tweet, leggerlo ad alta voce, registrarsi e inviare il file ai responsabili.
Silvia Storelli, con la collaborazione dell’equipe di lebagatelle.net, ne farà un video con diversi nomi, identità, respiri e riflessioni.

La poesia scelta quest'anno è un piccolo capolavoro d'umorismo, frutto di quella mente geniale nonché penna felice, di Stefano Benni.

Io ti amo

Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l’universo
Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l’incanto
di un solo tuo sguardo
Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni
Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d’estate
per il caldo non dormi
E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo.
(da: “Ballate” Feltrinelli, 1991)
Il tweet con cui partecipare deve nascere dal completamento di questa frase:
“Io ti amo e se non ti basta . . . . . . . . . . . .  se non ti basta vaffanculo ”

Vi sentite ispirati? Allora vi consiglio di fare un salto sulla pagina ufficiale dell'iniziativa, Le Bagatelle, per leggere per bene il regolamento (che io credo di averlo spiegato una schifezza!) e darvi subito da fare.

Non c'è tempo da perdere: l'invio del file audio deve avvenire entro il 1° febbraio. Presto che è tardi!

N.d.A: nel caso vi stiate chiedendo se parteciperò anch'io, onestamente non lo so. A parte il fatto che la mia vocetta da gallina strozzata mi è fonte d'indicibile imbarazzo, per ora non mi è venuto in mente proprio nulla per completare il tweet.
A me sembra già perfetto così: "Io ti amo e se non ti basta, e se non ti basta vaffanculo"
Ehi organizzatori, dico a voi, va bene? E' valido?



Ancora in fasce attraversò campi sfocati, per giungere in quella città così simile e così diversa dalla propria. Con la gente che sembra la stessa eppure la stessa non è.

Compì i primi passi lungo una piazza assolata, dove alzò gli occhi verso la luce e la madre, per poi inoltrarsi nel buio gotico di un pavimento calpestato da milioni di passi.

Ormai bambina corse attraverso una galleria da signori che così poche attrattive riservava per lei. Corse fino a giungere di fronte a quel teatro squadrato e severo, quel teatro privo di fronzoli e belletti, ma non per questo meno affascinante, meno dominante, meno.

Con andatura di ragazza percorse il breve tragitto fino al palazzo dell'arte. Attraversò il cortile. Salì le scale e finalmente giunse alla meta prefissatasi.

Visitò ogni sala e si perse tra mille dettagli. Venne inghiottita fin quasi a soccombere.
Vide dei, santi, miracoli, madonne e bambini.
Le prime immagini più note le vennero incontro a sorpresa, senza un avvertimento, senza lo spazio necessario per una riflessione.
La testa le girò di fronte all'immensità di tele che sovrastavano e aggredivano. Ma senza conquista, senza malia.
Ritrovò se stessa nella sala più stretta e raccolta, dove ad esprimersi erano uomini vicini a lei, mani che plasmavano il suo mondo, voci che raccontavano il tempo prossimo. Ritrovò se stessa dove la pietra si faceva a tempo stesso carne ed acqua per la più tragica delle donne di Danimarca.
Incontrò con gioia le immagini familiari, quelle scorte mille volte attraverso gli anni dell'educazione e della crescita. Sposalizi, cene, ma anche scorci amati.
Sussultò di fronte al ritratto del maestro. Pregò davanti alla folla come di fronte ad una reliquia.
Sorrise alla vista del bacio e della sua malinconica rappresentazione. Questi, posti uno di fronte all'altro, dialogavano all'infinito. Mentre lei avrebbe desiderato solo accucciarsi per terra e vivere là. Per sempre.
In mezzo alla bellezza, alla storia, all'arte. In mezzo al tutto.

N.d.A: non siete mai stati alla Pinacoteca di Brera? Andateci.
Io amo leggere, e credo che questa non sia una gran sorpresa per nessuno di voi.
Tale passione mi porta a consumare molti libri in un anno. Mai abbastanza, ma molti.
Raramente ne parlo o li recensisco su queste pagine poiché, in realtà, non credo di possedere gli strumenti adeguati, l'abilità necessaria e la giusta competenza.
Insomma, certe cose preferisco lasciarle a chi le sa fare come si deve.

Ma per tre titoli, letti durante l'anno che è appena passato, ho deciso di fare un'eccezione.
Perché sono storie scritte da autori poco noti e pubblicate da case editrici non particolarmente grandi.
Perché libri così hanno bisogno di tutta la pubblicità possibile, del tam tam della rete, del vecchio e caro passaparola.

Io li ho scelti, li ho letti e li ho apprezzati.
Ed ora ho deciso di condividerli con tutti voi.

"Il cavedio", edito da Fernandel, è un romanzo scritto da quattro donne.
Francesca Bonafini, Mascia di Marco, Patrizia Rinaldi e Nadia Terranova raccontano la storia di un uomo affascinante quanto egocentrico, amato quanto irrecuperabilmente egoista. Un uomo in grado di trovare mille giustificazioni per il proprio bisogno di prendere, ma cieco e sordo di fronte all'impossibilità di dare.
Intorno a questo personaggio ruotano le storie delle donne che lo hanno amato o che gli sono state compagne. Donne complesse, forti e caratterizzate da una qualità umana e morale a lui superiore.

Questo è un libro in cui donne scrivono di altre donne, ma anche di un uomo e delle diverse forme e sfaccettature dell'amore.

Le quattro autrici si sono occupate ognuna di una parte diversa. Ognuna ha raccontato la storia dal punto di vista di un personaggio. Il risultato è eccellente: equilibrato  e perfettamente armonico.
Le penne si distinguono tra loro ma non litigano e non si sovrastano. Si passano il testimone con gesti precisi. Dividono il palcoscenico senza mai pestarsi i piedi. Danno vita ad un coro che vale assolutamente la pena ascoltare.
O meglio, leggere.


Guardate la copertina di "Caterina fu gettata". Voi avreste potuto resistere ad un'immagine così curiosa, accompagnata da un titolo altrettanto accattivante? Io no!
E, infatti, durante il "Dorato - Festival indipendente dell'editoria e della musica" tenutosi a Torino lo scorso settembre, io non ho resistito e mi sono lasciata sedurre da questa storia piccina piccina in un libro bianco bianco. Storia scritta da Carlo Sperduti ed edita da Intermezzi.


Un romanzo che non è un romanzo. Una vicenda surreale con creature immortali, bucce di banana sessualmente aggressive, gatte sagge, artisti di strada diabolici, fidanzati vili ed una donna che ogni tanto si addormenta e ogni tanto muore, ma comunque si risveglia sempre.
Vi sembra una follia? Lo è.

Una follia breve e scorrevole. Originale ed ironica. Un titolo perfetto. Un autore capace.
Consigliatissimo.


Finisco con Christian Mascheroni ed il suo "Attraversami", edito da Las Vegas.

Silence è un paese dove il Regime ha vietato l'amore in ogni sua espressione, in quanto sentimento violento che acceca la ragione e stimola l'aggressività.

Il potere ufficialmente mette all'indice l'amore accusandolo di tutte le guerre. Ma in realtà lo imbriglia per fiaccare lo spirito della popolazione e poterla meglio controllare.

Una coppia di giovani è destinata ad aprire gli occhi ad un paese di vecchi, tali nell'animo e soprattutto nel cuore.

La scrittura di Mascheroni, che già avevo avuto modo di apprezzare in "Alex fa due passi", non è mai banale ma sempre immaginifica e poetica.
L'autore ci regala un viaggio struggente e doloroso. Passando da un capitolo all'altro, da un quadro all'altro, in un crescendo di ribellione e consapevolezza.
Le nozze d'oro di Concetta e Nino non sono state nozze d'oro qualunque.

Gli sposini stagionati, cinquant'anni prima, si erano uniti in matrimonio in un paesino nel cuore della Sicilia. Poi erano risaliti lungo tutto lo stivale in cerca del loro posto nel mondo.
Posto che trovarono in quel di Torino. Fredda, ostile ma industrializzata Torino.

Concetta e Nino, cinquant'anni prima, ebbero un matrimonio senza fronzoli, senza viaggio di nozze e quasi senza regali. Poi andarono a fare la vita dei veri emigranti. Quelli con le valige tenute su con lo spago, un appartamento diviso con fratelli e cognati, ed i cartelli minacciosi agli angoli delle strade, "Qui non si affitta ai meridionali".

Concetta e Nino negli anni hanno figliato, poco. Hanno lavorato, molto. Raramente si sono viziati con parche vacanze romagnole.
Dopo cinquant'anni, hanno deciso di regalarsi la festa che non avevano mai avuto. Ed hanno convocato tutta la famiglia a Torino. Città che ormai non è più tanto ostile ed industrializzata, ma è diventata casa.

Ciccio ed io abbiamo risposto prontamente alla convocazione degli zii.
Ci siamo presentati belli e in gran forma. Ed abbiamo recato in dono una cesta di leccornie trentine. Perché ormai la famiglia è diventata grande, e si è sparsa in tutta la penisola. E l'Italia, nel frattempo, è diventata più piccola, corta e stretta.

Lo scorso agosto per me è stato come un ponte gettato sullo spazio ed il tempo.
In un mese ho goduto dell'amicizia che sembra famiglia. E della famiglia chiassosa come un gruppo di amici.
In un mese ho percorso cinquant'anni. Dalle nozze all'anniversario. Dalla passione giovane all'amore di una vita.

Certi viaggi sono fuori, dentro e tutt'attorno.

Fine.
Sissi ed io trascinammo i nostri bagagli lungo la strada sotto un sole senza pietà.
Attendemmo così tanto la corriera da temere che non sarebbe più passata.
Ma alla fine, sorprendentemente, riuscimmo a partire verso Napoli ed il treno che ci attendeva.

Onestamente ricordo poco di quel tragitto in autobus, presumibilmente condito, come quello dell'andata, da chiacchiere e mancanza di aria condizionata.
Ma, di contro, ricordo perfettamente il viaggio in treno dal capoluogo partenopeo a quello romagnolo: Sissi ed io ci addormentammo a Napoli e riprendemmo il controllo delle nostre teste ciondolanti a 5 minuti da Bologna.

Mentre la mia amica tornava tra i propri numerosi uomini in quel di Cesena (Borello, per la precisione). Io continuavo la migrazione, salendo su su fino a Trento.
All'uscita della stazione Ciccio mi caricò in macchina, per poi scaricarmi a casa.
Svenuta.

"Amore non sei felice di vedermi?"
"Ronf"
"Amore non credi che dovresti almeno spogliarti prima di metterti a letto?"
"Ronf"
"Amore mi sembri un poco stanchina"
"Ronfffffffffffffff"

Sono passati dodici anni dall'Erasmus e, seppur di maturità ancora non vi sia traccia, il corpo comincia a sentire il tempo che passa. Insomma, non ho più il fisico per fare simili sfacchinate. Quasi 2000 km in 3 giorni. Quasi 2000 km percorsi in treno, corriera e auto. Quasi 2000 km inframmezzati dall'evento mondano del secolo.
Quasi 2000 km che mi ridussero un rottame. Un simpatico, adorabile, cazzaro rottame.

Mi ci volle un mese intero tra le fresche, tranquille e soporifere montagne trentine, per riprendermi completamente.
Poi, Ciccio ed io, raccogliemmo le nostre numerose carabattole e ci accingemmo a percorrere la Pianura Padana da est ad ovest. Da Campiglio a Torino.

Tornati nel cuore del regno Sabaudo fummo accolti da un tempo infame e da una delle pubblicità più cretine che la storia ricordi: "Mi fa Mole la testa", dichiaravano cartelloni sparsi in ogni angolo della città.
Superato lo shock per una tale fesseria, ci preparammo per il secondo evento della stagione: l'anniversario di nozze di mia zia. I festeggiamenti per i 50 anni di matrimonio tra Concetta, santa produttrice dei cannoli più buoni del globo terracqueo, e Nino, campione di bocce di fama mondiale, o quasi.

Continua...
Trascinata Renée in auto, ci avviammo fiduciosi verso la Villa dove avrebbe avuto luogo il ricevimento.
Alla guida Gianluca, al comando un navigatore satellitare ubriaco, a vociare e fare confusione noi tre meravigliose Comari ancora senza fede al dito.

Andammo a Nord.
Andammo a Sud.
Andammo a Sinistra.
E andammo persino a Destra,
Per poi finire nel cortile di una fattoria, tra oscuri soggetti che ci osservavano impauriti e cani che ci abbaiavano contro con grande trasporto.

"Abbiamo sbagliato strada. Scusate. Non vi volevamo disturbare", ci parlammo l'uno sull'altro.
"Non è che sapreste indicarci la Villa?", chiedemmo disperati.
"Là", ci venne detto semplicemente dalle agresti genti di poche parole.
Tutto ciò mentre Sissi, notoriamente terrorizzata dai cani, perdeva sorprendentemente l'uso della parola e si limitava a squittire e frignare, cercando di nascondersi dentro il vano portaoggetti del cruscotto.

Una volta lasciata la Fattoria degli Orrori riuscimmo finalmente a raggiungere il luogo del ricevimento. Un posto stupendo, addobbato meravigliosamente. Dove, accanto all'eleganza degli arredi e la ricercatezza dei dettagli, si esibivano orgogliose le delizie Campane più colesteroliche e libidinose. Il Paradiso!

Godemmo di una serata meravigliosa, illuminata da mille fiammelle e da una luna benevola.
Godemmo di un perfetto clima serale che, lontano anni luce dal forno pomeridiano, ci coccolò con un abbraccio tiepido e mai invadente.
Godemmo della compagnia di facce sconosciute ma cordiali. Facce che ci venivano incontro sorridendo, recando il solito divertito quesito: "Voi siete le amiche di Berlino, giusto?"

Dopo una certa ora la sposa ci stupì, eliminando lo strascico e mettendo in mostra le sue belle gambe, pronta a scatenarsi nelle danze.
Dopo una certa ora ballammo tutti. Ballammo sull'erba. Ballammo a piedi nudi.
E meno male! Perché, se fossi stata costretta a tenere i miei zamponcini in bilico sopra un tacco 10 per un secondo di più, mi sarei rotolata a terra in preda ad una crisi isterica.

La serata, ormai fattasi notte, si concluse con il romantico e beneaugurante lancio delle lanterne cinesi volanti. Lancio che venne accolto dalla padrona della Villa con una reazione sobria e controllata: "Prenderanno fuoco i campi! Vi denuncio tutti! All'anema 'e chi t'è muort!"
Reazione che tolse almeno 10 anni di vita alla povera Enza, testimone, organizzatrice e responsabile dell'incauto e poco gradito acquisto.

Enza non è colpa tua: era quella ad essere isterica!

Le mie stanche membra poterono godere del meritato riposo dopo le 3 di mattina. I miei piedi a panzerotto poterono trovare requie fino alle 8. Poi, purtroppo, Sissi ed io ci dovemmo alzare per correre a prendere la corriera. L'autobus. Il pullman. Insomma quel robo là!

Ci alzammo fresche e belle come due rose.
Due rose novantenni.

Continua...
Un'obsoleta tradizione, perpetuata ogni anno ad uso e consumo degli adulti.
Una tassa imposta ai bambini, sotto forma di stress e confusione.
Un delirio di genitori isterici e nonni gongolanti.
Un'accozzaglia di siparietti coercitivi e stereotipati.

La recita di Natale dell'Asilo è il male.
Ma...

... mio nipote fra 15 anni lo troverete a Broadway! 
Il piccoletto è un vero talento. Tutto zia sua!

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